sabato 20 luglio 2013

Sindaco, Arpa e Usl di Taranto rispondono a Bondi

Risibili le conclusioni a cui pervengono i tecnici

A seguito della conferenza stampa tenuta stamattina presso la Direzione Generale della Asl di Taranto dal Sindaco di Taranto, dr. Ippazio Stefano, dal direttore generale della ASL di Taranto, dr. Fabrizio Scattaglia e dal Direttore Generale di Arpa Puglia prof. Giorgio Assennato si è convenuto di produrre il seguente comunicato in riferimento alla lettera del dr. Bondi inviata il 27 giugno u.s. ad Arpa Puglia e al Presidente della Regione Puglia e agli allegati tecnici redatti dai consulenti di ILVA.



Innanzitutto si chiarisce che il procedimento della Valutazione del Danno Sanitario (VDS) ex legge regionale n. 24 del 21 luglio 2012 prevede che la prima versione della VDS sia inviata al gestore (in questo caso ILVA) che ha 30 giorni di tempo per far pervenire le proprie osservazioni. Ricevute le quali, gli organi tecnici competenti (Arpa Puglia, Asl di Taranto e Arespuglia) provvedono a redigere la versione definitiva della VDS alla Regione Puglia per gli ulteriori provvedimenti ( eventuale riesame dell’AIA, eventuale obbligo di riduzione delle emissioni).
La bozza di VDS è stata inviata ad ILVA il 30 maggio u.s. ed il 27 giugno il dr. Bondi ha inviato la nota di trasmissione del documento dei consulenti.
Occorre innanzitutto rilevare che, facendo proprio il contenuto della consulenza tecnica, il dr. Bondi se ne è assunta personalmente la responsabilità, tanto da consentirgli di evidenziare “numerosi profili critici, sia sotto il profilo dell’attendibilità scientifica, sia sotto il profilo delle conclusioni raggiunte”.
Non ha quindi alcun significato il fatto che lo stesso dr. Bondi neghi di aver personalmente affermato il ruolo primario del fumo di sigaretta nell’eccesso di tumori polmonari che ancor oggi si riscontra nella città di Taranto.
Se il dr. Bondi si fosse limitato a trasmettere la consulenza senza alcun commento, forse la sua responsabilità (comunque oggettiva) sarebbe stata minore. La sua esplicita condivisione del documento tanto da indurlo ad una critica irrituale del lavoro di tre enti pubblici non ammette ripensamenti, a meno che non ci sia un esplicito ritiro del documento tecnico allegato.
L’articolato tecnico, lungi dall’essere basato su mere osservazioni sulla bozza di VDS ricevuta, è invece caratterizzato da un approccio difensivistico, più consono al supporto tecnico proprio di un processo penale, in cui si ipotizzano addirittura presupposti psicologici tipici dell’intendimento percepito come persecutorio della magistratura inquirente che ad un atto endoprocedimentale di tipo amministrativo.
Oltre ad alcune osservazioni che saranno puntualmente valutate in sede di documento finale di VDS, il documento contiene critiche aspre nei confronti della stessa legge regionale e del relativo regolamento approvato dalla giunta regionale pugliese (totalmente fuori luogo nel contesto della procedura) ed un paragrafo di critica ancor più aspra nei confronti del progetto Sentieri, progetto scientificamente realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità, organo tecnico del Ministero della Salute. La relazione presentata dal ministro per la Salute a Taranto il 22 ottobre 2012 è largamente fondata sull’elaborazione dei dati del progetto Sentieri. Ne consegue che, facendo proprio tale documento, formulato dai consulenti di ILVA s.p.a., il Commissario dr. Enrico Bondi non poteva non rendersi conto dell’incompatibilità tra la sua funzione di commissario nominato per l’interesse pubblico dal Governo Italiano e un documento che costituisce un attacco frontale contro il Ministero della Salute.
Tali rilievi formali sono ben più gravi delle risibili conclusioni a cui pervengono i tecnici, nel tentativo di convincere una inesistente giuria popolare della innocenza di ILVA rispetto agli effetti sanitari che un ben consolidato corpo di evidenza scientifica ( e non solo) consente di attribuire specificamente alle emissioni (anche recenti) di tali impianti.

Il Sindaco di Taranto
Il Direttore generale di ARPA Puglia
Il Direttore generale della ASL di Taranto

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 20 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
440

giorni fa

venerdì 19 luglio 2013

Gerbido, inchiesta della procura sul pericolo di inquinamento

Aperto un fascicolo in seguito al primo stop dell'inceneritore nel maggio scorso.
La denuncia è dell'Arpa,
ma secondo Trm si tratta solo di una fermata fisiologica


di Sarah Martinenghi



Pochi mesi di vita, tante polemiche, diverse anomalie di funzionamento. E ora c'è anche un'inchiesta della procura. Contro l'inceneritore del Gerbido non ci sono solo i comitati di cittadini che temono danni alla propria salute, o il Movimento 5 stelle che da sempre porta avanti la sua battaglia contro il termovalorizzatore come metodo sbagliato per smaltire i rifiuti. E non ci sono solo i guasti "tecnici", che ne impongono il blocco dell'attività, come sta accadendo in questi giorni. Il pericolo che l'inceneritore inquini, che emetta sostanze pericolose oltre ai limiti, sembra essere più che concreto. Ed è quanto dovrà accertare la magistratura che nelle scorse settimane ha ricevuto una denuncia precisa dall'Arpa, una segnalazione legata al black out che si era verificato tra il 2 e il 3 maggio scorso. Proprio in quell'occasione infatti, sarebbero state violate alcune procedure prescritte dalle normative, e l'impianto avrebbe superato i limiti sulle emissioni: sarebbe scattata così in automatico la segnalazione in procura. Si tratta, ovviamente, di un reato ambientale, e l'inchiesta è stata assegnata al pubblico ministero Stefano Demontis.

