sabato 19 marzo 2011

Trecasali, la filiera verde(?) di Eridania

La globalizzazione dei mercati e delle merci è la conseguenza logica della globalizzazione della finanza. Una volta innescata è inarrestabile. Ormai è arrivata a far saltare i meccanismi stessi della comunità europea che hanno garantito finora l'agricoltura attraverso le sovvenzioni. Il WTO ha imposto la liberalizzazione del mercato dello zucchero e la comunità ha deciso di sospendere le sovvenzioni agli zuccherifici non competitivi e anzi di finanziare la loro dismissione.
L'unico rimasto dei 7 dell'Eridania è quello di S.Quirico. La Maccaferri, proprietaria degli stabilimenti, ha incassato decine di milioni di euro per chiudere gli altri sei, trasformandoli in centrali di produzione elettrica da biomasse. A Russi (provincia di Ravenna), ad esempio, sta impiantando una centrale da 30 MWe che brucerà pioppi piantati dove prima c'erano le bietole; produrrà 200/240.000 Mwh e introiterà certificati verdi per un valore di 180 euro per ogni Mwh (36/40 milioni annui), direttamente dalle nostre bollette.



Altro che zucchero e bietole!
Perché, allora, ha deciso di mantenere quello di S. Quirico, rinunciando a 85 milioni di euro europei per dismetterlo?
Per prendere due piccioni con una fava.
Da una parte, farsi finanziare la ristrutturazione degli impianti portando lo stabilimento ad un livello di produttività europeo ( 140.000 t. annue), garantendo, come affermato dalla proprietà, un
approvvigionamento certo all'Italia e ottemperando così alle pressioni dei poteri forti.
Dall'altra, con il mantenimento dei livelli occupazionali, garantirsi la tacita approvazione da parte di amministratori e sindacati del progetto di polo energetico da affiancare allo stabilimento.
In altri termini fare man bassa dei certificati verdi dalle energie rinnovabili, accampando la necessità di rientrare dai costi rendendosi autonoma a livello energetico.
Il progetto della proprietà prevede una centrale a biomassa da 60 Mw termici per l'autonomia energetica dello stabilimento Sadam-Eridania nel trattamento delle bietole e 15 MWe per la produzione di energia elettrica da cui ricavare certificati verdi ( 100/120.000 MWe a 180 euro
l'uno). La centrale dovrebbe alimentarsi con cippato da pioppi triennali da impiantare nei campi di barbabietole in soprannumero, ma soprattutto con cippato proveniente da fuori( scarti da deforestazione).
Prevede inoltre la costruzione di un impianto a biogas per produrre altra energia elettrica. Si tratta di un biodigestore da circa 1 MWe che produrrà 8.000 MWh annui alla tariffa onnicomprensiva di 220 euro a MW, trattando scarti di bietole(colletti e foglie), polpe surpressate e insilato di mais.
La proprietà sottolinea che gli agricoltori avranno un ritorno economico da quell'ulteriore conferimento. Una piccola mancia a fronte di 1.700.000 euro che l'azienda ricaverà dalla tariffa
onnicomprensiva del GSE.
E infine la costruzione di un parco fotovoltaico su un'area di 10 ettari (100.000 m2) a fianco dello stabilimento su vasche di lavaggio delle bietole dismesse. Si tratta di un impianto da 14 MWe da cui l'azienda ricaverà certificati verdi per altri 8 milioni di euro.
Tale polo energetico frutterà all'azienda più di 40 milioni di euro all'anno, tolti i consumi di energia e le altre spese. Tutti soldi prelevati direttamente dalle nostre bollette. E agli agricoltori solo le
briciole. Per tutti gli abitanti dei centri limitrofi, già gravati da una quantità di monossido di carbonio e PM10 paragonabile a quella della città secondo la stessa ARPA, solo un ulteriore accrescimento delle emissioni nocive che una centrale a biomassa di quelle proporzioni
comporta. Infatti oltre al monossido di carbonio e agli ossidi di azoto in quantità industriali, la combustione delle biomasse legnose produce pluriclorati aromatici direttamente dalla cellulosa e dalla lignina, in altre parole, diossina.
Il comitato di Trecasali, diventato associazione ambientale, ha già raccolto migliaia di firme tra la gente per opporsi ad un simile scempio del territorio e della salute, mettendo il sindaco e le altre autorità (regione e provincia) di fronte alle loro responsabilità. Il comitato ha il completo sostegno dell'associazione GCR e di Rete Ambiente Parma, unitamente a quello dell'associazione
ambientale di San Secondo.
La necessità di ricavare energia da fonti rinnovabili, oltre a contemperare la sua sostenibilità per il territorio e la salute, deve fare in modo che il denaro degli incentivi, ricavato dalle nostre
bollette, possa essere utilizzato per la pubblica utilità e per lo sviluppo dell'occupazione. Non certo elargito alle iniziative speculative di chicchessia, tanto meno dei grandi gruppi industriali e
finanziari. Per questo riteniamo che ogni comune debba provvedere a fondare la sua ESco con cui progettare l'uso delle rinnovabili assieme ai cittadini e alle piccole aziende artigiane disponibili a portare avanti i lavori.
In tal modo ogni municipalità può sviluppare la democrazia energetica e d'impresa.
Il fotovoltaico direttamente sui tetti delle case e gli incentivi divisi tra le famiglie, come vuol fare il comune di Fornovo con la sua ESco, dando il lavoro di impianto agli artigiani del luogo.

