sabato 14 luglio 2012

Teleriscaldamento? A Reggio pensano di tornare al gas

Dalla Gazzetta di Reggio, articolo di Roberto Fontanili http://gazzettadireggio.gelocal.it/cronaca/2012/07/13/news/teleriscaldamento-troppo-caro-ritorniamo-al-gas-1.5403979 A Reggio Emilia è fuga dal teleriscaldamento. Crisi economica, bollette sempre più care, casi di morosità in costante aumento. Il teleriscaldamento doveva essere la panacea di tutti i mali invece oggi la realtà è che il sistema ha costi insostenibili per le famiglie e il tanto pubblicizzato risparmio si è perso per strada. Associazioni di consumatori e amministratori condominiali lanciano un forte allarme. Dopo non poca fatica sono riusciti a ottenere un tavolo tecnico Comune-Iren per poter mettere sul tavolo tutte le problematiche e capire se vi siano via d'uscita. “Il fenomeno si sta aggravando, soprattutto perché sul conto condominiale arrivano bollette da diverse decine di migliaia di euro” è il commento di Federconsumatori, Sunia e amministratori di condominio, che devono fronteggiare proteste e l'esasperazione contro il caro teleriscaldamento e la poca trasparenza sui costi di Iren. La scelta di dire basta al teleriscaldamento (che a Reggio serve il 50% degli edifici) è un fenomeno nuovo e un segnale che la crisi ha portato alla luce una situazione che in molti palazzi è diventata insostenibile, anche perché, quando un condomino non paga, e il sistema è centralizzato, la quota totale viene suddivisa tra gli altri. Il tavolo tecnico non ha risolto il problema dei costi, ma semplicemente ha indicato una soluzione per cercare di suddividere le spese in modo puntuale, innalzando così la responsabilità dei singoli utenti. Peccato che la soluzione comunque sia a carico di condomini e condòmini, che, se vorranno dovranno installare nei loro appartamenti ulteriori contatori per calcolare l'effettiva quantità di energia utilizzata. Ma il dato eclatante è che il sistema, nato con il buon proposito di diminuire l'inquinamento centralizzando in un'unica caldaia la produzione di calore, ha finito per diventare una soluzione che, se in teoria è ambientalmente più efficace (unico punto da controllare), su altri aspetti lascia molto a desiderare. I costi sono superiori alle caldaie a condensazione. La distanza della fonte di calore costringe l'acqua calda a chilometriche passeggiate cittadine. L'adesione alla proposta comporta la dismissione del proprio impianto di riscaldamento per fare posto allo scambiatore di calore del teleriscaldamento, con evidente difficoltà ad un eventuale ritorno al sistema tradizionale. Il teleriscaldamento non è di per sé una soluzione sbagliata, ma funziona se le distanze tra fonte di calore e utilizzatori sono limitate e i corrispettivi relativi al servizio denotano un risparmio per gli utenti, due caratteristiche che l'attuale sistema non sembra garantire. Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR Parma, 14 luglio 2012 Sono passati 775 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma Sono passati 69 giorni dal previsto avvio dell'inceneritore: avrebbe dovuto accendersi il 6 maggio 2012 Sono passati 54 giorni dal referendum sull'inceneritore: i cittadini hanno detto no al forno Dal 1° maggio 2012 piatti e bicchieri di plastica potranno essere conferiti nella raccolta differenziata della plastica (bidone giallo) grazie a nuovi accordi ANCI-CONAI
Dalla Gazzetta di Reggio, articolo di Roberto Fontanili http://gazzettadireggio.gelocal.it/cronaca/2012/07/13/news/teleriscaldamento-troppo-caro-ritorniamo-al-gas-1.5403979 A Reggio Emilia è fuga dal teleriscaldamento. Crisi economica, bollette sempre più care, casi di morosità in costante aumento. Il teleriscaldamento doveva essere la panacea di tutti i mali invece oggi la realtà è che il sistema ha costi insostenibili per le famiglie e il tanto pubblicizzato risparmio si è perso per strada. Associazioni di consumatori e amministratori condominiali lanciano un forte allarme. Dopo non poca fatica sono riusciti a ottenere un tavolo tecnico Comune-Iren per poter mettere sul tavolo tutte le problematiche e capire se vi siano via d'uscita. “Il fenomeno si sta aggravando, soprattutto perché sul conto condominiale arrivano bollette da diverse decine di migliaia di euro” è il commento di Federconsumatori, Sunia e amministratori di condominio, che devono fronteggiare proteste e l'esasperazione contro il caro teleriscaldamento e la poca trasparenza sui costi di Iren. La scelta di dire basta al teleriscaldamento (che a Reggio serve il 50% degli edifici) è un fenomeno nuovo e un segnale che la crisi ha portato alla luce una situazione che in molti palazzi è diventata insostenibile, anche perché, quando un condomino non paga, e il sistema è centralizzato, la quota totale viene suddivisa tra gli altri.

