sabato 26 ottobre 2013

68 87 85 135 101 65 51


Pm 10, sette giorni sopra i limiti
E' Parma la regina dello smog, argento a Modena

Numeri da giocare.
Una settimana lunga sette giorni di smog ad altissimo livello.
E' la fotografia di Parma, la peggiore situazione dell'aria in tutta l'Emilia Romagna.
Una settimana di sforamenti nonostante diversi giorni in cui la pioggia non ha fatto mancare la sua presenza benefica nel ruolo di idropulitrice.
Il dato eccezionale lunedì 21 ottobre, con le Pm 10 schizzate a 135 milligrammi per metro cubo di aria, un mix di veleni che ha fatto impazzire la centralina di via Montebello.
La morsa dell'inquinamento strozza la città.
Tanti i complici riconosciuti.



Intanto il traffico, che vede la città ogni giorno invasa di mezzi privati, spesso mossi da motori a gasolio o con livelli di emissioni troppo alti. E comunque una marea di automobili che entrano in città dalla cintura della Pedemontana e lungo l'asse della via Emilia.
Un nugolo di automobili per trasportare i figli a scuola e riportarli a casa.
Poi l'accensione dei riscaldamenti, ma in questo caso si deve riportare il fatto che la stagione sia ancora mite e quindi il contributo negativo delle centrali non può essere stato molto intenso.
Poi gli impianti industriali che comunque punteggiano il nostro territorio: pastifici, vetrerie, industrie conserviere, 70 sono le aziende nella Provincia di Parma che vengono monitorate da Arpa per le loro emissioni di ossidi di azoto, pm 10, anidride carbonica, ossidi di zolfo, composti organici volatili, cloro, ammoniaca, e loro compagni di viaggio aereo.
Oggi se si registrasse ancora lo sforamento dei limiti, che ricordiamo è fissato a 50 microgrammi, ma l'Oms da tempo chiede di portare la soglia a 20, si dovrebbe procedere a misure straordinarie per cercare di ridurre il rischio sanitario.
Agonia di una città.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 26 ottobre 2013

L'inceneritore di Parma è stato acceso
59
giorni fa

venerdì 25 ottobre 2013

Il volto sfigurato della montagna

Tagli boschivi e centrali a biomassa, è il nuovo appennino che avanza

Il paesaggio della nostra montagna cambia in peggio.

E comincia ad allarmare.
Boschi come groviere, strade sfondate dai camion che portano via legna, frane, interruzioni di strade, sempre meno turisti e sempre meno gente nei paesi.
E' un fuggi fuggi con gli ultimi scampoli di malloppo.