E' probabile che arrivi allo stesso magistrato, dunque, anche la segnalazione relativa al malfunzionamento che ha portato al nuovo blocco dell'impianto: l'inceneritore infatti si è fermato giovedì pomeriggio, e dovrebbe forse riprendere la sua attività domani. Secondo Trm si tratta solo di una fermata fisiologica: "siamo in una fase di collaudo - aveva infatti spiegato il presidente Bruno Torresin - è del tutto normale che in una fase di esercizio provvisorio dell'attività ci siano delle fermate tecniche, dato che stiamo ancora tarando l'impianto". Anche in questo caso però, secondo indiscrezioni, si sarebbe verificato un superamento delle emissioni che avrebbe portato a far scattare in automatico il blocco dell'attività grazie a un sistema di autocontrollo.

Nell'inchiesta della procura al momento non ci sono ancora persone iscritte nel registro degli indagati, e l'indagine è appena agli inizi. In ogni caso è probabile che Trm sia chiamata a rendere chiarimenti anche alla magistratura, oltre che all'autorità per il governo dei rifiuti, (che ha richiesto spiegazioni sia sull'incidente di maggio che su quello della scorsa settimana), e all'assessore all'Ambiente del Comune Enzo Lavolta, che sta aspettando una relazione tecnica. Mentre i comitati si preparano a organizzare nuove forme di protesta e studiano azioni legali, il capogruppo del Movimento 5 stelle dà loro manforte, avanzando il sospetto che l'impianto "sia stato avviato quando ancora non era terminato, pur di accaparrarsi gli incentivi forniti dal sovrapprezzo delle bollette energetiche degli italiani".

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 19 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
439

giorni fa

Borgotrebbia dice no alle biomasse

Animata assemblea a Piacenza, pronti al ricorso al Tar


Borgotrebbia ribadisce il proprio no alla realizzazione di una centrale a biomasse e il comitato annuncia il ricorso al Tar contro l'impianto.
E' stato ribadito durante l’assemblea pubblica tenutasi al circolo tennis, che ha visto la partecipazione di tanti residenti, del sindaco di Piacenza Dosi e degli assessori Luigi Rabuffi e Silvio Bisotti.
Tra l’altro erano presenti per Legambiente la presidente Laura Chiappa e Paolo Lega.



Il sindaco Dosi ha spiegato l’iter della richiesta realizzare l’impianto presentata da un privato e approvata da parte della Conferenza dei Servizi, precisando come l'istanza non sia passata attraverso la giunta Comunale.
Ha lasciato poi la parola all’assessore Rabuffi che, avvalendosi della collaborazione del Dott. Zaffignani (progettista dell’impianto) ha descritto cos’è il biogas e l’iter burocratico a cui è stata sottoposta la richiesta del privato.
La parola è poi passata a Davide Bazzani che ha presentato alcune osservazioni legali ed ha consegnato al sindaco una lettera a nome del comitato con richiesta di revoca delle autorizzazioni concesse perché in contrasto con la Costituzione e le Normative Europee: la sentenza n. 93 del 20 maggio 2013 della Corte Costituzionale, la direttiva 13 dicembre 2011, n. 2011/92/UE, allegando alla richiesta copia della Sentenza e della Direttiva in menzione ed ha poi spiegato al pubblico presente le due cose: sia la sentenza della Corte Costituzionale che la Direttiva.



