sabato 22 giugno 2013

Fumo di Parma

La coltre nera ha avvolto la città nelle prime ore del pomeriggio.
Un lungo pennacchio nero che attraverso il cielo di Parma, lo tinge di pece prima di ammorbarne l'aria.
E' sabato, scuole e asili chiusi, per fortuna.
Sull'argine del Baganza è chiusa anche la scuola Rodari di via Ognibene, così come l'asilo nido Palloncino Blu.



Così le baracche che prendono fuoco appena aldilà della rete che delimita la scuola non minacciano anche bambini e ragazzi e non gettano nel panico le famiglie.
Sono furiose le fiamme che attaccano la fitta boscaglia e le lingue di fuoco si vedono a chilometri di distanza.
Per fortuna che i vigili del fuoco distano poche centinaia di metri in linea d'aria dal rogo e il loro intervento impedisce che si propaghi la fiamma.
Si sentono secchi scoppi provenire dal centro del falò: lì c'era un ricettacolo di materiali, anche un ricovero per animali, tra i quali un cavallo che ora bruca nell'argine del Baganza, per fortuna sua senza aver riportato danni.



La folla si assiepa per lo spettacolo in diretta, si intrecciano i discorsi che additano le responsabilità della mancata bonifica di quell'area, da tempo degradata.
E l'aria portata in città del forte vento del pomeriggio si fa pesante, densa di odore acre di plastica, di pneumatici colati nel calore del fuoco, il fumo nerissimo che sale alto nell'azzurro del secondo giorno d'estate.
In attesa della rugiada di domani, oggi dal cielo sono piovute ben altre molecole, per fortuna disperse dalle folate che le hanno portate lontano, verso nord, incanalate nell'alveo dei torrenti.
Ma il quartiere Montanara ne rimane comunque impregnato.
E i vestiti ne raccontano l'evidenza.



Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Inceneritore di Terni, rischio biomasse africane

La speculazione è il vero primus movens della finta green economy




L'attività dell'inceneritore presente nella zona di Maratta, a Terni, è stata al centro di un vivace confronto che si è svolto nei giorni scorsi durante il question time del consiglio regionale dell'Umbria.
In una propria interrogazione, il consigliere dell'Idv, Paolo Brutti, aveva infatti chiesto alla Regione Umbria di indagare sulla presunta vendita dell'impianto di incenerimento di Maratta, alle porte del capoluogo ternano, ad una società di Ravenna, la Tozzi.
Il motivo di questo interessamento, il rappresentante dell'Idv lo aveva motivato con la "possibile esistenza di un serio pericolo di riconversione a biomasse, che potrebbe prefigurare - a parere di Brutti - la solita speculazione sugli incentivi per la produzione di energia elettrica da fonti alternative".
Di recente, secondo quanto argomentato da consigliere umbro, questa società ravennate, avrebbe acquistato 50 mila ettari in Africa, interamente destinati alla coltivazione di Jatropha, un genere di piante arbustive i cui semi fungono da agrocarburante. "Non è questa - ha rimarcato Brutti - la green economy che può sollevare Terni dalle sue difficoltà, aumentando semmai il già compromesso equilibrio ambientale della città. Bisogna insomma vederci chiaro e capire se tutti questi sospetti trovino fondamento".
Nella sua risposta, l'assessore regionale Silvano Rometti ha affermato che "l'impianto è stato autorizzato dalla Provincia di Terni e le prospettive per una nuova attività imprenditoriale non sono all'attenzione della Regione. Fino ad oggi l'impianto - ha spiegato Rometti - ha bruciato 36 mila tonnellate annue, con 850 gradi di temperatura media per garantire che non si formino sostanze pericolose". L'assessore regionale ha poi aggiunto che l'impianto è sotto monitoraggio da parte dell'Arpa, l'agenzia regionale per la protezione ambientale e che la società proprietaria è in fallimento ed è gestita da un curatore. "Cercheremo di acquisire - ha detto ancora Silvano Rometti - ulteriori notizie sul futuro dell'impianto, ma sulla compatibilità dell'impianto con la situazione dell'aria a Terni è difficile dare una risposta. Fino ad oggi le emissioni previste sono state rispettate e vengono effettuati controlli costanti, mentre il piano della qualità dell'aria - ha concluso - verrà presto stilato e il monitoraggio sugli effetti delle emissioni sarà oggetto di studio".
Paolo Brutti si è dichiarato per nulla soddisfatto dalla replica dell'assessore "in quanto non tiene conto - ha tenuto a sottolineare - che c'è stato un acquisto e la società è passata ad un soggetto che si propone di riattivarla utilizzando combustibili del tutto diversi. La mia osservazione - ha ribadito - riguardava l'autorizzazione integrata ambientale soprattutto per la questione della filiera delle biomasse provenienti dal continente africano".