Lampade a basso consumo, rischio mercurio

Qualche anno fa, in provincia di Forlì, ad un bambino gravemente malato che viveva nelle vicinanze di un inceneritore venne fatta una biopsia che evidenziò la presenza nei suoi tessuti di particelle di tungsteno. Quasi certamente quelle particelle provenivano dalla combustione, nel locale inceneritore, di lampadine a incandescenza, visto che non sembra verosimile che un bambino si metta a sgranocchiare lampadine. Dalla fine del 2011 le lampade a incandescenza non sono praticamente più in vendita. La maggior parte delle lampadine in commercio oggi sono quelle elettroniche a basso consumo. Un fatto positivo per il risparmio di energia elettrica ma, in caso di cattivo smaltimento, molto pericoloso per l’ambiente. Le lampade a basso consumo infatti devono essere smaltite come rifiuti pericolosi perché contengono 5 mg circa di mercurio, oltre a fosforo, argon e circuiti elettronici. Ipotizzando l’uso di 3 lampadine per abitante, avendo la nostra provincia una popolazione di 435 mila abitanti, circa 1.305.000 lampadine elettroniche sono la dotazione ipotetica in essere. Ammesso che durino 7-8 anni (cosa che è vera solo in teoria) il ricambio annuo sarà di circa 186.400 lampadine, da smaltire ogni anno. Se non verranno raccolte e smaltite correttamente e andranno a finire nell’inceneritore di Parma o in una altra discarica si causerà la dispersione in ambiente di 0,93 kg di mercurio. Le agenzie americane EPA assieme alla FDA hanno stabilito come valore limite di esposizione al mercurio (proveniente sia dall’ambiente che dagli alimenti) 0,0004 mg/kg/giorno. Significa che per un bambino di 25 kg il limite massimo di esposizione al mercurio è di 3,65 mg/anno. Il contenuto di mercurio di un termometro di circa 500 mg è sufficiente ad inquinare l’acqua di un intero lago. Il mercurio come la diossina si va a fissare nei tessuti grassi e nell’encefalo e i danni sul sistema nervoso sono gravissimi: http://www.flcv.com/neurohg.html http://en.wikipedia.org/wiki/Mercury_poisoning Il problema del corretto smaltimento si pone a Parma sia con che senza l’inceneritore Come si sta muovendo oggi il comune di Parma su questo problema? Cosa sta facendo Iren al riguardo? Quali sono i quantitativi raccolti a Parma nel 2011? Il consorzio ECO-LAMP (www.ecolamp.it) raccoglie e ricicla le lampadine a basso consumo energetico tramite suoi cassonetti da posizionare in città. All’assessore all’ambiente del Comune l'invito a verificare lo stato dell'arte per poter garantire una corretta raccolta differenziata anche di questi pericolosi rifiuti. Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR Parma, 14 luglio 2012 Sono passati 775 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma Sono passati 69 giorni dal previsto avvio dell'inceneritore: avrebbe dovuto accendersi il 6 maggio 2012 Sono passati 54 giorni dal referendum sull'inceneritore: i cittadini hanno detto no al forno Dal 1° maggio 2012 piatti e bicchieri di plastica potranno essere conferiti nella raccolta differenziata della plastica (bidone giallo) grazie a nuovi accordi ANCI-CONAI