Luigi Pagano, uno dei portavoce del comitato dei cittadini contrari alla centrale, ha fatto presente che in Conferenza dei Servizi del Comune di Trecenta (Rovigo) è stato espresso il dissenso alla richiesta di autorizzazione unica alla costruzione di un impianto a biogas con la seguente motivazione: il rappresentante dell’Azienda Usl di Rovigo ha sostenuto che l’area interessata dall’insediamento in progetto insiste nelle vicinanze dell’Ospedale di Trecenta e che, pertanto, la medesima deve essere salubre e lontano da fonti d’inquinamento ritenendo l’area non idonea perché l’impianto contribuirebbe ad incrementare l’inquinamento atmosferico in loco.
A questo punto è stato chiesto come mai la stessa Azienda Sanitaria di Piacenza abbia dato esito favorevole, visto che a pochi metri dall’impianto biogas di Borgotrebbia si trovano abitazioni, asili nido, scuole materne ed elementari, e lo stesso Polichirurgico di Piacenza.
Pagano ha poi rivolto al sindaco la seguente domanda: "Visto che nel Suo programma elettorale lei proclamava di fare un argine più bello di quello di Cremona, illuminato, con spazi attrezzati per eventi e festa da parte di associazioni, con la costruzione di un impianto a biogas a ridosso come è possibile valorizzare ora la zona?"
Sempre Pagano ha poi chiesto all’assessore Rabuffi se sono state prese in considerazione gli eventuali incidenti come scoppi, fuoriuscite di digestato, perdite di gas ed altro visto che in Germania, paese all’avanguardia sul biogas, ci sono stati negli ultimi due anni quasi cento incidenti del genere. L’assessore ha risposto che per questo ci hanno pensato i Vigili del fuoco a controllare che tutte le opere necessarie siano in regola con le norme di sicurezza.
Laura Chiappa, presidente di Legambiente, è intervenuta sottolineando che “seppur tardivo l’intervento della del Sindaco e della Giunta, è comunque un segnale di attenzione. Però, dopo una serata di questo tipo, bisogna trovare modalità bonarie a fronte di un ricorso al Tar, cercando una soluzione di collocamento dell’impianto diversa da quella attuale”. Ha proseguito Paolo Lega, rappresentante di Legambiente, dicendo che una consultazione con i cittadini deve essere preventiva e non a posteriori perché questo favorisce solo contestazioni e contenziosi.
Durante l'assemblea è stato spiegato che l’impianto, essendo alimentato anche con liquame animale, e il privato - che ha richiesto l’autorizzazione all’impianto - non avendo un allevamento di bestiame, si rifornirà di questo materiale da aziende di Rivergaro e Calendasco. Si creerà pertanto un quantitativo enorme di passaggio di camion che trasportano tale materiale, tenendo presente che il tratto finale di strada autorizzato e di ghiaia e di proprietà privata (via della Puglia).
Visto che a Borgotrebbia è già presente un impianto biogas (vecchia discarica) e che da 10 anni non vengono più eseguiti controlli ambientali, alcuni cittadini hanno chiesto come si possano effettuare controlli su una centrale a biogas di un privato.
Alla fine dell'animata assemblea, il sindaco Paolo Dosi, preso atto della documentazione prodotta dal comitato, e delle domande dei cittadini presenti, si è riservato di fare un approfondimento a fronte della documentazione prodotta dal comitato del no ed aggiornerà in tempi brevi i cittadini sull’eventuale revoca dell’autorizzazione.
Il comitato ha fatto presente che non si fermerà a questa promessa e in attesa di un intervento decisivo da parte del Comune, procederà per le vie legali attraverso il suo legale Augusto Ridella ricorrendo al Tar e presentando un esposto alla Procura della Repubblica.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 19 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
439

giorni fa

giovedì 18 luglio 2013

Parma, vogliamo un'aria respirabile

ARPA Emilia-Romagna ha di recente pubblicato i dati ambientali della Provincia e della città di Parma. La situazione che si evidenzia è allarmante per l’inquinamento da PM10 e da ozono.
Per le polveri i limiti imposti dall’Unione Europea di 35 sforamenti all’anno sono stati superati nel 2012 di oltre 3 volte (120) e nel 2013 la situazione non migliora con 34 sforamenti al 14 luglio 2013. Dopo sei mesi ci siamo giocati il bonus annuale e non ci rimane che trattenere il fiato fino a dicembre.
Arpa E.R. è tra i collaboratori dello studio europeo che ha documentato il legame tra smog e tumore del polmone pubblicato da Lancet Oncology, realizzato su un campione di oltre 300.000 persone. Ha dimostrato che più alta è la concentrazione di inquinanti nell’aria e maggiore è il rischio di sviluppare un tumore.


