sabato 15 ottobre 2011

Dove c'è Barilla

Dopo 97 giorni di stop, il TAR ha comunicato la decisione sulla sospensiva dei lavori al cantiere di Ugozzolo.
Il cantiere verrà riaperto e ci preme attirare l’attenzione dell’opinione pubblica su dove effettivamente verrà costruito quella che a nostro parere è un'opera evitabile.
Negli ultimi mesi molto si è discusso sulla stampa e sul web sui pro e contro dell'inceneritore di Ugozzolo e il dibattito si è infervorato non poco.



Non sono tanti però i cittadini di Parma che hanno presente dove è stato deciso di costruire un inceneritore rifiuti da 130.000 tonnellate.
In questa pagina web (http://www.gestionecorrettarifiuti.it/pano/panorama/Panorama.html)
diamo la possibilità a chi ancora non sia andato in pellegrinaggio a Ugozzolo, di capire di che cosa parliamo e di fare mente locale su dove sta crescendo il camino
Esattamente, dove c'è Barilla.

Parafrasando lo slogan dell'azienda orgoglio della nostra terra, vogliamo rendere percepibile e reale, utilizzando anche gli strumenti del mondo virtuale, il fatto che l'inceneritore sta per essere costruito, appunto, dove c'è Barilla.
Il 1° settembre siamo andati sul cavalcavia di via Burla, abbiamo scattato una serie di fotografie per riprendere a 360° l'area circostante e rendere evidente che, a soli 1300 metri da una delle aziende più importanti del nostro Paese, sta per essere messo in funzione un forno inceneritore.
Questo impianto erutterà 144.000 metri cubi all'ora di fumi da combustione contenenti anche diossine, furani e metalli pesanti, per 8 mila ore all'anno.
Una follia.
Le tonnellate in più di PM10, il famigerato particolato fine, saranno 3,2, rappresentando solo un bilancio emissivo parziale a cui saranno sottoposti i fortunati 1800 dipendenti del mulino bianco che ogni giorno si recano a lavorare nello stabilimento di Pedrignano.
Quest'area, fortemente antropica e produttiva, è stata considerata, dai miopi redattori del progetto del Paip, “a bassa densità abitativa”.
Secondo alcune stime prudenziali accoglie invece, nel solo raggio di 2 km dal camino, quasi 10.000 lavoratori, di aziende grandi, e di aziende piccole (SPIP, Chiesi, Barilla, 3 caseifici del Parmigiano-Reggiano, solo per citarne alcune).
L'inceneritore è stato costruito dove c'è Barilla.
Un'azienda multinazionale italiana del settore alimentare, leader mondiale nel mercato della pasta, fondata nel 1877, con 49 siti produttivi in 10 Paesi diversi nel mondo e con un fatturato di 4,17 miliardi di euro.
Un marchio ed una reputazione riconosciuta in tutto il mondo, prima in Italia in una ricerca fatta dal Reputation Institute di New York sulle prime 600 aziende al mondo per fatturato, al 19° posto nel mondo e prima assoluta tra le aziende alimentari.
Un marchio ed una reputazione costruiti con fatica dalla famiglia Barilla e dai suoi dipendenti, che oggi rischiano di veder andare letteralmente in fumo secoli di lavoro e di impegno, al primo segnale di malfunzionamento dell'inceneritore.
Un impianto che continua ad essere venduto come perfetto, ma che mostra, nei territori dove è stata adottata una simile tecnologia, storie di sequestri, chiusure, procure in allarme, sversamenti di diossine 14 volte oltre i limiti, come nel caso dell'inceneritore di Pietrasanta, rinnovato secondo le BAT (Best Available Technologies) nel 2007.
Noi ci continuiamo a domandare perché.
Perché, alle porte della Food Valley, oggi, nell'ottobre 2011, ci siano ancore amministratori locali convinti che quella di costruire l'inceneritore “Dove c'è Barilla” sia una scelta giusta.
E non troviamo la risposta.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 15 ottobre 2011

-53 giorni alla sentenza nel merito del Tar di Parma sul cantiere dell'inceneritore
+502 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?

Da giugno 2011 anche a Parma il tetrapak (cartoni del latte, dei succhi di frutta...) può essere riciclato, mettendolo nel bidone giallo per la raccolta di vetro, plastica e barattolame.

venerdì 14 ottobre 2011

Sotto processo l'inceneritore di Pietrasanta

E la Regione Toscana è parte civile

A Parma gli inceneritori li difendono a spada tratta, in Toscana gli enti locali si costituiscono parte civile contro. Dettaglio non da poco il fatto che la formazione politica di riferimento è la stessa in ambedue le situazioni: schizofrenie italiane.