Non si tratta più di autoconsumo di legna, come la burocrazia si ostina ancora a identificare i tagli selvaggi che possiamo osservare senza particolari ricerche.
Il fabbisogno della gente di montagna è irrisorio rispetto a quanto tagliato.
Siamo davanti ad un taglio industriale vero e proprio, ad una vera e propria speculazione economica.
Con ben pochi soldi che restano in montagna.
La gran parte va a chi commercia legna in pedemontana.
Altri vanno ai proprietari dei boschi, in gran parte da tempo residenti in città.
Altri ancora vanno a remunerare l'acquisto di macchinari per il taglio ed il trasporto.
Certo, tanti sono gli addetti e qualcosa si mettono in tasca. Ma la gran massa di queste opere viene eseguite da imprese nate dal nulla, che utilizzano gente straniera, pagandola in nero e a resa.
Soldi di cui praticamente non resterà traccia nel parmense.
I versanti li troviamo spogliati, le strade deformate.
Nessun giovamento alla vita dei paesi, né lavoro per trattenere i giovani.
La legge c'è, permette ai proprietari dei boschi di tagliare fino ad un massimo di 6 ettari.
Ma è una legge che non tiene conto della speculazione sulla legna da ardere.
Se il mercato inducesse la gran parte di chi possiede boschi a tagliarli per far soldi, complice una ulteriore recrudescenza della crisi economica, e tutti tagliassero, chi li potrebbe fermare?
Non certo questa legge.
Occorrerebbe preoccuparsi di non intaccare la rinnovabilità dei boschi e di non accrescere il degrado idrogeologico, come sarebbe necessario un piano annuale dei tagli che tenga conto di limiti certi e non possa essere eluso e superato.
Molti amministratori invece sostengono le tesi dei tagliatori.
L'abbandono dei boschi è palese e non è positivo. Una politica delle comunità montane che possa permettere la nascita di qualche centrale a biomassa che permetta la produzione di elettricità e di teleriscaldamento non farebbe male e permetterebbe di monitorare e tenere puliti i boschi, garantendo la giusta turnazione delle piante, la pulizia del sottobosco ed in ultimo ma non meno importante garantire lavoro a territori che continuano a spopolarsi a causa di mancanza di lavoro”.
Finanziamenti di Regione e Provincia per la montagna sono, infatti, solo finalizzati dotare di macchinari di taglio le comunalie e soprattutto ad impiantare centrali termiche a cippato.
Non si comprende cosa voglia dire creare posti di lavoro nel taglio dei boschi.
Il lavoro lo crea già il taglio speculativo e selvaggio, lo crea il mercato della legna da ardere.
Dotare di mezzi meccanici di taglio una comunalia significa dare man forte a tale mercato senza regole, incentivare le comunalie a far parte di tale meccanismo perverso.
D'altronde, la cosa è del tutto coerente alle affermazioni di funzionari ed amministratori.
Qualcuno sostiene “siamo seduti su un nuovo petrolio e neanche ce ne accorgiamo”.
Altri affermano che potremmo anche tagliare tutto quello che è ricresciuto nei boschi da quarant'anni a questa parte senza preoccupazione alcuna per la rinnovabilità.
Anche se la rinnovabilità annuale, il 4% di tutta la massa boschiva, è decretata dalla Regione come non superabile.
Ormai chi abita in montagna per riscaldarsi non usa più il gpl, né tanto meno il gasolio, entrambi carissimi. La gente è tornata a bruciare legna nei camini, nelle stufe, dotandosi anche di moderne stufe a pellet o stufe miste pellet-legna.
In montagna, da sempre, si usa legna che brucia bene, legna stagionata due anni: un anno all'aperto, uno al chiuso, in modo che il tenore di umidità sia inferiore al 20% ed il rendimento di calore sia alto.
Perché allora impiantare centrali a cippato per produrre calore per il teleriscaldamento, con potenze da 500 Kw a 1.000 Kw?
Per avere meno emissioni nocive rispetto alle vecchie stufe a legna?
Ma le centrali bruciano cippato fresco, con umidità elevata, basso rendimento, senza alcun filtro per abbattere le emissioni nocive.
Il filtro multiciclone serve solo a raccogliere le ceneri volanti.
Le centrali sono completamente automatizzate e non creano posti di lavoro.
Perché buttare tutti quei soldi nelle centrali termiche e non nel risparmio energetico?
Perché non avviare la ristrutturazione dei borghi per un'accoglienza turistica diffusa che creerebbe subito posti di lavoro nell'edilizia?
L'intento inconfessabile delle amministrazioni è produrre con le centrali anche elettricità, come sta facendo Monchio.
Ma sarebbe una follia.
La legna ha un rendimento bassissimo e bruciare i nostri boschi per produrre poca elettricità non porta da nessuna parte.
Solo verso il baratro ecologico.

Giuliano Serioli

Rete Ambiente Parma

25 ottobre 2013

www.reteambienteparma.org - info@reteambienteparma.org
comitato pro valparma - comitato ecologicamente - comitato rubbiano per la vita -
comitato cave allamianto no grazie - associazione gestione corretta rifiuti e risorseno cava le predelle
associazione per l'informazione ambientale a san secondo parmense
comitato associazione giarola e vaestano per il territorio



Le bugie di Dall'Olio

Le gravi affermazioni del consigliere di minoranza del Pd

Il 7 ottobre scorso Nicola Dall'Olio usciva con un comunicato in cui accusava Gcr di aver fondato un'associazione solo allo scopo di usufruire dei “favori” del Comune.
Peccato per Dall'Olio che Gcr fosse nato 3 anni prima...

Oggi Gcr risponde così

L'Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR è stata costituita il 21 giugno 2010 da un gruppo di persone che hanno deciso di svolgere attività di volontariato avendo a cuore il tema della sostenibilità ambientale.



