impatto sanitario ed ambientale
Venerdì 27 maggio alle ore 21, presso la sala della biblioteca del Foro 2000 di Fornovo Taro, si terrà un importante incontro pubblico organizzato da Rete Ambiente Parma.
Prestigiosi relatori informeranno la popolazione sui rischi sanitari ed ambientali causati dalle emissioni inquinanti di impianti di co-incenerimento, come quello della ditta Laterlite di Rubbiano. Gli ospiti, coordinati da Gianluca Ori, del locale comitato “Rubbiano per la Vita”, saranno Patrizia Gentilini, oncologa dell’ISDE (Associazione Internazionale Medici per l’Ambiente), Manrico Guerra (medico ISDE) , Aldo Caffagnini (Associazione Gestione Corretta Rifiuti Parma), e Matteo Incerti (giornalista free lance esperto di temi ambientali).
Laterlite è l'azienda autorizzata a bruciare ogni anno 65 mila tonnellate di rifiuti tossici e pericolosi che emette in atmosfera 100 mila metri cubi di gas ogni ora, fra cui sostanze molto pericolose per la salute umana.
La combustione di oli esausti ed emulsioni oleose genera composti nocivi e cancerogeni (diossine, furani, IPA, metalli pesanti, ecc.) che attraverso i fumi vengono rilasciati nell’ambiente ed entrano nella catena alimentare, oltre all’emissione di grandi quantità di ossidi di azoto, ossidi di zolfo, anidride carbonica.
Il comitato Rubbiano per la Vita e Rete Ambiente Parma si pongono l’obiettivo di dialogare con i cittadini e le istituzioni affinché le autorità competenti comprendano la necessità della riduzione dell’impatto ambientale e delle emissioni inquinanti di Laterlite.
Il primo impegno dei decisori politici deve infatti andare verso la tutela della salute pubblica e ambientale, specie nel caso di Rubbiano, dove insiste un’area vocata alle produzioni agroalimentari di qualità, posta alla confluenza tra due valli di grande pregio naturalistica in adiacenza al Parco del Taro, zona ZPS e Natura 2000.
Gianluca Ori
Comitato Rubbiano per la Vita
www.reteambienteparma.org
info@reteambienteparma.org
Rete Ambiente Parma
Aria Acqua Suolo Risorse Energie
Comitati Uniti per la Salvaguardia del Territorio Parmense
comitato pro valparma - circolo valbaganza - comitato ecologicamente - comitato rubbiano per la vita - comitato cave all’amianto no grazie - associazione gestione corretta rifiuti e risorse – no cava le predelle
L'Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR - dal 2006 si è mossa per impedire la costruzione di un nuovo inceneritore a Parma, a 4 km da piazza Duomo, a fianco di Barilla e Chiesi, Ikea e ParmaRetail. Un mostro che brucerà 130 mila tonnellate di rifiuti all'anno e che inquinerà il nostro territorio per il futuro a venire.
sabato 21 maggio 2011
venerdì 20 maggio 2011
La nostra montagna, le rinnovabili, le centrali a biomassa
“Benchè per la legislazione italiana ed europea la biomassa venga assimilata alle altre rinnovabili, non può essere considerata una fonte a basso impatto ambientale, come il solare e l'eolico, in quanto produce emissioni inquinanti a seguito della combustione”. (Ines Palena - WWF)
“L'uso delle biomasse per alimentare un biodigestore anaerobico-aerobico e produrre metano sarebbe funzionale all'allevamento dei bovini e alla produzione agricola di qualità e a carattere biologico. Vantaggi che verrebbero meno con l'introduzione di una centrale termica a biomasse
del tutto avulsa dalla vocazione agroalimentare del territorio che dovrebbe ospitarla”. ( Federico Valerio – chimico ambientale, istituto tumori genova)
Le biomasse sono un combustibile povero, economicamente ed energeticamente conveniente solo in quei paesi dove l'industria del legno produce grandi quantità di scarti e dove la morfologia del
territorio permette la facilità dei tagli.
