venerdì 9 agosto 2013

Val Trebbia, no alla centrale idroelettica

Per una volta vince la natura sull'uomo

di Marcello Pollastri


Impatti negativi sulle matrici ambientali e paesaggistiche

Centralina di San Salvatore, dopo quello della Regione, arriva anche il “no” della Conferenza di Servizi, l’organismo chiamato a concludere la procedura di valutazione dell’impatto ambientale del progetto.
Pochi giorni fa, il 31 luglio scorso è stato infatti firmato e depositato l’atto con cui la Conferenza esprime parere contrario alla realizzazione dell’impianto per la produzione di energia idroelettrica.


“Il progetto – si legge nel verbale della seduta – produrrebbe impatti negativi sulle varie matrici ambientali e sul paesaggio”.
Ne consegue che viene espresso “il parere contrario all’emanazione di un provvedimento di Via favorevole”.
In buona sostanza, la Conferenza si allinea sulla posizione già espressa dalla Regione con gli assessori Paola Gazzolo e Sabrina Freda secondo cui il progetto avrebbe danneggiato irrimediabilmente i meandri del fiume Trebbia.
Contro lo stesso progetto ella centralina si erano da subito scagliate le associazioni ambientaliste e il partito politico dell'Idv.
La seduta della conferenza sarebbe stata piuttosto tesa, almeno a giudicare dal fatto che l'avvocato Giovanni Mangialardi, legale di chi ha proposto il progetto, a conclusione della seduta ha fatto mettere a verbale: "Mi sono trovato di fronte un plotone d'esecuzione che aveva già preso la propria decisione".
Contro lo stesso progetto della centralina si erano da subito scagliate le associazioni ambientaliste e il partito politico dell’Idv.

*

In Val Trebbia i cittadini hanno vinto.
Ha vinto la determinazione, la convinzione, la certezza di essere dalla parte della ragione.
Per una volta lo scempio è stato battuto sul fil di lana e i progetti speculativi si sono dovuti ritirare.
Una bella pagina pulita di fronte a tutte le sporche che giorno dobbiamo leggere e subire

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 9 agosto 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
460

giorni fa

giovedì 8 agosto 2013

No Renovo

No Renovo
Si è costituito il comitato di cittadini contro la centrale a biomassa di Pontremoli


In data 29 luglio 2013 è stato costituito a Pontremoli un comitato spontaneo di cittadini, apartitico, denominato “centrale termoelettrica a biomasse - no grazie”, che intende rappresentare tutti coloro che non vogliono la costruzione della centrale termoelettrica a biomasse in località Novoleto, di cui al progetto proposto dalla Renovo Bioenergy Pontremoli S.r.l. di Mantova, voluto dall’Amministrazione Comunale di Pontremoli, autorizzato dalla Provincia di Massa-Carrara in meno di 4 mesi e del quale il Sindaco Lucia Baracchini non ha mai dato nessuna informazione alla cittadinanza.
L’attività principale del comitato, che sin da ora rivolge un appello alla cittadinanza ad aderire con convinzione, consiste “in primis” nell’informare i cittadini su tutte le criticità del progetto della centrale termoelettrica, coordinarne la protesta ed esercitare ogni legittima azione, nessuna esclusa, per impedirne la realizzazione.
Il Comitato dice no al progetto già autorizzato perché:
1. La realizzazione di tale impianto potrebbe condurre al miglioramento della situazione ambienta solo se sostituisse centrali più inquinanti, che invece il progetto non prevede;
2. La centrale termoelettrica a biomasse legnose è classificata dalla legge “insalubre di prima classe” (la più grave), produce polveri sottili, ossido di azoto, ossido di carbonio, formaldeide, benzene, idrocarburi policiclici aromatici, e diossina, di cui alcune cancerogene;
3. La qualità dell’aria nel territorio sarebbe gravemente compromessa dalla realizzazione della citata centrale;
4. La normativa vigente considera biomassa anche la frazione organica del rifiuto solido urbano e quindi l’impianto se successivamente modificato e autorizzato, potrà bruciare anche rifiuti; (la convenzione firmata dal comune ha durata 20 anni)
5. I quantitativi di biomasse legnose necessari per far funzionare la centrale (18.000 ton. annue) ricavabili dal territorio pontremolese sono assolutamente insufficienti e quindi saranno reperiti per la maggior parte in altre località distanti da Pontremoli fino a 70 km. Le ricadute occupazionali o di altro genere previste per Pontremoli sono veramente risibili se comparate ai rischi e danni derivanti dalla costruzione della centrale;
6. Il progetto, se sarà realizzato, arricchirà solo la Società Renovo Bioenergy che incasserà gli incentivi pubblici, deprederà il territorio e provocherà anche una forte svalutazione del valore degli immobili;
7. Pontremoli verrà penalizzata fortemente nella sua vocazione turistico-culturale e agricola;
8. La centrale per la sua potenziale nocività e insalubrità provocherà un immediato danno commerciale alle attività industriali e artigianali già insediate nell’area di Novoleto con evidenti rischi di non poter assicurare la prosecuzione dell’attività, o comunque di doverla ridurre provocando ulteriore disoccupazione.