venerdì 13 luglio 2012

Incenerire a Parma, 80% più caro di Brescia

L'ennesima bufala sul forno. Non solo non risparmieremo, ma pagheremo lo smaltimento a peso d'oro. L'ultima speranza è caduta rovinosamente questa mattina, colpita a morte dalle cifre snocciolate dall'assessore all'Ambiente del comune di Parma, Gabriele Folli. L'inceneritore di Parma, oltre ai noti rischi sanitari, non ci farà risparmiare, ma anzi siamo davanti ad un vero e proprio salasso per le tasche dei cittadini. Il dato messo in luce è stato comunicato dal direttore generale di Iren Andrea Viero. Chiediamo all'amministrazione di mettere a disposizione di tutti i cittadini questi dati, in modo che ognuno possa accedere alle informazioni che la delibera del consiglio comunale del 2006 dava come obbligatoria nel percorso di trasparenza del progetto del Paip. Bruciare una tonnellata di rifiuti costerà a Parma 169 euro. “Però risparmieremo” era stato lo slogan utilizzato delle passate amministrazioni per strappare un qualche sorriso dalle facce perplesse dei cittadini, quando si prospettava loro la realizzazione dell'impianto di incenerimento di Ugozzolo. “Torneremo alle tariffe del 2008” era un altro claim che colpiva l'opinione pubblica e tranquillizzava gli animi. Ora conosciamo l'ultima verità direttamente dalla bocca del forno: bruciare ad Ugozzolo costerà un occhio della testa. Sale spontanea la domanda che tutti i cittadini di Parma, ma forse anche tutti i residenti della nostra provincia, si devono porre. E che devono subito rilanciare ai loro amministratori locali. Se oggi bruciare i rifiuti a Brescia costa 93 euro alla tonnellata, spiegateci quale allocco deciderebbe di bruciare a Parma per l'80% in più di quella tariffa. Perché 169 euro alla tonnellata significa che Parma sarà più cara dell'80%! Siamo, a nostro avviso, davanti ad una situazione molto grave, tariffe talmente fuori mercato da portare ad una segnalazione alla Corte dei Conti, visto l'enorme divario tra i due forni che sostanzialmente compiono la stessa azione. L'ente pubblico deve garantire ai cittadini di avere la migliore tariffa a parità di servizi. A Bergamo, a fronte di questa situazione, hanno deciso di snobbare l'inceneritore locale e di trasferire i loro rifiuti a Brescia. Crediamo che queste valutazioni, a questo punto, vadano davvero fatte anche a Parma. Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR Parma, 13 luglio 2012 Sono passati 774 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma Sono passati 68 giorni dal previsto avvio dell'inceneritore: avrebbe dovuto accendersi il 6 maggio 2012 Sono passati 53 giorni dal referendum sull'inceneritore: i cittadini hanno detto no al forno Dal 1° maggio 2012 piatti e bicchieri di plastica potranno essere conferiti nella raccolta differenziata della plastica (bidone giallo) grazie a nuovi accordi ANCI-CONAI

mercoledì 11 luglio 2012

Quello che vogliamo


La rivoluzione di Parma è in corso.
Ovviamente con i suoi tempi, che non sono quelli dei giornali, che come certi orologi bizzosi: continuano ad andare avanti senza rimedio.
Sarà un processo lento e impegnativo, noi speriamo anche inesorabile.
Mettersi al comando di una portaerei senza essere passati dal brevetto comporta un lasso di tempo dedicato al prendere confidenza col mezzo.
Non parliamo poi del fatto che il compito sia quello di condurla fuori dalle secche, anche se non si è responsabili dell'incagliamento.



E' una sfida, a cui tutta Italia guarda con comprensibile ansia.
E noi guardiamo alla sfida che ci riguarda, quella dell'inceneritore e della gestione corretta dei rifiuti, una cartina di tornasole per leggere il futuro della nostra città.
Al posto di un assessore che credeva le grigliate pericolose e gli inceneritori un toccasana, oggi c'è un sostenitore della nostra battaglia, quel Gabriele Folli che poche settimane prima andava negli incontri pre elettorali dei partiti a spiegare la proposta alternativa.
La svolta è evidente e certa.
Ora si tratta di concretizzare i passi necessari a raggiungere l'obiettivo.
Ma com'è fatta una città che vede i rifiuti come una risorsa?
Come la possiamo riconoscere?

