mercoledì 15 gennaio 2014

Inceneritore di Torino, altro stop. E fanno dieci

L'impianto del Gerbido fermo per una serie di guasti a due linee: "trip di caldaia" e bruciatori fuori uso. Emissioni di Co e Nh3. Ma per Trm non c'è da preoccuparsi, gli sforamenti sono pari a 50 auto in tangenziale. La pensano diversamente i cittadini



Ennesimo stop all’inceneritore del Gerbido. Con quello registrato ieri, domenica 13 gennaio, salgono a dieci le interruzioni verificatesi dal momento in cui è entrata in attività l’impianto alle porte di Torino. La conferma arriva direttamente da Trm, la società che ha progettato, realizzato e gestisce il “termovalorizzatore”. «Nell’ambito delle attività di test a cui viene sottoposto il termovalorizzatore in questa fase di esercizio provvisorio (maggio 2013 – aprile 2014), si sono verificate alcune anomalie alle Linee 2 e 3 dell’impianto, che hanno determinato il superamento di alcuni limiti emissivi», scrive in una nota. Le anomalie sono numerose: «la Linea 2 ha subito un trip di caldaia, che ha causato un blocco della turbina, con il superamento – nella media giornaliera – del livello di monossido di carbonio (CO), mentre nella Linea 3 – nell’ambito di un altro collaudo – i bruciatori ausiliari non sono entrati in funzione a causa di un problema nel rilevatore di fiamma, causando un superamento dei limiti di monossido di carbonio (CO) e di ammoniaca (NH3)». In entrambi i casi «i superamenti semiorari – che hanno poi generato lo sforamento della media giornaliera – sono stati limitati nel tempo, grazie al tempestivo intervento dei tecnici. Al termine della giornata di ieri i problemi sono stati risolti ed entrambe le linee sono state fatte ripartire e – attualmente – sono in marcia regolare».
Trm assicura che «l’impatto ambientale complessivo del termovalorizzatore è molto limitato ed in linea con altre fonti – come il traffico automobilistico e il riscaldamento domestico – che emettono le stesse sostanze inquinanti. Ad esempio – secondo una stima fatta da Trm – lo sforamento odierno di monossido di carbonio può essere paragonato a quello di circa 50 automobili che percorrono tutta la tangenziale di Torino». Dichiarazioni per nulla rassicuranti per i residenti nei Comuni che gravitano attorno all’impianto che, per bocca della battagliera Daniella Allotta di Collegno, lamentano un peggioramento della qualità dell’aria: «irrespirabile», afferma in una lettera inviata al sindaco Maurizio Piazza e ai parlamentari del territorio. «Non raccontateci che è normale, perché non è così. Non si scherza con la salute delle persone. Anzi, trovo vergognoso il comunicato di Trm, visto che la nostra è una zona particolarmente colpita da diversi fattori di inquinamento e lo si sapeva da sempre».


Inquinamento aria uccide anche sotto limiti

Trasferire le discariche dal sottosuolo al cielo è una finta soluzione


L'inquinamento dell'aria uccide ben al di sotto dei limiti imposti dalle leggi in vigore in Italia e nell'Unione Europea.
Lo sostiene uno studio della rivista internazionale Lancet, che ha esaminato 360mila residenti in grandi città di 13 Paesi.
In Italia lo studio è stato condotto a Torino, dal Centro per l'Epidemiologia e la Prevenzione oncologica in Piemonte della città della Salute e della Scienza, a Roma e a Varese e ha coinvolto circa 31 mila persone.
I risultati mostrano che il particolato fine è l'inquinante più dannoso, anche per concentrazioni sotto i limiti consentiti dall'attuale legislazione.
E «suggeriscono quanto siano necessarie ulteriori politiche per ridurre l'inquinamento e, quindi, la morbosità e la mortalità in Europa. Una priorità urgente dovrebbe essere quella di avviarsi verso i valori indicati dalle linee guida della qualità dell'aria dell'Oms, che sono più restrittive».


