sabato 31 marzo 2012

Salute e Ambiente


Un convegno scientifico di alto livello organizzato da Isde Parma

Era gremita di medici questa mattina la sala convegni dell'hotel Villa Ducale di Moletolo, in occasione del convegno scientifico organizzato dall'Isde sull'interazione tra ambiente e salute, con il patrocinio dell'Ordine dei Medici di Parma.



Una mattinata intensa e fitta di interventi che ha permesso agli oltre cento medici presenti di approfondire tematiche troppo spesso tenute in disparte nell'iter di aggiornamento tradizionale.
Dopo il saluto di Pierantonio Muzzetto, presidente dell'Ordine, la parola è passata ai relatori.
“I fattori di rischio ambientali come determinanti della salute umana” è stato il tema affrontato da Manrico Guerra, di ISDE Parma, il quale ha sottolineato la importante relazione tra la qualità ambientale e lo stato di salute di una popolazione.
Alle 9,30 è stata la volta di Paolo Crosignani, epidemiologo dell'Istituto Tumori di Milano e responsabile del Registro Tumori ed Epidemiologia Ambientale, che ha affrontato gli “Effetti a breve e a lungo termine dell'inquinamento atmosferico sulla salute umana”, un secondo scalino per illustrare le conseguenze sulla salute umana dell'esposizione a fattori inquinamenti
E' stata poi data la parola a Pier Anselo Mori, dirigente medico di pneumologia-endoscopia toracica dell'azienda ospedaliero-universitaria di Parma. Nel suo intervento è stato fatto il punto sulla salute dei parmigiani, in particolare per quanto riguarda l'apparato respiratorio. La relazione aveva come titolo: “Inquinamento e patologie respiratorie; la situazione di Parma”.

L'oncologa Patrizia Gentilini, Isde Forlì, ha trattato invece gli “Effetti sulla salute umana, in particolare infantile, da emissioni di industrie insalubri: Inceneritori e impianti a Biomasse”, focalizzando l'attenzione sulla tipologia di sostanze, e sulla loro pericolosità, tipica di alcune  industrie insalubri, che spesso vengono celate dietro presentazioni fuorvianti.



“Inquinamento e salute umana: dalla Genetica all’Epigenetica” è stata la relazione presentata da Ernesto Burgio, presidente Scientific Office ISDE - International Society of Doctors for the Environment, che ha sviluppato il tema della nuove scoperte sugli effetti a lungo termine dell'inquinamento, capace di portare modificazione anche a livello di codice genetico, e quindi sviluppando modificazioni che si trasmettono alle generazioni future.



E' seguito l'intervento di Lorenzo Brambilla, cardiologo e direttore sanitario della Fondazione Don Carlo Gnocchi di Parma, che ha parlato di  “Inquinamento urbano e patologie cardiovascolari”.
Maria Cirelli, dirigente Medico Ausl di Parma Responsabile di LDPARE dell'Ospedale di Borgo val di Taro ha poi affrontato il tema “Cave ofiolitiche e amianto: alle origini del problema”, mettendo in evidenza come il problema sia ancora sottovalutato nonostante questo materiale sia ormai fuori legge da anni.
Ultima importante relazione quella di Ruggero Ridolfi, direttore U.O. Immunoterapia e Terapia Cellulare Somatica I.R.S.T. Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori di Meldola, Forlì, dal titolo “Progetto Ambiente e Tumori AIOM: come riconsiderare la Prevenzione Primaria", uno stimolante approfondimento su quanto ancora non si fa per la salute primaria,.
Alle relazioni è seguita la discussione e gli interventi dei medici presenti, uno scambio importante e proficuo che ha favorito un aggiornamento complessivo sulla relazione tra ambiente e salute secondo gli studi più recenti pubblicati dalla comunità scientifica.
Per Parma la mattinata di studi ha costituito una “prima” molto importante nella direzione del riconoscimento del ruolo sempre più importante del medico nella prevenzione delle malattie e nella individuazione di tutti quegli elementi di disturbo e di rischio presenti in ambiente, spesso frutto di scelte sbagliate e non pienamente consapevoli da parte dei decisori e dalle amministrazioni locali.

Associazione Medici per l'Ambiente Isde Italia – Sezione di Parma
31 marzo 2012

Bartolomeo XIV Sindaco


Da quasi due anni segnaliamo la situazione di piazzale San Bartolomeo, dove ad ogni mercato si ripete come un disco rotto la stessa identica melodia stonata.
Materiali riciclabili al 100% gettati nel rifiuto indifferenziato, con un gentile ringraziamento da parte del gestore (che ce li fa pagare 164 euro alla tonnellata).