Anche noi in questo caso andiamo avanti, spiegando una tela che ancora non c'è e i cui fili sono in queste ore raccolti di qua e di là per costruire un ordito convincente.
Una città a riciclo totale tiene in grande considerazione le regole dettate dall'Europa e la scala di importanza che la Ue ha indicato come road map indispensabile a raggiungere risultati soddisfacenti.
E una città di questo genere la si riconosce in base ad alcune sue caratteristiche che la collocano inequivocabilmente su un fronte ben preciso.
Per le strade non ci sono cassonetti: tutti i materiali sono infatti trattati e selezionati nelle case dei cittadini, nei locali delle aziende.
Le frazioni riciclate sono molteplici: carta, cartone, tessuti, calzature, pannolini, pannoloni, il vetro come monomateriale, la plastica assieme al barattolame.
E' incentivato e sostenuto il compostaggio domestico con sconti sulla tariffa.
La stessa tariffa è puntuale, quindi si paga per la quota di indifferenziato che si produce ma non per le frazioni riciclate.
In città ci sono diversi punti di prelievo di acqua del sindaco, per favorire la riduzione degli imballaggi e l'inquinamento dei trasporti.
Nelle mense scolastiche non si usano bottiglie di plastica ma acqua di rubinetto filtrata.
In tutti i supermercati ci sono prodotti alla spina.
E' sostenuto in tutto il territorio comunale la filosofia del km zero: quindi sviluppo dei prodotti locali, elaborazione di una etichetta del territorio, sostegno all'incremento dei gruppi di acquisto solidale.
La raccolta differenziata porta a porta è presente in ogni utenza ed in ogni situazione: cittadini e imprese, ma anche nelle mense, nelle palestre, nei mercati, nelle fiere, nelle feste all'aperto, nei centri sportivi, nelle piscine, negli uffici pubblici, negli ospedali, negli ambulatori.
Lo sfalcio del verde pubblico è trattato sul posto col compostaggio esteso anche ai cittadini che vogliono conferire in queste aree dedicate ai margini dei parchi e delle aree verdi.
Sono estesi e ben organizzati: piste ciclabili, aree verdi e piantumate, parchi, parcheggi scambiatori,  linee di trasporto pubblico a basso impatto ambientale, tetti fotovoltaici, illuminazione a led, incentivi all'efficienza energetica degli immobili, car sharing, bike sharing, car pooling.
Potremmo proseguire ancora a lungo.
Ma alcuni tratti fondamentali sono stati individuati.
E' una Parma differente da quella che conosciamo oggi.
E' una città migliore.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 11 luglio 2012

Sono passati
772 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma
Sono passati
66 giorni dal previsto avvio dell'inceneritore: avrebbe dovuto accendersi il 6 maggio 2012
Sono passati
51 giorni dal referendum sull'inceneritore: i cittadini hanno detto no al forno
Dal 1° maggio 2012 piatti e bicchieri di plastica potranno essere conferiti nella raccolta differenziata della plastica (bidone giallo) grazie a nuovi accordi ANCI-CONAI

martedì 10 luglio 2012

Iren e i 40 milioni


Certificati verdi a rischio per l'inceneritore di Parma

La frenesia al cantiere dell'inceneritore di Parma era evidente.
Poi ieri la notizia che si voleva perfino lavorare di notte, pur di procedere verso il traguardo.
Ma non si era compreso il motivo reale.
Ora finalmente si intravede una risposta plausibile.



Che come al solito ruota attorno ai denari, tanti denari.
Se Iren non accende il forno entro il 31 dicembre 2012, sfumano 40 milioni di certificati verdi.
Lo dice il decreto legislativo 28 del 3 marzo 2011, decreto “Romani”  che recita all'articolo 25, comma 1: “La produzione di energia elettrica da impianti  alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012, è incentivata con i meccanismi vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, con i correttivi di cui ai commi successivi”.
Se l'impianto invece partisse dopo quella data la quantificazione degli incentivi subirebbe un drastico ridimensionamento, comportando una perdita complessiva stimata in 40 milioni.
Un dirigente del comune di Parma, in una caldissima assemblea pubblica di qualche anno fa, affermava davanti alla platea che non gli risultava che l'inceneritore di Parma avrebbe usufruito dei certificati verdi.