Siamo quindi di fronte ad una vera e propria emergenza sanitaria causata dall'inquinamento dell'aria, causato, ormai lo sappiamo, dall'attività umana.
Grandi emissioni di particolato sono provocate dal traffico veicolare, dalle industrie pesanti, dalle centrali elettriche termiche, dagli impianti di incenerimento, dalle caldaie domestiche e industriali.
L'ambiente di ampie zone d'Italia come il bacino padano si rivelano essere delle camere a gas dove si consuma ogni giorno una invisibile demolizione dello stato di salute e di benessere dei cittadini.
Danni che la stessa società è poi chiamata a ripagare con pesanti costi sanitari per curare, spesso nemmeno con risultati positivi, le malattie provocate dalla esposizione del corpo umano a queste miscele tossiche.
L'Oms, tramite lo Iarc di Lione, ha in ottobre classificato le polveri sottili come cancerogeni certi, prendendo atto dei molteplici studi che in questi anni si sono susseguiti sull'argomento e che ormai univocamente puntano il dito sulla gravità della situazione del nostro outdoor.
Una sviluppo malato che deve cambiare decisamente modalità di approccio ai problemi, visto che i problemi se li sta creando da solo.
Il camino di Ugozzolo fa ancora parte purtroppo di una vecchia visione che non teneva conto a 360 gradi delle dinamiche legate alla gestione corretta dei materiali e dava per buona qualunque offerta di pseudo soluzione come quella di trasferire la discarica dal sottosuolo al cielo, come se una bacchetta magica dentro la camera di combustione fosse capace di far sparire in un grande falò migliaia di tonnellate di scarti.
Ora sappiamo che polverizzare i nostri rifiuti e liberarli in ambiente non fa che spostare il problema.
E il ferale dato sulle conseguenze delle polveri sottili ne è la conferma.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 15 gennaio 2014

L'inceneritore di Parma è stato acceso
140

giorni fa

martedì 14 gennaio 2014

Pm10, filotto in regione

Parma da 7 giorni sotto la coltre di smog

Il 13 ha portato male all'Emilia Romagna che registra una giornata di strike-smog, con 9 province su 9 con l'inquinamento fuori limite.
Per Parma il solito record, ieri 68 microgrammi per metro cubo sui 50 consentiti.
Ma il dato che colpisce è la durata: sette giorni consecutivi di aria avvelenata da polveri sottili.
Nell'anno appena iniziato, su 13 giorni, ben 10 hanno registrato dati di inquinamento oltre il limite consentito dalla legge: stiamo parlando del 77% del tempo trascorso con aria pericolosa per la salute.


Ci siamo giocati in 2 settimane 10 dei 35 giorni fuori norma che la legge consente, il 30% della disponibilità nel 4% del tempo: una saetta.
Torniamo oggi a richiamare l'attenzione degli organi competenti sull'emergenza ambientale in atto.
Rilanciamo le 10 mosse proposte il 10 gennaio: http://gestionecorrettarifiuti.it/img/10-mosse.jpg
Le riepiloghiamo.
1. Adozione ad oltranza della circolazione a targhe alterne all'interno delle tangenziali
2. Messa al bando delle caldaie a gasolio
3. Esclusione dal servizio di autobus e corriere a gasolio
4. Divieto di accesso ai Suv nel centro città
5. Diagnosi delle emissioni di industrie e centrali presenti nel comune di Parma
6. Arresto programmato di impianti a forte emissione di Pm10 come gli inceneritori
7. Riduzione della velocità a 30 km/h all'interno delle circonvallazioni
8. Controllo su emissioni parco auto in particolare furgoni e autocarri
9. Attivazione isole pedonali attorno a tutti i poli scolastici cittadini
10. Incremento frequenza bus e biglietto unico giornaliero dai parcheggi scambiatori
E' in gioco la salute delle popolazioni, la salute di un'intera regione che oggi appare insensibile e paralizzata, come scioccata davanti al crescere dell'inquinamento, senza essere in grado di porre in opera azioni forti e efficaci per riportare la qualità dell'aria a livelli accettabili o per lo meno entro i limiti dettati dalle normative.
E' evidente il disastro in atto
Occorre agire subito.
Cominciando a valutare se non sia il caso di dimezzare la potenzialità dell'inceneritore, mantenendo sempre ferma una linea delle 2 disponibili: almeno ridurremmo della metà l'emissione annua di Pm10 e ciò costituirebbe un segnale di inversione di tendenza.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 14 gennaio 2014

L'inceneritore di Parma è stato acceso
139

giorni fa

lunedì 13 gennaio 2014

Stavamo scherzando

Il nuovo piano regionale dei rifiuti si muove all'indietro come i gamberi

Emilia Romagna regione virtuosa, provincia di Parma regina della differenziata.
Da un territorio così “avanti” nelle buone pratiche di gestione dei rifiuti ci si aspetterebbe un corrispondente progetto di piano avanzato e coraggioso, in linea con i risultati eccellenti che le amministrazioni locali hanno saputo raggiungere.
Invece no.