Tra gli scopi dell'associazione è esplicitamente previsto nello Statuto costitutivo sia la promozione della "realizzazione di un sistema alternativo di gestione dei rifiuti facente riferimento alla strategia rifiuti zero" sia "l'affrontare problemi ambientali per il miglioramento della qualità della vita".
All'epoca, dopo approfondite riflessioni, era stato deciso dai sottoscrittori di costituirsi in associazione proprio al fine di ampliare il campo di azione del comitato preesistente che, per sua natura giuridica, aveva un unico scopo e precisamente di contrastare la costruzione di un inceneritore nella Provincia di Parma sensibilizzando l'opinione pubblica e le competenti autorità amministrative e politiche in merito ai gravi rischi e danni che deriverebbero alla salute e all'ambiente.

Prima di pubblicare false insinuazioni sarebbe meglio fare le opportune verifiche, a meno che non si voglia mentire di proposito.

http://nicoladallolio.it/2013/10/per-qualche-patrocinio-in-piu-i-rapporti-di-favore-fra-comune-e-gcr/

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 25 ottobre 2013

L'inceneritore di Parma è stato acceso
58

giorni fa

giovedì 24 ottobre 2013

Impronte ambientali nel Dna


L'inquinamento ha raggiunto i gameti: tumori anche sotto l'anno di età.

A Parma invece si discute se l'inceneritore sia una risorsa.
Incompetenza abissale o occhiolino al camino dei profitti?