Il momento del sequestro dell'impianto nel 2010

Intanto però il processo penale ha preso il via.
Sul banco degli imputati l'amministratore delegato di Tev, gruppo Veolia, Francesco Sbrana e un dipendente della stessa, Umberto Ricci.
L'accusa, espressa dal pm Antonio Mariotti, è falsificazione dei dati di emissione.
Certo, davanti a uno scempio la tentazione che ha prevalso è stata quella di ricoprire tutto con una bella coperta di silenzio. Una coperta un po' corta.
L'impianto di Falascaia, 3 chilometri dalla spiaggia della Versilia, è diventato tristemente famoso per aver avvelenato di diossine e metalli pesanti i due torrenti che scorrono a fianco dell'impianto e che sfociano sulla spiaggia, dopo aver annaffiato le colture circostanti, in quella zona particolarmente copiose. Orti, campi di frumento e mais, frutteti.
L'inquinamento è andato avanti per molto tempo.
Le azioni di stop da parte del comune e della procura arrivarono a più di un anno dai rilievi di Arpa, subito negati dal gestore, che lanciavano l'allarme ambientale.
Anche Falascaia fa parte degli impianti di ultima generazione, aggraziati da certificati svedesi che in questo caso sembrano proprio specchietti per le allodole.
Oltretutto l'inceneritore Tev bruciava Cdr, combustibile da rifiuto, quindi un materiale già selezionato che, in teoria, doveva garantire prestazioni migliorative rispetto ad un impianto a griglia come quello in costruzione a Parma.
Schierati dal lato della parte offesa, oltre alla regione, anche la provincia di Lucca, tutti e 7 i comuni della Versilia, e molti cittadini, tra cui una donna, ammalata terminale di cancro, il cui legale ha fatto predisporre una perizia nanodiagnostica.
Mancheranno all'appello 7 dipendenti, che hanno già ammesso la loro colpevolezza a sono stati giudicati con il patteggiamento della pena.
Parte civile anche l'associazione Dada Viruz, che chiosa: “Gli inceneritori sono una minaccia per l’ambiente e la salute di noi tutti e a maggior ragione quando sono gestiti da persone senza scrupoli che in nome del profitto sono disposti a camuffare i dati. Molti cittadini si sono costituiti parte civile e anche noi lo abbiamo fatto perché vogliamo che su questa vicenda si faccia il massimo della luce. Vogliamo inoltre che il contratto con la multinazionale Veolia da parte dei comuni sia reciso. E’ follia mantenere contratti con chi imbroglia e non a cuore la salute della cittadinanza”.
Una minaccia, che ci stiamo costruendo in casa nostra.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 14 ottobre 2011

-54 giorni alla sentenza nel merito del Tar di Parma sul cantiere dell'inceneritore
+501 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?

Da giugno 2011 anche a Parma il tetrapak (cartoni del latte, dei succhi di frutta...) può essere riciclato, mettendolo nel bidone giallo per la raccolta di vetro, plastica e barattolame.

giovedì 13 ottobre 2011

Inceneritore Fenice, arrestati i vertici Arpa

Arpa Basilicata nella bufera, metalli pesanti nella falda

Inceneritore che vai, disastro che trovi. Non c'è pace per questi impianti che, sulla carta, sono il meglio della tecnologia possibile, ma poi sul campo recano inimmaginabili disastri, spesso con la complicità delle autorità competenti.
Il caso dell'inceneritore Fenice è eclatante.
I dati sull'inquinamento da metalli pesanti provocato dall'inceneritore erano stati taroccati e nascosti. E sono state tante le quantità di sostanze tossiche che sono sfuggite ai controlli.