Pontremoli, 6 Agosto 2013


Il comitato centrale termoelettrica a biomasse - no grazie

I cambiamenti necessari

Basta finzioni, ricicliamo tutto il riciclabile

Iren deve cambiare, per affrontare le sfide del futuro.
Abbiamo già illustrato l'impostazione corretta della raccolta differenziata, sottolineando l'importanza della frazione organica e l'allargamento della raccolta della plastica a tutte le sostanze plastiche eterogenee, che possono essere riciclate e quindi non sprecate, trasformandosi da costo a guadagno.
La raccolta differenziata non si limita a organico e plastica ovviamente.
E' necessaria mettere a regime anche gli altri materiali.


E smetterla di fingere che ci siano materiali non riciclabili. Tutto è riciclabile, ciò che non lo è rappresenta un errore di progettazione, uno sbaglio della fase produttiva. E gli errori vanno sanati.
Rendere ubiqua la raccolta di carta e cartone, puntando molto anche sulle aziende.
La raccolta della carta è già oggi molto avanzata, si tratta di renderla qualitativamente ineccepibile e operativa in ogni luogo del nostro territorio ed in ogni occasione, per non sprecare materia preziosa.
Ci sono altre frazioni di materia importanti.
Come i tappi di plastica che possono essere destinati a produzioni di qualità
Vestiti, calzature, abiti e borse dismessi devono seguire la strada del riuso e poi del riciclo.
Parte importante del processo sono i negozi, i supermercati, quei punti vendita dove è alta la produzione di imballaggio e di scarti di produzione e di commercializzazione.
Fontane in città e qualità dell'acqua.
Scegliere l'acqua del sindaco fa bene alla nostra salute e al nostro portafoglio, ma anche a quello del Comune. Si azzera la produzione di rifiuto da imballaggio, si beve acqua molto controllata (l'acqua dell'acquedotto però deve migliorare le sue qualità con interventi importanti di ristrutturazione).
Parchi cittadini.
Negli Stati Uniti la differenziata si fa anche nei parchi, dove sono dislocati i contenitori per l'organico, il multimateriale e il rifiuto residuo. Gli spazi verdi sono un'ottima occasione per informare i cittadini e portare la formazione utile alla comunità.
Deve passare un concetto ancora purtroppo disatteso sia dal gestore che dai cittadini.
Smaltire rappresenta un costo da ridurre e possibilmente da eliminare.
La strada corretta è la riduzione, il riuso, il riciclo, e quello che ancora non è recuperabile va tassato pesantemente per costringere le industrie a modificare quell'oggetto di difficile o impossibile riciclaggio.
Il rifiuto, concetto sconosciuto in natura, deve andare a zero anche tra gli uomini.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 8 agosto 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
459

giorni fa

mercoledì 7 agosto 2013

Inceneritore libero da vincoli sui rifiuti emiliani e gli speciali

A Ferrara la linea che seguirà anche Parma
Largo ai rifiuti speciali e al bacino regionali
E tanti saluti ai rifiuti a km zero