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR


Piacenza, inceneritore chiuso nel 2020?

Il sindaco Dosi: “Non siamo stati coinvolti”


Non si è fatta attendere la risposta del sindaco di Piacenza sulla questione dell’inceneritore di Borgoforte la cui chiusura rientrerebbe nel nuovo piano regionale dei rifiuti. “Al momento è solo un’ipotesi anche perché il territorio non è stato minimamente coinvolto in questa decisione – ha detto il primo cittadino – “Prima di tutto ci dovrà essere un confronto ampio e condiviso e poi mi sembra una soluzione lontana e difficilmente realizzabile”. Domani il sindaco contatterà il presidente della regione Vasco Errani per avere aggiornamenti sulla questione.



La Regione Emilia Romagna punterebbe a chiudere l’inceneritore di Piacenza nel 2020. E’ quanto emerso nel corso dell’incontro che l’assessore regionale all’ambiente Sabrina Freda ha avuto con i gestori dei servizi, nel quale è stato presentato il piano Regionale dei rifiuti.
Gli obiettivi sono ambiziosi: riduzione della produzione di rifiuti urbani pro capite del 25%, raggiungimento del 70% della raccolta differenziata e del 60% del recupero di materia entro il 2020, dimezzare il numero delle discariche e chiudere due termovalorizzatori.
A quanto pare sarebbero già stati identificati due inceneritori da chiudere degli otto attualmente in funzione in Emilia Romagna: quello di Ravenna entro il 2017 e quello di Borgoforte (gestito da Tecnoborgo) nel 2020. I due impianti sarebbero stati individuati in base all’effettiva efficienza, all’età e alla ridotta produzione di rifiuti delle rispettive zone.
Iren, Tecnoborgo impianto moderno ed efficiente.
Presenti alla riunione c’erano anche i rappresentanti di Iren, società che controlla la maggioranza proprio di Tecnoborgo. “Il piano regionale è giustamente ambizioso e condivisibile – spiega il gruppo – noi crediamo comunque che le valutazioni future dovranno necessariamente tenere conto dei dati che arriveranno in tema di produzione dei rifiuti, alla luce di tanti fattori. Riteniamo inoltre che se di chiusura si deve parlare, la precedenza vada data a quelle strutture che non rispettano le normative europee, ossia le discariche. E per quanto concerne i termovalorizzatori, pensiamo che ci sia anche un criterio logistico da seguire, evitando di lasciare scoperte grandi fette di regione come potrebbe essere l’Emilia occidentale”. Su tutto, però, da parte di Iren pare prevalere l’orgoglio di avere un impianto che ha 10 anni di età, ma solo anagraficamente: “Nel termovalorizzatore di Borgoforte, inaugurato nel 1993, sono stati fatti investimenti per 20 milioni di euro, dal punto vista tecnologico è assolutamente moderno e allineato a quelli più recenti”.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR


Combustione biomasse, una minaccia per la food valley?