E’ emerso che i centri italiani monitorati hanno la più alta presenza di inquinanti in Europa.
Lo studio ha permesso di concludere che per ogni incremento di 10 microgrammi di PM 10 per metro cubo nell’aria aumenta il rischio di tumore al polmone di circa il 22%.
Anche la scienza avvalla quanto Parma aveva già capito da tempo.
La stragrande maggioranza dei cittadini non vuole infatti un inceneritore, che inquinerà ulteriormente l’aria e fermerà di fatto la raccolta differenziata per i prossimi 20 anni. Tutti hanno capito che le ragioni che hanno portato alla costruzione dell’inceneritore cozzano con il comune buon senso. Il futuro forno segue infatti una logica che sembra andare contro i cittadini; tariffe carissime e rischi gravissimi per la salute.
Respireremo diossine e metalli pesanti mentre il provinciale fanta bosco mangia-polveri non servirà a nulla. Non serviranno neppure i filtri a norma di legge poiché nessun dispositivo può attualmente intercettare le nano polveri emessi da tali impianti.
Si deve allora cambiare visione e rivalutare il principio di precauzione su un tema così importante come la salute pubblica. L’ambiente è il domani dei nostri figli e non si può più seguire la logica di una filosofia concepita negli anni 70 e anacronistica dal punto di vista tecnico ed economico.
Dobbiamo quindi impegnarci per battaglie legittime che vale la pena di portare avanti. Ogni cittadino è il riflesso delle proprie convinzioni, della propria coerenza in accordo con la realtà dei fatti; e la realtà è che non c’è bisogno di un inceneritore in una città fra le più inquinate d’Europa.
Nonostante da oltre 10 anni la Regione promuova accordi di programma con Province e Comuni capoluogo per il risanamento della qualità dell’aria, non sono stati avviati interventi strutturali significativi e la provincia di Parma si è rivelata lo scorso anno quella maggiormente inquinata in E.R. Per gli effetti sulla salute dell’inquinamento delle polveri sottili è sufficiente far riferimento agli studi epidemiologici pubblicati sul sito regionale, o ad altre fonti ufficiali quali l’Organizzazione Mondiale della Sanità o il Ministero della Salute.
Ormai in tutta Europa l'incenerimento si utilizza sempre meno perché si è capito che i rifiuti sono una risorsa ed è economicamente insensato bruciarli.
In Italia, al contrario, il ricorso all’incenerimento sta in piedi perché conveniente solo per i loro gestori, dato che prendono soldi pubblici tramite i certificati verdi. Se la differenziata fosse fatta bene da tutti ed estesa rapidamente in tutta la città, l’inceneritore sarebbe semplicemente inutile.
Allora deve prevalere un interesse generale volto a non peggiorare ulteriormente la qualità dell’aria con nuove fonti emissive, con conseguenze per la salute dei cittadini direttamente proporzionali alle emissioni stesse. Tale postulato è scientificamente avvalorato da innumerevoli fonti.
Come cittadino mi pongo allora questa domanda: fra un legittimo interesse privato puramente economico ed un interesse pubblico come quello della salute cosa è giusto privilegiare? Ritengo inaccettabile l’aumento del rischio per la salute a fronte di ulteriori dosi di inquinanti che si dovessero immettere in una valle fra le più inquinate in Europa.
Come consigliere comunale ricordo che l'articolo 41 della Costituzione ha indicato una priorità chiara.
La storia industriale italiana dimostra che ogni volta che il lavoro, o un interesse monetario pubblico o privato, sia stato anteposto al bene comune c'è stato un danno ai cittadini ed all'ambiente. In natura però non si può compensare un danno biologico; per questa ragione la Costituzione tutela prioritariamente la salute (art.32) e l'ambiente (art.9) prima dell'interesse privato di un impresa (art.41), per evitare danni irreversibili.
Ridurre a meri discorsi ideologici quanto detto o ad un allarmismo di convenienza è il metodo più usato per sminuire il problema. La questione di fatto invece è l’aggravarsi di un rischio sanitario per la popolazione dovuto all’aumento dell’inquinamento atmosferico collegato all’accensione di un impianto che va a sommarsi agli inquinanti già presenti in atmosfera e accertati non dai politici ma dai monitoraggi di ARPA.
Un inceneritore è un intollerabile supplemento di emissioni inquinanti in un contesto ambientale già altamente compromesso da altre fonti emissive quali riscaldamento domestico, circolazione veicolare (Parma è fra le città con più alta concentrazione automobilistica in Europa), comparto produttivo, da condizioni meteo climatiche avverse e da una geografia particolare che ingabbia l’inquinamento atmosferico.
Occorre a mio giudizio fare il possibile per prevenire il grave rischio per l’incolumità pubblica costituito dall’accensione di impianti anche se con fattori emissivi che stanno al di sotto dei limiti di legge. Lo dovremmo fare per noi stessi, per gli altri, per le future generazioni e per l’ambiente.

Fabrizio Savani – Consigliere Comunale Gruppo Movimento 5 Stelle Parma

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 18 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
438

giorni fa

Coreve premia Parma

Un riconoscimento alla corretta gestione del riciclo del vetro
Importante riconoscimento per il Comune di Parma in ambito ambientale, il CoReVe – Consorzio Recupero Vetro – ha scelto di premiare la città ducale con il “Blue Award”, nell’ambito dei riconoscimenti assegnati a tre città italiane che si sono distinte per l’impegno profuso nell’ottimizzazione dei sistemi di raccolta, con particolare riferimento al lavoro svolto per quanto riguarda il miglioramento dei risultati qualitativi della raccolta del vetro.



Il premio verrà consegnato al sindaco di Parma in occasione di una cerimonia che si svolgerà in municipio in autunno e che prevede un’azione di sensibilizzazione e di divulgazione rivolta ai giovani delle scuole primarie e secondarie della città.
Lo stesso presidente del Consorzio, Franco Grisan, ha sottolineato l’importanza dell’impegno del Comune di Parma, in particolare dall’assessorato all’ambiente, nel potenziare la raccolta differenziata che ha permesso, attraverso la collocazione di adeguate campane per il vetro sul territorio, di attivare un sistema di raccolta puntuale del vetro che, una volta riciclato, è di qualità notevolmente superiore rispetto al passato quando veniva unito in modo indistinto con plastica e barattolame.
L’iniziativa del Consorzio Recupero Vetro rientra nella campagna di comunicazione denominata: “C’è Vetro e Vetro. Impara la differenziata, fai la differenziata” promossa dallo stesso Consorzio per sensibilizzare opinione pubblica ed istituzioni sul tema della raccolta differenziata del vetro.
L'assessore Folli: “Il progetto di trasformazione della raccolta differenziata porta a porta su tutta la città vede nella raccolta separata del vetro uno dei punti cardine su cui fondiamo la nostra azione per migliorare la qualità della raccolta stessa e conseguentemente aumentare i contributi che vanno a ridurre i costi della bolletta dei cittadini”.
Il punto cardine di tutte le gestione dei materiali post utilizzo è proprio la modalità con la quale gli stessi vengono trattati. Possono rappresentare un problema se trattati maldestramente, si trasformano in risorsa se gestiti in modo corretto.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 18 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
438