Prevale l'amarezza di dover sborsare soldi che invece al contrario potrebbero rientrare nei magri bilanci del comune, sotto forma di contributi Conai, che paga profumatamente le amministrazioni locali per ogni chilogrammo di materiali correttamente riciclati.
Non sono serviti a nulla le segnalazioni ai vigili urbani, ai sindaci e commissari di turno, la denuncia alla stampa, allo stesso gestore.
Come è uso nell'amato Belpaese ogni volta si assiste ad uno stucchevole rimandarsi la palla, senza mai giungere ad una conclusione positiva ed efficace, godendo nel cimentarsi nello sport preferito dai connazionali, il passare il testimone bollente, senza mai scottarsi le dita.

San Bartolomeo è una delle mille piazze che ad ogni mercato si riempie di plastica, carta, cartone, organico, tutte materie vergini e pulite che potrebbero prendere facilmente la via del recupero ed invece sono destinate allo spreco, nella bocca di un forno inceneritore, o sotterrate in una discarica.
Oggi per l'ennesima puntata, la quattordicesima, abbiamo pensato di rinnovare la formula, sfidando i candidati sindaco, ponendo nelle loro mani il fardello, chiedendo se se la sentono di dare una risposta concreta ai cittadini.
E' un'occasione di fare il sindaco subito, dimostrando che anche nelle piccole cose quotidiane si è in grado di gestire il cambiamento.
La parola ai 9 candidati, sta a loro dare l'indirizzo giusto.
Come la pensate sindaci?
Come pensate di affrontare San Bartolomeo?

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 31 marzo 2012

Sono passati
670 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma

Mancherebbero
36 giorni all'accensione del forno, se ancora lo si farà

venerdì 30 marzo 2012

Falde acquifere e allevamenti intensivi


Un grave problema per la città ma anche per il territorio provinciale

La disinfezione rappresenta il trattamento più diffuso nella depurazione degli acquedotti e, nella maggior parte dei casi, è anche l’unico realizzato sull’acqua prima della sua distribuzione.



Lo scopo della disinfezione è quello di abbattere la carica batterica e virale,  mantenendo un minimo di agente disinfettante nell’acqua per impedire la formazione e lo sviluppo di microrganismi endogeni (es. ferrobatteri) o esogeni da liquami animali introdotti nella rete idrica.
Gli agenti disinfettanti utilizzati nella rete degli acquedotti sono l’ipoclorito di sodio (NaClO) ed il biossido di cloro (ClO2), quest'ultimo più largamente utilizzato.
L'acqua che viene pescata dall'acquedotto di Parma in falda è carica di nitrati.
Le maggiori fonti di nitrati per le acque sono rappresentate dall'inquinamento biologico degli agglomerati urbani e dai liquami provenienti dai suoi rifiuti, dai fertilizzanti in agricoltura, dagli scarichi delle automobili, dai processi di combustione, ma soprattutto dai liquami provenienti dalle  stalle.
Le procedure di smaltimento dei liquami sono regolate dalla legge, ma è molto difficile verificare il rispetto delle diverse capacità di assorbimento dei terreni, perché la superficie necessaria all'azienda può essere affittata o asservita.