Il vero tema in discussione oggi, oltre alla salute dei cittadini, è quello delle risorse naturali.
La green economy, la speculazione sulle energie rinnovabili, tenderà ad appropriarsi di tutte le risorse naturali consumandole: acqua, aria, suolo e patrimonio boschivo.
Nessun limite sarà rispettato.
Dalla privatizzazione dell'acqua all'inquinamento delle falde acquifere per lo spargimento selvaggio delle deiezioni animali o dei digestati.



Dall'ulteriore inquinamento dell'aria con inceneritori tipo Citterio in zone che già superano i valori limite alla risalita dell'inquinamento, su per le valli montane con l'introduzione di centrali a cippato di legna.
Dalla continua distruzione di suolo agricolo con la cementificazione in atto nei paesi della pedemontana, quegli stessi che si definiscono “comuni virtuosi”, all'occupazione di centinaia di ettari di suolo agricolo da parte dei parchi fotovoltaici a terra in ogni comune della provincia.
Dal taglio boschivo selvaggio ed indiscriminato dovuto alla speculazione sulla legna da ardere al taglio industriale per la cosiddetta “pulizia dei boschi”, finalizzato invece a costruire un mercato del cippato di legna per le centrali medesime.
Oggi la UE arriva a bocciare i cogeneratori a biomassa nel nostro Paese, dove la direttiva aria risulti violata, cioè in aree che già superano i valori limite, tipo il cogeneratore Citterio nel Comune di Felino.
La giunta comunale di Langhirano si pronuncia contro la combustione di biomasse sul suo territorio.
Mentre nel Paes approvato dal comune di Felino è dato risalto al cogeneratore a grasso animale di Citterio, nel Paes di Sala Baganza, furbescamente, non se ne fa parola, si menzionano solo impianti a biogas e la produzione di biometano.
Evidentemente, non è vero quello che affermano gli amministratori, sia di destra che di sinistra, che le normative vadano solo applicate.
Possono, al contrario, essere valutate e messe in discussione.
Gli amministratori sono eletti dai cittadini, sono i loro rappresentanti nelle istituzioni.
Quando dubitano dell'efficacia di una norma debbono sottoporla al vaglio della cittadinanza, e nel caso opporvisi quali interpreti del principio di precauzione.
Nella realtà, tale ruolo di opposizione, di contrasto alla speculazione, lo stanno assumendo soprattutto i comitati spontanei di cittadini.



Sono ormai centinaia ed è ridicolo considerarli come conseguenza dell'effetto Nimby, del fatto che i cittadini non vogliano tali impianti solo perché vicini a casa loro.
E' possibile uno sviluppo alternativo delle energie rinnovabili?
Certo, a patto che non consumino risorse naturali ma le valorizzino.
Impianti a biogas di piccola taglia che utilizzino effettivi scarti agricoli, deiezioni degli allevamenti e scarti dell'agroalimentare per produrre biometano da immettere nella rete pubblica.
Impianti fotovoltaici comunali sui tetti delle case coinvolgendo i cittadini.
Impianti solari termici collegati alla ristrutturazione delle case.
Sviluppo edilizio di sola ristrutturazione dell'esistente volto principalmente al risparmio energetico.
Ristrutturazione dei borghi di montagna all'insegna del risparmio energetico per lo sviluppo di una
ricezione turistica diffusa ed accogliente.
E' per questo che venerdì 28 giugno è stato organizzato un convegno dal titolo “Combustione Biomasse, una minaccia per la food valley?”.
Per cogliere, a partire da uno dei problemi, il nocciolo della questione ambientale del nostro territorio.
Se ne discuterà con l'assessore all'ambiente del comune di Parma Gabriele Folli, con il sindaco di Langhirano Stefano Bovis, con l'assessore all'ambiente del comune di Montechiarugolo Maurizio Olivieri, con il medico Isde Manrico Guerra, con Giuliano Serioli di Rete Ambienta Parma, con Riccardo Dagli Alberi di Langhirano, con Luca Ori di Rubbiano, con Pier Luigi Ricci di Monchio, con Massimo Bacchi di Sala Baganza, e il saluto del sindaco di Parma Federico Pizzarotti.
Fatto il punto della situazione, confrontati i fronti dei comitati con quelli delle istituzioni, sarebbe gioco forza offrire uno strumento operativo territoriale che vada nella direzione di una vera salvaguardia dei nostri beni comuni, a partire dall'aria e dal suolo, senza i quali non c'è alcun futuro.
Il convegno ha il patrocinio dei comuni di Parma, Langhirano, Montechiarugolo.
La partecipazione dei comitati di Sala Baganza, Rubbiano, Langhirano, ed è organizzato da Gcr e Rete Ambiente Parma.