giorni fa

mercoledì 17 luglio 2013

Prepariamoci

Rifiuti verso Ugozzolo, si prepara la festa

Circolano mezze notizie sull'intenzione di Iren di riaccendere il camino di Parma entro fine mese, pare allo scopo di agguantare la sostanziosa fetta di certificati verdi.
Infatti lo spostamento dell'accensione ad agosto significherebbe un ulteriore abbassamento degli incentivi pubblici ed un tremendo scrollone al piano di rientro previsto per l'impianto targato Iren.
La cronaca di oggi però desta qualche preoccupazione.



Questa mattina, nelle prime ore del giorno, attorno alle 7,30, un Tir carico di rifiuti è uscito al casello di Parma centro (su via Colorno) ed ha preso la direzione dello Spip.
I bookmakers hanno rifiutato le scommesse per l'eccessivo rischio di vincite: dove andava il Tir carico di rifiuti?
Quale azienda operante in quella zona potrebbe essere interessata?
E poi, da quale direzione proveniva il mezzo?
E' ipotizzabile che questi rifiuti siano arrivati da lontano?
La sequela di domande potrebbe continuare all'infinito.
La vicinanza di fine mese, le notizie trapelate, i sussurri e le grida attorno ad Ugozzolo completano anche troppo bene il quadro della situazione.
Un appello ai parmigiani.
Chi ha visto segnali anche in forma anonima la situazione.
Rimaniamo in trepida attesa degli sviluppi.
Intanto non sarebbe male che Arpa, Usl, Iren stessa, Comune di Parma, Provincia, ci rendessero edotti delle loro informazioni al riguardo.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 17 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
437

giorni fa

Isde stigmatizza Bondi sull'Ilva

Il commissario è lungi dall'essere imparziale



Il commissario dell’Ilva, Enrico Bondi, è stato nominato dal governo per rappresentare gli interessi di tutti.
Tuttavia le sue recenti affermazioni, che riprendono una perizia di parte aziendale, sono lungi dall'essere imparziali.
Nella sua relazione al presidente della Regione Puglia, Bondi cita infatti una relazione dei periti aziendali (Boffetta et altri), secondo cui: “E’ noto che a Taranto, città portuale, la disponibilità di sigarette era in passato più alta rispetto ad altre aree del Sud Italia dove per ragioni economiche il fumo di sigaretta era ridotto fino agli anni ’70”.
La frase sottintende che non vi sarebbe un eccesso di tumori dovuti all'inquinamento ma tale eccesso sarebbe attribuibile al consumo di sigarette.
Contestiamo questo modo di porre il problema: il commissario non può sposare un tesi di parte -, in modo peraltro superficiale; la relazione consegnata dai periti della Procura di Taranto e degli enti pubblici preposti (Istituto Superiore di Sanità, ISPRA, ARPA Puglia, Agenzia Regionale Sanitaria Pugliese) contiene un'analisi approfondita della mortalità per tumori a Taranto e nei suoi quartieri, e va considerata nella sua interezza.
La parzialità e la superficialità delle dichiarazioni di Bondi sono coerenti con il decennale disinteresse delle nostre classi dirigenti per i danni che l'inquinamento ambientale arreca all’ambiente e alla salute umana.
Sia il commissario sia la perizia di parte sembrano ignorare le prove del fatto che l'inquinamento atmosferico è causa del cancro del polmone anche nei non fumatori.
L’autorevole rivista Lancet Oncology pubblica in questi giorni i risultati di un grande studio epidemiologico europeo che dimostra come l’inquinamento atmosferico svolga un ruolo importante nell'aumentare il rischio di cancro del polmone anche nei non-fumatori.
Se Bondi, come sarebbe stato suo dovere, si fosse preoccupato di informarsi sulle prove scientifiche nel loro insieme, e non solo sul parere dei periti di parte, avrebbe tratto delle conclusioni diverse. In tal modo avrebbe dimostrato rispetto per i cittadini, per i lavoratori e per gli operatori sanitari anziché agire sulla base di un'agenda precostituita.
Sulla base di queste semplici riflessioni ISDE Italia chiede al Governo Italiano di provvedere a ristabilire la verità e a richiamare i suoi rappresentanti a un maggiore equilibrio e senso della giustizia.

Isde Italia


Le dichiarazioni di Enrico Bondi

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 17 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
437

giorni fa

Anci Conai, accordo da riscrivere completamente

I Comuni Virtuosi rispondono punto per punto

Il dossier sull’accordo Anci-Conai, prodotto dall’ACV -Associazione Comuni Virtuosi, fa discutere.
Con sincrone dichiarazioni il direttore generale del Conai Walter Facciotto e il delegato Anci per i rifiuti ed energia Filippo Bernocchi hanno preso posizione a difesa della proposta di accordo e commentato alcuni aspetti del dossier su Adnkronos.