E' questo il modo con cui le aziende che non dispongono del terreno necessario in rapporto agli animali allevati (caso frequente negli allevamenti industrializzati o intensivi, detti "senza terra"), possono stipulare dei contratti di affitto o asservimento con diversi proprietari di terreni.
Questo sistema si presta facilmente a frodi.
Lo stesso terreno potrebbe essere utilizzato per più allevamenti; le attività di controllo rispetto a questa eventualità sono oggi tanto scarse quanto difficili.
A tal proposito Marcello Mutti, titolare dell'omonima azienda agroalimentare, afferma categoricamente che le attività di controllo, sia sanitario che delle normative DOP, sono solo formali, mirate all'apparenza esteriore o alle risultanze meramente cartacee.
Tali difficoltà nei controlli rendono inoltre possibili svuotamenti irregolari, purtroppo frequenti, anche nei corsi d'acqua, in momenti in cui è improbabile subire un controllo, come nei giorni festivi o nelle ore notturne, oppure in occasione di piogge intense e durature.
Manovre che causano danni difficilmente quantificabili per l'ecosistema dei corsi d'acqua superficiali.
Un altro punto negativo è la pratica frequente di utilizzare per lo spandimento le coltivazioni arboree, come i pioppeti. Anche se l'eventuale eccesso di liquami non crea conseguenze negative per le piante, favorisce il ruscellamento e la confluenza dei liquami nei corsi d'acqua superficiali, proprio per l'impossibilità fisica del terreno di assorbirli.
In condizioni di concimazione normale, il materiale organico nei sistemi di lavorazione del terreno viene decomposto dai microrganismi presenti nel terreno e convertito in un complesso di composti organici.
In altre parole viene trasformato in humus.
Quest'ultimo è essenziale alla ritenzione ed al movimento dell'acqua nel terreno contenendo così le strutture stesse del suolo e le tracimazioni di fiumi e canali.
In condizioni di concimazione normale i microrganismi mineralizzano le sostanze organiche con produzione di nitrati, fosfati e sali di potassio. Per la complessità del meccanismo in essere, il complesso minerale nutritivo è rilasciato gradualmente, secondo le naturali richieste delle piante.
Quando invece il contenuto in sostanza organica è basso, come nel caso tipico del trattamento con liquami, la concimazione apporta facilmente minerali in eccesso (azoto, fosforo e potassio) rispetto alle richieste fisiologiche delle piante ed alle capacità di ritenzione del terreno.
Il conseguente inquinamento, una specie di soffocamento da eccesso, determina serie conseguenze per la qualità delle acque potabili, con rischi per la salute umana.
Elevati contenuti di azoto nel suolo possono tradursi in eccessive concentrazioni di nitrati nei vegetali, soprattutto ortaggi, con conseguenti rischi per i consumatori.
I nitrati si possono unire alle ammine a livello dello stomaco e formare nitrosammine, riconosciute come sostanze cancerogene.
Non si deve infine dimenticare come, attraverso i reflui, passino nell'ambiente anche i residui dei farmaci assunti dagli animali, che influiscono sulla vita dei vegetali, del suolo e dei consumatori stessi.
Al riguardo la normativa recita:
“La nostra Regione ha adottato con il regolamento regionale 6/95 una disciplina specifica per l’utilizzo dei reflui zootecnici. Viene ribadito il principio dell’utilizzazione agronomica, ossia l’e. z. deve essere usato su di una superficie potenzialmente suscettibile di coltivazione, e per scopi agricoli. La concimazione attraverso l’apporto di refluo zootecnico al terreno costituisce normale pratica agricola, tuttavia essa soggiace al limite del carico massimo di azoto, posto a protezione delle falde acquifere sotterranee, pari a 340 kg. per ettaro, calcolato come media annuale dell’azienda agricola. E’ data inoltre facoltà di sfruttare fondi non appartenenti all’azienda, dietro scambio di fieno per letame”.
E' significativa al riguardo l'ordinanza che prevede il dimezzamento del carico massimo di azoto, 174 kg invece dei 340 Kg della normativa, per una estesa area della nostra provincia: dalla linea collinare Pastorello-Neviano Arduini fino alla città.
Un provvedimento reso noto da Confagricoltura su un'intera pagina della Gazzetta di Parma circa 15 giorni orsono, a testimonianza di un aggravamento dello stato delle falde acquifere e del loro inquinamento.
Senza che l'istituzione accennasse minimamente a tali conseguenze.
Un silenzio che sommato ai numeri esposti riporta una situazione al limite della sostenibilità.
Un inquinamento peraltro comprovato dalle più recenti bollette Iren di città, in cui la spesa per la depurazione è ormai arrivata a circa la metà di quella per l'acqua medesima.

Giuliano Serioli

Rete Ambiente Parma
30 marzo 2012

www.reteambienteparma.org  -  info@reteambienteparma.org
comitato pro valparma - circolo valbaganza - comitato ecologicamente - comitato rubbiano per la vita -
comitato cave all’amianto no grazie - associazione gestione corretta rifiuti e risorse – no cava le predelle –
associazione per l'informazione ambientale a san secondo parmense

giovedì 29 marzo 2012

Rifiuti o Risorse?

Verso la Manifestazione Nazionale del 14 aprile a Parma Sarà un dibattito pubblico presso la Casa Cantoniera Autogestita, domani, venerdì 30 marzo, alle ore 18.30, ad aprire di fatto la corsa verso la manifestazione nazionale contro gli inceneritori "Ricicliamo l'Italia", in programma a Parma il prossimo 14 aprile.

 

Una discussione collettiva sull’alternativa ambientale in tema di rifiuti, per cercare di identificare le criticità del sistema di smaltimento attuale. Ma non solo, bisogna guardare oltre, per rimettere al centro l’uomo e l’ambiente, sottraendoli a miopi logiche speculative. Le lotte per l’autodeterminazione e la salute non possono essere risolte semplicemente come è già capitato in Italia con la militarizzazione dei territori, oppure con l’assenza di dialogo con le popolazioni locali. In una logica di contrapposizione e di prevaricazione, di logica del più forte, non si arriverà mai ad una soluzione condivisa che tenga conto dei valori in campo e porti rispetto per tutti gli attori. Domani sera saranno ospiti della serata Egidio Giordano, del Comitato No Cave di Chiaiano, per illustrare direttamente dai protagonisti la situazione pre e post emergenza rifiuti, gli effetti delle modalità operative del precedente governo, le proposte della nuova giunta napoletana sulla gestione dei rifiuti e il patto del Sindaco De Magistris contro gli inceneritori. Manuela Baistrocchi, in rappresentanza dell'associazione Gestione Corretta Rifiuti, traccerà le linee guida della manifestazione nazionale di sabato 14 Aprile "Ricicliamo l'Italia", individuando nell'ambiente e nella salute, e nella loro strenua difesa, le direttive principali di chi si oppone a inceneritori, industrie insalubri, sfruttamento dei beni comuni. Giuliano Serioli, per Rete Ambiente Parma, presenterà la proposta della rete dei comitati per la salvaguardia del territorio parmense rispetto al Piano di Riconversione Energetica per la città di Parma e del territorio provinciale. Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR Parma, 28 marzo 2012 Sono passati 668 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma Mancherebbero 38 giorni all'accensione del forno, se ancora lo si farà