di Rosanna Magnano



Di fronte ai dati sul rallentamento in Italia della crescita dei tumori infantili, documentato dal Rapporto Airtum 2012, epidemiologi e medici si interrogano. Sulla effettiva significatività delle rilevazioni e sul rischio che seguendo l'onda di un incauto ottimismo scenda un'ulteriore coltre di nebbia su un fenomeno che è stato invece in continua crescita per almeno 20 anni in tutta Europa, con l'Italia in evidenza per i dati peggiori, tra i partner Ue. E soprattutto sui legami tra tumori infantili (e altre patologie cronico-degenerative in aumento) e inquinamento ambientale. A fare il punto la V Giornata in memoria di Lorenzo Tomatis, organizzata a Roma dall'Iss e dall'Associazione medici per l'ambiente-Isde Italia.
Il ruolo dell'inquinamento ambientale. «Uno degli studi più completi e autorevoli, condotti dalla Iarc sulla base di 63 registri oncologici di 19 Paesi europei, per un totale di 130mila tumori - sottolinea il pediatra Ernesto Burgio, presidente del Comitato scientifico Isde - ha documentato una crescita di oltre l'1% annuo dei tumori infantili, ma soprattutto un aumento significativo, del 2% l'anno, per i tumori sotto l'anno di età. Il che significa che il cancro del bambino è nato nel feto, nell'embrione o addirittura nei gameti. A dire questo per la prima volta nel mondo è stato Tomatis. Gli oncologi pediatrici sono assolutamente convinti dell'aumento dei casi, perché li vedono quotidianamente in crescita continua. Ora c'è stata questa bella monografia dell'Airtum, che in qualche modo, a mio parere, dando rilievo a dati troppo recenti e poco significativi per quanto riguarda la quantità, rileva dati più rassicuranti per l'Italia negli ultimi anni. Ma stiamo parlando di pochi registri, in un Paese in cui c'è stato il maggior aumento assoluto di casi di tumori infantili. Secondo lo studio Iarc, siamo quelli che vanno peggio, con 170 nuovi casi ogni anno (per milione di bambini), a fronte di una media di 140 per gli altri Paesi. A questo punto, il problema diventa: come possiamo spiegarcelo? Secondo Tomatis, questa nuova branca della genetica, l'epigenetica, spiega in qualche misura una serie di passaggi: questa parte del genoma più flessibile, soprattutto nelle prime fasi dello sviluppo, è influenzata dall'ambiente e dall'inquinamento, dall'esposizione materna e fetale ad agenti che possono passare dalla placenta fino al feto, condizionandone il programma genomico, ossia il modo in cui il Dna si esprime lungo tutto il corso della vita. Secondo alcuni, questo meccanismo può spiegare l'aumento delle malattie del neurosviluppo, come l'autismo, o delle malattie metaboliche e secondo noi anche dei tumori infantili. La nota positiva è che le trasformazioni dell'epigenoma sono reversibili. Quindi basta individuare quali sono le esposizioni a rischio, della ragazza in età fertile e della madre in gravidanza, e si può fare molto». In una parola «prevenzione primaria». «Qualcuno deve spiegare alle madri che il benzene è leucenogeno - conclude Burgio - che non deve esporsi al particolato fine, che non deve mangiare troppo tonno in scatola. Insomma anche nelle zone più inquinate, la madre può e deve proteggersi».
La prevenzione mancata.
Una proposta concreta arriva dall'epidemiologo Benedetto Terracini, già professore di Epidemiologia dei tumori all'Università di Torino: «L'Isde dovrebbe impegnarsi prioritariamente per impedire l'esposizione di embrioni e bambini a quelle circostanze di rischio che sicuramente causano malattie non neoplastiche. Si otterrebbe anche il risultato di proteggere embrioni e bambini da alcune circostanze di rischio per le quali si ritiene che probabilmente o possibilmente causano malattie tumorali, comprese quelle per le quali l'evidenza non supera la soglia di una discutibile congettura». Rispetto ai dati sull'incidenza dei tumori infantili in Italia, l'epidemiologo pone un quesito: «I cambiamenti degli andamenti temporali dell'incidenza dei tumori infantili in Italia sono sufficientemente preoccupanti per essere portati all'attenzione delle autorità di salute pubblica per la considerazione di qualche forma di intervento preventivo?».
Il latte materno.
Una spia del livello di contaminazione ambientale e punto dolente della prevenzione è rappresentato dal latte materno. Il latte umano può essere considerato infatti un indicatore "ideale" per valutare l'esposizione delle popolazioni a inquinanti ambientali come le diossine e i Pcb che, essendo sostanze lipofile e bioaccumulabili, si concentrano in particolare nella componente grassa delle matrici biologiche. Secondo i dati presentati dall'oncologa Patrizia Gentilini, si può stimare che un neonato alimentato con circa un litro di latte materno al giorno contenente il 4% di grassi, assuma, invece di 2 pg/Kg/giorno di diossine (identificati dalla Ue) o di 0,7 pg/Kg/giorno (seconda l'Epa): 40 pg/kg in Norvegia o Finlandia; 80 pg/kg a Montale o Forlì in prossimità di inceneritori di rifiuti; da 100 a 320 pg/kg (in media 200 pg/kg) a Taranto, grazie alle emissioni dello stabilimento siderurgico e ben 1.200 pg/kg a Brescia (in prossimità del polo chimico Caffaro).
Disuguaglianze.
Se è vero che l'inquinamento diffuso colpisce tutta la popolazione, a prescindere dal reddito. È vero tuttavia che la disparità di accesso alle cure determina esiti differenti anche nel caso dei tumori infantili. Nei Paesi a basso reddito, infatti, il numero assoluto dei tumori è in rapida crescita, c'è un forte divario tra incidenza e mortalità, le diagnosi sono tardive, la sopravvivenza è bassa e molti tumori hanno origine infettiva. «L'80% dei pazienti africani - spiega Paolo Vineis (Imperial College London) - non hanno accesso alla radioterapia. E nei Paesi a basso reddito mancano almeno 7.000 macchine per la radioterapia».

mercoledì 23 ottobre 2013

PM 10 cancerogeni certi


La svolta dello Iarc, le polveri uccidono

L’agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), con sede a Lione, di cui è stato direttore per molti anni lo scomparso Lorenzo Tomatis, presidente del comitato scientifico di ISDE Italia – medici per l’ambiente, ha riclassificato alcune sostanze della lista di cancerogeni noti e fra queste ha ufficializzato l’entrata delle polveri sottili (PM) e in generale dell’inquinamento atmosferico (inquinamento out-door) inserendoli nella categoria 1, e quindi certamente cancerogeni.