All’Associazione Comuni Virtuosi non interessa in alcun modo “mettere sul banco degli imputati” i soggetti che hanno condotto le trattative per l’accordo in scadenza, semplicemente crediamo che l’attuale accordo debba essere profondamente rivisto.
Il divario che ci separa dal resto d’Europa è fin troppo evidente ed il grande consenso raccolto tra le associazioni di categoria di raccolta e riciclo dimostra che i problemi evidenziati non riguardano solo gli enti locali.
Walter Facciotto ci attribuisce il fatto di aver analizzato solamente i dati degli ultimi bilanci dei consorzi di filiera riferiti al 2011.
Il 2011 è l’unico anno per il quale ci sono i bilanci disponibili online, se i dati del bilancio 2012 e 2013 diranno qualcosa di diverso ne terremo certamente conto.
Walter Facciotto lamenta di come il dossier si concentri esclusivamente sui “lati negativi” dell'accordo, ma se si vogliono apportare miglioramenti a favore della parte che è stata maggiormente penalizzata, cioè i Comuni, ci pare logico che sia così.
La questione è un’altra: gli imballaggi sono sempre un costo: per l’ambiente (energia e materia sprecata), per i cittadini, costretti a comprare imballaggi eterogenei e difficilmente riciclabili, per i comuni (quindi ancora per i cittadini) che se ne accollano i costi di raccolta e trattamento.
L’obiettivo non può essere di produrre tanti imballaggi ma, come accade nel resto d’Europa, di penalizzare gli imballaggi inutili e difficilmente riciclabili facendo pagare alle aziende un contributo ambientale (CAC) diversificato in relazione al reale impatto economico ed ambientale dell’imballaggio.
Meno imballaggi in circolazione e progressivamente sempre più riciclabili secondo una progettazione ecologica “dalla culla alla culla”.
In questo senso appare difficilmente comprensibile anche l’affermazione di Filippo Bernocchi, delegato ANCI per rifiuti ed energia, che risponde alla richiesta dei Comuni Virtuosi di rimodulare il CAC affermando che in questo modo l'aumento “si scarica sempre sul consumatore nel momento in cui acquista il prodotto”.
In realtà sono proprio i cittadini che oggi pagano le storture dell’attuale sistema: pagano quando sono obbligati ad acquistare imballaggi inutili e poco riciclabili e pagano nella bolletta dei rifiuti i maggiori costi delle raccolte che il sistema Conai non copre.
Se fosse vera la tesi di Bernocchi -sostenuta anche dal Conai-, l’applicazione in Italia del CAC più basso in assoluto a livello europeo avrebbe dovuto garantire al consumatore italiano un costo dei beni di consumo inferiore alla media europea.
In Italia il CAC, incide soltanto per lo 0,07 % sul costo dei beni alimentari all’ingrosso, mentre nel resto d’Europa incide in media per lo 0,3 %.
Nonostante questo innegabile vantaggio per le imprese italiane, l’Italia è diventata in pochi anni uno dei paesi europei con l’Indice di Livello dei Prezzi (PLI) più elevato in Europa secondo Eurostat.
L’altra importante questione è: quanti soldi entrano al Conai e quanti arrivano ai comuni?
Facciotto afferma che “nel 2012 i ricavi sono stati poco più di 500 milioni di euro di cui 312 sono andati ai Comuni ed è l'85% e non il 37% come riportato nel dossier” omettendo di dire che, in realtà, tra le entrate dei consorzi ci sono anche i ricavi per la vendita dei materiali e le quote versate dai soci che nel 2012 ammontavano a circa 250 milioni di euro.
Nel 2012 ai Comuni è andato circa il 42 % del totale degli introiti (il 5 % in più rispetto al 2011). Nel 2011, anno preso in esame nel Dossier, i consorzi del Conai hanno introitato 819 milioni di euro e di questi soldi sono andati ai Comuni 297 milioni di euro, quindi poco più di un terzo degli introiti totali del 2011.
Riteniamo che un sistema che opera senza scopo di lucro come il Conai non dovrebbe avere alcuna difficoltà a riconoscere ai Comuni sia i maggiori costi di raccolta che i ricavi per la cessione del mercato di quanto conferito ai Consorzi di filiera.
Facciotto e Bernocchi affermano che “il Conai fa più degli obiettivi previsti dalla legge”.
Nell’ultimo rapporto ISPRA si legge invece che, a causa “dell’incompleta e parziale informazione fornita dal Consorzio Conai... l’ISPRA non è in grado di monitorare in maniera efficace il ciclo di gestione dei rifiuti di imballaggio, validando i dati trasmessi dal CONAI, e soprattutto di verificare il raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio fissati”.
Piena disponibilità a collaborare con l’ANCI per trovare una soluzione che possa conciliare le esigenze di tutte le parti coinvolte nella più totale trasparenza.