Ovviamente era una bufala, visto che senza incentivi questi impianti sarebbero diseconomici e le tariffe da applicare ai cittadini salirebbero alle stelle.
Lo Stato sostiene economicamente la produzione di energia da fonti rinnovabile ed inserisce le biomasse tra i combustibili incentivabili. E in Italia il termine biomassa ha una spiegazione “generosa”: la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.
Ma il sistema certificati verdi, che ha sostenuto tutto il comparto delle fonti rinnovabili (peccato che l'Italia abbia brillato per incentivare anche gli inceneritori), andrà a sparire entro pochi anni.
Il decreto Romani è chiarissimo: abbiamo davanti la progressiva scomparsa dei certificati verdi.
Gli impianti che entreranno in esercizio dopo il 31 dicembre 2012 non saranno più incentivati attraverso questo meccanismo ma con nuove disposizioni in tema di regimi di sostegno dettate dal d.lgs. 28/2011 stesso e da successivi decreti attuativi.
Sta passando l'ultimo tram della notte.
Ma il colosso energetico torinese/genovese lo sta per perdere.
Non è stato nemmeno piantumato tutto il fantomatico boschetto mangia polveri e dalla sua ultimazione deve passare un anno prima di dar fuoco alle polveri...

*
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 10 luglio 2012

Sono passati
771 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma
Sono passati
65 giorni dal previsto avvio dell'inceneritore: avrebbe dovuto accendersi il 6 maggio 2012
Sono passati
50 giorni dal referendum sull'inceneritore: i cittadini hanno detto no al forno
Dal 1° maggio 2012 piatti e bicchieri di plastica potranno essere conferiti nella raccolta differenziata della plastica (bidone giallo) grazie a nuovi accordi ANCI-CONAI

lunedì 9 luglio 2012

E' davvero bio la biomassa?


La parola “bio” (vita, dal greco), come la parola “green” (verde, dall'inglese), sono due parole magiche utilizzate con gran profusione per dare un aspetto positivo ed ecologico a situazioni che in realtà non sono tali.



Non fa eccezione il termine biomassa, che ingentilisce tecniche industriali ed energetiche in realtà pesantemente impattanti sull'ambiente e sulla salute dei cittadini.
Oggi sono agli onori della cronaca le “centrali a biomassa”, che sembrano essere diventate la soluzione di tutti i mali e sono proposte ovunque e comunque, senza troppo sottilizzare.
Ma sono davvero ecologiche?
Per capirlo vanno analizzati tutti gli aspetti del sistema, evitando di “dimenticarne” alcuni.
Partiamo dalla fine, cioè dai residui.
Difficile che si leggano nei progetti le destinazioni previste per le ceneri di scarto di questi impianti. Si tratta di ceneri pesanti, quelle di fondo, e di ceneri leggere, quelle che parzialmente vengono intercettate dai filtri. Non sono materiali semplici da trattare. Che impatto ha la loro movimentazione? Quali sono i consumi energetici relativi? Dove verranno smaltite ed a quali costi?
Se il combustibile è legname secco la produzione di ceneri è attorno all'1%, ma se si brucia paglia si sale al 15%. Nelle ceneri volanti si trova cadmio, cromo, rame, piombo e mercurio in misura superiore ad una combustione di carbone.