da La Nuova Ferrara
http://goo.gl/pnxMHg

Si chiude la guerra pluriennale tra Hera e Provincia sull’inceneritore di via Diana.
Il “disarmo bilaterale” è stato firmato sulle carte della nuova Autorizzazione integrata ambientale che regola il funzionamento dell’impianto, e prevede, come tutti gli accordi, un compromesso. Da una parte, si legge la nota della Provincia, Hera abbandona il contenzioso (si era finiti davanti al Consiglio di Stato) sulla possibilità di usare l’inceneritore al limite delle 142mila tonnellate annue, e ritira la richiesta di impiegarlo anche per bruciare le biomasse.



In più, l’azienda ha accettato di ridurre in maniera significativa i limiti di emissione di sostanze inquinanti, si va da -36 fino a -98% a seconda del gas in questione.
La contropartita è però altrettanto importante, e vitale per gli interessi della multiutility.
Viene infatti introdotta in autorizzazione la possibilità di allargare all’intera regione il bacino di approvvigionamento di rifiuti urbani, «così come disposto dalla legge regionale 23 del 2011».
Resta prioritaria la necessità di smaltire tutti gli Rsu prodotti nell’ambito provinciale, per poi importare, appunto, quelli emiliano-romagnolo.
Solo in un secondo tempo, se resta capacità di smaltimento rispetto alle 130mila tonnellate annue, sarà possibile «in via complementare e minoritaria» incenerire in via Diana anche i rifiuti speciali non pericolosi.
E’ quest’ultima formulazione, in realtà, a contenere la novità più rilevante rispetto alla situazione cristallizzata dalla precedente Aia e al centro delle liti in tribunale.
L’autorizzazione del 2008, infatti, conteneva una specifica limitazione quantitativa sui rifiuti speciali, che sono quelli più ambiti visti i prezzi di smaltimento, e sono già a mercato. Non se ne potevano bruciare più di 30mila l’anno, sempre nell’ambito dei 130mila totali.
Oggi, invece, questo tetto è di fatto eliminato, e vista la drastica riduzione dei rifiuti urbani connessa all’ampliamento della raccolta differenziata, questa nuova situazione consentirà a Hera di ammortizzare meglio i costi dell’impianto. Del resto, si fa presente in Castello, l’orientamento legislativo generale sta andando in direzione della liberalizzazione dei rifiuti speciali e il round di fronte al Consiglio di Stato presentava più incognite rispetto alla sentenza del Tar dell’Emilia Romagna, che aveva promosso a pieni voti la Provincia.
I nuovi tetti degli inquinanti sono, evidentemente, anche il frutto delle osservazioni di questi anni sulle emissioni reali. L’inceneritore sta normalmente molto al di sotto dei livelli del 2008, quindi il taglio dei limiti emissivi è stato davvero spettacolare. Le polveri totali consentite, per esempio, non dovranno superare i 500 chilogrammi all’anno, pari ad una riduzione del 50%. Gli ossidi di azoto si sono visti ridurre il “tetto” del 36%, i metalli addirittura del 97% e gli ossidi di zolfo del 98%. «Ciò comporterà una serrata selezione della quantità e qualità del materiale da smaltire, per non provocare sforamenti nei flussi di massa ed un accurato monitoraggio delle emissioni» dicono gli assessorati all’Ambiente di Comune e Provincia. Sono state prescritte analisi di ulteriori sostanze e valutazioni analitiche e modellistiche tali da avere reali garanzie sulla sostanziale invarianza delle immissioni e conseguentemente delal qualità dell’aria. E’ stato infine confermato il monitoraggio anche delle polveri ultrafini, le 2,5.
L’inceneritore, è il caso di ricordarlo, è anche al centro del progetto geotermia bis, che prevede appunto l’impiego della termovalorizzazione per integrare la produzione di calore da acqua calda prelevata da un nuovo giacimento individuato nella zona est. Il progetto è però in bilico.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 7 agosto 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
458

giorni fa

lunedì 5 agosto 2013

Iren può (deve) cambiare. E noi con essa.