Gianluca Fioretti
Presidente ACV - Associazione nazionale Comuni Virtuosi

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 17 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
437

giorni fa

lunedì 15 luglio 2013

Nella zona di Sarroch (Cagliari) i bambini presentano alterazioni DNA per la presenza di industrie e poligono militare

di Luca Scialò




Particolarmente scioccante è una ricerca epidemiologica condotta da otto ricercatori e pubblicata su Mutagenesis, rivista dell’Università di Oxford: i bambini di Sarroch (Cagliari) “presentano incrementi significativi di danni e di alterazioni del Dna rispetto al campione di confronto estratto dalle aree di campagna”.
Lo studio – sette cartelle fitte di dati e analisi – è stato acquisito dalla Procura di Cagliari (come scrive il quotidiano La Nuova Sardegna) e il fascicolo è sulla scrivania del pm Emanuele Secci, titolare dell’inchiesta giudiziaria sullo stato ambientale dell’area tra Cagliari, Pula e Teulada.
Ma cosa c’è a Sarroch?
Sarroch è un Comune della provincia di Cagliari che ha visto il suo territorio devastato dalla presenza di veri e propri ecomostri: dal litorale su cui sorge l’agglomerato industriale petrolchimico che si è sviluppato a partire dalla raffineria di petrolio della Saras, fino all’entroterra espropriato dal poligono militare di Teulada (nella foto).
Lo studio pubblicato su Mutagenesis ha messo a confronto un campione di 75 bambini tra i 6 e i 14 anni che abitano vicino al sito industriale di Sarroch, con 73 loro coetanei che vivono invece nelle zone agricole e rurali dell’isola. Sono state così rilevate le concentrazioni di benzene e di etil-benzene nell’aria, nei giardini della scuola di Sarroch e in un villaggio rurale.
In realtà diversi studi avevano già dimostrato che da queste parti ci si ammala di leucemia tre volte tanto rispetto alla norma. E già il documentario Oil di Massimiliano Mazzotta nel 2010 aveva lanciato l’allarme sugli effetti deleteri su salute e ambiente dei prodotti dalla raffineria Saras della famiglia Moratti.
Ma il dato ancora più inquietante messo in luce dalla ricerca dell’Università di Oxford è che “i bambini residenti in prossimità del polo industriale di Sarroch presentano anche significativi danni e alterazioni del Dna”. Gli studiosi sono arrivati a questa conclusione dopo aver analizzato anche i livelli di alterazioni del Dna in uno studio effettuato su un sottocampione di 62 bambini.
Detto in parole povere, l’inquinamento dell’atmosfera prodotto anche dal polo industriale di Sarroch potrebbe essere responsabile di vere e proprie mutazioni genetiche nel Dna dei bambini che lì vicino abitano, studiano e giocano.
La Saras dei fratelli Moratti, interpellata più volte da Il Fatto quotidiano, ha sempre preferito non rilasciare alcuna dichiarazione in merito. Nel suo silenzio c’è forse la consapevolezza di aver compromesso la vita di molti sardi.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 16 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
436

giorni fa

Inceneritore di Acerra, la bocca dell'inferno

Di Maria Ferdinanda Piva




A parte l’olezzo connesso all’incessante arrivo degli autocarri carichi di immondizia, l’anticamera dell’inferno – ovvero il cortile dell’inceneritore di Acerra – è probabilmente il posto più pulito della piana di Napoli. Durante la sosta dello Spazzatour presso l’impianto, molti attivisti del M5S calzano sul volto una mascherina protettiva. Magari coreografico ma perfettamente inutile. I fumi che escono dalle ciminiere dell’inceneritore non ricadono nelle immediate vicinanze ma “ad ombrello”, con un raggio di qualche decina di chilometri che andrebbe calcolato tenendo conto dei venti e delle caratteristiche del materiale.
L’inceneritore è gestito dalla bresciana A2A. Il responsabile, un ingegnere biondo rossiccio dall’accento veneto, è un perfetto padrone di casa. Gentile, disponibile, inappuntabile, per nulla polemico di fronte a centinaia di parlamentari e di attivisti del M5S che apprezzano il suo lavoro esattamente quanto il fumo negli occhi.
L’ingegnere accetta senza fare una piega che l’impianto venga chiamato da tutti “inceneritore” anche se egli sottolinea che si tratta di un “termovalorizzatore” perchè bruciando rifiuti viene generata energia elettrica: “In un anno 550 milioni di kilowatt ora, che equivalgono al fabbisogno di 200.000 famiglie”. Un attivista fa notare che, riciclando i rifiuti anziché bruciandoli, verrebbe risparmiata una quantità di energia elettrica pari a tre volte tanto. L’ingegnere incassa senza replicare.
Per capire cosa finisce nell’inceneritore è necessario un cenno al contorto ciclo dei rifiuti in Campania. La raccolta differenziata raggiunge il 50%. In questo 50% è anche compresa la frazione organica (detta anche “umido” o “scarti di cucina”) che viene avviata al trattamento fuori dalla regione: in Campania non esistono impianti di compostaggio che pure sono i meno costosi e costituiscono il grado zero del riciclaggio.
La città di Napoli manda in Olanda via nave la sua immondizia indifferenziata. Il resto della Campania manda invece la sua immondizia indifferenziata negli Stir (stabilimenti di tritovagliatura ed imballaggio dei rifiuti) che separano la frazione umida sfuggita alla raccolta differenziata e la avviano alle discariche. La frazione secca – 600.000 tonnellate all’anno – va invece all’inceneritore di Acerra.
L’ingegnere della A2A spiega che gli autocarri in arrivo vengono pesati per determinare la quantità del carico. Gli attivisti insistono per sapere se viene controllata anche la qualità del contenuto: “Abbiamo il sospetto che qui vengano bruciati anche rifiuti industriali”. L’ingegnere allarga le braccia: “Noi guardiamo i documenti e facciamo dei controlli a campione”.
Bruciando i rifiuti, prosegue il responsabile dell’impianto, si producono fumi e ceneri. Le ceneri di combustione costituiscono circa il 20% del peso iniziale dei rifiuti trattati dall’inceneritore. Esse comprendono anche metalli (un peso pari al 5% dei rifiuti che entrano nell’inceneritore) che vengono recuperati e riutilizzati. Il resto delle ceneri di combustione (dunque il 15% del peso iniziale dei rifiuti) viene avviato al riuso nei cementifici.
I filtri attraverso cui passano i fumi prima di uscire dalle ciminiere trattengono una quantità di polveri pari ad un altro 5% del peso iniziale dei rifiuti e vengono sepolti in una miniera tedesca di salgemma.
Poi l’ingegnere conduce il drappello verso l’inferno. Verso il cuore dell’impianto. La fornace vera e propria non si vede se non sui monitor di controllo che la riprendono costantemente; si vede però un’enorme fossa colma di rifiuti che davvero sembra una bolgia dantesca.
Un braccio meccanico comandato a distanza – una sorta di mega tenaglia – pesca ininterrottamente dalla fossa per alimentare la fornace. Ogni volta che la tenaglia tira su la roba, si vedono penzolare verso il basso brandelli di abiti e di plastica. Nella fossa spiccano bottiglie di plastica e lattine in quantità. Ad occhio, una buona metà di quel che viene bruciato potrebbe essere tranquillamente avviato al riciclaggio attraverso la raccolta differenziata.
Un attivista lo fa notare all’ingegnere. Lui allarga le braccia di nuovo: “Questo non è un problema mio.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 15 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
435