mercoledì 28 marzo 2012

Inceneritore di Parma, chiesto il sequestro

Gli avvocati Allegri e De Angelis ancora all'attacco Dopo 12 esposti alla Procura, la coppia di avvocati parmigiani più odiata dai sostenitori del forno chiede il conto e presenta un'istanza di sequestro del cantiere alla Procura di Parma. A quasi quattro anni dall'autorizzazione che la Provincia di Parma ha concesso a Iren con la procedura di Via e la conclusione dei lavori della Conferenza dei Servizi la strada che porterebbe all'accensione dell'inceneritore più contestato d'Italia è ancora tutta il salita.



 Sul fronte delle indagini, ormai portate avanti non solo da Parma ma anche dall'Italia e dall'Europa si avvicina la conclusione della procedura europea che molto probabilmente porterà ad una forte multa contro chi ha dato il via a questo progetto senza rispettare la legge. In particolare l'attenzione della Commissione Europea si è concentrata sull'assenza di una gara pubblica che favorisse la partecipazione di più aziende al ghiotto appalto da oltre 200 milioni di euro. Scavando nei meandri del progetto sono poi emerse altre inimmaginabili storture, come quella dell'affidamento in esclusiva ad Iren della gestione dei rifiuti della maggioranza delle amministrazioni locali delle province di Piacenza, Parma e Reggio, un appalto anche questo che non poteva favorire una società in particolare ma che doveva essere messo a gara. Il fuoco di sbarramento contro l'avanzare del forno è ancora più ampio. La Procura di Parma ha un fascicolo aperto da tempo sull'affaire inceneritore e voci insistenti riportano notizia di audizioni in corso da parte della Guardia di Finanza con protagonisti i funzionari che hanno e stanno seguendo tutto l'iter. Anche a Roma bolle una pentola gorgogliante: l'autorità sui contratti pubblici vuole vederci chiaro e capire se ci sia stato un danno per la collettività dal condurre questa partita tra pochi intimi senza permettere al mercato di far emergere i migliori progetti ai migliori costi , con evidenti ripercussioni sulle tariffe (Parma ha un costo di smaltimento tra i più alti a livello italiano) e sui contratti con le amministrazioni pubbliche. Anche l'Antitrust ha ricevuto nei giorni scorsi una ulteriore richiesta di intervento da parte di una associazione ambientalista locale che ha richiesto di non lasciare punti oscuri sul progetto di Parma sui rifiuti e sulla costruzione dell'inceneritore. Nel frattempo il prossimo 14 aprile GCR porterà a Parma i comitati e le associazioni che si battono contro questi progetti devastanti per l'ambiente e le persone, nella Seconda Manifestazione Nazionale per la salute e l'ambiente intitolata “Ricicliamo l'Italia”. Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR Parma, 28 marzo 2012 Sono passati 667 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma Mancherebbero 37 giorni all'accensione del forno, se ancora lo si farà

Quanti rifiuti produrrà l'inceneritore?

La chiusura del ciclo è pura invenzione Siamo ormai abituati a sentirci dire che l'inceneritore garantirà l'autosufficienza impiantistica della nostra Provincia, visto che “chiuderà il ciclo dei rifiuti”. Ovviamente questa affermazione fa pensare che l'impianto in costruzione ad Ugozzolo sia una specie di ultima stazione, oltre la quale non serve andare, visto che penserà a tutto il grande forno.