Forse terrorizzata dalla propria stessa virtù, la regione fa marcia indietro e dipinge un quadro abbozzato e impaurito della situazione, rimandando il più possibile la svolta verde.
Il tentativo di salvare le potenti lobbies dell'incenerimento è lampante.
Una regione che ha al suo attivo 8 impianti si trova davanti a una prospettiva che per i gestori dell'incenerimento è a tinte fosche.
I cittadini virtuosi sono un'arma micidiale contro i forni.
Visto che raccolta differenziata e incenerimento vanno a caccia degli stessi materiali, carta e plastica sono oro, e senza si muore.
Come può rimanere acceso un forno senza l'apporto costante di carta e plastica?
L'organico brucia?
Bruciano metallo, vetro, inerti?
Senza le materie prime che la raccolta differenziata intercetta, carta, plastica, legno, potature e verde, le caldaie necessitano, per rimanere accese, di importanti afflussi di gas metano, necessari a garantire in camera di combustione le temperature utili ad abbattere inquinanti pericolosi come diossine e furani.
Con costi proibitivi.
Ovvio quindi come non sia possibile mantenere una doppia prospettiva.
O si sposa la raccolta differenziata o si continua con incenerimento e forni.
La scelta deve essere chiara, tenendo presente che insistere sulla gestione a caldo rischia di trasformarsi in uno schiaffo verso quei cittadini e quelle amministrazioni locali che hanno portato raggiunto risultati encomiabili nello sviluppo delle raccolte differenziate spinte, e stanno completando il progetto con la tariffazione puntuale, che tiene conto dei forti risparmi in smaltimento che proprio la collaborazione convinta delle popolazioni sta garantendo.
Ha ragione il comune di Parma ad accusare la regione di scarsa visione.
Ha ragione l'assessore Folli a cassare il piano come vecchio e superato dalla realtà dei fatti.
Hanno ragione Parma e Forlì ad affermare che vadano premiati i migliori.
Non si parla in continuazione di meritocrazia?
E infine l'assessore all'ambiente del comune di Parma dice il vero quando chiede conto ai fautori del Paip delle promessa di bruciare in città solo rifiuti della Provincia.
Come la mettiamo con la credibilità?

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 13 gennaio 2014

L'inceneritore di Parma è stato acceso
138
giorni fa

domenica 12 gennaio 2014

Veronesi ha torto

I fumi degli inceneritori fanno male alla salute

di Federico Valerio

Coltivare un orto o un'azienda agro-alimentare, nell'area di ricaduta di un inceneritore di rifiuti urbani, aumenta il rischio di malformazioni dell'apparato urinario nei bambini le cui mamme, nei primi mesi di gravidanza, avevano mangiato ortaggi, insalata, uova carne e formaggi prodotti da quegli orti e da quelle aziende.
Questo il risultato di uno studio francese, pubblicato nel 2010.
(S. Cordier et al. Maternal residence near municipal waste incinerators and the risk of urinary tract birh defects. Occup. Environ. Med 2010;67: 493-499).
Il merito di questo studio è di avere fatto le scelte giuste per verificare se incenerire i rifiuti sia pericoloso per la salute pubblica.

Pomodori e camini a Parma

Ovviamente, tutti gli altri studi che hanno fatto scelte sbagliate hanno dato risultati sbagliati.
Probabilmente sono questi studi sbagliati quelli che hanno convinto il prof Veronesi che gli inceneritori sono innocui.
La giusta impostazione di uno studio, finalizzato a valutare gli effetti sanitari dell'inquinamento ambientale provocato dall'incenerimento, si fa conoscendo a fondo la natura dei composti che si formano durante la combustione ed escono da camini e il loro destino a lungo termine, una volta che questi composti sono immessi nell'ambiente.
Queste informazioni si ottengono grazie ad una particolare specializzazione della chimica, la chimica ambientale, quella che con fatica ho praticato, insieme a pochi altri colleghi italiani presso l'Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova.
Nei fumi emessi da un inceneritore di rifiuti urbani, anche quelli dei più moderni "termovalorizzatori", è inevitabile che siano presenti composti che si formano durante la combustione e che sono molto pericolosi per una loro particolare caratteristica: sono poco biodegradabili e si concentrano lungo la catena alimentare.
Questa caratteristica è posseduta da composti a base di carbonio e cloro che si formano durante la combustione, noti con il termine generico di "diossine".
La figura, in testa a questo post, sintetizza il modo subdolo con il quale le diossine minacciano la nostra salute: una volta depositate al suolo le diossine passano da terreno alle piante e da qui agli animali e all'uomo.