La rivoluzione è nelle nostre mani e nelle braccia del gestore

Parma e Torino, due grandi città sulla linea del fuoco.
Il fuoco delle fornaci gestite da Iren attraverso impianti pericolosi e anti-moderni.
Non che sia tutta colpa del gestore, che ha colto l'invito delle amministrazioni locali, sostenitrici dei cancro-valorizzatori nonostante le evidenze scientifiche sempre più emergenti, e nonostante sia possibile e realizzabile a costi inferiori una alternativa di gestione efficace.
Reggio Emilia è lì a dimostrare la tesi del cambiamento. Spento il vecchio forno, la politica locale ha portato Iren a ragionare sul trattamento a freddo e si sta sviluppando su quel territorio la fabbrica dei materiali, per recuperare gran parte degli scarti.
L'incenerimento appartiene al passato.


E' una visione miope e parziale della realtà, è vedere i rifiuti solo come scarto da distruggere e nascondere, invece che considerarli una miniera urbana di materiali da recuperare e riciclare fino all'ultima briciola.
Incenerire comporta anche la finzione che non ci siano comunque scarti e che la procedura non comporti inquinamento ulteriore. Un terzo dei materiali bruciati diventa cenere (come in tutte le stufe del mondo) e il processo comporta l'emissione di gas tossici (significa trasferire la discarica dalla terra al cielo).
Quindi occorre che si guardi avanti, si cambi strada, si recuperi il tempo perduto.
E' l'unica via percorribile per la spa.
Una società che deve ri-nascere. Recepire appieno le indicazioni dell'Europa, che al 2020 ha previsto il divieto di incenerimento per i materiali riciclabili e/o compostabili.
Se l'incenerimento fosse davvero la soluzione ideale, come i sostenitori dei forni continuano incessantemente a ribadire, non si capirebbe la preoccupazione dell'Europa, che ha intuito il sovradimensionamento impiantistico e i rischi sanitari legati all'incremento delle micro polveri nell'aria.
E' una rivoluzione, da attuare perché l'unica possibilità per affrontare il presente e il futuro da protagonisti.
Intanto il territorio: Iren deve recuperare il rapporto perduto con i cittadini, oggi ai minimi termini.
Significa dialogare e non scontrarsi, significa ascoltare e non chiudersi nella torre d'avorio.
Significa soprattutto offrire i servizi che i cittadini si attendono e che senza la collaborazione convinta del gestore è difficile far loro giungere.
Tutto ruota attorno al porta a porta, ma non solo.
Intanto una gestione corretta della Rd è il passo iniziale.
Raccolta dell'organico al 100% delle utenze, sia private, che aziendali, che comunitarie.
Significa avere a disposizione un fertilizzante naturale, di alta qualità, per riportare ricchezza ai nostri campi sempre più impoveriti da pratiche agricolturali pressanti e ricche di sostanze chimiche.
Portare a 100 l'organico ha un importante riflesso positivo: consente di ottenere un residuo senza odori, senza liquidi che colano, con un netto calo del peso specifico, un residuo che riducendosi e diventando stabile può essere raccolto con una frequenza inferiore, anche solo una volta alla settimana.
Comparto delle plastiche.
Tutte le plastiche vanno recuperate, anche quelle che non rientrano nell'accordo Conai.
Quindi non solo imballaggi per liquidi ma anche tutta quella serie di plastiche dure e/o eterogenee che oggi finiscono in discarica o negli inceneritori.
Perché non è una questione di sostanza ma solo un fatto squisitamente economico. Un vaso da fiori anche se fatto di Pvc oggi non viene riciclato perché non paga il contributo imballaggi. Che senso ha? Gli esempi virtuosi oggi ci sono. Come quello di Pontedera dove Revet recupera e ricicla ogni anno migliaia tonnellate di plasmix, il termine con il quale vengono identificate le plastiche eterogenee. Con questi materiali si producono panchine, vasi, scope, dissuasori, un'infinita serie di manufatti plastici, con materiali che altrimenti sarebbero sprecati. Revet serve 195 amministrazioni comunali con la sua capillare raccolta differenziata. Iren non può copiare?
Senza cambiamenti e innovazioni il mondo sarebbe indietro di secoli.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 5 agosto 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
456