Dopo anni di evidenze scientifiche circa la correlazione esistente fra l’inquinamento atmosferico e le patologie tumorali, nella fattispecie il tumore al polmone, l’Agenzia ha emesso la terribile sentenza dopo che scienziati di fama hanno studiato a lungo le evidenze.
L’esposizione al PM 2,5, ad esempio, è associata ad un alto carico sanitario: 6000-10000 anni di vita sana persi per milione di abitanti, nei sei Paesi europei presi in esame (circa 9000 in Italia) (EBoDE - Environmental Burden of Disease in European Region).
Recenti stime suggeriscono che il carico di patologie causate dall’inquinamento atmosferico sia elevato. L’esposizione a polveri fini ha contribuito, nel 2010, a 3.2 milioni di morti premature nel mondo, dovute soprattutto a malattie cardiovascolari, e a 223000 decessi per tumore del polmone (IARC Scientific Publication No. 161 - Air Pollution and Cancer Editors: Kurt Straif, Aaron Cohen, and Jonathan Samet).
Sarà inevitabile a questo punto che ognuno si prenda le proprie responsabilità.
I cittadini, con l’utilizzo inappropriato dell’auto anche per coprire distanze ridicole, e più in generale il sistema di trasporto delle merci, che partecipano a circa il 37% della produzione di tali cancerogeni.
Il sistema industriale e gli impianti per la produzione di energia che, con un altro 20% tramite la combustione, ci riforniscono di una discreta fetta di queste particelle cancerogene.
Gli amministratori, chiamati responsabilmente a trovare velocemente una soluzione per la riduzione di tali sostanze nell’aria che respiriamo con soluzioni alternative alla mobilità privata.
A tutto ciò si aggiunge l’apporto del sistema di riscaldamento che, con più del 30% , dà un contributo non indifferente e che potrebbe essere fortemente diminuito seguendo le regole del minor consumo con temperature più basse negli edifici e con sistemi alternativi veramente rinnovabili (geotermia).
E’ una brutta sentenza, specie per Parma che si classifica fra una delle peggiori città europee per l’inquinamento da traffico.
E a ciò si aggiunge la terribile quantità di Polveri sottili che produrrà l’inceneritore, con le sue 3,2 tonnellate anno a cui andrà sommato un numero imprecisato di altre tonnellate di Polveri sottili prodotte in via secondaria, a causa delle emissioni degli altri inquinanti (NOx..)
E questo inquinante cancerogeno si aggiunge ad altri cancerogeni quali diossine, PCB, metalli pesanti.
Una follia quando altri sistemi per la gestione corretta dei rifiuti sono disponibili da tempo.
Nessuno potrà più dire che l’inquinamento atmosferico non incida sulla salute delle persone e degli animali. E' cancerogeno allo stesso livello del fumo di sigarette. A quando la scritta su auto e impianti industriali come gli inceneritori: “L’inquinamento uccide”?
La decisione dello Iarc cambia anche la situazione di Parma. Ora che le polveri sono un cancerogeno certo, quale valore ha ancora lo studio di impatto ambientale commissionato nel 2007 per l'inceneritore di Parma? In queste ore è in corso la revisione dell'Aia del Paip.
Come influisce la decisione dello Iarc? Sono ancora valide le valutazioni del 2007/2008?

Isde Parma – Associazione Internazionale Medici per l'Ambiente
Gcr - Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse
Associazione Futura
Ada – Associazione Donne Ambientaliste
Comitato Rubbiano per la vita

Parma, 23 ottobre 2013

martedì 22 ottobre 2013

Pm 10 impazzito, Parma polmone nero


Lunedì 21 ottobre inquinamento a 135 (soglia consentita 50)

Dopo diverse giornate di pioggia che devono aver per forza ripulito l'aria, ieri, lunedì 21 ottobre, Parma si ritrova in via Montebello con il livello Pm 10 a 135 microgrammi per metro cubo, come media nelle 24 ore: figuriamoci a che valore sarà andato nelle ore di punta.
La centralina di via Montebello ha così registrato il 40° superamento della soglia limite di 50 microgrammi per metro cubo d'aria, quando in un anno intero la legge consente 35 superamenti complessivi.