Giuliano Serioli

Rete Ambiente Parma (RAP)

Aria Acqua Suolo Risorse Energie
Comitati Uniti per la Salvaguardia del Territorio Parmense
comitato pro valparma - circolo valbaganza - comitato ecologicamente - comitato rubbiano per la vita - comitato cave all’amianto no grazie - associazione gestione corretta rifiuti e risorse – no cava le predelle

venerdì 18 marzo 2011

Non è mai tardi

Conclusasi positivamente la visita a Vedelago, dove è stato possibile toccare con mano la concretezza della gestione pulita dei rifiuti, Parma ora guarda al 23 marzo, quando dalle 14,30 si svolgerà la seduta delle commissioni Ambiente e Sanità, per trattare gli aspetti sanitari dell'inceneritore in costruzione a Ugozzolo.
Davanti ai consiglieri, convocati dal presidente Giuseppe Pantano, relazioneranno 8 esperti della materia, di cui 4 indicati dall'associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma.



Sono Ernesto Burgio, coordinatore scientifico di Isde (Associazione Internazionale Medici per l'Ambiente), Giuseppe Miserotti, presidente dell'Ordine dei Medici di Piacenza, Marco Caldiroli, di Medicina Democratica, Paola Zambon, responsabile del Registro Tumori del Veneto.
Osservata da vicino l'efficacia di un sistema alternativo di gestione dei rifiuti, di cui il Centro Riciclo di Vedelago è un importante anello, vale ora la pena di valutare attentamente l'impatto sanitario e ambientale che un impianto di incenerimento porta con sé alla sua accensione.
Gli inceneritori sono classificati dalla normativa come impianti insalubri di classe prima e non idonei ad essere costruiti in zone agricole di particolare pregio, dove sono presenti Dop ed altri marchi che garantiscono prodotti di eccellenza.
Crediamo sia corretto ed ineccepibile considerare la Food Valley facente parte di questa tipologia di territorio, visti gli innumerevoli prodotti alimentari che ne hanno fatto la fortuna economica e che ancora oggi hanno garantito una buona economia al comparto nonostante la grave crisi in atto nel Paese.
I componenti le commissioni ambiente e sanità, crediamo e speriamo anche tutti i consiglieri comunali e i decisori politici del nostro territorio potranno se vorranno ascoltare le relazioni e fare le considerazioni del caso, traendo le conclusioni che vorranno.
Il dialogo e l'approfondimento su un tema così importante per il futuro del nostro territorio crediamo siano fondamentali presupposti a decisioni consapevoli, per coloro che devono amministrare al meglio la nostra città, preservando in prima istanza la salute e il benessere dei cittadini.
Le preoccupazioni che nascono dalla messa in attività dell'impianto di incenerimento crediamo siano condivisibili e da considerare con serietà ed attenzione.
Sicuramente sarà necessaria una tappa ulteriore, utile ad analizzare le procedure che servono ad impostare una gestione corretta dei rifiuti senza ricorrere all'incenerimento. Uno sviluppo delle buone pratiche necessarie a chiarire tutti gli aspetti di questa gestione che altrimenti rischierebbe di apparire come velleitaria e non percorribile.
La proposta alternativa non ha bisogno di macchine costose a impattanti ma di una semplice riorganizzazione del servizio di raccolta e gestione degli scarti, impostata sulla raccolta differenziata spinta porta a porta estesa a tutto il territorio a cui far seguire la tariffazione puntuale.
Nostri tecnici sono sempre a disposizione per chiarire nel dettaglio il progetto, per rendere evidente a tutti che il sistema di raccolta e gestione a freddo esiste ed è applicabile anche a Parma.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 18 marzo 2011
-415 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+291 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?

