venerdì 25 gennaio 2013

Inceneritore di Brescia, diossina per tutti


Arpa punta il dito sul camino: inquina

Il Giornale di Brescia
http://www.giornaledibrescia.it/in-citta/l-arpa-sull-inceneritore-diossine-sopra-la-norma-1.1521150

La relazione finale dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente sul Termoutilizzatore cittadino è arrivata. Una relazione le cui conclusioni sono divise sostanzialmente in tre capitoli portanti: criticità, inottemperanze e ulteriori misure da mettere in campo per evitare rischi.



Un centinaio di pagine, datate novembre 2012, che sono state acquisite dalla Procura proprio sulla scia dell'inchiesta avviata dopo il primo richiamo di Arpa ad A2A: «L'azienda risulta inottemperante rispetto a quanto indicato nell'atto autorizzativo» aveva segnalato in prima istanza l'Agenzia, a pochi giorni dal black out dell'8 agosto. Ora, nella relazione dettagliata, il merito di quel richiamo.
Primo capitolo: le criticità. Che riguardano tutte la «violazione» di alcune delle prescrizioni normative - e procedurali - che «governano» la gestione dell'impianto. Dalle mancate comunicazioni del superamento dei limiti delle emissioni alle mancate comunicazioni in casi di anomalie del funzionamento dell'inceneritore. «L'utilizzo dei codici Sme (Sistema per il monitoraggio delle emissioni - ndr) non corrisponde alla normativa e ciò ostacola l'attività di controllo» evidenzia Alessandra Ferrari, responsabile del procedimento. Che, pure, prosegue: «Si rileva che la ditta non ha comunicato i superi semiorari, così come previsto nel D. Lgs 133/05». Lungo l'elenco ai riferimenti legislativi rispetto ai quali, secondo l'Arpa, «i metodi utilizzati non sono conformi». Fino ad arrivare al capitolo radioattività: «La procedura inviata dalla ditta il 23 agosto non risulta né redatta né verificata da un tecnico abilitato».
Secondo capitolo: inottemperanze. Alcune delle prescrizioni contenute nell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) non sarebbero state, di fatto, messe in atto o rispettate. A partire dal superamento dei limiti di emissione in atmosfera «in anomalia di funzionamento e mancata comunicazione degli stessi, come previsto dall'art. 16 del D.Lgs 133/05».
Nella relazione emerge, ad esempio, come «la linea 2 evidenzia un valore di diossine che è superiore di tre ordini di grandezza rispetto all'andamento registrato nelle altre due linee e rispetto all'andamento storico». Se cioè il valore riscontrato sulla linea 1 è pari a 0,0005 e quello sulla linea 3 è pari a 0,0007, il livello di diossine sprigionato dalla linea 2 «si attesta sullo 0,2111». Tanto l'8 agosto quanto il 9, poi, il monossido di carbonio è risultato sopra i limiti consentiti dalla legge. In tutte e tre le linee.
Ecco perché l'Arpa sottolinea «l'inottemperanza» rispetto a quanto stabilito all'interno dell'Autorizzazione integrata ambientale: perché quei parametri «non possono essere superati».
Terzo capitolo: le prescrizioni. Una, in particolare: occorre verificare - dice l'Arpa dopo i controlli effettuati - che i filtri non vengano bypassati in nessun caso. «Si chiede - scrive la Ferrari - un approfondimento del layout dei canali di fumo, in tutte le possibili configurazioni operative. Al fine di poter escludere la presenza di vie preferenziali per l'evacuazione dei gas bypassando i filtri».

Nuri Fatolahzadeh

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 25 gennaio 2013

Bancomat Iren


Assistiamo con sempre meno meraviglia e sempre maggior disincanto agli scandali a ripetizione che ogni giorno emergono lungo lo Stivale.
Storie di ruberie, più o meno raffinate, che hanno un denominatore comune: profittare di soldi altrui, in genere pubblici, per rifornire le proprie tasche di moneta sonante.
Alchimie contabili che ormai sempre più spesso vengono alla luce, purtroppo in ritardo, mostrando il vero volto di questo capitalismo spregiudicato votato al profitto, a tutti i costi.