Rete Ambiente Parma
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR


venerdì 21 giugno 2013

Piano regionale rifiuti, le proposte di Parma

L'amministrazione comunale scrive alla Regione

Prevenzione e riduzione dei rifiuti

Gli obiettivi introdotti in materia di riduzione dei rifiuti e percentuale di raccolta differenziata devono essere più incisivi e pressanti. Non si sono osservati sforzi importanti nella definizione di azioni concrete di prevenzione e riduzione dei rifiuti alla fonte, prima fra le azioni inserite nella scala gerarchica della normativa nazionale e comunitaria.
Tale impegno dovrà concretizzarsi con l’incentivazione alla realizzazione di impianti di reimpiego e riuso dei materiali, per generare una barriera all’ingresso dei centri di raccolta rifiuti, evitando così che materiali che costituiscono ancora delle risorse diventino dei rifiuti.



Sarebbe auspicabile individuare come uno dei parametri guida dell’efficacia del Piano e come finalità dello stesso la diminuzione del rifiuto indifferenziato pro capite non recuperato, ovvero il criterio del recupero effettivo delle frazioni raccolte, non comprendendo nell’accezione del recupero quello energetico.
La Regione ha i mezzi e le potenzialità per disciplinare anche la gestione dei rifiuti nel settore della grande distribuzione organizzata. Riteniamo che possano essere favorite da un lato iniziative di successo come il progetto “eco acquisti Trentino” mediante accordi tra gli Enti Locali e la GDO, dall’altro che possano essere introdotte norme e regole per stimolare una migliore gestione degli imballaggi primari e secondari. In questo specifico ambito, Parma si candida a rappresentare la città capofila e la sede di un innovativo centro di ricerca per la riduzione degli imballaggi (in collaborazione con le istituzioni scientifiche ed universitarie che già operano in materia), nonché per lo studio del rifiuto urbano residuo finalizzato ad individuare le migliori modalità di recupero di materia. Sul fronte del rifiuto organico, occorre venga creata la filiera del compost di qualità per orientare le attività imprenditoriali ed agricole della regione ad utilizzarlo sempre più largamente.
Risulta evidentemente limitativa, seppur ampiamente condivisa, la proposta di ottenere una riduzione nella produzione dei rifiuti del 25% solo tramite il ricorso alla de-assimilazione, cioè l'esclusione dei rifiuti derivati dalle utenze produttive dal ciclo urbano allo scopo di ridurre i rifiuti urbani da inviare a smaltimento. In realtà questa scelta, se non accompagnata da ulteriori provvedimenti, produce come unico risultato lo spostamento verso i rifiuti speciali di rifiuti che oggi sono urbani e, quindi, maggiormente controllati. Inoltre la scelta appare non sufficiente se non associata alle azioni progettuali e programmatiche sopra indicate.

Raccolte differenziate e tariffa puntuale
Il territorio è pronto per affrontare la sfida del 70% di raccolta differenziata entro il 2015 (anziché entro il 2020 come indicato nel Piano) e le Istituzioni tutte devono introdurre target principalmente volti alla tutela ambientale.
A tal fine la raccolta differenziata porta a porta spinta, pur con le necessarie declinazioni specifiche a seconda dei contesti demografici e delle condizioni abitative, deve diventare il modello di raccolta obbligatorio dei rifiuti urbani della Regione Emilia Romagna, unito ad un sistema incentivante che premi i territori più virtuosi, anche mediante il circuito degli incentivi CONAI e la ulteriore rivisitazione degli accordi quadro ANCI-CONAI. Il modello dovrà poi essere adatto a garantire l’avvio delle tariffazioni puntuali, nonché volto ad uniformare, possibilmente per territori omogenei, i sistemi di gestione delle raccolte (definizione di colorazioni, dimensionamenti e tipologie delle dotazioni utili alla separazione dei rifiuti, che siano il più possibile standardizzate). Questa dovrebbe rappresentare una prerogativa delle Assemblee locali di ATERSIR che dovranno altresì verificare lo congruità economica e sostenibilità territoriale delle dotazioni specifiche da adottare.

