I fumi degli inceneritori fanno male
alla salute
di Federico Valerio
Coltivare un orto o un'azienda
agro-alimentare, nell'area di ricaduta di un inceneritore di rifiuti
urbani, aumenta il rischio di malformazioni dell'apparato urinario
nei bambini le cui mamme, nei primi mesi di gravidanza, avevano
mangiato ortaggi, insalata, uova carne e formaggi prodotti da quegli
orti e da quelle aziende.
Questo il risultato di uno studio
francese, pubblicato nel 2010.
(S. Cordier et al. Maternal residence
near municipal waste incinerators and the risk of urinary tract birh
defects. Occup. Environ. Med 2010;67: 493-499).
Il merito di questo studio è di avere
fatto le scelte giuste per verificare se incenerire i rifiuti sia
pericoloso per la salute pubblica.
Pomodori e camini a Parma
Ovviamente, tutti gli altri studi che
hanno fatto scelte sbagliate hanno dato risultati sbagliati.
Probabilmente sono questi studi
sbagliati quelli che hanno convinto il prof Veronesi che gli
inceneritori sono innocui.
La giusta impostazione di uno studio,
finalizzato a valutare gli effetti sanitari dell'inquinamento
ambientale provocato dall'incenerimento, si fa conoscendo a fondo la
natura dei composti che si formano durante la combustione ed escono
da camini e il loro destino a lungo termine, una volta che questi
composti sono immessi nell'ambiente.
Queste informazioni si ottengono grazie
ad una particolare specializzazione della chimica, la chimica
ambientale, quella che con fatica ho praticato, insieme a pochi altri
colleghi italiani presso l'Istituto Nazionale per la Ricerca sul
Cancro di Genova.
Nei fumi emessi da un inceneritore di
rifiuti urbani, anche quelli dei più moderni "termovalorizzatori",
è inevitabile che siano presenti composti che si formano durante la
combustione e che sono molto pericolosi per una loro particolare
caratteristica: sono poco biodegradabili e si concentrano lungo la
catena alimentare.
Questa caratteristica è posseduta da
composti a base di carbonio e cloro che si formano durante la
combustione, noti con il termine generico di "diossine".
La figura, in testa a questo post,
sintetizza il modo subdolo con il quale le diossine minacciano la
nostra salute: una volta depositate al suolo le diossine passano da
terreno alle piante e da qui agli animali e all'uomo.
Il ciclo della diossina: dai camini alle bocche
Pertanto, il 95% delle diossine che si
possono trovare nei nostri corpi deriva dalle diossine che abbiamo
mangiato con i nostri cibi contaminati; molto meno sono le diossine
che provengono dall'aria inquinata che abbiamo respirato.
E tra i nostri simili, quali sono
quelli più sensibili all'inquinamento? Certamente tutti i bambini,
pochi giorni dopo il loro concepimento, nella delicata fase dello
sviluppo embrionale.
Poichè studi precedenti avevano
dimostrato che una precoce esposizione a diossine durante lo sviluppo
embrionale altera la formazione del sistema urinario, i ricercatori
francesi hanno voluto verificare l'ipotesi che il consumo, nei primi
mesi di gravidanza, di cibo contaminato da diossine prodotto dai
vicini inceneritori possa essere la causa di malformazioni
dell'apparato urinario.
La residenza e le abitudini alimentari,
in particolare il consumo di cibo prodotto localmente, di 304 mamme
di bambini nati, tra il 2001 e il 2003, con queste malformazioni,
sono state confrontate con quelle di 226 mamme che hanno partorito
nello stesso periodo, scelte come controllo.
La zona francese oggetto di studio è
stata quella dell'alto Rodano, che ospitava 21 impianti di
incenerimento.
Motivo fondamentale di questa scelta è
stata l'esistenza, in questa regione, di un registro delle
malformazioni e di accurati dati ambientali e di regolari misure
delle emissioni degli impianti industriali che si volevano studiare.
Opportuni modelli matematici, applicati
alle emissioni di diossine misurate in questi impianti, hanno
permesso di calcolare la concentrazione media di diossine nell'aria e
nel terreno, in corrispondenza della residenza di tutte le mamme
oggetto di studio.
Corretti i dati per le possibili
varianti, quali professione e abitudine al fumo dei genitori e loro
livello socio economico, lo studio ha confermato che l'esposizione a
diossine prodotta dagli inceneritori, in corrispondenza della
residenza della madre, nei primi mesi di gravidanza, era associata
con un aumento del rischio di difetti urinari del nascituro.
Lo studio, inoltre, ha suggerito che il
consumo di cibo prodotto localmente e consumato dalle mamme gravide,
possa essere il principale responsabile dell'aumento del rischio di
malformazione dei loro figli.
Tra il 2001 e 2003, un certo numero di
inceneritori in funzione nell'area studiata (non precisato nello
studio) non rispettava l'attuale limite di 0,1 nanogrammi di diossine
per metro cubo di fumi emessi, e gli autori ritengono che siano stati
proprio questi impianti, meno efficenti, a provocare il livello di
inquinamento del terreno (e quindi del cibo) che potrebbe essere la
causa delle malformazioni osservate.
Negli anni successivi allo studio
(2001-2003), la Francia ha spento gli inceneritori più inquinanti e
migliorati il trattamento fumi di quelli rimasti attivi.
Grazie a questi interventi il
contributo degli inceneritori francesi alla produzione totale di
diossine è passato dal 52% del 2001 al 9% del 2006.
Un indubbio miglioramento, ma non tale
da fare abbassare la guardia ed ignorare il problema, come
raccomandano i ricercatori francesi.
Lo studio che ho brevemente riassunto
dimostra che la particolare miscela di composti che escono da un
inceneritore di rifiuti urbani è pericolosa per la salute
dell'embrione, anche a dosi estremamente basse.
Questa miscela, di composizione molto
simile, esce anche dagli inceneritori dell'ultima generazione (2010)
e la sua concentrazione nei fumi è nettamente inferiore a quella
degli inceneritori della penultima generazione (fine anni 90').
In Europa, ogni tonnellata incenerita
provocava l'emissione di 10 microgrammi di diossine equivalenti negli
inceneritori costruiti intorno all'anno 2000; negli inceneritori
costruiti nel 2010, grazie a sistemi di abbattimento più efficaci,
il fattore di emissione di diossine si riduceva di 20 volte (0,5
microgrammi per tonnellata).
Ma è anche vero che, per economia di
scala, gli inceneritori dell'ultima generazione trattano quantità di
rifiuti nettamente superiori rispetto a quelli della penultima
generazione: da 70-80.000 tonnellate/ anno a 700-800.000
tonnellate/anno.
Questo significa che la quantità di
diossine emesse annualmente da un grande moderno inceneritore, che
emette dieci volte più fumi di un vecchio piccolo inceneritore, può
non essere così trascurabile come si vuole far credere.
Occorre inoltre considerare che
l'incenerimento rifiuti non è una scelta obbligata e certamente, a
parità di materiali trattati, un moderno impianto di riciclaggio,
compostaggio, trattamento meccanico biologico, emette molto meno
diossine di un moderno termovalorizzatore.
Pertanto, se si vogliono fare stare
tranquille le mamme ed evitare rischi alle future generazioni,
sarebbe molto saggio applicare un sano principio di precauzione:
smettere di incenerire i rifiuti e passare decisamente alla strategia
Rifiuti Zero.