Nella stessa giornata colpisce il dato delle centraline mobili e delle stazioni locali della zona nord di Parma. 83 microgrammi al Paip, 98 a Mezzani, 84 a Paradigna, 81 a Sorbolo.
Sono le centraline più direttamente interessate all'attività industriale del forno inceneritore di Ugozzolo, perché ricadono nel cono di emissione previsto dal modello di previsione.
Stupiscono questi dati perché le centraline hanno registrato fino ad oggi solo 5 superamenti dall'inizio dell'anno, essendo dislocate in zone periferiche, in genere non assediate dal traffico veicolare e/o dalla caldaie.
E quattro di questi superamenti sono degli ultimi giorni.
L'aria di Parma è malata, nessuna novità, purtroppo.
Ora scopriamo che anche nella periferia a nord del capoluogo la qualità dell'aria sta peggiorando.
Una situazione che si è venuta a creare nell'ultimo recentissimo periodo, lo stesso che registra l'avvio del grande calderone di strada della Lupa.
L'Oms raccomanda una soglia di 20 microgrammi di polveri sottili per metro cubo di aria, nonostante la legge per ora abbia fissato il limite a 50.
Bisogna ricordare che le sostanze inquinanti non hanno peraltro una soglia minima al di sotto della quale si possa respirare tranquilli.
Infine per ogni 10 microgrammi di Pm 10 in più è stato stimato un aumento del 6% di neoplasie.
La qualità dell'aria è la qualità della nostra vita.
Non dimentichiamolo.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 22 ottobre 2013

L'inceneritore di Parma è stato acceso
55
giorni fa

La diffida di Bolzano


La diffida di Bolzano
In Trentino tutti amavano il forno. Parola di Dall'Olio.

Le associazioni WWF, Legambiente, Dachverband für Natur- und Umweltschutz e Ambiente Salute hanno notificato nel mese di agosto del 2013 al Sindaco di Bolzano Luigi Spangolli e al Presidente della Giunta Provinciale Alois Durnwalder una diffida all’autorizzazione all’esercizio dell'impianto d’incenerimento dei rifiuti a Bolzano.



La diffida è stata inviata per conoscenza alla commissione europea per l’ambiente con la richiesta di intervento per alcuni aspetti del piano provinciale dei rifiuti e di conseguenza dell’inceneritore di Bolzano non conformi alla direttiva europea del 2008 sulla gestione dei rifiuti.
L’autorizzazione era stata concessa nel mese d’aprile del 2013.
La conferenza stampa si è svolta nel cono di massima ricaduta delle sostanze nocive prodotte dall’incenerimento dei rifiuti indifferenziati di tutta la provincia di Bolzano.
Nello studio d’impatto ambientale, redatto nel 2004, questa zona abitativa non era stata considerata, pur essendo prevista e sapendo dell’imminente inizio di costruzione del nuovo quartiere. Infatti "nell’anno 2002 il Comune di Bolzano ha acquistato circa 10 ha di terreno agricolo in località Bivio-Kaiserau ed ha attivato la procedura di Variante al Piano Urbanistico Comunale ….".
Anche il quartiere “Firmian”, ancora più vicino al punto di massima ricaduta, non è stato considerato nello Studio d’impatto ambientale.
L’inceneritore di Bolzano presenta altre criticità che ci portano a richiedere la chiusura immediata dell’impianto.
Impatto ambientale.
Gli inceneritori non distruggono i rifiuti, ma li trasformano soltanto (principio di conservazione della materia); i residui della combustione, ca. un terzo dei rifiuti inceneriti (in peso, esclusi i gas), viene trasformato in cenere e trattato come rifiuto speciale. Gli altri ca. due terzi sono costituiti da fumi , polveri sottili e altre sostanze delle quali solo alcune sono note.
Nello studio d’impatto ambientale i promotori dell’inceneritore affermano che: “La qualità dell’aria della provincia di Bolzano è caratterizzata dal fatto di presentare in diverse zone un superamento dei limiti massimi di legge. Le componenti critiche sono le polveri fini, ossidi di azoto, benzolo e ozono”.
Nella conca di Bolzano si ha un superamento sistematico dei valori medi annui degli ossidi d’azoto. Questo porta al fatto che Bolzano sia una delle città più inquinate d’Italia. Una richiesta da parte della Provincia Autonoma di Bolzano di deroga ai valori limite è stata respinta dalla Commissione Europea.
Il trasporto dei rifiuti da incenerire previsto con autocarri rappresenta un ulteriore carico d’inquinanti nella conca di Bolzano (zona1). I transiti previsti per le quantità di rifiuti al 2011 sono da nord (inclusi quelli per il trasporto delle materie prime, delle scorie e dei rifiuti pericolosi o altamente tossici derivanti dall’incenerimento) 13.236 all’anno, da sud 1.884 all’anno e da ovest 4.171 all’anno per un totale di ca. 19.291 autocarri all’anno.
Questi trasporti compromettono ulteriormente la qualità dell’aria nella zona portando i valori, che già ora si attestano sopra i 60 μg/m³, ampiamente al di sopra dei valori limite, specialmente nel 2015, alla fine del periodo di deroga, quando il valore limite sarà di 40 μg/m³.
Impatto sulla salute umana.
È fuori dubbio che una zona in cui non vi è un inceneritore sia più salubre per la salute rispetto ad una con un inceneritore.
La particolare conformazione orografica, i consistenti e lungi fenomeni d’inversione termica e le correnti discendenti lungo i pendii fanno sì che l’auspicata diluizione degli inquinanti sia ostacolata6, provocando un’indubbia pericolosa concentrazione e ricaduta degli stessi in zone densamente abitate e coltivate per la produzione di alimenti umani.
I composti chimici identificati nelle emissioni gassose di un impianto d’incenerimento di rifiuti solidi urbani sono 250, molti dei quali non è dato conoscere gli effetti sulla salute umana.
Un peso rilevante nell’inquinamento dei prodotti agricoli e delle coltivazioni intorno a un inceneritore è svolto da diossine, furani, IPA e metalli pesanti che possono essere assorbiti dai vegetali e trasferiti, attraverso la catena alimentare, agli animali e all’uomo. Una parte dei prodotti agricoli pubblicizzati con il marchio di qualità “Südtirol” sono esposti a questi inquinanti.
L’incenerimento dei rifiuti è ingiusto perché ha il suo massimo impatto tossico sui membri più vulnerabili della società, durante la gravidanza, nell’infanzia, nella vecchiaia e su coloro che hanno una maggiore sensibilità alle sostanze chimiche.
Contravviene alla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti Umani, alla Convenzione europea sui Diritti Umani (Diritto alla Vita) ed alla Convenzione di Stoccolma.