Una valutazione corretta di questi impianti dovrebbe partire da un semplice confronto.
Tra prima e dopo.
Com'erano la prestazioni ambientali prima dell'attivazione dell'impianto?
Quali saranno quelle successive all'attivazione?
Non serve proclamare che il progetto si avvarrà delle Bat (best available technics), ci mancherebbe altro che si usassero tecnologie scadenti.
A noi deve invece importare misurare la qualità ambientale del prima e del dopo e solo se l'ambiente migliora, o al massimo resta uguale, dare il via al progetto.
La realtà, quella che si cerca di tenere occultata, è che le biomasse hanno uno scarso potere calorifico, sono un combustibile povero, utile solo se abbiamo grossi scarti e possibilità di approvvigionamento a basso costo.
Oltre a ciò l'impatto ambientale non è affatto trascurabile.
Ossidi di carbonio, ossidi di azoto, polveri sottili, formaldeide, benzene, idrocarburi policiclici aromatici, diossine.
Impianti di cucina e riscaldamenti alimentati a legna hanno messo in evidenza rischi di asma e di cancro polmonare.(1)
Anche l'idea di produrre elettricità con le biomasse sembra cozzare contro la sua economicità, dato che per rendere sostenibile una centrale con queste prerogative, la taglia minima per essere concorrenziale pare essere attorno a 20 mega watt potenziali, una potenza che necessita di 80 mila tonnellate all'anno di legna secca (e 8 mila camion in circolazione) oltre che 400 tonnellate di ceneri da gestire. Impianti più piccoli, nonostante i certificati verdi, sembrano destinati al fallimento.
Con un rischio in più.
Che di fronte ai costi si cerchi di alimentare queste centrali con i rifiuti.
Il famoso Cdr potrebbe diventare lo sbocco naturale di questi impianti, con le conseguenze ambientali che possiamo immaginare.
Le popolazioni di Rubbiano, Fornovo, Ramiola, Varano Melegari, Medesano stanno da anni vivendo sulla loro pelle una situazione similare.
L'industria Laterlite dal 2000 ha sostituito con il placet della Provincia, il gas metano a oli esausti, rifiuti pericolosi con 20 codici diversi, della più varia provenienza, con emissioni in atmosfera imponenti e preoccupanti.
Ogni anno sessantamila tonnellate di rifiuti pericolosi passano attraverso un camino, dirimpetto alla food valley.

(1) Ramanakumar, A. V., M. E. Parent, et al. (2007). “Risk of lung cancer from residential heating and cooking fuels in Montreal, Canada.” Am J Epidemiol 165(6): 634-42.

http://federico-valerio.blogspot.it/search?q=biomasse

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 9 luglio 2012

Sono passati
770 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma
Sono passati
64 giorni dal previsto avvio dell'inceneritore: avrebbe dovuto accendersi il 6 maggio 2012
Sono passati
49 giorni dal referendum sull'inceneritore: i cittadini hanno detto no al forno
Dal 1° maggio 2012 piatti e bicchieri di plastica potranno essere conferiti nella raccolta differenziata della plastica (bidone giallo) grazie a nuovi accordi ANCI-CONAI

domenica 8 luglio 2012

L'appello di Lusciano: non abbandonateci


Sul nostro blog, ospitato sul portale de “Il Cambiamento”, www.ilcambiamento.it è giunto oggi un forte e drammatico appello da Lusciano, 15 mila abitanti, provincia di Caserta, dove l'emergenza rifiuti all'ordine del giorno. Eccone il testo integrale.



“Nel mio paese, Lusciano, siamo sommersi dalla spazzatura. Con il caldo torrido, la situazione è insostenibile, non ne possiamo più. Da anni qui si fa la raccolta differenziata: a parole. Nei fatti non è cosi, noi cittadini facciamo la raccolta, gli operatori del servizio arrivano e fanno un solo calderone della differenziata. Il comune è commissariato e, nonostante le nostre richieste di parlare con il commissario, non si vede soluzione. Questo fantomatico commissario, a cosa serve? Sono anni che viviamo così. Noi in questo paese di m... paghiamo 500 euro all'anno per la tassa sui rifiuti, pur avendo la spazzatura perennemente sotto casa. Noi luscianesi siamo ostaggio delle istituzioni perché non c'è un interlocutore con cui confrontarsi. I dipendenti comunali ci dicono solo che la responsabilità non è del comune, ma della cooperativa, che non paga i dipendenti. Insomma. Insomma si fa scaricabarile sulla nostra salute. Se non paghiamo la tassa rifiuti per protesta, ci mandano Equitalia. Potete dirci voi come uscire da questa situazione? Sos! Aiutateci voi per favore!!!!!!!!! La spazzatura ci sta seppellendo!!”.

Gcr a sua volta si appella al commissario di Lusciano, Mauro Passerotti, che dal 12 aprile di quest'anno guida l'amministrazione dopo le dimissioni del sindaco Luciano Fattore, che guidava l'amministrazione dopo aver vinto le elezioni con il “Movimento Popolare per Lusciano”.
Anche la società civile locale si è mossa e con una raccolta di firme proposta dall'associazione culturale La Bussola ha chiesto un intervento immediato di pulizia delle strade, che risultano ingombre di rifiuti abbandonati, mentre viene richiamata la responsabilità del Consorzio Unico di Bacino delle province di Napoli e Caserta a cui è affidata la gestione dei servizi pubblici igiene urbana.
Lusciano dista da Parma oltre 650 km, ma Napoli sono solo 20 i km che separano i due centri abitati. Lusciano è un paese alle porte di Aversa, che ha una storia che si perde prima dell'anno 1000, quando attorno all'800 faceva parte della Liburia longobarda.
Oggi sale forte l'appello alle amministrazioni locali affinché l'impegno dei cittadini nella raccolta differenziata non sia vano.