Impiantistica
In ambito impiantistico si ripropone la ferma convinzione che il Piano debba favorire un percorso di graduale abbandono delle forme di incentivazione economica all’incenerimento, invertendo la politica di incentivazione con quella di tassazione di queste tipologie di impianti, con i relativi introiti da destinare a progetti di potenziamento delle raccolte differenziate. Gli incentivi dovrebbero essere stanziati principalmente a favore della filiera del riciclo, inclusa la promozione dei sistemi intesi a massimizzare i tassi di effettivo recupero delle plastiche, e di progetti di ulteriore recupero di materiali dal RUR mediante sistemi impiantistici in grado di comporre ed ottimizzare le varie pratiche operative già presenti sul territorio nazionale ed in corso di ulteriore diffusione anche in ambito regionale.
Sul fronte del trattamento della frazione organica dovrà essere favorita la digestione anaerobica nelle situazioni e nei territorio che si prestano per vocazione socio-economica. Inoltre, ai sensi della direttiva 2008/98/CE, che prevede al 2020 il divieto di incenerimento per i rifiuti compostabili e riciclabili, si ritiene debbano essere affrontate quanto prima le questioni legali e contabili legate al decommissioning degli impianti che trattano rifiuti che non sarà più possibile bruciare.
Infine, si chiede che vengano introdotte norme che disciplinino una gestione separata dei servizi di raccolta, trasporto e avvio a recupero da quelli di smaltimento e recupero.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR


Amianto, la battaglia finale

Dopo l'onda emotiva della sentenza di Torino non ci si può fermare.
Le associazioni esposti e parenti vittime dell’amianto, le associazioni ambientali, i comitati che da anni si battono perché l’enorme problema amianto possa trovare soluzione con una legge del Parlamento Italiano, devono proseguire la loro azione.

La cava di amianto di Pietranera (Bardi): la neve nasconde lo scempio ambientale


E' inaccettabile che tutto rallenti e sopisca all’interno di una più generale emergenza sanitaria e ambientale.
Chiediamo pertanto alle forze politiche presenti in Parlamento di inserire questo tema tra le priorità sanitarie e ambientali e l'occasione per farlo c'è.
Il DDLNorme a tutela dei lavoratori, dei cittadini e dell'ambiente dall'amianto, nonché delega al Governo per ladozione di un testo unico in materia di amiantoè stato depositato in Senato il 15/03/2013 primo firmatario Felice Casson.
La proposta si prefigge di riunire in un testo legislativo unico la complessa questione amianto, con la finalità di correggere le storture e le lacune delle norme vigenti.
Il disegno di legge intende poi preordinare al meglio le modalità per una più efficace prevenzione sanitaria, tutela economica per gli esposti, censimento e piano di bonifica delle aree contaminate dallamianto, e il divieto (art.13) allestrazione e lutilizzo delle pietre verdi, come definite ai sensi del decreto del Ministro della sanità 14 maggio 1996.
Larticolo 13 è il fulcro della battaglia civile diCave all'Amianto? No grazie!, successivamente condivisa da Rete Ambiente Parma e Coordinamento Nazionale Amianto, sostenuta da Isde Italia ed altre molteplici sigle dell'ambientalismo e del volontariato sanitario.
E' fondamentale cancellare lallegato 4 del DM 14 maggio 1996.
Superato l'allegato 4, l'estrazione di amianto ricadrebbe automaticamente nel settore estrattivo sotto il principio più generale, per il quale è vietato commercializzare materiali con contenuto di sostanze dichiarate cancerogene superiore allo 0,1%.
Questa infatti è la norma che causa prima di ogni altra il perdurare della dispersione di nuove fibre di amianto in ambiente.

