Ormai
è più di un sospetto,
quell’inceneritore
era un sicario
La
diossina emessa dal vecchio impianto di Falascaia, tra Pietrasanta e
Camaiore, dal 1974 al 1988 avrebbe causato una scia di lutti in tante
famiglie, migliaia di morti per tumori alle vie respiratorie
di Matteo Tuccini
Il Tirreno
C’è l’ombra
dell’inquinamento dietro quasi tremila casi di tumore diagnosticati
negli ultimi 40 anni tra Pietrasanta e Camaiore.
È quanto emerge
dall’indagine dell’Asl di Viareggio a proposito degli effetti
nefasti del vecchio impianto di incenerimento dei rifiuti, attivo
nella zona di Falascaia - al confine tra i due territori comunali -
tra il 1974 e il 1988.
Indagine che punta a
chiarire il collegamento tra questo impianto, le sue emissioni di
diossina e polveri fini nell’aria (fatto accertato dall’Arpat in
uno studio collegato) e 2.777 ricoveri di pazienti pietrasantini e
camaioresi, affetti da tumore. Storie di sofferenza, e di lutti: più
di mille di loro sono morti.
Nello stessa inchiesta, tra
l’altro, c’è una parte collegata al nuovo inceneritore, aperto
nel 2004 al posto del vecchio, ma non più attivo dal 2010 dopo
un’indagine della Procura della Repubblica di Lucca: nel
patteggiamento che ha concluso la vicenda giudiziaria si è ammesso
che i tecnici della società che lo gestiva (la multinazionale
francese Tev Veolia) taroccavano i dati delle emissioni
di anidride carbonica.
Proprio a proposito di quel
lasso di tempo, 2004-10, sono state prese in esame 354 nascite nei
due
territori comunali
interessati, su cui l’Asl sta indagando per capire se ci sia una
correlazione
tra eventuali problemi nelle
gravidanze (malformazioni, parti prematuri) e le emissioni di polveri
nell’aria.
Resta il fatto che tra le
due gestioni dell’incenerimento dei rifiuti, la prima e la seconda,
non c’è alcuna relazione.
Perché è la vecchia
struttura, che nel ricordo dei cittadini della zona era una specie di
mostro circondato dalle fiamme, ad avere la responsabilità di
un’immissione di veleni nell’aria durata quindici anni.
Diossina, polveri fini,
metalli pesanti: schifezze che - ha rivelato lo studio di Arpat - si
sono
depositate nell’ambiente
circostante e quasi certamente anche nei polmoni e nell’apparato
respiratorio delle persone.
E non solo quelle che abitavano nei dintorni. All’inizio, infatti,
l’inchiesta - seguita dal Dipartimento di prevenzione dell’Asl
con la collaborazione di Arpat
e dall’Istituto regionale
per lo studio e la prevenzione oncologica di Firenze - doveva
limitarsi
a un raggio di un chilometro
attorno all’inceneritore.
Poi siè scoperto che i
veleni si erano diffusi ben oltre questi confini immaginari. E a quel
punto gli
studiosi si sono visti
costretti a esaminare tutte le cartelle cliniche di pazienti
pietrasantini e
camaioresi affetti da tumori
dell’apparato respiratorio: polmone, cavo orale, laringe.
Quasi 9mila casi, da cui
sono stati scremati nel corso di questi due anni poco meno di 3mila.
Ci sono voluti quasi due
anni, e la pazienza dei cittadini, per avere questi primi risultati.
Comunicati ufficialmente
ieri dopo che uno di loro aveva rivolto un appello - tramite lettera
ai giornali - all’Asl e ai
sindaci, dopo aver conosciuto il dolore della mamma di un giovane
ammalato di tumore.
Ma la vera rabbia, adesso, è
tutta per la gente del Pollino.
Siamo nel Comune di
Pietrasanta, ma qui la Piccola Atene della scultura e del mangiar
bene
è lontana: il Pollino è
una specie di paese a sé stante, dove tutti si conoscono e fanno
base alla Capannina, il
ristorante locale.
Da qui è partita tanti anni
fa la battaglia ambientalista contro il vecchio e il nuovo
“termovalorizzatore”.
Perché qui, in mezzo a
queste case, ci sono più morti di tumore che in qualsiasi altra zona
della Versilia.
Un record certificato dallo
studio del laboratorio sanità del Sant’Anna di Pisa.
Ci sono persone, in queste
vie, che hanno perso entrambi i genitori, figli, fratelli e sorelle.
A lungo hanno raccontato a
questa gente che le loro pauree i loro dolori avevano a che fare
soprattutto con la fatalità.
«Sono tutte fandonie, i
danni degli inceneritori».
Poi si è ammesso che
qualcosa che non andava c’era,ma non si poteva provare.
Poi c’è stato lo studio
del Sant’Anna, da cui emergeva che in Versilia si moriva di più di
tumore che nel resto della Toscana. Dal 1987 al 1993, lungo la costa
descritta dal cinema e dalla letteratura, si moriva di più che in
tutto il resto della regione per cancro alla laringe, polmoni,
fegato. Sia uomini
che donne. E adesso che sta
per essere fatta chiarezza, ci si chiede se queste tragedie saranno
mai risarcite.
***
Nel luglio del 2010 eravamo
andati per un servizio a Pietrasanta, in occasione del sequestro
dell'inceneritore di Falascaia,
http://gestionecorrettarifiuti.it/sito/modules/news/article.php?storyid=374
Con immagini al seguito: http://goo.gl/dJ8dsF
I sigilli posti dalla
Procura di Lucca avevano messo la parola fine ad un incubo che durava
da decenni e di cui oggi, con un ritardo inaccettabile, cominciamo a
conoscerne i clamorosi dettagli.
L'inceneritore sequestrato
nel 2010 era quello “nuovo”, con tanto di certificato di qualità
ambientale, che nonostante le “best technologies” aveva inquinato
di diossina e metalli pesanti i torrenti a fianco dell'impianto, rii
che sfociano pochi km più a valle direttamente sulla spiaggia della
Versilia.
Bastano queste poche parole
a far capire la situazione drammatica e la lezione che ci lascia
questo impianto: una scia di morte e disperazione tra le famiglie del
luogo.
La rassicurazioni dei
“tecnici”, gli inni alla modernità, la parole vuote spese per
sostenere l'opportunità di quell'impianto si sono oggi sbriciolate
sotto il peso di una muraglia di dolore.
Sono situazioni
inaccettabili che dimostrano l'assurdità della scelta
dell'incenerimento.
La scrematura tra macchine
vetuste o luccicanti poco cambia di fronte al rischio che mettiamo
sul piatto della bilancia, specie quando le alternative eco
compatibili sono a portata di mano.
Associazione
Gestione
Corretta
Rifiuti
e
Risorse
di
Parma
-
GCR
Parma,
3 ottobre 2013
L'inceneritore
di
Parma
è stato acceso
36
giorni
fa