Il ciclo della diossina: dai camini alle bocche

Pertanto, il 95% delle diossine che si possono trovare nei nostri corpi deriva dalle diossine che abbiamo mangiato con i nostri cibi contaminati; molto meno sono le diossine che provengono dall'aria inquinata che abbiamo respirato.
E tra i nostri simili, quali sono quelli più sensibili all'inquinamento? Certamente tutti i bambini, pochi giorni dopo il loro concepimento, nella delicata fase dello sviluppo embrionale.
Poichè studi precedenti avevano dimostrato che una precoce esposizione a diossine durante lo sviluppo embrionale altera la formazione del sistema urinario, i ricercatori francesi hanno voluto verificare l'ipotesi che il consumo, nei primi mesi di gravidanza, di cibo contaminato da diossine prodotto dai vicini inceneritori possa essere la causa di malformazioni dell'apparato urinario.
La residenza e le abitudini alimentari, in particolare il consumo di cibo prodotto localmente, di 304 mamme di bambini nati, tra il 2001 e il 2003, con queste malformazioni, sono state confrontate con quelle di 226 mamme che hanno partorito nello stesso periodo, scelte come controllo.
La zona francese oggetto di studio è stata quella dell'alto Rodano, che ospitava 21 impianti di incenerimento.
Motivo fondamentale di questa scelta è stata l'esistenza, in questa regione, di un registro delle malformazioni e di accurati dati ambientali e di regolari misure delle emissioni degli impianti industriali che si volevano studiare.
Opportuni modelli matematici, applicati alle emissioni di diossine misurate in questi impianti, hanno permesso di calcolare la concentrazione media di diossine nell'aria e nel terreno, in corrispondenza della residenza di tutte le mamme oggetto di studio.
Corretti i dati per le possibili varianti, quali professione e abitudine al fumo dei genitori e loro livello socio economico, lo studio ha confermato che l'esposizione a diossine prodotta dagli inceneritori, in corrispondenza della residenza della madre, nei primi mesi di gravidanza, era associata con un aumento del rischio di difetti urinari del nascituro.
Lo studio, inoltre, ha suggerito che il consumo di cibo prodotto localmente e consumato dalle mamme gravide, possa essere il principale responsabile dell'aumento del rischio di malformazione dei loro figli.
Tra il 2001 e 2003, un certo numero di inceneritori in funzione nell'area studiata (non precisato nello studio) non rispettava l'attuale limite di 0,1 nanogrammi di diossine per metro cubo di fumi emessi, e gli autori ritengono che siano stati proprio questi impianti, meno efficenti, a provocare il livello di inquinamento del terreno (e quindi del cibo) che potrebbe essere la causa delle malformazioni osservate.
Negli anni successivi allo studio (2001-2003), la Francia ha spento gli inceneritori più inquinanti e migliorati il trattamento fumi di quelli rimasti attivi.
Grazie a questi interventi il contributo degli inceneritori francesi alla produzione totale di diossine è passato dal 52% del 2001 al 9% del 2006.
Un indubbio miglioramento, ma non tale da fare abbassare la guardia ed ignorare il problema, come raccomandano i ricercatori francesi.
Lo studio che ho brevemente riassunto dimostra che la particolare miscela di composti che escono da un inceneritore di rifiuti urbani è pericolosa per la salute dell'embrione, anche a dosi estremamente basse.
Questa miscela, di composizione molto simile, esce anche dagli inceneritori dell'ultima generazione (2010) e la sua concentrazione nei fumi è nettamente inferiore a quella degli inceneritori della penultima generazione (fine anni 90').
In Europa, ogni tonnellata incenerita provocava l'emissione di 10 microgrammi di diossine equivalenti negli inceneritori costruiti intorno all'anno 2000; negli inceneritori costruiti nel 2010, grazie a sistemi di abbattimento più efficaci, il fattore di emissione di diossine si riduceva di 20 volte (0,5 microgrammi per tonnellata).
Ma è anche vero che, per economia di scala, gli inceneritori dell'ultima generazione trattano quantità di rifiuti nettamente superiori rispetto a quelli della penultima generazione: da 70-80.000 tonnellate/ anno a 700-800.000 tonnellate/anno.
Questo significa che la quantità di diossine emesse annualmente da un grande moderno inceneritore, che emette dieci volte più fumi di un vecchio piccolo inceneritore, può non essere così trascurabile come si vuole far credere.
Occorre inoltre considerare che l'incenerimento rifiuti non è una scelta obbligata e certamente, a parità di materiali trattati, un moderno impianto di riciclaggio, compostaggio, trattamento meccanico biologico, emette molto meno diossine di un moderno termovalorizzatore.
Pertanto, se si vogliono fare stare tranquille le mamme ed evitare rischi alle future generazioni, sarebbe molto saggio applicare un sano principio di precauzione: smettere di incenerire i rifiuti e passare decisamente alla strategia Rifiuti Zero.