Il continuo prelievo di biomasse destabilizza l'equilibrio nutrizionale dei suoli nei terreni agricoli e forestali. La quantità di ceneri da incenerimento di cippato di legna è circa lo 0,8% in peso della biomassa bruciata. Il contenuto in cromo, cadmio, mercurio, piombo e rame delle ceneri volanti derivate dalla combustione di quercia e faggio è superiore al contenuto di quelle da combustione di carbone.
La pericolosità di tali composti di metalli pesanti non è dovuta tanto alla loro concentrazione nell'aria inalata, quanto alla concentrazione, destinata ad aumentare nel tempo, nelle diverse matrici ambientali presenti nella zona di deposizione, comprese le falde acquifere.
In sostanza è l'acqua piovana e quella di superficie il principale veicolo dei veleni emessi e le falde acquifere ne sono il principale ricettacolo e questo indipendentemente dal fatto, ad esempio, che le
diossine non siano solubili in acqua.
"L'inquinamento ambientale indotto dai tanti impianti a biomasse che si propongono in Italia, pur nel rispetto delle norme vigenti, peggiora la qualità dell'aria dei territori che dovrebbero ospitarle e peggiora anche la qualità del suolo e dei prodotti agricoli di questi stessi suoli con le ricadute e l'accumulo di diossine, furani, idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti." (Federico Valerio)
C'è un ritornello falso e folle da parte delle amministrazioni che tende a presentare lo sfruttamento forestale come utile e necessario all'ambiente, considerando i boschi e il legname come una risorsa abbandonata ed estremamente abbondante.
Mentre il legno dei boschi è raro, necessario alla traspirazione ed alla produzione di ossigeno, indispensabile al terreno, anche dopo la morte delle piante, per la formazione dell'humus.
Altro ritornello fasullo è quello della pretesa disponibilità dovuta alla pulizia del bosco. Questa esisteva ed era una fonte importante di energia per le famiglie, ma con lo spopolamento della montagna è cessata. Ora per pulizia del bosco si intende solo il diradamento effettuato col taglio industriale, mirato principalmente ai boschi di castagni, come espressamente dichiarato nel documento dell'amministrazione.
Gli impianti termici a biomasse, se non collegati agli scarti dell'industria del legno, come nella fascia alpina, sono antieconomici. Il costo della centrale e l'installazione del
teleriscaldamento per una centrale appena al di sotto del Mw è elevato: intorno al milione di euro.
Il costo del cippato è di 6- 6,5 euro al quintale e perché sia efficiente dal punto di vista calorico non deve avere un tenore di umidità superiore al 20%.
Solo il taglio industriale del bosco, il cosiddetto esbosco a pianta intera, può garantire un rifornimento non occasionale di cippato pur a quel prezzo già di per sé elevato.
Ma per il taglio industriale del bosco occorrono macchinari costosi e finanziamenti elevati.
L'avvio del taglio industriale produrrà, poi, inevitabilmente una diminuzione dell'occupazione nel settore artigianale del taglio, tra i tagliaboschi.
Al di là dei lavori di scavo iniziali per il sito e le condotte del teleriscaldamento, la centrale non crea occupazione. La combustione industriale della legna, con il solo filtro a ciclone di abbattimento
della fuliggine, ha emissioni 10 volte superiori a quelle di una stufa a pellet ( pellet = 4/5 mg/m3; cippato = 50 mg/m3 sempre che non superi il 20% di umidità).
Quest'inverno a Berceto, in un appartamento di 140 m2, una stufa a pellet a condensazione da 12 Kw (costo 2250 euro, detraibili dalle tasse in tre anni al 55%), anche con punte di freddo fino a -8°, ha mantenuto una temperatura costante di 23° dalle 5 alle 22, consumando un sacco da 15 Kg al giorno (costo 3,50 euro), per un totale di spesa nei sette mesi di 700 euro.
Come poter, quindi, essere d'accordo con il piano di centrali a cippato della Provincia per il nostro Appennino?
Si tratta di un progetto costoso ed inquinante che non può che alimentare la già pericolosa speculazione sulla legna da ardere.
I tagli massicci e dissennati dei boschi hanno già sforato la sostenibilità e sono davanti a gli occhi di tutti, allarmando gli stessi amministratori.
Ci sono due esempi virtuosi da seguire sulle rinnovabili.
Il primo è quello del comune di Monchio.