 Ci sentiamo anche spesso interrogare sulla nostra alternativa, e chi lo fa da per scontato che con l'inceneritore non ci sarà più bisogno di discariche, mentre senza, se non si brucia tutto, non si saprebbe dove mettere la montagna di scarti che ogni anno si produce. Insomma con il forno rifiuti zero, senza forno montagne maleodoranti di monnezza. Per smentire questa favola assurda utilizziamo oggi gli stessi dati di progetto desunti dalla relazione tecnico illustrativa del Pai, pagina 96, “caratteristiche dei rifiuti in uscita dal termovalorizzatore”. Già il titolo dovrebbe mettere in allarme, ma i sostenitori del forno hanno sempre sorvolato su questi inutili e noiosi dettagli. Ecco cosa scrive la stessa Iren. “La frazione organica putrescibile ammonta a 33.700 tonnellate all'anno, che verranno trattate fuori provincia”, quindi già questo è un primo viaggio della speranza di cui nessuno parla. “La frazione metallica ferrosa recuperata dalla prima selezione consta di 800 tonnellate all'anno, mentre quella non metallica 200 tonnellate, gli ingombranti e gli scarti da rifiuto urbano 700 tonnellate”. Eccoci ora alla parte più interessante, i “rifiuti residui dal trattamento termico”. Ma come, quella macchina meravigliosa non faceva sparire tutto? Le scorie e ceneri pesanti da incenerimento corrispondono a 30 mila tonnellate annue. Non viene precisato il loro destino se non un “recupero” presso cementifici etc., non si bene quali e dove. I materiali ferrosi e non ferrosi estratti da scorie e ceneri pesanti corrispondono a 2400 tonnellate, ceneri volanti, rifiuto pericoloso, 3.400 tonnellate all'anno ed anche in questo caso non è precisato il loro destino scrivendo un generico “discariche appropriate”. Poi ci sono altri rifiuti pericolosi che sono quelli sodici derivati sempre dal sistema di filtraggio: 3100 tonnellate da portare in rigenerazione con 20% di scarto da mandare in discarica. Ed eccoci ai rifiuti liquidi degli spurghi e gli scarichi dell'osmosi inversa per 13.000 tonnellate da trattare e poi mandare in fognatura. Ma la parte più ghiotta è la caratterizzazione chimica dei rifiuti dell'inceneritore. Arsenico, mercurio, bario, zinco, floruri, solfati, cianuri, piombo, cromo esavalente, nichel, rame, in proporzioni e quantità variabili, che rappresentano il crogiolo di veleni che questo impianto produce nel suo continuo incenerire materia della specie più varia. Parte di questi rifiuti se ne andranno per il camino ad irrorare le nostre terre. Oltre 200 sono le molecole conosciute che escono dai camini ma si calcola che questo numero rappresenti soltanto il 10-20% delle sostanza complessivamente emesse. Per ogni tonnellata di rifiuti bruciati l'inceneritore produce 3 tonnellate di CO2 e fumi, 300 kg di ceneri pesanti, 30 kg di ceneri tossiche. Non sembra proprio alla luce dei fatti che l'inceneritore faccia sparire alcunché. 1 euro speso per abbattere l'inquinamento corrisponde a 10 euro risparmiati, 6 in costi sanitari e 4 in previdenza, mentre si calcola che ogni tonnellata di rifiuti comporti per il contribuente dai 30 ai 180 euro in costi per l'ambiente e la salute. L'inceneritore, nonostante le favole, i rifiuti non li fa sparire, anzi. Li rende più problematici da trattare, difficili o quasi impossibili da intercettare, materiali da maneggiare con estrema cautela perché spesso sono colmi di inquinanti molto pericolosi. Allora, dov'è finito il ciclo chiuso? Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR Parma, 28 marzo 2012 Sono passati 667 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma Mancherebbero 39 giorni all'accensione del forno, se ancora lo si farà

martedì 27 marzo 2012

Esco comunale, un valido aiuto per una città indebitata

Il 17 marzo a Monticelli Terme si è svolta un'assemblea pubblica in cui l'assessore all'ambiente del comune di Ponte nelle Alpi ha presentato l'iniziativa del G.A.S. Fotovoltaico 2012, che col metodo del gruppo d'acquisto solidale permette la realizzazione di impianti fotovoltaici sui tetti delle proprie case.