giorni fa

domenica 4 agosto 2013

Enel organizzava manifestazioni “spontanee” contro Greenpeace

"Striscioni: numero 8, lunghezza 8/10 metri – altezza almeno 1,5 metri, formato orizzontale e verticale, font: scritti con pennello. No spray. Colore: preferibilmente blu scuro/verde scuro su fondo bianco. Scritte: “Andate a lavorare, basta ecoballe”, “Siamo verdi di rabbia” , uno o due a piacere in. Questo il contenuto delle email con cui i vertici dell'azienda organizzavano le contro-manifestazioni in risposta alle proteste ambientaliste spacciandole per 'azioni spontanee'

di Andrea Tundo
Il Fatto Quotidiano



Per il buon esito di una manifestazione ci vogliono anche due megafoni, dieci fischietti da arbitro e dieci trombe nautiche a bomboletta. A stendere la “lista della spesa” non è il capo-ultras di una curva, ma un uomo dell’ufficio stampa di Enel. E i campi da gioco sono le centrali a carbone prese di mira da Greenpeace, più volte citata in giudizio dal colosso dell’energia per le sue azioni dimostrative.

È l’ottobre del 2008. Manca poco più di un mese all’inizio della Conferenza sui cambiamenti climatici organizzata dall’Onu a Poznań, in Polonia. Greenpeace entra in azione a Genova il 26. Lo schema è collaudato. All’alba gli attivisti attaccano la Lanterna, simbolo della città, una nave carboniera e l’impianto termoelettrico dell’Enel. Sulla facciata della centrale, sotto il simbolo della società, scrivono “clima killer”. Poche ore dopo la scritta viene oscurata da tre striscioni colorati: Andate a lavorare, Basta ecoballe e Quit Greenpeace. A srotolarli sono gli operai dell’Enel che manifestano contro l’azione degli attivisti verdi. Una contro-protesta spontanea, così la definiscono i dipendenti e la descrivono i giornali. Ma i fatti non sono andati proprio in questo modo. A testimoniarlo sono le mail che i dirigenti dell’Enel si scambiano febbrilmente nelle ore e nei giorni successivi, temendo nuovi attacchi negli altri impianti a carbone.

La verità emerge dalle carte del processo che vede imputati a Brindisi dodici dirigenti Enel con l’accusa d’aver imbrattato di carbone campi e abitazioni vicini alla centrale “Federico II”. Il 9 ottobre 2009 il pm Giuseppe De Nozza ordina la perquisizione del computer di Calogero Sanfilippo, allora responsabile della filiera del carbone. E salta fuori anche questa storia collaterale, che svela un doppio livello nelle legittime azioni di contro-protesta agli attacchi di Greenpeace. Contattata da ilfattoquotidiano.it l’Enel preferisce non commentare. E il responsabile settore elettrico della Filctem Cgil, Giacomo Berni, è categorico: “Ho organizzato tante manifestazioni come sindacato, mai per conto terzi”. Fatto sta che gli operai protestano, ma tutto sembra essere deciso nella sede centrale di Roma. Nei minimi dettagli.

Una mail vale per tutte quelle sequestrate. È quella inoltrata il 31 ottobre 2008 da Sanfilippo ai responsabili delle centrali, ma a scriverla è Alessandro Zerboni, uomo dell’ufficio stampa. È datata 29 ottobre, tre giorni dopo l’attacco di Genova. «È di fondamentale importanza individuare cinque fidatissimi lavoratori per unità a carbone. Eleggere uno o due portavoce. Il personale – suggerisce Zerboni ai responsabili delle relazioni esterne delle macroaree – dovrà essere formato e preparato all’azione. È importante gestire le relazioni sindacali, durante e dopo la protesta in quanto si tratta sempre di AZIONI SPONTANEE dei lavoratori, MAI ORGANIZZATE dall’azienda». Così spontanee che «in caso di azione il capocentrale dovrà informare il proprio superiore, il responsabile di filiera, le relazioni esterne, l’ufficio stampa nazionale».