Non certo per la centrale a cippato, ma per l'uso intelligente che intende fare dei soldi ricavati
dagli incentivi dell'impianto fotovoltaico di cui si è dotato in modo autonomo e di cui è proprietario. Con quelli intende finanziare ed incentivare la ristrutturazione delle case del paese per l'isolamento
termico e il risparmio energetico.
Ma a quel punto la consistente spesa per l'allacciamento del resto del paese al teleriscaldamento non sarebbe più necessaria, basterebbero delle piccole stufe a pellet!
Il secondo esempio di comune virtuoso è Fornovo che ha fondato una ESco (energy service company) per coinvolgere i cittadini, i loro tetti e gli artigiani della zona per dotarsi a sua volta di un impianto fotovoltaico. Così da dividere con la gente i proventi degli incentivi pubblici ( le nostre bollette ) e nello stesso tempo creare occupazione con l'installazione e la manutenzione dell'impianto.
La Provincia ha promosso "Fotovoltaico insieme" per dotare ogni comune di un campo fotovoltaico. Ma a quanto si evince dai casi di Roccabianca e Varsi, cui pare spettino rispettivamente solo 80.000 e 40.000 euro, non sembra proprio che gli incentivi pubblici vadano ai municipi e quindi ritornino a noi.
Pare che la gran massa dei soldi finisca ai privati, alle finanziarie, alle aziende costruttrici.
Certo, sappiamo che molti comuni sono indebitati e che potrebbero avere difficoltà con le banche ad ottenere dei mutui, anche se con la garanzia degli incentivi il mutuo si pagherebbe da solo. Proprio per questo, allora, perché non seguire l'esempio di Fornovo e aiutare ogni comune a dotarsi di una ESco?
Una volta costituita la società, ogni municipio potrebbe capitalizzarla intestandole immobili o aree di sua proprietà riuscendo in tal modo ad ottemperare alle condizioni per un mutuo bancario.
Le rinnovabili sono oggetto di una speculazione forsennata per accaparrarsi i soldi delle nostre bollette.
Sono, però, anche una straordinaria occasione per i piccoli centri e le aree marginali di dotarsi di un'autonomia energetica e finanziaria in grado di ridare sviluppo all'economia minuta, all'imprenditoria artigianale.
Attraverso il fotovoltaico, il solare termico, il microidrolelettrico della turbinazione degli acquedotti e i biodigestori anaerobici di piccoli comprensori la montagna può cominciare a riscattarsi ed attirare
investimenti e lavoro.
Oggi, invece, stiamo assistendo al saccheggio dei boschi, presto a quello dell'acqua con la turbinazione di interi tratti di torrenti ed in progetto c'è già quello delle cime, cementificate per l'installazione del cosiddetto minieolico, cioè torri alte 30 metri.
Le energie rinnovabili sono una grande opportunità.
Non devono essere la scusa per il saccheggio della montagna e delle sue risorse.
Giuliano Serioli
www.reteambienteparma.org
info@reteambienteparma.org
Rete Ambiente Parma
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comitato pro valparma - circolo valbaganza - comitato ecologicamente - comitato rubbiano per la vita - comitato cave all’amianto no grazie - associazione gestione corretta rifiuti e risorse – no cava le predelle
“L'uso delle biomasse per alimentare un biodigestore anaerobico-aerobico e produrre metano sarebbe funzionale all'allevamento dei bovini e alla produzione agricola di qualità e a carattere biologico. Vantaggi che verrebbero meno con l'introduzione di una centrale termica a biomasse
del tutto avulsa dalla vocazione agroalimentare del territorio che dovrebbe ospitarla”. ( Federico Valerio – chimico ambientale, istituto tumori genova)
Le biomasse sono un combustibile povero, economicamente ed energeticamente conveniente solo in quei paesi dove l'industria del legno produce grandi quantità di scarti e dove la morfologia del
territorio permette la facilità dei tagli.
Il continuo prelievo di biomasse destabilizza l'equilibrio nutrizionale dei suoli nei terreni agricoli e forestali. La quantità di ceneri da incenerimento di cippato di legna è circa lo 0,8% in peso della biomassa bruciata. Il contenuto in cromo, cadmio, mercurio, piombo e rame delle ceneri volanti derivate dalla combustione di quercia e faggio è superiore al contenuto di quelle da combustione di carbone.