 E' notizia di questi giorni che è sorto il primo gruppo di acquisto fotovoltaico intercomunale rivolto ai residenti nei comuni di Traversetolo, Montechiarugolo, Sorbolo, Mezzani, San Secondo e Colorno, volto a favorire l'impianto di pannelli fotovoltaici direttamente sui tetti delle case per l'autonomia energetica dei cittadini. L'iniziativa si caratterizza come l'esatto opposto del “Fotovoltaico insieme” della Provincia. L'amministrazione provinciale si è vantata di aver attirato 120 milioni di euro di investimenti nel nostro territorio. In realtà ha impiantato più di 30 parchi fotovoltaici a terra, occupando svariati ettari di suolo agricolo, che non hanno fruttato alle amministrazioni locali che pochi spiccioli, in quanto la massa degli incentivi pubblici è stata girata agli investitori. Una mera speculazione, ben ripagata. L'iniziativa del gruppo di acquisto solidale è invece molto positiva ed anzi si deve sviluppare, costituendo ESCo comunali che promuovano e coordinino le iniziative, le gare d'acquisto e i finanziamenti dalle banche, per ottenere le condizioni migliori possibili. “Se l'iniziativa dei GAS venisse adottata da un'amministrazione locale si potrebbe favorire una vera riconversione del territorio agricolo circostante. Trasferendo questo schema al settore energetico è ancora più necessario l'intervento dell'ente locale come intermediario verso il mercato dell'energia tramite una ESCo (società per la promozione dell'efficienza energetica ) che agisca per conto di tutti gli associati; e che, oltre a contrattare le forniture energetiche, intervenga nelle abitazioni e nelle imprese degli utenti associati per promuovere l'efficienza sfruttando gli incentivi, ma anche attivando i finanziamenti resi possibili dalla cessione degli incentivi del conto energia”. (Guido Viale “La conversione ecologica”) Per le amministrazioni locali oggi è sempre più impellente produrre risparmio energetico senza dover sostenere investimenti straordinari per ottenerlo. Questo risparmio energetico sarebbe quindi un beneficio sia per l’ambiente che per le tasche dei cittadini, questo strumento si chiama ESCo. ESCo sta per Energy Service Company. Un esempio per capirne il funzionamento. Il comune sceglie un partner privato (azienda fornitrice di servizi energetici e di risparmio energetico) e con esso viene formata una società, che effettua un censimento energetico degli edifici comunali e ne identifica alcuni dove ci sono margini importanti per migliorare l'efficienza energetica. Vediamo lo sviluppo con un esempio. Edificio comunale con bolletta riscaldamento ed elettricità di 60 mila euro/anno ante intervento. Costo intervento ESCo (es. coibentazione, fotovoltaico o gestione automatica accensione e spegnimento luci e riscaldamento) 36 mila euro, finanziati dal fondo Kyoto al tasso del 0,50%, da restituire in 6 anni. A seguito dell'intervento la bolletta per riscaldamento ed elettricità diventa di 54 mila euro/anno, con un risparmio annuo di 6 mila euro. Il comune continua a pagare la bolletta da 60 mila euro per 6 anni, con la differenza (6 mila euro/anno) la ESCo ripaga l’investimento da 36 mila euro. Dopo 6 anni il comune si troverà una bolletta energetica più bassa (54 invece che 60 mila euro), con in più l’edificio riqualificato, senza aver sostenuto spese straordinarie. Questa opportunità è ancora più interessante in questi momenti di difficoltà nell’ottenere finanziamenti dalle banche, in quanto è finalmente diventato operativo il fondo Kyoto, che eroga un finanziamento molto agevolato ai soggetti, tra cui le ESCo, che investono in opere di riqualificazione o efficientamento energetico (Tasso agevolato 0,5% per 6 anni). Nel caso la ESCo comunale impiantasse sui tetti di propri edifici e su quelli di privati a fianco pannelli fotovoltaici, incasserebbe anche gli incentivi pubblici. Anche se le tariffe per gli incentivi fotovoltaico 2012 sono in calo, installare un impianto fotovoltaico rimane comunque un investimento sicuro e rinnovabile. Gli incentivi, come in precedenza, hanno durata di 20 anni. Se l'energia elettrica prodotta si decidesse di consumarla, non la si pagherebbe, diversamente se si decidesse di venderla ad Enel si ricaverebbe 0,08 euro per ogni Kw prodotto. Se si impiantassero pannelli per 1 Mw si produrrebbero circa 1200 Mw all'anno di elettricità, equivalenti a 240 mila euro circa per 20 anni, più 80 euro per ogni Mw di elettricità venduta, cioè altri 100 mila euro circa, per un totale di 340 mila euro. Un impianto fotovoltaico da 1,5 milioni di euro, si pagherebbe subito col finanziamento del fondo rotativo Kyoto allo 0,50% di interesse, ottenuto dalla Cassa Depositi e Prestiti dello Stato. Lo si ripagherebbe in 6 anni stornando 250 mila euro dagli incentivi ottenuti. Rimarrebbero comunque 90 mila euro da reinvestire. Per i 14 anni rimanenti, il comune continuerebbe ad usufruire degli incentivi prima stornati, magari per allargare lo stesso impianto fotovoltaico e la sua produzione o per qualsiasi altra iniziativa di risparmio energetico. L'unico comune dell'Emilia che finora abbia dato vita ad una ESCo è quello di Correggio, Reggio Emilia. Giuliano Serioli Rete Ambiente Parma 27 marzo 2011 www.reteambienteparma.org - info@reteambienteparma.org comitato pro valparma - circolo valbaganza - comitato ecologicamente - comitato rubbiano per la vita - comitato cave all’amianto no grazie - associazione gestione corretta rifiuti e risorse – no cava le predelle – associazione per l'informazione ambientale a san secondo parmense

lunedì 26 marzo 2012

Ceneri o Veleni?

Ci sentiamo spesso ripetere la favola dell'inceneritore che chiude il ciclo dei rifiuti, portando a zero lo scarto in uscita. Noi ribattiamo sempre come sia necessaria una discarica di servizio per le ceneri prodotte dall'incenerimento dei rifiuti (30% in peso). Ma i sostenitori dei forni replicano così: “Le ceneri non verranno sistemate in qualche buco recondito ma anzi saranno un utile ingrediente per i cementifici durante la produzione di calcestruzzo”.



