Gcr in visita all'inceneritore di Parma
Avevamo chiesto di osservare
l'inceneritore dal di dentro fin dalla sua apertura e finalmente, in
un
ventoso pomeriggio di inizio marzo, ci
presentiamo infreddoliti ai cancelli.
Ad accoglierci Mauro Pergetti,
l'ingegnere direttore della progettazione impianti di Iren, con
Antonio Manente dell'ufficio stampa e Luciano Bussoni, addetto alla
sicurezza.
Il primo confronto si svolge nella
saletta adiacente l'ingresso dei camion, dove Pergetti ci presenta
la carta di identità di questo
inceneritore da 130 mila tonnellate, che la Provincia di Parma ha
coccolato e fatto nascere,
stigmatizzato da una recentissima pronuncia dell'Autorità
Anticorruzione, proprio un mese fa, che riportava anche il giudizio
della Commissione Europea del 2011 dove si ribadiva l'illegittimità
dell'affidamento a Iren della costruzione dell'inceneritore.
Ma, si sa, è l'Italia: sempre in
ritardo giunge la verità.
L'inceneritore è una grande caldaia in
cui vengono bruciati rifiuti di ogni genere.
La complessità dell'operazione, oltre
gestire al meglio la combustione stessa, emerge a rogo
ultimato.
Le altissime temperature cercano di
distruggere il maggior numero possibile di molecole pericolose
formatesi bruciando materia, ma
riducono la dimensione del particolato e lo rendono più pericoloso.
In testa al processo la poltiglia
nauseabonda che viene scaricata per tutto il giorno dai mezzi adibiti
alla raccolta.
Sa di putrido e ti prende in gola,
ammorba l'aria circostante, invadendo anche la sala controllo ai
piani alti, dove alcuni operatori
sovrintendono ai processi, anche se, praticamente, sono del tutto
superflui.
L'inceneritore è un robot che opera in
solitudine ed autonomia, si auto controlla.
Secondo la Vas predisposta dalla stessa
Enia prima della costruzione, oltre 3 tonnellate di polveri
sottili si liberano in aria ogni anno.
In uno dei luoghi già più inquinati
al mondo non è certo cosa da poco.
L'impianto è connesso alla rete di
teleriscaldamento cittadina e contribuisce con il calore prodotto
dai rifiuti a scaldare le case
allacciate, sostituendo in parte le centrali cittadine di via Lazio e
via
Santa Margherita.
Il rovescio della medaglia è che
l'inceneritore, scaldando l'acqua tutto l'anno, fa circolare nella
rete
acqua surriscaldata anche durante le
torride estati: una bevanda bollente al posto di un ghiacciolo.
I piani predisposti sempre dalla stessa
Enia prevedevano di spegnere 7 mila caldaie domestiche,
ma questo traguardo non è stato
raggiunto nemmeno da lontano.
E non ci sono nuovi allacci
all'orizzonte.
Dal nostro punto di vista
l'inceneritore è soltanto una macchina che trasforma i rifiuti, non
li
distrugge, né li fa sparire come un
mago d'antan.
Come le stufe a legna che scaldavano le
nostre case, riduce di molto il volume di ciò che viene
incenerito, ma bruciando materiali
eterogenei ne incrementa molto la tossicità, delle ceneri e del
vapore della combustione.
Nessuno infatti brucia plastica nelle
stufe di casa!
L'inceneritore crea a sua volta
rifiuti, e li crea particolarmente pericolosi.
Il trattamento dei fumi è la parte più
costosa di tutto l'edificio.
Calce e carbone attivo irrorano
inizialmente le emissioni in arrivo dalla camera di combustione.
Poi un primo filtro a maniche
intercetta i fumi per bloccare le molecole pericolose formatesi
durante il processo: gas acidi, diossine, furani, metalli pesanti,
idrocarburi policiclici aromatici.
Entra poi in gioco un secondo
miscelatore a secco che apporta bicarbonato di sodio e altro carbone
attivo.
Segue un ulteriore filtro a maniche,
per una ulteriore rimozione dei veleni.