La pericolosità di tali composti di metalli pesanti non è dovuta tanto alla loro concentrazione nell'aria inalata, quanto alla concentrazione, destinata ad aumentare nel tempo, nelle diverse matrici ambientali presenti nella zona di deposizione, comprese le falde acquifere.
In sostanza è l'acqua piovana e quella di superficie il principale veicolo dei veleni emessi e le falde acquifere ne sono il principale ricettacolo e questo indipendentemente dal fatto, ad esempio, che le
diossine non siano solubili in acqua.
"L'inquinamento ambientale indotto dai tanti impianti a biomasse che si propongono in Italia, pur nel rispetto delle norme vigenti, peggiora la qualità dell'aria dei territori che dovrebbero ospitarle e peggiora anche la qualità del suolo e dei prodotti agricoli di questi stessi suoli con le ricadute e l'accumulo di diossine, furani, idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti." (Federico Valerio)
C'è un ritornello falso e folle da parte delle amministrazioni che tende a presentare lo sfruttamento forestale come utile e necessario all'ambiente, considerando i boschi e il legname come una risorsa abbandonata ed estremamente abbondante.
Mentre il legno dei boschi è raro, necessario alla traspirazione ed alla produzione di ossigeno, indispensabile al terreno, anche dopo la morte delle piante, per la formazione dell'humus.
Altro ritornello fasullo è quello della pretesa disponibilità dovuta alla pulizia del bosco. Questa esisteva ed era una fonte importante di energia per le famiglie, ma con lo spopolamento della montagna è cessata. Ora per pulizia del bosco si intende solo il diradamento effettuato col taglio industriale, mirato principalmente ai boschi di castagni, come espressamente dichiarato nel documento dell'amministrazione.
Gli impianti termici a biomasse, se non collegati agli scarti dell'industria del legno, come nella fascia alpina, sono antieconomici. Il costo della centrale e l'installazione del
teleriscaldamento per una centrale appena al di sotto del Mw è elevato: intorno al milione di euro.
Il costo del cippato è di 6- 6,5 euro al quintale e perché sia efficiente dal punto di vista calorico non deve avere un tenore di umidità superiore al 20%.
Solo il taglio industriale del bosco, il cosiddetto esbosco a pianta intera, può garantire un rifornimento non occasionale di cippato pur a quel prezzo già di per sé elevato.
Ma per il taglio industriale del bosco occorrono macchinari costosi e finanziamenti elevati.
L'avvio del taglio industriale produrrà, poi, inevitabilmente una diminuzione dell'occupazione nel settore artigianale del taglio, tra i tagliaboschi.
Al di là dei lavori di scavo iniziali per il sito e le condotte del teleriscaldamento, la centrale non crea occupazione. La combustione industriale della legna, con il solo filtro a ciclone di abbattimento
della fuliggine, ha emissioni 10 volte superiori a quelle di una stufa a pellet ( pellet = 4/5 mg/m3; cippato = 50 mg/m3 sempre che non superi il 20% di umidità).
Quest'inverno a Berceto, in un appartamento di 140 m2, una stufa a pellet a condensazione da 12 Kw (costo 2250 euro, detraibili dalle tasse in tre anni al 55%), anche con punte di freddo fino a -8°, ha mantenuto una temperatura costante di 23° dalle 5 alle 22, consumando un sacco da 15 Kg al giorno (costo 3,50 euro), per un totale di spesa nei sette mesi di 700 euro.
Come poter, quindi, essere d'accordo con il piano di centrali a cippato della Provincia per il nostro Appennino?
Si tratta di un progetto costoso ed inquinante che non può che alimentare la già pericolosa speculazione sulla legna da ardere.
I tagli massicci e dissennati dei boschi hanno già sforato la sostenibilità e sono davanti a gli occhi di tutti, allarmando gli stessi amministratori.
Ci sono due esempi virtuosi da seguire sulle rinnovabili.
Il primo è quello del comune di Monchio.
