sabato 2 novembre 2013

Una dilagante forma di grave illegalità ambientale

Il nuovo crimine di devastazione di boschi e foreste tra "furti di legna" e reati di danno all'ambiente boschivo

a cura del Dott. Maurizio Santoloci
www.dirittoambiente.net



Una nuova dilagante forma di crimine ambientale si aggiunge da qualche tempo ai già numerosi attacchi al nostro territorio posti in essere da fronti e per finalità diverse: il fenomeno dei tagli abusivi degli alberi nei boschi e foreste per depredare il legname che ne deriva a fini commerciali. Fenomeno che si indica comunemente come “furti di legna”, terminologia che – lo diciamo subito – a noi non piace perché molto riduttiva e fuorviante, in quanto culturalmente rischia di relegare queste azioni delittuose ad una mera “asportazione di legna” dal territorio e dunque di rispolverare arcaici concetti degli alberi visti solo come “legname” da commercio e non già in via primaria come preziosi beni ambientali. Sul bosco da decenni si fronteggiano due visioni del tutto antitetiche, tra una cultura che vede le nostre aree verdi solo come fonte produttiva di “legno” ed altri “prodotti”, ed una cultura che invece individua nel bosco un’entità di primaria importanza ambientale in senso totale ma anche paesaggistica. E le terminologie sono importanti per affrontare bene i fenomeni criminali conseguenti. E’ un po’ come l’uso di qualificare come “piromani” i criminali incendiari dolosi; sono due cose ben diverse (il primo è un malato psichico, il secondo è un soggetto che delinque in modo perfettamente consapevole). Le terminologie errate a volte creano retropensieri di tacita giustificazione o attenuazione di responsabilità latente.

Così oggi se ricolleghiamo il fenomeno, puramente criminale, dei tagli a raso di intere aree boscate ad un “furto di legna”, poi magari si passa a ricollegare tali tagli con il contesto della crisi generale e della necessità per qualcuno di “riscaldarsi” e di trovare un po’ di legname per non morire di freddo etc… etc… (vedo già articoli di stampa così orientati) e si passa implicitamente – a livello culturale – dal crimine puro al fenomeno sociale (che poi fa costume e notizia) sì illegale, ma poi di fatto meno illegale in via sostanziale.. E’ un po’ come l’alibi che molti furbi autori di scellerati abusi edilizi sulle coste sono riusciti abilmente a creare a livello di comunicazione sui mass media, inventandosi il concetto di “casa di necessità” per creare cortine fumogene a difesa degli scempi edilizi delle seconde case e fronteggiare poi le demolizioni mischiando tra ville sul mare qualche casetta modesta abitata da anziani da usare come scudo ideologico.

Il crimine di taglio di alberi a fini di commercio va dunque affrontato per quello che è, in relazione ai gravissimi danni che sta creando nelle aree boscate ed in connessione con tutti gli altrettanto gravissimi reati conseguenti che – logicamente – non sono collegati solo al “furto di legna” ma prima ancora anche e soprattutto ai danni ambientali provocati e – dunque – ai reati connessi con le norme ambientali ed a tutela del territorio. E questo – sempre logicamente – indipendentemente dal fatto che il bosco sia su un’area privata o pubblica. Il danno ambientale è in questo senso da sempre storicamente trasversale. Si cambia solo il soggetto di parte lesa.

E va considerato – sempre in relazione al problema di inquadramento culturale sopra citato – che vanno bene valutate le relazioni tra illeciti amministrativi previste dalle norme (antiche) di settore che individuano il bosco ancora solo come “legname” e fonte economico/produttiva, ed i reati ambientali più moderni ed in linea con la tutela dell’ambiente a livello europeo. Se tali diverse tipologie di illeciti (derivanti da concezioni culturali appartenenti storicamente a visioni, ma soprattutto epoche, totalmente diverse) coesistono a livello di vigenza normativa nel nostro sistema giuridico, non significa certo che una esclude l’altra o – peggio – l’una “assorbe” l’altra…