Poi la lista della spesa, un “press kit per le centrali a carbone” che consiste in «STRISCIONI: numero 8, lunghezza 8/10 metri – altezza almeno 1,5 metri, formato orizzontale e verticale, font: scritti con pennello (minima larghezza per lettera 10 cm). No spray. Colore: preferibilmente blu scuro/verde scuro su fondo bianco. Scritte: Andate a lavorare, basta ecoballe, siamo verdi di rabbia, uno o due a piacere in dialetto». Due delle frasi suggerite erano già comparse a Genova. L’en plein, stando a quanto riportano i giornali dell’epoca, si registra nel 2009 durante la contro-protesta inscenata dagli operai dell’impianto di Fusina, alle porte di Marghera, subito dopo l’attacco di Greenpeace alla vigilia del G8 de L’Aquila. Sono le uniche due occasioni accertate nelle quali le proteste degli operai combaciano con le indicazioni prescritte nel “press kit”, che si chiude con gli accessori da stadio: «Due megafoni, dieci fischietti da arbitro e dieci trombe nautiche a bomboletta».

Il giorno seguente l’azione di Greenpeace a Genova, lo scambio di mail tra dirigenti, relazioni esterne e gli uomini al comando delle centrali è fitto. Bisogna prevenire altri attacchi e reagire velocemente nel caso in cui gli attivisti riescano a violare ancora le centrali. L’attenzione si concentra sugli impianti di La Spezia e Piombino, i più vicini e per questo più esposti. Dopo il blitz a Civitavecchia del 16 ottobre e il bis in Liguria, la tensione è alta. E c’è fretta di approntare quanto necessario per oscurare la protesta ambientalista. Così Sanfilippo dice al direttore della centrale spezzina di chiedere in prestito gli striscioni usati a Genova, raccomandandosi «per il futuro di realizzarli ad uso esclusivo di La Spezia». Entra in scena anche un pezzo grosso come Roberto Renon, responsabile Area Business, che ricorda a Sanfilippo di concordare in futuro con relazioni esterne le frasi poiché «in staff meeting non era piaciuto “Quit Greenpeace”», apparso a Genova il giorno prima.

Della centrale di Piombino si occupa il responsabile delle relazioni esterne per il centro-nord Luciano Martelli, oggi in pensione. Allertato dalla security interna sulla l’imminente possibilità di un’incursione, avvisa Roma. Il capo ufficio stampa Gerardo Orsini è categorico e pronto a partire per la Toscana: «Vale la pena che tu vada direttamente sul posto per far sì che siano pronti al più presto gli striscioni, le dichiarazioni da fare, si trovi un portavoce che dichiari ai media. Se non puoi diccelo che andiamo da Roma». Martelli lo tranquillizza: «In centrale stanno già preparando qualche striscione». Gli attivisti di Greenpeace non arriveranno. Ma sempre meglio portarsi avanti con il lavoro.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 4 agosto 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
455

giorni fa

OGM, tolleranza zero

di Giuseppe Altieri
agroecologo



Protetti dalle Alpi e dal Mediterraneo possiamo fare un bando, mantenere il nostro Paese libero dagli OGM e proporre il modello alternativo dell'agricoltura dei popoli, tradizionale, biologica, a partire dal salvataggio della nostra banca dei semi di Bari e che rischia di perdere oltre 100 mila varietà lì presenti e che devono essere riprodotte. Per difendervi dagli OGM comprate prodotti alimentari biologici coltivati in Italia, guardando molto bene l'etichetta con scritto agricoltura Italia e non UE o non UE, perché se sono biologici e coltivati in Italia dovrebbero essere prodotti 100% liberi da OGM

Da circa 18 anni mi interesso delle problematiche collegate alle OGM e alla agricoltura biologica e da oltre 27 di inquinamento dei pesticidi in agricoltura e quindi della sostituzione con la agricoltura biologica.