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Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 8 luglio 2012

Sono passati
769 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma
Sono passati
63 giorni dal previsto avvio dell'inceneritore: avrebbe dovuto accendersi il 6 maggio 2012
Sono passati
48 giorni dal referendum sull'inceneritore: i cittadini hanno detto no al forno
Dal 1° maggio 2012 piatti e bicchieri di plastica potranno essere conferiti nella raccolta differenziata della plastica (bidone giallo) grazie a nuovi accordi ANCI-CONAI

1,2,3 Alba


Per un dibattito sulle biomasse

Bruno Abati pone 3 interrogativi che permettono di spiegare, ancora una volta, quello che sta succedendo sul nostro appennino.

Che differenza c'è tra un gassificatore (quello che dovrebbe sorgere in località Nacca di Vaestano) e un inceneritore (Monchio, Palanzano, Borgotaro)?
Un inceneritore termico brucia cippato per scaldare l'acqua di un boiler, che tramite condotte d'acqua di andata e ritorno, distribuisce calore a case, palestra, scuola, casa protetta per anziani
(teleriscaldamento).



Può però essere anche usato per produrre elettricità.
Immettendo vapore in pressione in un motore endotermico, si produce lavoro che, tramite un albero motore collegato ad una turbina, la fa girare producendo elettricità. Questa doppia produzione, di calore ed elettricità, viene definita cogenerazione. Questo è il caso di Monchio, che d'ora in poi farà anche cogenerazione.
Un gassificatore brucia sempre cippato, ma a temperatura più bassa.
Si innesca in tal modo un processo, detto pirolitico, di scomposizione molecolare che origina un gas di sintesi (syngas) composto da idrogeno (H2) anidride carbonica (CO2) e metano (CH4).
Il syngas è molto sporco, pieno di polveri.
Deve essere depurato prima di poter essere utilizzato come combustibile per un motore endotermico che, tramite un albero motore, può far girare una turbina e produrre elettricità.
Una parte del  calore prodotto dal motore endotermico può essere usato anche per scaldare un boiler e produrre teleriscaldamento.  E' sempre cogenerazione, cioè produzione di due cose.
L'inceneritore a cippato produce emissioni depurate solo meccanicamente,  con un filtro a ciclone, e convogliate direttamente in aria tramite camino.

Le emissioni del gassificatore non sono dirette.  Il camino è in corrispondenza dei motori endotermici che usano il syngas come combustibile  per muovere le turbine e produrre elettricità.
Entrambi, bruciando cippato fresco ad elevata umidità, hanno scarso  rendimento, forti emissioni nocive e notevoli quantità di ceneri. Tali emissioni, oltre a metalli pesanti e ossido di azoto, contengono diossina perché qualsiasi sostanza vegetale o animale, se bruciata, produce idrocarburi ciclici aromatici che combinandosi col cloro libero nell'aria, anche solo quello della depurazione degli acquedotti, genera diossine.


Come mai nei tre inceneritori a biomassa si usa cippato di legna vergine anziché pellet, che rende di più?
Perché la filiera studiata e promossa a livello regionale è quella di favorire l'uso diretto del bosco come fonte di biomassa, promuovere cooperative di taglio apposite e creare un mercato del cippato a basso costo, che ancora non c'è. La filiera proposta dalla Bresso nel 2009 era  costituita da: diradamento industriale del bosco, finanziamento pubblico delle cooperative di taglio, centrali a cippato cofinanziate, produzione di elettricità.
Se una centrale come quella di Palanzano, costata 426.000 euro, la si fa andare a pellet, ci si deve chiedere se non era meglio comprare 5 stufe automatiche a pellet, una per ogni edificio comunale,  del costo complessivo di 90mila euro, detraibili al 55% in 10 anni dalle imposte.
In tal modo, con 50mila euro di spese conto capitale si sarebbe ottenuto un riscaldamento con meno emissioni,  delocalizzato, più efficiente e senza gli ulteriori costi di costruzione del teleriscaldamento (500 euro al metro).
Fare una centrale per bruciare pellet, infatti, non ha senso per gli alti costi fissi iniziali, per quelli del teleriscaldamento (a Monchio per 200 metri di teleriscaldamento hanno speso 100mila euro) e per l'elevato costo del pellet.