Impatto energetico.
Le valutazioni energetiche nello studio d’impatto ambientale dell’inceneritore sono state ampiamente sovrastimate: il potere calorifico inferiore dei rifiuti da bruciare (la valutazione d’impatto ambientale considera solamente la combustione di rifiuti urbani ed ingombrante)8 è stato stimato nello studio d’impatto ambientale essere pari a 13.000 kJ/kg 9 10 mentre il valore reale misurato nel 2009 in occasione dell’analisi merceologica ha rilevato scientificamente un valore di 9.100 kJ/kg11, valore conforme ca. alla media europea.
L’incenerimento dei rifiuti a Bolzano avviene con efficienza energetica ampiamente al di sotto del 0,60 (valore limite per impianti esistenti al 2008 necessario per classificare l’impianto stesso come a recupero di energia) e quindi è da equiparare, come previsto dalla direttiva europea, allo smaltimento in discarica e di conseguenza va applicata la normativa conseguente.
Gli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani sono compresi solo se la loro efficienza
energetica è uguale o superiore a:
—0,60 per gli impianti funzionanti e autorizzati in conformità della normativa comunitaria
applicabile anteriormente al 1 o gennaio 2009,
—0,65 per gli impianti autorizzati dopo il 31 dicembre 2008, calcolata con la seguente formula:
Efficienza energetica = (Ep–(Ef + Ei))/(0,97 × (Ew + Ef)) dove: Ep = energia annua prodotta sotto forma di energia termica o elettrica.
Le quantità di rifiuti nello studio d’impatto ambientale sono state sovrastimate.
I modelli BAU di previsione non sono realistici in quanto si basano su una proiezione acritica dei valori storici e non si è preso in considerazione il potenziamento della raccolta differenziata ed i particolare quella degli imballi di plastica.
Nel Piano provinciale dei rifiuti si è arrivati a scrivere che “la raccolta della plastica è da limitare ai contenitori per liquidi fino a 10 litri”13 con la motivazione che serve come combustibile per l’inceneritore (vedi anche punto 4 - sotto il titolo Impatto ambientale).