Gli OGM in Italia
Gli OGM sono organismi che non esistono in natura, creati in laboratorio modificando il DNA di alcune specie introducendo pezzi di DNA, chiamati costrutti transgenici derivanti da altre specie viventi. Completamente innaturali. Significa creare sostanze incognite imprevedibili e sconosciute dalle conseguenze pericolose per la salute. In Italia gli OGM ancora oggi non sono coltivati, però vengono importati oltre 60 OGM e con un meccanismo di decisione comunitaria che si basa su un vuoto decisionale, perché il Consiglio dei Ministri europei, l'organo deliberante che deve autorizzare gli OGM, non vota mai a maggioranza qualificata.

Gli OGM in Europa
In Europa viviamo in una legislazione particolare, più avanzata rispetto a quella degli Stati Uniti. Gli OGM sono pericolosi, intrinsecamente pericolosi per la salute, e contaminano l'ambiente in modo irreversibile. Non è soltanto la semina che contamina l'ambiente, ma anche l'importazione, perché se noi importiamo 60 OGM per alimentazione di animali o anche esseri umani, la cui innocuità è tutt'altro che dimostrata (ci sono sempre più studi indipendenti che ci dimostrano che gli OGM sono pericolosi) è chiaro che noi non possiamo soltanto vietare la semina del Mais Monsanto MON 810 autorizzata a livello europeo, in realtà un'autorizzazione della Francia. Questa materia infatti viene regolata dal diritto nazionale degli stati membri, perché le costituzioni non sono delegate al trattato europeo per quanto riguarda l'ambiente e la salute. Sulla salute si può applicare il livello di diritto di cautela, superiore a quello che è il diritto europeo. Il singolo stato membro può vietare la coltivazione OGM in base alle norme europee stesse.

La Costituzione ci tutela
Dobbiamo applicare il diritto costituzionale e dire che per il principio di precauzione gli OGM fino a che non è dimostrato che siano innocui non possono essere né coltivati, né importati in Italia. Il Paese con la maggiore biodiversità agricola al livello mondiale deve tutelarsi. Oggi importiamo OGM per fare il Parmigiano Reggiano, e questo è assurdo. La contaminazione irreversibile dell'ambiente avviene anche attraverso le importazioni. Il prodotto contamina l'ambiente in maniera irreversibile attraverso la catena alimentare, perché i residui del DNA modificato attraverso i batteri si trasferiscono ad altre specie viventi, nel terreno, acque, e gli stessi semi importati per essere macinati possono cadere e contaminare l'ambiente. La Costituzione ci tutela: l'articolo 32 tutela la salute, l'articolo 9 tutela l'ambiente.

La sicurezza dei consumatori
La questione riguarda anche la sicurezza dei consumatori. La soglia di tolleranza nei cibi prevede che fino a 9 grammi per chilo di prodotto OGM venga omessa l'etichettatura, un "cavillo di Troia" per poter introdurre gli OGM nel mercato, senza farlo conoscere ai consumatori, ma i consumatori devono avere il diritto di sapere cosa c'è negli alimenti. Tolleranza zero! Un livello superiore di sicurezza rispetto a quello che è il minimo stabilito a livello europeo. Non ci devono poi essere soglie di tolleranza nei confronti di sostanze pericolose per la salute. Ci sono categorie sociali più deboli, i bambini, le donne in cinte, i malati, sottoposti a residui chimici come pesticidi negli alimenti, OGM e tantissime altre sostanze che nel loro insieme hanno un effetto che si chiama "concausa aggravante di pericolo grave per la salute". Quando si mettono più cause di pericolosità per la salute si moltiplicano gli effetti negativi e le categorie più deboli vengono a essere soggette a danni. Questo pone i cittadini in modo diverso nei confronti del principio di uguaglianza costituzionale , cioè le persone più deboli sono vittime e noi non possiamo fare altro che impostare la tolleranza zero, fare un divieto di tutte le importazioni e etichettare qualsiasi presenza di OGM che troviamo negli alimenti.