 Il dubbio che non sia proprio così semplice ci viene ogni volta che transitando dalla tangenziale nord osserviamo i teloni verdi del Cornocchio, che nascondono 100 mila tonnellate di ceneri del vecchio inceneritore, ancora senza destinatario ed affrancatura. Una dislocazione momentanea di 11 anni, che di momentaneo ha solo un flebile ricordo. L'utilizzo delle ceneri nei cementifici lo abbiamo sempre visto come follia pura. I rifiuti che abbiamo fatto uscire dalle nostre case vi fanno ritorno in una forma ben più pericolosa. Oggi è uscita una notizia che prova quanto detto ed anche a chiare incontestabili lettere. A Musestre, provincia di Treviso, è stata abbattuta una nuova abitazione a causa della scarsa qualità del cemento, risultato insufficientemente robusto a reggere l'edificio. Vittima dell'accaduto la farmacista Elisabetta Merloni, che si stava facendo costruire casa dalla Cfr sas di Rizzo & C., che a sua volta aveva acquistato il cemento dalla Mac Beton spa. Ben 5 perizie hanno evidenziato che il cemento usato, “magrone”, era di qualità scadente a tal punto da costringere all'abbattimento della edificio. L'avvocato Vincenzo Todaro ha chiesto un milione di danni a Cfr ed analogo provvedimento verrà replicato nei confronti della Mac Beton. “Ci troviamo di fronte” ha raccontato l'avvocato “ad un caso simile a quello di San Giuliano, la scuola dove morirono 27 persone, delle quali la maggiorparte bambini”. Per fortuna la casa non era ancora abitata e si è potuto evitare la tragedia. Nel cemento periziato erano inoltre presenti ceneri, diossine, metalli pesanti, sostanze tossico nocive che avrebbero dovuto essere smaltite in discariche speciali e che invece erano finite nei muri di quella casa. Se la casa non avesse ceduto, la tragedia si sarebbe trasformata in un avvelenamento a lungo termine. Questo sarebbe il futuro a cui ci dovremmo abituare con l'idea di smaltire le ceneri dell'inceneritore dentro i cementifici, che arricchirebbero così di mille virtù mattoni e cementi per le case, le scuole, gli uffici degli italiani. L'impatto ambientale delle ceneri residue dai processi di incenerimento è stato in questi anni studiato a fondo, con risultati sconcertanti. Si riteneva infatti che le ceneri pesanti fossero, in seguito al processo termico ad alte temperature, inerti e stabili. Oggi invece si sa che il lisciviato delle ceneri pesanti contiene, oltre che metalli pesanti, anche composti organici tossici. Nelle ceneri pesanti e leggere prodotte da cinque inceneritori francesi nei primi anni del 2000, sono stati trovati composti organici in una concentrazione compresa tra 2 e 50 g/kg peso secco. (Rendek E, Ducom G, Germain P. Assessment of MSWI bottom ash organic carbon behavior: A biophysicochemical approach. Chemosphere 2007;67:1582-1587.) Studi più recenti, pubblicati nel 2006, hanno identificato nelle ceneri anche altri composti di interesse tossicologico, quali cloro-organici, trovati nelle ceneri di un inceneritore per rifiuti ospedalieri, in funzione in Turchia, le cui concentrazioni, nelle ceneri pesanti (espresse come quantità di cloro organico) erano tra 0,014 e 1,879 mg/kg e nelle ceneri leggere tra 0,004 e 0,062 mg/kg. (Durmusoglu E, Bakoglu M, Karademir A, Kirli L. Adsorbable Organic Halogens (AOXs) in Solid Residues from Hazardous and Clinical Waste Incineration. J Environ Sci Health, Part A 2006;41:1699 - 1714.) Anche nelle ceneri leggere di un inceneritore operativo a Milano (dati pubblicati nel 2005) sono stati trovati cloro-organici: penta cloro benzene (31 ng/g), esacloro benzene (34 ng/g), orto trifenil benzene (72 ng/g) e meta trifenil benzene (4.4 ng/g); questi composti sono stati trovati anche nei lisciviati, dopo test di lisciviazione con acqua di queste stesse ceneri leggere. (Korenkova E, Matisova E, Slobodnik J. Application of large volume injection GC-MS to analysis of organic compounds in the extracts and leachates of municipal solid waste incineration fly ash. Waste Manag 2006;26:1005-1016.) Nelle ceneri pesanti prodotte da quattro inceneritori svedesi con forni a griglia sono stati trovati Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA). La somma dei 16 IPA che l’Environmental Protection Agency consiglia di misurare era a concentrazioni comprese tra 480 e 3.590 μg/kg di ceneri. (Johansson I, van Bavel B. Polycyclic aromatic hydrocarbons in weathered bottom ash from incineration of municipal solid waste. Chemosphere 2003;53:123-8.) Lo studio ecotossicologico più esteso è stato realizzato da Lapa et al. Ceneri pesanti prodotte da sette inceneritori, di cui tre operanti in Belgio, gli altri in Francia, Germania, Italia, e Regno Unito, sono state lisciviate con acqua deionizzata. I lisciviati sono stati sottoposti a cinque diversi test di ecotossicità. (Lapa N, Barbosa R, Morais J, Mendes B, Mehu J, Santos Oliveira JF. Ecotoxicological assessment of leachates from MSWI bottom ashes. Waste Manag 2002;22:583-93.) Tutti i campioni di eluati testati, tranne uno, sono stati classificati come ecotossici, in quanto almeno uno dei test biologici è risultato positivo con superamento dei limiti stabiliti in precedenza. La domanda sorge spontanea. Qual'è la situazione a Parma? Ci sono edifici costruiti con cemento “arricchito” di ceneri da inceneritori? I proprietari e gli abitanti di questi eventuali edifici sono al corrente degli ingredienti dei loro mattoni? La parte scientifica è tratta da: Impatti ambientali delle ceneri e dei residui solidi prodotti dall’incenerimento di rifiuti urbani: rassegna bibliografica A cura di Federico Valerio Istituto Nazionale ricerca sul Cancro, S.S. Chimica Ambientale, Genova consultabile qui: http://gestionecorrettarifiuti.it/pdf/impatto-ceneri.pdf L'articolo sul cemento tossico è consultabile qui: http://gestionecorrettarifiuti.it/pdf/cemento-tossico.pdf Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR Parma, 26 marzo 2012 Sono passati 665 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma Mancherebbero 41 giorni all'accensione del forno, se ancora lo si farà