Non certo per la centrale a cippato, ma per l'uso intelligente che intende fare dei soldi ricavati
dagli incentivi dell'impianto fotovoltaico di cui si è dotato in modo autonomo e di cui è proprietario. Con quelli intende finanziare ed incentivare la ristrutturazione delle case del paese per l'isolamento
termico e il risparmio energetico.
Ma a quel punto la consistente spesa per l'allacciamento del resto del paese al teleriscaldamento non sarebbe più necessaria, basterebbero delle piccole stufe a pellet!
Il secondo esempio di comune virtuoso è Fornovo che ha fondato una ESco (energy service company) per coinvolgere i cittadini, i loro tetti e gli artigiani della zona per dotarsi a sua volta di un impianto fotovoltaico. Così da dividere con la gente i proventi degli incentivi pubblici ( le nostre bollette ) e nello stesso tempo creare occupazione con l'installazione e la manutenzione dell'impianto.
La Provincia ha promosso "Fotovoltaico insieme" per dotare ogni comune di un campo fotovoltaico. Ma a quanto si evince dai casi di Roccabianca e Varsi, cui pare spettino rispettivamente solo 80.000 e 40.000 euro, non sembra proprio che gli incentivi pubblici vadano ai municipi e quindi ritornino a noi.
Pare che la gran massa dei soldi finisca ai privati, alle finanziarie, alle aziende costruttrici.
Certo, sappiamo che molti comuni sono indebitati e che potrebbero avere difficoltà con le banche ad ottenere dei mutui, anche se con la garanzia degli incentivi il mutuo si pagherebbe da solo. Proprio per questo, allora, perché non seguire l'esempio di Fornovo e aiutare ogni comune a dotarsi di una ESco?
Una volta costituita la società, ogni municipio potrebbe capitalizzarla intestandole immobili o aree di sua proprietà riuscendo in tal modo ad ottemperare alle condizioni per un mutuo bancario.
Le rinnovabili sono oggetto di una speculazione forsennata per accaparrarsi i soldi delle nostre bollette.
Sono, però, anche una straordinaria occasione per i piccoli centri e le aree marginali di dotarsi di un'autonomia energetica e finanziaria in grado di ridare sviluppo all'economia minuta, all'imprenditoria artigianale.
Attraverso il fotovoltaico, il solare termico, il microidrolelettrico della turbinazione degli acquedotti e i biodigestori anaerobici di piccoli comprensori la montagna può cominciare a riscattarsi ed attirare
investimenti e lavoro.
Oggi, invece, stiamo assistendo al saccheggio dei boschi, presto a quello dell'acqua con la turbinazione di interi tratti di torrenti ed in progetto c'è già quello delle cime, cementificate per l'installazione del cosiddetto minieolico, cioè torri alte 30 metri.
Le energie rinnovabili sono una grande opportunità.
Non devono essere la scusa per il saccheggio della montagna e delle sue risorse.
Giuliano Serioli
www.reteambienteparma.org
info@reteambienteparma.org
Rete Ambiente Parma
Aria Acqua Suolo Risorse Energie
Comitati Uniti per la Salvaguardia del Territorio Parmense
comitato pro valparma - circolo valbaganza - comitato ecologicamente - comitato rubbiano per la vita - comitato cave all’amianto no grazie - associazione gestione corretta rifiuti e risorse – no cava le predelle
martedì 17 maggio 2011
In Veneto una legge anti inceneritori
A San Martino Buon Albergo il Consiglio comunale ha approvato una mozione per portare in Regione lo stop al progetto di inceneritore di Ca' del Bue.
La svolta veneta è capitanata dai 3 sindaci che guidano la lotta contro gli impianti di incenerimento: Avesani, Zerman, Lorenzoni, primi cittadini dei territori che risentirebbero degli inquinanti emessi.
Ora sarà sufficiente che altri 4 consigli comunali votino la stessa delibera perché in Consiglio regionale possa essere assunto un progetto di legge non solo per lo stop a Ca' del Bue ma addirittura per lo smantellamento degli inceneritori attivi in Veneto.
La proposta è stata presentata come mozione nel consiglio comunale sanmartinese da Marco Braggion e accolta all'unanimità dopo alcuni aggiustamenti.