Quindi, per essere più chiari, se tagliare alcuni alberi nel contesto della normativa specifica di settore sui tagli (più vetusta) è solo un illecito amministrativo connesso al problema “albero = fonte di legname e fonte di reddito”, per la legge sui vincoli paesaggistici ambientali e per le altre leggi a presidio del territorio (di più moderna concezione) quello stesso taglio è un grave crimine contro l’ambiente, ed anche e soprattutto in tale contesto va perseguito a livello di intervento di polizia giudiziaria (oltre che essere un furto ai sensi del codice penale). Ci possono dunque essere anche gli estremi – secondo i casi -­‐ per un arresto in flagranza o per un fermo di PG o per una richiesta di ordinanza di custodia cautelare alla magistratura. Comunque sono doverosi i sequestri preventivi delle aree e soprattutto dei mezzi (tutti, anche dei veicoli) utilizzati dagli autori di tali delitti, per impedire che il reato venga reiterato e/o portato ad ulteriori conseguenze (lasciare nella disponibilità di tali soggetti colti in flagranza gli strumenti e i veicoli utilizzati per commettere tali reati significa omettere l’azione preventiva di impedire quello ed altri futuri reati similari).

Questo fenomeno vede una particolare incidenza nel centro-­‐sud della penisola, nei parchi nazionali e nelle proprietà demaniali. I boschi maggiormente coinvolti sono – appunto -­‐ quelli demaniali, come quelli compresi in zone sottoposte a vincoli idrogeologici e paesaggistici, parchi nazionali e regionali. In generale tutte quelle foreste nelle quali sono presenti alberi di alto fusto e di specie particolarmente pregiate. Non vengono risparmiati neanche alberi secolari e zone di alto pregio ambientale.

A lanciare l'allarme è il Corpo forestale dello Stato, che solo nel 2012 ha rilevato più di 800 illeciti penali, con conseguenti 20 arresti, e quattromila illeciti amministrativi a fronte di circa 40mila controlli nelle regioni a statuto ordinario, per un totale che supera i 3 milioni di euro. E il trend è in aumento nel 2013 e conta già 25 arresti in flagranza di reato.

La formula è sottrarre grandi quantitativi di legname per poi rivenderli a basso costo. Non vengono lasciati in pace neanche alberi secolari. Questo perché piante di tale mole possono essere utilizzate per la fabbricazione di mobili o come combustibile.

Inoltre c’è da sottolineare che i tagli cosiddetti “a raso” creano un danno ambientale devastante, anche con incidenza diretta poi sugli assetti idrogeologici del territorio e favoriscono frane e crolli territoriali di ogni tipo, oltre che il mancato controllo del flusso delle acque delle piogge con i fenomeni poi che vediamo ormai frequentemente sulle cronache. Anche l’impatto ambientale sulla fauna di questo tipo di crimine a danno dei boschi è notevole dato che priva tutti gli animali di una vasta area di ogni possibile rifugio o luogo di nidificazione.


Insomma un vero e proprio “mercato nero” del nostro patrimonio boschivo con effetti nefasti a tutti i livelli che merita la massima attenzione da parte di tutti e – soprattutto . nessuno sconto a livello culturale, ma anche e soprattutto procedurale e sanzionatorio.

martedì 29 ottobre 2013

Le polveri fini sono cancerogene

Gcr chiede revisione totale dell'autorizzazione ambientale dell'inceneritore


Spettabile Usl Parma, Provincia di Parma,
Lo Iarc (Agenzia Internazionale Ricerca sul Cancro di Lione - Oms) ha recentemente classificato le polveri sottili come certamente cancerogene (classe 1).
La decisione è stata poi pubblicata su Lancet.
Alla luce di questa importante decisione le emissioni dell'inceneritore di Parma sono diventate di fatto cancerogene certe per le persone con evidente grave danno per l'ambiente circostante il camino.
Essendo in queste ora in fase di rinnovo l'Aia del Paip, siamo con la presente a richiedere formalmente se questa riclassificazione non debba essere presa in seria considerazione per la revisione stessa dell'autorizzazione.
Siamo altresì ad evidenziare che lo studio di impatto ambientale del 2007 è ora desueto e privo di attualizzazione alla luce della decisione dello Iarc.
Siamo quindi a richiedere che sia messa in atto una completa revisione dell'autorizzazione ambientale integrata perché sono cambiati totalmente i contenuti da ponderare per una attenta valutazione dei rischi correlati all'esercizio di combustione rifiuti in questi mesi in fase di esercizio provvisorio a Ugozzolo da parte del gestore Iren.
Siamo infine a richiedere se sia stata messo in atto da parte della stessa Iren il controllo in continuo delle diossine e delle altre molecole tipiche di queste emissioni come ad esempio i metalli pesanti.
In attesa di una pronta risposta.