mercoledì 16 marzo 2011

Gli scarponi di Paola

Il riassunto di una giornata intera a Vedelago è in questa istantanea.
Da Parma, dove vengono bruciati, un paio di scarponi da sci vengono consegnati nelle mani di Carla Poli, che li riciclerà al 100%, separandone le componenti e vendendo sul mercato della materia prima seconda i materiali diversi che ne ricaverà.
Impatto ambientale? Zero.
Rischio sanitario? Zero.
Costo economico? Guadagno, quindi il + di positivo e non il – negativo della spesa a carico dei cittadini.



Sono arrivati due pullman da Parma a visitare il Centro Riciclo di Vedelago, punta di diamante del riciclo made in Italy, super apprezzato in Europa, guardato con sufficienza dall'Italia, negato da Parma come soluzione per gestire in modo pulito i rifiuti.
Eppure Vedelago sta esportando in suo modello in altri territori italiani, vanta collaborazioni in tutta Europa, vende i materiali recuperati in tutto il mondo.



Carla Poli ha sciorinato cifre e mostrato ai parmigiani come si fa.
Un gruppo eterogeneo di cittadini, studenti, amministratori, giornalisti, che hanno portato a casa tante informazioni e capito che è possibile gestire in modo alternativo la filiera dei rifiuti.
Basta poco per sfatare il mito dell'inceneritore necessario e gli scarponi di Paola sono lì davanti a tutti, impossibili da smentire perfino all'assessore all'inceneritore di Parma Castellani, salito a Vedelago per mugugnare il suo dissenso, la sua incredulità, negando l'evidenza che stava davanti a tutti, un'azienda in piena attività, con bilanci in attivo, con un indotto che porta con sé 9.000 posti di lavoro, con la lista di attesa per l'acquisto del granulato plastico che la Poli produce dagli scarti delle plastiche che a Parma invece verranno bruciati, producendo diossina.
Il modello può essere traslato a Parma e far risparmiare soldi e salute ai cittadini.
Con un piccolo investimento (5 milioni di euro) si può mettere in piedi una azienda che in 3 anni recupera l'investimento e che senza sovvenzioni pubbliche da lavoro a decine di persone.
La Comunità Europea contribuisce nella fase di attivazione con interventi di sostegno economico.
Nello studio di fattibilità presentato a Comune e Provincia dal GCR nel giugno 2010 quasi 25.000 tonnellate di rifiuto della provincia di Parma verrebbero trattate tramite la tecnologia ad estrusione di Vedelago.
Ha senso quindi bruciare qualcosa che si può recuperare, specie poi in un territorio ambientalmente già compromesso?
Dovremo andare a Vedelago per impedire di bruciare la nostra plastica?
O qualcuno trovare una risposta più sensata, costruendo a Parma il Centro Riciclo?
In tempi di vacche magre, questo filone porta danari. Da non sottovalutare.
“Con gli scarponi?” ha chiosato Carla Poli, “Ci facciamo un portapenne!”.