Sono solo 3 gli articoli previsti dal testo: nel primo si afferma che “la Regione vieta la costruzione di nuovi inceneritori, il potenziamento di quelli esistenti in Veneto e riconverte quegli funzionanti fino alla loro definitiva chiusura”. Il secondo articolo abroga le norme contenute nella legge regionale e nella delibera di Consiglio che fanno riferimento “alla realizzazione di nuovi inceneritori, al potenziamento e al mantenimento di quelli esistenti”.
Infine nel terzo articolo si invitano la giunta e il Consiglio regionale a operare affinché entro 180 giorni dalla pubblicazione della nuova legge siano modificate le normative del piano regionale dei rifiuti, “prevedendo la tipologia e la quantità degli impianti sostitutivi degli inceneritori previsti e di quelli funzionanti”.
La mozione ha aperto la discussione affinché tutto il Consiglio potesse esprimersi al di là dell'appartenenza politica. Il sindaco Valerio Avesani ha ribadito “la contrarietà sua e dell'intera giunta al progetto di Ca' del Bue”, ma ha fatto osservare, giustamente, “che non basta dire no, occorre affrontare il problema con delle soluzioni propositive. Il 19 maggio ci sarà in quinto incontro fra sindaci dei tre paesi più direttamente coinvolti (San Giovanni, San Martino e Zevio) assieme a un'altra decina di sindaci, in modo da formalizzare un accordo sul Piano ambientale integrato, perché non resti più nulla da portare all'inceneritore dopo una severa selezione dei rifiuti. Per questo accetto il testo della mozione, ma propongo di integrarlo con il riferimento al piano ambientale integrato”, è stato il senso del suo intervento.
Giovanni Galvani (Forza delle libertà) ha chiesto che ci sia anche da parte della Regione l'impegno a far produrre in modo più ecologico, contribuendo a ridurre o a eliminare la necessità di smaltire rifiuti non riciclabili. Si tratta insomma dell'eco design, che davvero consentirebbe la svolta verde reale della società.
Dopo un confronto fra i capigruppo ha preso corpo la mozione votata all'unanimità, che inserisce alla fine del terzo articolo del progetto di legge l'aggiunta della trasformazione degli inceneritori previsti e di quelli funzionanti “in poli ambientali integrati per migliorare ulteriormente la differenziazione dei rifiuti raccolti, affinché non ci sia nessuna forma di conferimento per l'incenerimento o il trasferimento in discarica. Inoltre la Regione si impegna a sensibilizzare le aziende a produrre in modo ecologico, riconvertendo gli imballaggi non riciclabili in riciclabili”.
“Sono soddisfatto perché la votazione è un esempio di quello che potrebbe essere la politica del futuro, quando si agisce in sintonia con tutti”, ha commentato Braggion ricordando che già il Comune di San Zeno di Montagna si è espresso a favore di questo progetto di legge regionale e che nella riunione dei sindaci la proposta può essere estesa ad altri Comuni”. “L'ambiente non ha colore politico e mi batterò per cercare condizioni di vita migliori per tutti”, ha aggiunto Galvani.
Positiva anche la riflessione del sindaco: “Su questo tema la maggioranza ha dimostrato di aver sempre cercato dialogo e massima apertura al confronto, perché l'obiettivo resta il bene di tutti i cittadini”.
Il nuovo formidabile attacco agli inceneritori, eliminati addirittura per legge, viene da una regione dove ci sono punte d'eccellenza del riciclo come il consorzio Priula Treviso, 78,73%, Belluno, 62,2%.
Vittorio Zambaldo ce ne ha parlato su larena.it
http://www.larena.it/stories/Provincia/251627__s_alla_legge_anti_inceneritori/
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 17 maggio 2011
-355 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+351 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
+29 giorni dal lancio di Boicottiren: http://tinyurl.com/boicottiren
Aderisci anche tu: boicotta Iren, digli che non finanzierai un euro dell'inceneritore di Parma
La svolta veneta è capitanata dai 3 sindaci che guidano la lotta contro gli impianti di incenerimento: Avesani, Zerman, Lorenzoni, primi cittadini dei territori che risentirebbero degli inquinanti emessi.