Tolleranza Zero e referendum consultivo
Oggi il MoVimento 5 Stelle deve chiedere una legge che blocchi importazioni e coltivazioni OGM a partire dall'importazione del Mais Mon 810. Detto questo c'è un passo da fare, un obbligo per direttiva comunitaria di consultare la popolazione: un referendum consultivo perché la scelta sugli OGM è di tipo irreversibile. Non esiste la coesistenza con gli OGM. La presenza di OGM in un territorio preclude la possibilità dell'esistenza di quello che c'era prima, cioè le coltivazioni biologiche o quelle convenzionali naturali. Non è la coltivazione biologica che contamina gli OGM, ma è l'OGM che contamina. Il referendum consultivo è obbligatorio e noi sappiamo che l'80% dei cittadini italiani non ne vogliono sapere né di mangiare né di vedere i campi coltivati con gli OGM. Gli agricoltori potranno tornare a fare agricoltura biologica e sfruttare le politiche comunitarie agro ambientali che oggi finanziano con oltre venticinque miliardi di euro ogni sette anni, più il sostegno al reddito, la riconversione dell'agricoltura verso un modello biologico.

La grande bugia delle multinazionali
Tutto quello che ci raccontano le multinazionali è una grande bugia, cioè è vero l'esatto contrario: loro ci propongono gli OGM per risolvere la fame nel mondo e noi sappiamo invece che, anche se sembra un paradosso, la fame del mondo è dovuta alle eccedenze agroalimentari perché tutti i mercati vengono invasi da prodotti dalla globalizzazione che distrugge l'economia locale dei contadini e quindi la sovranità alimentare dei popoli. Le multinazionali in Brasile hanno deforestato quasi il doppio rispetto ai 5 anni precedenti negli ultimi 5 anni per fare coltivazioni di OGM che stanno intossicando i territori. La Monsanto è stata condannata in Vietnam perché usava lo stesso prodotto che si usava nell'agente Orange, il disseccante con cui deforestano oggi la foresta amazzonica. Nel mondo alleviamo oltre due miliardi di bovini che mangiano come 15 - 20 miliardi di persone, e quindi tutto l'effetto serra, tutto è collegato, è drammaticamente una conseguenza di questa agricoltura industriale, che vede negli OGM il controllo totale, appunto, da parte delle multinazionali, perché controllando il seme controllano tutto.

Come difendersi dagli OGM
Protetti dalle Alpi e dal Mediterraneo possiamo fare un bando, mantenere il nostro Paese libero dagli OGM e proporre il modello alternativo dell'agricoltura dei popoli, tradizionale, biologica, a partire dal salvataggio della nostra Banca dei semi di Bari che rischia di perdere oltre 100 mila varietà lì presenti e che devono essere riprodotte.
Per difendervi dagli OGM comprate prodotti alimentari biologici coltivati in Italia, guardando molto bene l'etichetta con scritto agricoltura Italia e non UE o non UE, perché se sono biologici e coltivati in Italia dovrebbero essere prodotti 100% liberi da OGM.
Dai dati ufficiali della organizzazione mondiale della sanità risulta che l'Italia è il Paese con il maggiore tasso di tumori infantili fino a 14 anni, e abbiamo addirittura il doppio di quelli neo natali rispetto all'Unione Europea. Un Paese dove l'aspettativa di vita sana praticamente si è ridotta di 10 anni negli ultimi 10 anni circa. Dobbiamo portare tutte le forze interessate in una grande convergenza di interessi, cioè puntare a questi finanziamenti europei per riconvertire la nostra agricoltura e lavorare affinché i consorzi agrari vendano prodotti per agricoltura biologica e siano tutti più ricchi: coloro che vengono i mezzi tecnici, gli agricoltori e i consumatori che non si ammaleranno.
Passate parola, affinché possiamo organizzare appunto questo referendum finalmente contro gli OGM nel nostro Paese.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 4 agosto 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
455

giorni fa