giorni fa

domenica 14 luglio 2013

Le 10 città più inquinate del mondo

Torino nella Top Ten del peggio

Una classifica dell’Economist basata sui dati dell’Oms piazza in vetta l’indiana Ludhiana, seguita dalla cinese Lanzhou e dalla messicana Mexicali. Torino ottava. Ma la crisi ci sta almeno aiutando ad abbattere i livelli di CO2

di Simone Cosimi

http://life.wired.it/news/salute/2013/06/26/le-10-citta-piu-inquinate-del-mondo.html?utm_source=facebook&utm_medium=cpc&utm_campaign=wiredsz

Lanzhou


È vero.
La crisi economica può aver migliorato qualcosa, negli ultimi tre anni.
Magra consolazione.
In ogni caso, i più recenti dati disponibili rilasciati dall’Organizzazione mondiale della sanità danno l’idea di come il problema dell’inquinamento atmosferico sia davvero globale e interessi metropoli da ogni latitudine. Nei Paesi di vecchia industrializzazione in particolare per l’inadeguatezza delle pratiche di controllo delle emissioni – basti pensare alla legislazione europea, da molti ritenuta troppo blanda, o le zone a traffico limitato che danno scarsi benefici – nei Brics e in generale in quelli in crescita roboante per le ragioni stesse di uno sviluppo spesso senza scrupoli.
Non manca una macchia d’Italia: si tratta di Torino, che nella top ten delle città più inquinate del pianeta (valutate in base alla media annuale dei livelli di Pm10) si piazza all’ottavo posto. Dati raccolti dal 2009 in poi, quelli dell’Oms, e rielaborati da una classifica dell’Economist – l’Oms aveva rilasciato un suo documento incoronando l’iraniana Ahwaz.
Nel frattempo i problemi economici ci hanno appunto aiutato a mettere il freno.
Per esempio a Torino nel 2012 è andata meglio dell’anno prima, con 118 sforamenti delle soglie d’allerta di particolato contro 158. Secondo la direttiva 2008/50/EC questi livelli sono fissati in 50 microgrammi/metro cubo nelle 24 ore per le Pm10, mentre per le più pericolose Pm2,5 non c’è un limite massimo ma l’obiettivo di raggiungere entro il 2015 un valore medio annuo fissato a 25 μg/mc. In generale, in Italia li superiamo troppo spesso.
Quanto alla Co2 complessiva, invece, secondo i numeri Ecoway nel 2012 il Belpaese affumicato ha toccato il minimo storico di emissioni industriali, il 27,5 per cento in meno rispetto al 2005. Anche il traffico automobilistico – fra i principali responsabili dello smog metropolitano – continua, secondo uno studio del Centro ricerche Continental Autocarro, a far registrare segni negativi non solo nelle vendite ma anche nelle emissioni: nei primi cinque mesi dell’anno il calo si è attestato sul 3,8 per cento, oltre 1,5 milioni di tonnellate di Co2 in meno. Ma prima o poi si tornerà ai livelli pre-crisi.
Quelli in cui India, Cina e Messico piazzano alcune fra le loro città, nemmeno troppo note, al vertice dell’antipatica classifica. Seguono altri centri di Corea del Sud, Sudafrica, Brasile, Italia, Spagna e Francia.

Ecco, Torino ha bisogno di una spintarella.
Un bel camino nuovo di zecca, che manco recupera il calore, perché non hanno nemmeno realizzato la rete di teleriscaldamento. Dei geni.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 14 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
434

giorni fa