A fine processo è attivo un
abbattitore degli ossidi di azoto (DeNox Scr) che addiziona i fumi
con
ammoniaca (prima che i fumi raggiungano
il camino di 70 metri e vengano liberati in atmosfera).
Quattro stadi di trattamento dei fumi,
a conferma definitiva della loro pericolosità.
Il volume dell'aria sporca in uscita è
enorme: 144 mila metri cubi all'ora, per 24 ore al giorno, per 8 mila
ore all'anno.
L'altezza del camino cela il tentativo
di disperdere il più possibile l'emissione, in modo da non
concentrare gli inquinanti nei pressi
dell'impianto e favorire l'opera dei venti.
Ciò che è trattenuto dei filtri a
maniche è ovviamente particolarmente tossico e pericoloso.
Al punto che le scorie (polvere
volanti) vengono trasferite in impianti dedicati in Germania (miniere
di salgemma), allontanate per
l’eternità.
Avete letto bene, Germania.
E pensare che i sostenitori
dell'impianto gridavano allo scandalo perché Parma, senza
inceneritore, portava rifiuti fuori provincia: fino a Reggio! Fino a
Modena!
Sotto la griglia di combustione invece
si accumula altro rifiuto ancora, le scorie pesanti.
Sono circa il 22-25 % del materiale
combusto e vengono avviate a recupero nei cementifici.
Anche in provincia di Parma, dove è
attivo un impianto a Noceto, dove viene miscelato nella
produzione del clinker.
Entrano rifiuti, escono rifiuti
trasformati, più ridotti ma più nocivi. Ridotti poi per modo di
dire,
dato che si devono considerare le
migliaia di metri cubi di aria emessi in atmosfera, con relativi
inquinanti che si accumulano nel tempo.
Il controllo delle emissioni viene
effettuato monitorando una serie di inquinanti.
Ossidi azoto e di zolfo, monossido di
carbonio, carbonio organico totale, acido cloridrico,
fluoridrico, Pm 10, polveri totali,
ammoniaca.
Nei monitor collocati nei comuni
limitrofi, e on-line sulla pagina web dedicata, viene indicato il
dato medio del giorno precedente.
L'Aia (le regole indicate dalla
Provincia nel 2008) ha imposto target più stringenti rispetto alle
normative di riferimento.
Periodicamente, ogni quadrimestre,
vengono campionati anche altri inquinanti, tra i quali le
diossine, i furani, gli Ipa, i metalli,
il mercurio.
Tre immense caldaie a gas metano
vengono mantenute sempre accese per intervenire in caso di
black out dell'impianto o picchi di
fabbisogno.
Tecnici svizzeri erano al lavoro sulla
linea 2, spenta da dieci giorni, per un anomalo dato del
monossido di carbonio, che a seconda
dei giorni riporta un dato triplo, quadruplo o anche superiore
rispetto alla linea numero 1.
La cattedrale nel deserto è
praticamente vuota.
Nel corso della visita rari incontri
umani.
All'impianto bastano a avanzano 3
persone, il resto è manutenzione e trasporto di rifiuti, in arrivo o
in partenza.
A noi, quando osteggiavamo l’impianto,
ci accusavano di essere contro i posti di lavoro!
Come se l’inceneritore avrebbe
portato decine e decine di nuove assunzioni.
Sotto l'impianto spuntano stecchi.
Attraverso i giornali ci avevano
mostrato un immenso e rigoglioso bosco, ma di quello restano solo
striminziti pezzi di legno senza foglie. Ma chi si ricorda ancora le
promesse?
Rimane, nel rosseggiare delle luci
intermittenti al camino, la sensazione di un enorme, gigantesco
spreco.
Ci voltiamo a guardare l'enorme opera
di ingegneria, ricca di risorse finanziarie ed ingegno e
ci chiediamo ancora una volta perché
non si sia invece investito nel riciclo, in nuove tecnologie per
provare, almeno una volta, ad arrivare prima degli altri Paesi, e
magari creare davvero posi di lavoro, che qui non ci sono, inceneriti
insieme ai rifiuti.
La raccolta differenziata crea
occupazione, non inquina, non distrugge materia e non ha bisogno di una miniera di salgemma in
Germania per nascondere le sue polveri.