domenica 25 marzo 2012

A Paradigna un nuovo inceneritore?

La Pfp Spa di Modena è l'azienda richiedente la Via per un inceneritore da 1 Mw in zona Paradigna, a fianco della Certosa di Parma, quella di Stendhal. E' la stessa società che vende all'ingrosso sementi e soprattutto mangimi per animali. Normalmente gli scarti di macellazione finiscono nei mangimi, soprattutto scatolette per cani e gatti. Evidentemente hanno scoperto che è più redditizio bruciarli per produrre elettricità in cogenerazione ed intascare gli incentivi.



Gli scarti di macellazione sono però molto umidi, molto di più del 50% di umidità del cippato fresco di legna vergine, già di difficile e complicata combustione. Questi materiali devono quindi essere prima di tutto trattati a livello termomeccanico, affinché diventino combustibili. L'azienda dichiara di voler rendere combustibili 50 mila tonnellate di scarti di macellazione e 20 mila tonnellate di oli esausti. Ne brucerebbero circa 15 mila tonnellate, arrivando a produrre circa 8 milioni di Kwh. Poca roba rispetto all'enormità della quantità bruciata, però dagli incentivi pubblici ricaverebbero 1 milione e mezzo di euro all'anno. Mica bruscolini. La combustione di scarti di macellazione e di oli esausti è molto più inquinante che bruciare cippato fresco di legna vergine. Oltre a quantitativi intollerabili di emissioni nocive e di ceneri, questo tipo di combustione produce benzene e suoi composti, cioè idrocarburi policiclici che, in presenza di composti clorurati nell'acqua e nell'aria (basta il cloro della depurazione degli acquedotti : ipoclorito di sodio o biossido di cloro) producono diossina. La Pfp non è la prima società a tentare questi sviluppi impiantistici. Seguono infatti le orme della Inalca di Castelvetro (Mo), una delle più grandi aziende del settore carni d'Europa (facente parte dell'oligopolio Cremonini: dall'allevamento alla macellazione e alla distribuzione, con 12 ettari di impianti di macellazione) che ha pensato bene di smaltire le carcasse della macellazione in eccesso (300.000 capi all'anno) bruciandole e intascando i soldi degli incentivi per la cogenerazione elettrica. Nel novembre scorso ha richiesto infatti la Via per un inceneritore da 30 mila tonnellate. Da impiantare a Castelvetro Modenese e a giorni attende l'esito dell'iter. A sollevare il problema in Regione solo Giovanni Favia del Movimento 5 Stelle e i cittadini dei comuni limitrofi. Questi impianti sono in espansione perché producono utili legati agli incentivi. Ma il loro impatto ambientale è devastante, con i soliti disequilibri tra chi ne trae vantaggio, uno solo, e chi ne trae danno, tutti i cittadini che vi abitano nei dintorni. Giuliano Serioli Rete Ambiente Parma 25 marzo 2012 www.reteambienteparma.org - info@reteambienteparma.org comitato pro valparma - circolo valbaganza - comitato ecologicamente - comitato rubbiano per la vita - comitato cave all’amianto no grazie - associazione gestione corretta rifiuti e risorse – no cava le predelle – associazione per l'informazione ambientale a san secondo parmense