Dr. Manrico Guerra

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 29 ottobre 2013

L'inceneritore di Parma è stato acceso
62

giorni fa

Inceneritore, Parma come Pyongyang

Andrea Marsiletti: "I giornali di Parma sbandierano con titoloni a tutta pagina il rispetto dei limiti di legge da parte dell'inceneritore. E ci mancherebbe altro!

L'inceneritore di Parma continua a fare notizia.
Da quando l'impianto si è accesso almeno una volta alla settimana compare sui giornali di Parma un titolone a tutta pagina: “Il forno rispetta i limiti di legge”. Gli ultimi solo qualche giorno fa.
E ci mancherebbe altro che non rispettasse i limiti di legge, dico io!!! Ci mancherebbe altro che un impianto appena costruito, costato centinaia di milioni di euro, che ci hanno detto lievitato nei costi che saranno scaricati sulle tariffe dei cittadini perché si è dotato delle migliori delle tecnologie disponibili fosse fuorilegge sulle emissioni!!! Del resto, come si ricorderà, l'ex Presidente di Enia Andrea Allodi invitava i parmigiani ad acquistare casa nelle aree residenziali adiacenti l'inceneritore sostenendo che lì l'aria sarebbe stata più pulita che nel resto della città. Spero per lui che quando raccontava queste storie in TV non fosse serio e facesse il burlone solo per sdrammatizzare.


Io lo do per scontato che il forno non violi le leggi, anche perchè se qualcuno avesse mai pensasse il contrario avrebbe dovuto chiamare in modo preventivo una camionetta dei carabinieri per andare a legare chi stava attentando alla salute dei parmigiani.
In realtà con questa enfasi legalitaria si cerca di far passare un “minimo sindacale” come la smentita finale di chi si è battuto in questi anni contro l'inceneritore, sebbene, come tutti sanno ormai fino alla nausea, la contestazione riguardava l'inutilità dell'impianto con una raccolta differenziata al 70%, i suoi alti costi e comunque il suo rischio potenziale per la salute per gli effetti cancerogeni delle nanopolveri che in questi anni sono oggetto di studio.
Neppure due partigiani del forno come l'amministratore delegato Nicola De Sanctis e il vicepresidente di Iren Andrea Viero avrebbero l'ardire di proporre ai giornali titoli così zelanti negli oggetti dei loro comunicati stampa. Ed infatti non lo fanno.
Ma qui da noi si è più realisti del Re.
Diceva il “Grande Leader” comunista nordcoreano Kim Il Sung: “I giornali siano gli educatori della verità rivoluzionaria”.

Un tempo Parma aveva l'ambizione di essere la “Petit Paris”. Siamo finiti ai livelli di Pyongyang.

lunedì 28 ottobre 2013

Pm 10 giorni sopra i limiti


Spegnete l'inceneritore

Ora è allarme vero.
Da dieci giorni i Pm10 superano i limiti di legge.
Dal 18 ottobre Parma è regina dello smog in regione.
Una situazione drammatica che ora rischia di assumere un carattere di vera e propria emergenza sanitaria.



Perché le polveri sottili sono cancerogene e ormai nessuno può sostenere il contrario, anche coloro che hanno coscientemente sostenuto e dato la possibilità al gestore dei rifiuti di costruire l'inceneritore, che ogni anno manda in atmosfera oltre 3 tonnellate di Pm 10.
Parma è stata l'unica ieri a sforare il limite di 50 milligrammi per metro cubo di aria, l'unica città dell'Emilia Romagna, nonostante si condivida in pratica lo stesso territorio, la stessa area, la stessa piatta Pianura Padana, uno dei territori più inquinati al mondo.