Ora sarà sufficiente che altri 4 consigli comunali votino la stessa delibera perché in Consiglio regionale possa essere assunto un progetto di legge non solo per lo stop a Ca' del Bue ma addirittura per lo smantellamento degli inceneritori attivi in Veneto.
La proposta è stata presentata come mozione nel consiglio comunale sanmartinese da Marco Braggion e accolta all'unanimità dopo alcuni aggiustamenti.
Sono solo 3 gli articoli previsti dal testo: nel primo si afferma che “la Regione vieta la costruzione di nuovi inceneritori, il potenziamento di quelli esistenti in Veneto e riconverte quegli funzionanti fino alla loro definitiva chiusura”. Il secondo articolo abroga le norme contenute nella legge regionale e nella delibera di Consiglio che fanno riferimento “alla realizzazione di nuovi inceneritori, al potenziamento e al mantenimento di quelli esistenti”.
Infine nel terzo articolo si invitano la giunta e il Consiglio regionale a operare affinché entro 180 giorni dalla pubblicazione della nuova legge siano modificate le normative del piano regionale dei rifiuti, “prevedendo la tipologia e la quantità degli impianti sostitutivi degli inceneritori previsti e di quelli funzionanti”.
La mozione ha aperto la discussione affinché tutto il Consiglio potesse esprimersi al di là dell'appartenenza politica. Il sindaco Valerio Avesani ha ribadito “la contrarietà sua e dell'intera giunta al progetto di Ca' del Bue”, ma ha fatto osservare, giustamente, “che non basta dire no, occorre affrontare il problema con delle soluzioni propositive. Il 19 maggio ci sarà in quinto incontro fra sindaci dei tre paesi più direttamente coinvolti (San Giovanni, San Martino e Zevio) assieme a un'altra decina di sindaci, in modo da formalizzare un accordo sul Piano ambientale integrato, perché non resti più nulla da portare all'inceneritore dopo una severa selezione dei rifiuti. Per questo accetto il testo della mozione, ma propongo di integrarlo con il riferimento al piano ambientale integrato”, è stato il senso del suo intervento.
Giovanni Galvani (Forza delle libertà) ha chiesto che ci sia anche da parte della Regione l'impegno a far produrre in modo più ecologico, contribuendo a ridurre o a eliminare la necessità di smaltire rifiuti non riciclabili. Si tratta insomma dell'eco design, che davvero consentirebbe la svolta verde reale della società.
Dopo un confronto fra i capigruppo ha preso corpo la mozione votata all'unanimità, che inserisce alla fine del terzo articolo del progetto di legge l'aggiunta della trasformazione degli inceneritori previsti e di quelli funzionanti “in poli ambientali integrati per migliorare ulteriormente la differenziazione dei rifiuti raccolti, affinché non ci sia nessuna forma di conferimento per l'incenerimento o il trasferimento in discarica. Inoltre la Regione si impegna a sensibilizzare le aziende a produrre in modo ecologico, riconvertendo gli imballaggi non riciclabili in riciclabili”.
“Sono soddisfatto perché la votazione è un esempio di quello che potrebbe essere la politica del futuro, quando si agisce in sintonia con tutti”, ha commentato Braggion ricordando che già il Comune di San Zeno di Montagna si è espresso a favore di questo progetto di legge regionale e che nella riunione dei sindaci la proposta può essere estesa ad altri Comuni”. “L'ambiente non ha colore politico e mi batterò per cercare condizioni di vita migliori per tutti”, ha aggiunto Galvani.
Positiva anche la riflessione del sindaco: “Su questo tema la maggioranza ha dimostrato di aver sempre cercato dialogo e massima apertura al confronto, perché l'obiettivo resta il bene di tutti i cittadini”.
Il nuovo formidabile attacco agli inceneritori, eliminati addirittura per legge, viene da una regione dove ci sono punte d'eccellenza del riciclo come il consorzio Priula Treviso, 78,73%, Belluno, 62,2%.
Vittorio Zambaldo ce ne ha parlato su larena.it
http://www.larena.it/stories/Provincia/251627__s_alla_legge_anti_inceneritori/
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 17 maggio 2011
-355 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+351 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
+29 giorni dal lancio di Boicottiren: http://tinyurl.com/boicottiren
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