Gestione corretta dei rifiuti.
La direttiva europea sui rifiuti14 attualmente in vigore prevede tre punti cardine nella gestione:
1) Il produttore del rifiuto paga la gestione corretta dello stesso (“chi inquina paga”).
2) Le priorità: a) riduzione del rifiuto, b) il riutilizzo c) il riciclo, d) il recupero (tra cui il recupero termico solo se in impianti con efficienza energetica superiore a 0,65), e) lo smaltimento.
3) Le responsabilità estesa ai produttori dei beni.
Il piano provinciale dei rifiuti non corrisponde alla direttiva europea del 2008 in quanto in alcune parti non rispetta i principi cardine. In particolare la gestione della raccolta differenziata è subordinata alla necessità di combustibile per il funzionamento dell’inceneritore.
L’incenerimento dei rifiuti nell’inceneritore di Bolzano richiede una quantità minima di rifiuti di min. 13,6 ton/ora con un potere calorifico inferiore minimo di min. 9.100 kJ/kg15 con un funzionamento di 300 giorni.

Costi.
La stima dell’energia che l’inceneritore dovrebbe produrre è maggiore di ca. 75% rispetto al dato attuale il che comporta un danno economico notevole ai cittadini. Infatti le entrate previste dalla vendita dell’energia elettrica e termica non potranno raggiungere gli importi previsti per finanziare la costruzione, gli oneri finanziari e le spese di gestione di un impianto il cui costo era previsto a €
71.137.231,20 ( delibera nr. 3397 del 29 settembre 2003) e lievitato ad € 117.915.948,17 (almeno fino al 7 settembre 2009 data della delibera nr. 2245). Il costo finale dell’impianto dovrebbe attestarsi su ca. 140.000.000 €, oneri finanziari esclusi.
Il contributo (tariffa onnicomprensiva) da parte del GSE17 per la produzione d’energia elettrica dalla combustione della parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani, che viene “forfettariamente” assunta al 51%, è finanziato dai cittadini attraverso la componente A3 del prezzo dell’energia elettrica. La componente A3, che paghiamo nella fattura dell’energia elettrica, è stata
introdotta per finanziare le energie rinnovabili. L’utilizzo di questa componente per il sovvenzionamento dell’incenerimento dei rifiuti in un impianto inefficiente come quello di Bolzano rappresenta un danno sia allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili sia al buon utilizzo di denaro pubblico.

Richieste
Il procedimento di localizzazione e la progettazione dell’impianto sono stati radicalmente viziati dall’aver ignorato tutti gli elementi appena riportati che erano facilmente acquisibili con un approccio metodologico assistito da un livello di informazione accettabile, da correttezza e da buona fede. Di conseguenza riteniamo che tutto l´iter amministrativo di autorizzazione alla costruzione e alla messa in funzione dell’impianto si basino su valutazioni errate.
Richiediamo pertanto la revoca immediata dell’autorizzazione all’esercizio dell’inceneritore di Bolzano e l’attuazione dei principi cardine della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008.

*

Fin qui la diffida di Bolzano, che trovate nel documento più completo a questo link:
Bolzano assomiglia molto a Parma.
Dimensione dell'inceneritore, situazione climatica (conca, inversione termica, aria che non si ricambia ma persiste a livello del suolo), associazioni e opinione pubblica avversa, preesistente inceneritore, prodotti tipici da salvaguardare, immagine della città fondamentale per lo sviluppo.
Siamo vicini agli amici di Bolzano.
Condividiamo la stessa lotta.
Come loro anche noi non ci fermeremo nell'opera di informazione sui rischi reali di un inceneritore.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 22 ottobre 2013

L'inceneritore di Parma è stato acceso
55
giorni fa

domenica 20 ottobre 2013

Latte scadute

A Ugozzolo si lavora senza permesso?

Il 15 ottobre è scaduto il permesso a costruire del Paip di Parma.
Ma a Ugozzolo si continua a lavorare.
Certo non stiamo parlando di lavori strutturali.
Probabilmente lattonerie e ammenicoli vari.
Ma proviamo a pensare se in un nostro cantiere si provasse a piantare un chiodo senza autorizzazione, tirare un intonaco senza il foglio di carta che me lo consenta.
Sappiamo come finirebbe.
Il minimo che potrebbe capitare è che il solerte vigile compili puntualmente una salata sanzione, da saldare in tutta fretta.
In caso invece di grave inadempienza si aprirebbero le procedure di sigillo del cantiere.
In strada della Lupa invece tutto procede in rilassatezza.
Non giungono notizie di visite scomode, né di reprimende.
Si continua a lavorare, a latte scadute.


Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 20 ottobre 2013

L'inceneritore di Parma è stato acceso
53

giorni fa