Ma noi stiamo superando tutti quanti.
Ed è ora di prendere provvedimenti.
I riscaldamenti sono quasi spenti (e meno male).
Il traffico è lo stesso dello scorso anno, le industrie idem.
L'unica differenza sorge in strada della Lupa.
Chiediamo che l'inceneritore sia fermato, in attesa che migliorino le condizioni dell'aria.
Qui ci stanno avvelenando giorno per giorno.
E' ora di dire basta.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 28 ottobre 2013

L'inceneritore di Parma è stato acceso
61
giorni fa

Il borgo delle ceneri

Giovedì scorso il popolo delle ceneri ci ha sublimato con le proprie lungimiranze.
Tra loro anche amministratori soddisfatti, beati di fronte alla macchina meravigliosa, un po’ cara forse, ma capace di ingoiare tutte le discariche autorizzate sappiamo bene da chi.
C'è un incontro, al quale non sono state invitate le associazioni scomode, ove si parla di tutto salvo che degli inconvenienti gravi (costi e soprattutto malattie) del magnifico bruciatore, assemblea ove si omette di ricordare il rapporto tra inceneritori e parti pre-termine evidenziato dallo studio Moniter e addirittura il recentissimo allarme pubblicato dallo Iarc (ampiamente rilanciato dalla stampa nazionale) in merito alla natura cancerogena delle polveri sottili.


Dimenticanze...
Si fa finta di nulla. Se non ne parli, il problema non esiste.
E’ stato detto ai parmigiani che forse si spegneranno gli altri forni più inquinanti della Regione: tutto verrà ingoiato dal nostro (ben più costoso e di “ultima generazione”) e peggio per chi ci sta vicino, siano pure caseifici o terreni della food valley.
Però ci hanno rassicurato. Nessuna preoccupazione se la raccolta differenziata dovesse crescere a dismisura. Perché se il forno fosse affamato il progetto di smaltirci intere discariche di passati decenni è (forse) già scritto.
Dopo quasi due ore di “illustrazione dell'impianto” e di “dibattito”, un dibattito senza la possibilità di fare neanche una domanda, c'è davvero di che perdere la pazienza e non possiamo troppo biasimare chi l'ha persa, anche se non ne condividiamo le modalità.
Non ci stancheremo mai di ripetere che ciò che entra nel forno, esce nella stessa quantità.
Con la differenza che la qualità di ciò che esce è ben peggiore della qualità dei materiali che entrano.
L’associazione GCR si sente orgogliosa per quanto ha fatto e continua a fare, nessuna colpa per ciò che non è stato possibile impedire.
La consapevolezza della gravità della situazione è la nostra forza e continueremo con determinazione nello sforzo di sensibilizzare l’opinione pubblica e gli amministratori su criticità che non possono più essere nascoste o taciute.
Se Parma ha fatto dei passi avanti nella consapevolezza sul tema, lo si deve anche e sopratutto alla tenacia di questo gruppo di cittadini, che da molti anni si sforza ogni giorno di far luce sul modo di gestire correttamente i materiali di scarto, anche per impedire che si trasformino in spietati killer del nostro futuro.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 28 ottobre 2013

L'inceneritore di Parma è stato acceso
61

giorni fa

domenica 27 ottobre 2013

Sull'orlo dell'abisso ecologico

Solo il risveglio delle coscienze può salvare il pianeta

di Alex Zanotelli

Stiamo andando nel silenzio generale verso un altro importante appuntamento internazionale: la Conferenza delle Parti (COP 19) che si terrà a Varsavia, l'11 e il 12 novembre.
Eppure non c’è nell’agenda dei nostri politici.