L'antefatto.

Il parlamento italiano varò nel 1992 la legge n.257 dal titoloNorme relative alla cessazione dellimpiego dellamianto. Il decreto attuativo fu emesso nel 1996, quando il governo emanò il DM 14 maggio 1996 dal titoloNormative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l'amianto... (omissis).
Il titolo non inganni. Il decreto allallegato 4,Criteri relativi alla classificazione ed all'utilizzo delle pietre verdi in funzione del loro contenuto di amianto, di fatto ha consentito di continuare a cavare amianto; si è autorizzato anche lapertura di nuove cave, a patto che il materiale estratto non liberasse amianto in ambiente al di sopra di determinate concentrazioni.
La procedura di controllo è talmente macchinosa da essere dichiarata inapplicabile da ARPA Emilia Romagna. ARPA Valle dAosta afferma che il tout-venant (prodotto) della miniera di Balangero (la più grande cava di amianto dEuropa con una concentrazione di amianto dal 6 all8%) dopo la frantumazione primaria e secondaria rilascia in ambiente una grande quantità di fibre di amianto, ma sottoponendo il tout-venant della miniera di Balangero alle metodiche previste dallallegato 4 il minerale risulterebbenon pericoloso.
Si tratta anche in questo settore di far valere il principio secondo il quale i materiali più pericolosi devono essere sostituiti con altri a minor impatto negativo.

Altro punto importante è fissare termini perentori affinché le regioni completino il censimento dei siti contaminati da amianto industriale e naturale.
Il censimento delle cave contaminanti su ofiolite affidato dalla legge alle Regioni è a tuttoggi incompleto.
Questa è la premessa necessaria affinché tali siti possano essere dichiarati contaminati da amianto naturale. In tal senso si è mossa la Regione Emilia Romagna, anche se la stessa consente ancora di cavare in quei siti che ARPA ha già dichiarato contaminati.
Nel piani di bonifica dall'amianto sarà importante inserire anche i siti oggetto di escavazione, abbandonati e mai rinaturalizzati, come peraltro già previsto dalle leggi vigenti - ma disattese -, secondo un nuovo calendario perentorio compatibile con le risorse disponibili.

Fabio Paterniti
Cave all'amianto? No grazie!

Bardi, 20 giugno 2013

Approfondimenti
Comitato Cave allamianto No Grazie (archivio documentazione)

Sentenza del Consiglio di Stato

Commento alla sentenza

Risoluzione ISDE Italia

Le Pietre Verdi secondo Edoardo Bai Istituto dei Tumori Milano

ARPA Valle dAosta Commento Indice di rilascio DM 14 maggio 1996

Un esempio di contaminazione industriale: Ex Cemamit di Ferentino
http://www.adnkronos.com/IGN/Sostenibilita/Video/Amianto-telecamere-Adnkronos-nella-ex-Cemamit-di-Ferentinoinchiesta-Prometeo_32123752886.html

Un esempio di contaminazione civile
http://www.adnkronos.com/IGN/Mediacenter/Video_News/Amianto-telecamere-Adnkronos-nella-capitaleinchiesta-Prometeo_32167300834.html



Dossier Dott. Vito Totire medico del lavoro Ausl Bologna

Rete Ambiente ParmaCave ofiolitiche rischio negato

www.reteambienteparma.org - info@reteambienteparma.org
comitato pro valparma - comitato ecologicamente - comitato rubbiano per la vita -
comitato cave allamianto no grazie - associazione gestione corretta rifiuti e risorseno cava le predelle
associazione per l'informazione ambientale a san secondo parmense
comitato associazione giarola e vaestano per il territorio - no cogeneratore a olio animale al poggio