Le multiutilities fanno parte di questa galassia moderna, grandi società derivate da azienda municipalizzate poi fusesi insieme, per dare vita a colossi industriali, sempre con la scusa delle economie di gestione, che con grandi numeri dovrebbero (dovevano) creare grandi margini.
Si è poi scoperto che cosa sono queste mega società.
Una sorta di bancomat a disposizione dei gruppi di potere, spesso coincidenti con i partiti.
I servizi ai cittadini, gestiti dalle multiutilities, acqua, gas, energia, rifiuti, diventano così un piccolo grande forziere dal quale trarre ingenti finanze, utilizzate per scopi spesso avulsi dal fine d'impresa.
Soldi che servono alla moltiplicazione delle poltrone e dei loro compensi, che abbiamo visto superare in certe posizioni apicali anche i guadagni del presidente stelle e strisce Obama.
Ma i bancomat servivano anche a finanziare le campagne elettorali, a sostenere il consenso di candidati giusti, a irrorare le strutture stesse dei partiti di riferimento.
Facile farsi venire alla mente il gioioso “abbiamo una banca!” espresso dai notabili di partito quando si combinava l'affare del secolo con i furbetti del quartierino.
Ovviamente tutto è gestito con apposite triangolazioni. Lavori affidati direttamente a società di comodo, per importi immensamente superiori al dovuto, per creare fondi pronti all'uso.
Iren spa o Iren sPd, sPdl... ?
I vertici di Iren sono oggi convincenti, quando affermano di non sapere?
Come anche nel caso di Mps siamo davanti ad un immenso iceberg.
Dov'era la Banca d'Italia?
Sono vent'anni che la gestione del comparto rifiuti e servizi da parte di ampi strati di persone genera mostri: politici, amministratori, sindaci, dirigenti di azienda, con tutto il sottobosco di favori, intrighi, appoggi, scambi (ricordate i 4,5 milioni per progettare l'inceneritore di Iren dati a Hera?).
Ci sarà il coraggio ora di fare chiarezza su tutto questo?
O ci si accontenterà di fingere che poche mele marce riescano nell'impresa in solitudine?
Fosse così facile far uscire milioni dalle casse di Iren dovremmo davvero preoccuparci.
Ma non è così.
Lo sanno i vertici di Iren che non è possibile.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 25 gennaio 2013

martedì 22 gennaio 2013

Il sangue marziano dei bresciani


Analisi choc dell'Asl su 300 lavoratori e 113 cittadini

da Corriere della Sera on line

di Pietro Gorlani

Pcb da record nel sangue dei bresciani, chi lavora in fonderia e ci vive vicino è più contaminato che nel resto d'Italia.
Il sangue dei bresciani non è come quello degli altri italiani. Nelle vene dei bresciani scorrono più diossine e pcb, usciti negli ultimi decenni dai camini delle industrie metallurgiche e finiti sui campi e quindi nei cibi.
Chi lavora nelle acciaierie della città e dell'hinterland, chi vive vicino alle aziende incriminate ha più veleni in corpo di chi ha la fortuna di risiedere sui monti della Val Sabbia e nell'alto Garda, sebbene anche queste persone abbiano dosi elevate di pcb (ma non di diossine).