http://www.youtube.com/watch?v=WUmFiKSaTwM&feature=channel_video_title

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 16 marzo 2011
-417 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+289 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?

martedì 15 marzo 2011

Viva Bernazzoli

Bravo presidente. Parole chiare, precise, puntuali, senza ombre.
Bernazzoli rimanda al mittente il progetto di centrale nucleare a Caorso, Viadana o Fidenza, sostenendo delle tesi che non possiamo che sottoscrivere a applaudire.
Strano ma vero oggi ci tocca dare ragione alla prima poltrona della nostra provincia.
Afferma infatti l'inquilino di piazzale della Pace, riferendosi alle ipotesi del rifiorire dell'industria nucleare made in Italy a Fidenza: “E’ l’ultima terra dove abbia senso anche solo pensare di costruire un impianto di quel tipo che sarebbe, al di là di ogni altra considerazione, una violenza al territorio e alle nostre comunità”.


Bernazzoli vuole prodotti puliti e sani

E ancora: “La nostra provincia è la patria riconosciuta a livello mondiale delle produzioni agroalimentari di qualità. Una delle aree più antropizzate d'Europa, oltre tutto”.
Finalmente un riconoscimento alle Dop degne di lode in tutto il globo, quelle forme di Parmigiano Reggiano profumate e sane, quei prosciutti di Langhirano noti a Est come a Ovest, il pomodoro e i suoi trasformati, tutte le tipologie di salumi e insaccati, la pasta marchiata Barilla, praticamente numero 1 nel mondo.
E poi la giusta conta delle popolazioni, un fazzoletto di terra dove stiamo stretti come pulci, respirandoci addosso, smarmittandoci addosso, con tutte le conseguenze del caso.
Ma su tutto un proclama, un assioma, una Legge.
Mai una industria insalubre o tale come rischio deve sorgere sul nostro suolo.
Noi il nostro territorio lo dobbiamo difendere, proteggere, risanare, garantire in tutti i suoi aspetti più onorabili e invidiati.
Noi siamo con lei presidente Bernazzoli, noi ne faremo bandiera delle sue parole, porteremo avanti la sua battaglia come se fosse la nostra.
La nostra provincia è la patria riconosciuta a livello mondiale delle produzioni agroalimentari di qualità. Come ci piace, come suona bene.
Il Gcr è con lei, Presidente!

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 15 marzo 2011
-418 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+288 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?

domenica 13 marzo 2011

Dal camino al cammino

Il problema dei rifiuti, un'emergenza che in varie parti d'Italia ha assunto in questi anni i toni della drammaticità, ha una sua origine ben chiara, conosciuta da tutti gli addetti ai lavori.
Nella storia della modernità, dalla rivoluzione industriale in avanti, l'attenzione è stata rivolta esclusivamente al prodotto nelle sue fasi di progettazione e di utilizzo, dimenticandosi di valutare e progettare la sua gestione, una volta terminato l'utilizzo.