E questo nonostante il quinto Rapporto IPCC (Panel Internazionale per i Cambiamenti Climatici) presentato a Stoccolma il 27 settembre scorso, frutto di una ricerca scientifica durata sei anni.
Il Rapporto afferma che la concentrazione di CO2 (anidride carbonica) nell’atmosfera è al limite di guardia e tra dieci anni saremo fuori dall’area di sicurezza. Le emissioni di gas serra continuano a crescere del 2-3% l’anno. Andando avanti così, gli scienziati dell’IPCC dicono che, a fine secolo, la temperatura potrebbe arrivare ad un innalzamento di 5,5 gradi. Gli scienziati indicano anche le cause responsabili di questo processo: i combustibili fossili (petrolio, carbone e metano) e la deforestazione.
E la comunità scientifica concorda che la colpa è dell’uomo.
Il clima è impazzito e la Madre Terra non sopporta più il più vorace degli animali: l’uomo. Ci attende una tragedia con conseguenze devastanti per l’umanità (scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei mari, tempeste come Sandy, centinaia di milioni di rifugiati climatici).
E’ in atto un biocidio , un geocidio .
“Moralmente noi abbiamo sviluppato una risposta al suicidio, all’omicidio, al genocidio -ha scritto il teologo ecologista Thomas Berry- ma ora ci troviamo a confrontarci con il biocidio, l’uccisione di sistemi vitali, e il geocidio, l’uccisione del Pianeta Terra nelle sue strutture vitali e funzionali. Queste opere sono un male maggiore di quanto abbiamo conosciuto fino ad oggi, male per il quale non abbiamo principi né etici, né morali di giudizio. Una semplice dottrina della custodia del creato non sembra più adeguata per affrontare problemi così gravi”.
E’ una situazione che interpella tutti, credenti e non. Giustamente lo stesso Berry afferma che “la più significativa divisione tra gli esseri umani non è basata né su nazionalità né sull’etnia né sulla religione, ma piuttosto è una divisione fra coloro che dedicano la loro vita a sfruttare la terra in una maniera deleteria, distruggendola, e coloro che si dedicano a preservare la terra in tutto il suo naturale splendore”.
Credenti e non sono convocati oggi nella storia a un salto di qualità per affrontare una situazione così grave e minacciosa. E’ in ballo la vita, è in ballo il futuro dell’umanità.
Lo stiamo toccando con mano qui in Campania, una terra avvelenata da rifiuti tossici, dai fuochi di materiali tossici, dalle mega discariche. Noi stiamo morendo di tumori, leucemie. Lo stiamo toccando con mano a Taranto avvelenata dall’inquinamento industriale, con quasi novemila malati di cancro, con piombo nel sangue dei bambini e diossine nel latte materno. Lo stiamo toccando noi in Sicilia con i tre poli petrolchimici la cui pericolosità ancora non è messa in discussione. Nel microcosmo osserviamo quello che avviene nel macrocosmo: la Madre Terra è violentata, avvelenata, degradata; non sopporta più la specie umana.
Sono però profondamente convinto che ce la possiamo fare partendo dalle nostre realtà locali. Per questo c’è bisogno di un grande lavoro di informazione e coscientizzazione che porti a una rivoluzione culturale (è agghiacciante il silenzio dei media su questi temi!).
Una rivoluzione culturale che chiede a tutti uno stile di vita più sobrio ed essenziale, il riciclaggio totale dei rifiuti, opponendoci agli inceneritori, un bilancio energetico nazionale che riduca del 30% le emissioni di gas serra entro il 2020, il sostegno al Piano della Commissione Europea che prevede una riduzione per tappe dell’80% delle emissioni di gas serra entro il 2050, un fondo per le nazioni del Sud del mondo per fronteggiare i cambiamenti climatici, ricordando il nostro debito ecologico nei loro confronti.
E’ partendo da queste basi che dobbiamo mobilitarci, dal basso, come cittadinanza attiva, per forzare i governi e la politica a una svolta epocale. Purtroppo in questi anni abbiamo in larga parte fallito sia a livello locale che nazionale ed internazionale. Basterebbe, a livello mondiale, ricordare il fallimento delle varie Conferenze delle Parti (COP) sui cambiamenti climatici, da Copenhagen (2009) a Durban (2010), da Cancun (2011) a Doha (2012). Il prossimo appuntamento importante sarà a Varsavia dove si terrà la COP19 (11-12 novembre 2013). Dopo un Rapporto così duro dell’IPCC sulla situazione climatica del Pianeta, non possiamo accettare un altro fallimento a Varsavia.
L’IPCC afferma che il disastro ambientale potrebbe essere evitato se in pochi anni si dimezzassero le emissioni di gas serra causate dall’uso di petrolio, carbone e metano. Ma manca la volontà politica per farlo. Infatti dopo il fallimento del vertice del 2009 a Copenhagen i governanti si sono affidati agli impegni volontari di riduzione del CO2, rimandando al 2020 una cura più efficace..

“Proseguendo su questa strada -ha scritto il teologo della liberazione Leonardo Boff- ci troveremo di fronte, e non manca molto, a un abisso ecologico. Come ai tempi di Noè, continuiamo a mangiare, a bere, e ad apparecchiare la tavola del Titanic che sta affondando. La casa sta prendendo fuoco e mentiamo agli altri dicendo che non è niente.”