A stabilirlo è uno studio del servizio prevenzione dell'Asl di Brescia e dell'Istituto superiore di Sanità (pubblicato recentemente sul Giornale italiano Medicina del lavoro ).
Contiene dati choc.
Basta leggere le conclusioni: «La popolazione di Brescia, anche non residente nelle aree inquinate dall'impresa Caffaro, si caratterizza per concentrazioni nel siero di diossine e Pcb superiori ai valori osservati nelle popolazioni italiane non esposte». Non solo. Anche in chi vive lontano da fonti inquinanti (per l'esattezza a Tignale e Bagolino) «le concentrazioni di diossine, furani e pcb sono apparse più elevate di quelle osservate in alcuni gruppi di popolazione generale italiana», compreso chi vive nella Campania delle discariche tossiche e dell'allarme rifiuti. Nel dettaglio: gli abitanti di alto Garda e dell'alta Val Sabbia hanno concentrazioni di diossine nella norma rispetto alla media italiana, ma non è così per i pcb.
La ricerca condotta dal dottor Pietro Gino Barbieri (Asl Brescia), da Silvio Garattini (Iss) e da altri sei medici-ricercatori (Pizzoni, Festa, Abbale, Marra, Iacovella, Ingelido, Valentini, De Felip) era mirata a valutare l'esposizione cumulativa a policlorodibenzodiossine (Pcdd), policlorodibenzofurani (Pcdf) e policlorobifenili (Pcb) in lavoratori metallurgici e nella popolazione generale della provincia di Brescia.
I ricercatori hanno analizzato il sangue di 300 lavoratori metallurgici e di 20 impiegati negli uffici amministravi. Identica procedura per 46 persone che vivono vicino alle aziende che fondono rottami (ma che lavorano nel terziario) e per altre 47 che vivono a chilometri di distanza (per l'appunto Tignale e Bagolino). I risultati? «Per i lavoratori metallurgici si osservano livelli ematici di pcb più elevati di quelli osservati nella popolazione non professionalmente esposta, sebbene in modo non statisticamente significativo, fatta eccezione per alcuni congeneri - come i pcb 28, 52 e 101 - che risultano significativamente più abbondanti». In sostanza, anche i residenti «vicini» alle aziende hanno «livelli ematici di organoclorurati pressoché sovrapponibili a quelli rilevati nei professionalmente esposti». Al contrario in chi risiede lontano dalle fonti inquinanti «l'intervallo di valori osservati è più basso».
I valori variano anche da azienda ad azienda e da reparto a reparto; chi lavora in una fonderia di ghisa è meno esposto dei colleghi che lavorano nella fonderia di alluminio o in acciaieria. E gli addetti alle aree di fusione e manutenzione risultano «sovraesposti» rispetto a chi lavora nelle aree di colata e parco rottame.
Va precisato che tutti i soggetti analizzati hanno un'età media di 43 anni e nessuno di loro ha consumato cibi contenenti grassi (dove si accumulano diossine e pcb) in quantità significativamente maggiore rispetto agli altri. Ecco allora che risultano più chiare le conclusioni dello studio: «la fusione dei metalli da rottami contaminati con materiali plastici può contribuire al rilascio in ambiente di composti organoclorurati», diversi dei quali sono cancerogeni (è il caso delle tetraclorodibenzodiossine). La stessa Unione Europea, ricordano i medici, ha individuato nell'industria del ferro e dell'acciaio una delle maggiori sorgenti di emissione di diossine e furani in Europa. Brescia per decenni ha recuperato il 40% del rottame metallico circolante in Italia, creando ricchezza, migliaia di posti di lavoro e proporzionalmente una grande dose d'inquinamento, visto che fino a pochi anni fa erano quasi inesistenti leggi e tecnologie per l'abbattimento degli inquinanti.
Oggi non è più così. Basti pensare all'autoregolamentazione che si sono date le 22 principali aziende siderurgiche bresciane (riunite nel consorzio Ramet) che negli ultimi 2 anni hanno speso milioni per diminuire dell'80 per cento le emissioni di diossine (auto-imponendosi il limite di 0,1 nanogrammi per metrocubo) e installando anche un monitoraggio in continuo per facilitare i controlli degli enti. Ma i fumi usciti nei decenni passati hanno lasciato il segno. Lo certifica il sangue dei bresciani.

lunedì 21 gennaio 2013

La nostra vita e il nostro futuro? Non ti impicciare


di Gianni Giuliari

“Non t’impicciare più della tua vita che non sono affari tuoi!”.
(Francesco de Gregori – Stella stellina).
Il “non t’impicciare” è esattamente l’opposto del motto “I care” (“Mi sta a cuore”) che don Milani aveva fatto scrivere sulle pareti della scuola di Barbiana.



Due modi diversi di essere, stare nel mondo. Ma quello imperante oggi sembra essere il primo, un modello di cittadinanza passiva che ci vuole chiusi in casa nostra senza preoccuparci più di tanto della nostra vita perché c’è, comunque, qualcun altro che ci pensa.
Si spiega forse così anche la vicenda del progetto che la ditta Adige Ambiente vuole realizzare in località Ca’ Vecchia a San Martino Buon Albergo, esplosa in questi giorni sui media locali, che nemmeno gli addetti ai lavori conoscevano in tutta la sua portata.