Vista la quantità di allevamenti zootecnici della nostra Provincia perché non si costruiscono centrali per convertire il letame in biogas e con questo ottenere energia elettrica e calore?
Questa è la proposta di Reteambiente: piccoli biodigestori anaerobici, di potenza tarata sulla capacità  delle stalle e  sulla quantità di animali allevati, che producano elettricità col biogas.
Sarebbero di aiuto agli agricoltori per smaltire in modo corretto il letame, abbattendo il suo contenuto di azoto.
La cogenerazione e gli incentivi ricavabili da essa costituirebbero un aiuto alla difficile situazione  economica dei piccoli agricoltori e un contributo alle spese per lo smaltimento corretto dell'azoto.     Ma la realtà  di tutta la  pianura padana è un'altra.
Un allevatore con una stalla di alcune centinaia di vacche può chiedere di impiantare un biodigestore da 999 Kw di potenza per smaltire letame e fare cogenerazione e, se  ha terra sufficiente, eventualmente affittata apposta, gli viene facilmente concesso, come è successo con quello di Corcagnano.
Quell'impianto produce biogas e tramite la sua combustione mille Kw all'ora di elettricità.
1.000 Kw/h x le 8000 ore in un anno, fanno 8 milioni di kw/h, che alla tariffa di 0,28 euro a kw/h fanno 2.230.000 euro di incentivi pubblici.
In più c'è la vendita dell'energia prodotta ad Enel: 8 milioni di Kw/h x 0,08 euro al Kw/h sono altri 640.000 euro, per un totale di circa 2,87 milioni di euro.
Per far funzionare un tale impianto occorrono circa 30mila tonnellate annue di materiale da biodigestare.
Una stalla di 200 vacche produce circa 4mila tonnellate annue di letame, le altre 26mila tonnellate le fanno arrivare da altrove e sono composte da farina di granoturco, panello di germe di granoturco, melasso di canna. In pratica mangimi vegetali per animali che contengono amidi al 39%, cellulosa al 6,5%, proteine al 12%.
Sulla confezione c'è scritto da utilizzare come miscela di nutrienti per microorganismi. Provengono dal cremonese, dove il 25% del terreno agricolo è affittato per produrre tali coltivi energetici.
Un impianto così costa tra 4 e 5 milioni, però fa incassare 2,87 milioni annui per 18 anni.
Tolti i costi dei materiali, della manutenzione e di ammortamento del leasing restano circa 900mila euro netti di guadagno annui. A tutti gli effetti non si tratta più di agricoltura, ma di processo industriale.
Dietro ogni allevatore ci può essere una finanziaria o  addirittura una banca o chi lo sa.
Di tali impianti  ne è pieno il cremonese. L'unico da 1 Mw attivo nel parmense è quello già citato  tra Corcagnano e Carignano, vicino alla Star. Ne vogliono fare uno a S. Michele in Tiorre e un altro a Nacca di Vaestano (Palanzano).
Ce n'è un'altro a Selvanizza. Anche lì c'è una stalla di 200 vacche e impianto da 250 Kw che ha bisogno di 5-6mila tonnellate di tali mangimi e che fa incassare 560mila euro all'anno.
Gli impianti per trattare il letame e ridurre il tenore di azoto nei campi, di fatto, non esistono o sono quella roba qui. Il digestato che esce da tali impianti a biogas, infatti, è solo diminuito di volume ma
contiene la stessa quantità di azoto iniziale. Per ridurre l'azoto fino al 70% sarebbe necessario anche un impianto SBR di denitrificazione, ma costa caro, andrebbe a rosicchiare quelle centinaia di migliaia di euro di utile netto.

Giuliano Serioli

Rete Ambiente Parma
8 luglio 2012

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