Gli investimenti delle aziende, ma anche del settore pubblico, si sono concentrati, e sbizzarriti, nell'inventare nuovi prodotti, nuovi utilizzi, nuove diavolerie che piacessero, vendessero, creassero commodities e benessere, agio e soddisfazione, senza però mai porsi la domanda oggi divenuta cruciale, quella cioè se il prodotto creato fosse riciclabile, recuperabile, reintroducibile nella filiera produttiva.
Lo stupore per l'avanzamento tecnico e tecnologico, gli applausi a scena aperta verso le conquiste della scienza, hanno abbagliato l'homo sapiens, ormai entrato nella parte di homo tecnologicus, facendo perdere di vista la scia di inquinamento che cominciava a lasciare dietro di sé.
Con la rivoluzione della chimica e l'invenzione di nuove molecole, non esistenti in natura, è venuto a mancare il sistema naturale che biodegradasse tali materiali.
Ma lo spazio era grande, il mondo intatto, la traccia inquinata spariva all'orizzonte per non tornare, apparentemente, mai più.
Il nostro pianeta, in realtà, è un enorme sistema chiuso, circondato da una palla d'atmosfera che si comporta come una cupola di vetro: tutto ciò che capita al suo interno non sfugge via, ma viene continuamente rimescolato.
Si è sviluppata nei secoli, con un crescendo di intensità, una vera e propria invasione di rifiuti. Nel nostro mondo finito le materie prime sono state sfruttate per creare prodotti, i quali a fine utilizzo si sono trasformati in rifiuti. La loro invisibilità iniziale ha facilitato la sottovalutazione del fenomeno.
A partire dall'urbanizzazione, dove i fumi non filtrati dei sistemi di riscaldamento e le problematiche relative allo smaltimento delle scorie “naturali” si sono subito manifestate, la storia dei rifiuti si è andata via via complicando per qualità e quantità dei reflui.
All'apice degli errori di progettazione che hanno dato origine ai rifiuti, la fase più aberrante è stata quella dei prodotti usa e getta, pensati proprio per diventare nell'immediato rifiuti da scartare, oggetti che già dalla loro progettazione erano intesi come uso limitato nel tempo, assenza di manutenzione e accesso preferenziale alla discarica.
Un indicatore corretto di sviluppo è stato fino a pochi anni fa individuato con l'aumento della produzione di rifiuti, indice di benessere e agiatezza.
I sistemi di gestione dei rifiuti sono individuabili in due macrocategorie che fino ad oggi sono state la risposta, purtroppo inefficace, all'eliminazione, almeno dalla vista, dei rifiuti.
Stiamo parlando delle discariche e degli inceneritori.
Nonostante le discariche siano oggi in Italia ancora il metodo maggiormente utilizzato per gestire gli scarti, è ormai passato il loro tempo, considerate le enormi problematiche ambientali che ne derivano, in particolare per il fatto che i rifiuti conferiti sono in larga parte indifferenziati, con miscugli eterogenei di materiali inerti e organici, che hanno dato vita a percolati ed emissioni di gas serra in gran quantità.
L'altro indirizzo, che nell'Europa del Nord ha avuto massimo utilizzo, è stato quello degli inceneritori, che nelle versioni più recenti hanno consentito l'utilizzo di parte dell'energia prodotta per teleriscaldare gli ambienti o per produrre energia elettrica.
Ci si è resi conto però che il problema era solo trasferito. Le discariche, con la pratica dell'incenerimento, si sono trasferite dalla terra al cielo, diventando se possibile ancora più pericolose, con l'emissione di molecole chimiche geno tossiche.
La direttiva europea 98/2008 ha di fatto indicato la strada del futuro nella gestione dei rifiuti, che è quella individuata nella società diffusa del riciclaggio. Di fronte alla sempre maggior carenza di materie prime, alla sempre crescente concorrenza dei Paesi in via si forte sviluppo, il recupero dei materiali esistenti è una via che permette vantaggi in più direzioni.
L'Italia ha recepito lo scorso dicembre la direttiva europea e ci troviamo quindi nella fase attuativa delle nuove indicazioni europee sulla gestione dei materiali post consumo.
Una impostazione che mira alla prevenzione dei rifiuti e alla loro riduzione e imposta gerarchicamente l'approccio lasciando all'ultima residuale fase lo smaltimento.
Il futuro è quindi ormai definito senza incertezze e va nella direzione del recupero dei materiali.
Dal camino, proposto ieri come soluzione ma oggi considerato troppo impattante, ad un cammino virtuoso che punta a rifiuti zero, per minimizzare la nostra impronta ecologica e diventare eco efficienti.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 13 marzo 2011
-420 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+286 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?