Se non ci fosse stato “l’impicciarsi” di qualche cittadino che voleva capire cosa bolliva in pentola a Ca’ Vecchia, forse la cosa sarebbe andata avanti sotto silenzio e ci saremmo, poi, trovati davanti all’ennesimo ecomostro in casa “a nostra insaputa”.
Certo è che adesso che sul progetto è stato sollevato il velo, è tutto un affannarsi da parte dei politici a promettere strenua opposizione.
E’ ormai chiaro che il meccanismo della delega in bianco nei confronti degli amministratori, di qualunque colore, non porta a niente di buono.
Abbiamo accettato per troppo tempo un modello di vita in cui la gente doveva limitarsi a lavorare, consumare e divertirsi: a quello che succedeva fuori casa, e che riguardava la sua vita e il suo futuro, non ci doveva pensare.
Altri erano delegati a farlo.
E’ tempo, invece, che cominciamo, seriamente, a riscoprire e ripensare al modello dell’I care.
Un ruolo sicuramente molto più impegnativo, ma anche più stimolante.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 21 gennaio 2013

domenica 20 gennaio 2013

Vita Nuova o vita falsa?


Chi sarà il giornalista che cura gli articoli del settimanale della Diocesi di Parma dedicati all'inceneritore?
Sarebbe interessante saperlo. Possibile che sia così sprovveduto?
Vita Nuova ha dedicato mezza pagina al cancrovalorizzatore accusando GCR di “combattere una guerra con armi improprie, creando bersagli da colpire in modo veemente e irrispettoso, esigendo prese di posizione o interventi a comando”.
Chiedere al Vescovo di prendere posizione contro una industria di morte certificata dagli studi delle Istituzioni è irrispettoso?



L'anonima firma è al corrente che la Federazione degli Ordini dei Medici Emilia Romagna ha chiesto la moratoria contro la costruzione di inceneritori prima degli esiti di Moniter nel settembre 2007, “si richiede alle SS. LL. di non procedere alla concessione di nulla osta alla costruzione di nuovi inceneritori” e dopo gli esiti di Moniter nel dicembre 2011 “la FRER non può che ribadire tale posizione”?
Se non ne è al corrente si informi, se invece ne era informato si vergogni.
Lo stesso pseudo giornalista conosce i risultati di Moniter?
Vita Nuova pubblicò nel dicembre 2011 un altro articolo, in cui affermava che lo studio Moniter era giunto a conclusioni rassicuranti sulle emissioni degli inceneritori e sugli effetti per la salute umana.
Un falso, che a quanto pare la direzione del giornale approvò.
Moniter, in realtà, per le patologie tumorali ha evidenziato un'aumentata mortalità per tumori primitivi del fegato negli uomini, un'aumentata incidenza di tumori primitivi del pancreas negli uomini, un'aumentata mortalità per cancro della vescica negli uomini, un'aumentata mortalità per cancro del colon nelle donne, un aumento del rischio relativo di linfoma non-Hodgkin nella coorte di Modena. Davvero rassicurante.
Per le patologie non tumorali Moniter ha segnalato un aumentato rischio di malattie ischemiche cardiache e di mortalità per malattie cardiocircolatorie nelle femmine, un aumentato rischio di mortalità per malattie respiratorie acute nelle femmine, un'associazione coerente e statisticamente significativa tra livelli di esposizione ad emissioni da inceneritore e parti pre-termine, un aumentato rischio di aborti spontanei, un andamento crescente del rischio di malformazioni nel loro complesso con l'esposizione ambientale.
Questa sarebbe una assoluzione?
L'anonima firma osserva anche che non dobbiamo dimenticare che c’è “un’ecologia anche umana, delle parole e degli atteggiamenti, da coltivare e su cui vigilare”.
La Chiesa in Italia digiuna e lotta contro gli inceneritori, a Parma invece banchetta con Iren.
E' umanamente ecologico inserire i vertici di Iren (uno addirittura arrestato l'altro giorno) nel Centro di etica ambientale?
Noi non abbiamo notizie di azioni di esclusione di Villani dal centro diocesano.
Siamo male informati?
Quale ecologia sottostà alla collaborazione con i vertici di una azienda quotata in borsa che fa profitti con sorella acqua e con industrie insalubri che avvelenano terra, acqua e aria offendendo ambiente e salute?
Sarà stato ecologico vendere terreni agricoli a Enia per costruire il forno?
Come si può salvaguardare Creato e Creature con una fabbrica di morte certificata perfino da Moniter e dai medici?
I reati stanno emergendo per la nostra veemente perseveranza, non certo per l'etica del centro diocesano, né tanto meno per merito di Vita Nuova.
Le Istituzioni parlano di malattie invalidanti.
Prendiamo posizione o attendiamo che mettano dentro qualcun altro?
Vogliamo battere un colpo in vescovado?
O preferiamo ancora tacere?

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 20 gennaio 2013