Vincenzo Sigillito e un primo piano dell'impianto di Melfi

L'accusa è quella di disastro ambientale e omissione di atti d'ufficio.
Così mercoledì sono andati agli arresti domiciliari l'ex direttore dell'Agenzia regionale per l'ambiente della Basilicata, Vincenzo Sigillito, titolare dal 2006 al 2010, e l'attuale coordinatore del dipartimento provinciale dell'ente ambientale regionale Bruno Bove.
Su richiesta del pubblico ministero Salvatore Colegga, il giudico per le indagini preliminari di Potenza, Tiziana Petrocelli, ha disposto il divieto di ricoprire cariche direttive per l'attuale e l'ex procuratore responsabile dell'impianto, Mirco Maritano e per Giovanni De Paoli.
L'impianto Fenice ha inquinato le falde acquifere almeno dal 2002, ma l'Arpab Basilicata non ha comunicato i dati sull'inquinamento ambientale agli enti pubblici lucani.
Dalle indagini emerge un quadro più volte denunciato dalle associazioni ambientaliste locali, ma che finora non era mai giunto a nulla. E' emerso che un pericoloso inquinamento della falda acquifera è stato prodotto da metalli pesanti e solventi organici, anche cancerogeni, che non era monitorato dall'Agenzia regionale per la protezione ambientale, nonostante l'obbligo di inviare relazioni periodiche alla Regione, alla Provincia e alla Prefettura.
La presenza e la quantità di alcuni metalli pesanti, inoltre, non sarebbe mai stata verificata.
L'inesistente controllo ha causato così anche la mancata attivazione di tutte quelle procedure di salvaguardia del territorio, e delle persone, previste in queste situazioni.
I cittadini lucani ormai da 10 anni si trovano a convivere con questo gigantesco impianto di incenerimento di rifiuti tossico nocivi che era stato costruito da Fiat e poi venduto alla multinazionale francese Edf.
Nell'area di Melfi è attivo un impianto di produzione della prima industria italiana dell'automobile, ma anche un impianto di produzione di Barilla, il colosso della pasta made in Parma.
Le garanzie degli enti addetti alla salute pubblica sono in questo caso clamorosamente venute meno.
Ci si chiede come sia possibile che nonostante le ripetute denunce e segnalazioni dei cittadini e dei comitati di difesa del territorio, si sia continuato a negare l'evidenza, permettendo all'impianto di operare il costante avvelenamento del territorio, addirittura andando ad intaccare la falda acquifera da cui tutti prelevano per l'alimentazione.
Del resto affidare i controlli agli stessi gestori degli impianti, come è previsto anche per Parma, ci sembra una assurdità nei termini. Prova ne sia l'atteggiamento di Iren nei confronti della trasparenza: da 500 giorni il documento di pianificazione economico finanziaria dell'inceneritore di Parma manca all'appello

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 13 ottobre 2011

-55 giorni alla sentenza nel merito del Tar di Parma sul cantiere dell'inceneritore
+500 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?

Da giugno 2011 anche a Parma il tetrapak (cartoni del latte, dei succhi di frutta...) può essere riciclato, mettendolo nel bidone giallo per la raccolta di vetro, plastica e barattolame.

mercoledì 12 ottobre 2011

Il boom del riciclo

Risorse in crescita per i comuni virtuosi

Che siano anni di crisi, specialmente economica, i comuni lo sanno molto bene.
Sulla loro pelle vivono le difficoltà di far quadrare bilanci sempre più carenti di risorse, a causa della riduzione costante dei trasferimenti dallo Stato
Così ogni voce che può rimpolpare le casse comunali è sempre bene accolta.



E' il caso del riciclo, che nel 2010 ha fatto emergere un dato che fa pensare.
Da raccolta e riciclo dei materiali post utilizzo sono entrati infatti nella casse comunali contributi per 285 milioni, che nel 2011 probabilmente supereranno i 300 milioni.
Sono quindi i materiali riciclabili la nuova vena aurea.
Materie come legno, carta, plastica, che possono trasformarsi in un tesoretto, visto l'incremento di oltre il 5% rispetto al 2009, diventando una voce d'entrata fondamentale per sostenere i servizi locali.
E' il Conai, consorzio nazionale imballaggi, a governare il comparto, facendo da collettore, ragioniere e distributore dei fondi, raccolti grazie al contributo previsto per legge versato dalle aziende produttrici di imballaggi.
Oggi l'accento viene sempre più posto alla qualità dei materiali raccolti, più che alla quantità degli stessi, visto che è dal livello della prima che si forma il “prezzo” delle materie prime seconde.
Riciclare bene quindi significa maggior guadagno per i comuni, ai quali conviene organizzare il sistema in modo da lasciar scappare il minimo possibile dai contenitori variopinti della differenziata, visto che in pratica, se ne vanno soldi veri.
Ciò che non viene intercettato dalla differenziata infatti si trasforma da risorsa in costo, provocando un doppio danno agli enti locali. Svanisce il guadagno per la vendita dei materiali, si incrementano i costi per lo smaltimento.
Riciclare bene significa anche dare un forte vantaggio all'ambiente che ci circonda, andando a sottrarre a discariche ed inceneritori quantità importanti di rifiuti, che porterebbero ad un peggioramento della qualità ambientale dei territori, mettendo a rischio la salute delle coltivazioni, degli animali, ed infine delle persone.
La raccolta dei materiali post utilizzo finalizzata al riciclo ha portato lo scorso anno al sistema Paese un importante beneficio, che la società Althesys ha quantificato in 1,6 miliardi di euro.
E i numeri sono di tutto rispetto anche per le amministrazioni locali.
La Provincia di Milano ha incassato 24,2 milioni di contributi, quella di Torino 15,4 milioni, ma anche la provincia di Napoli, nonostante la raccolta differenziata sia a macchia di leopardo, ha raccolto 11,2 milioni.
Il riciclo dei materiali non si ferma ovviamente a carta, plastica e legno.
Il consorzio Raee, i cosiddetti rifiuti elettronici, prevede nel 2012 una raccolta di 300 mila tonnellate di materiali, promettendo contributi a quei comuni che attivano la raccolta dei Raee pressi le isole ecologiche. Un giro d'affari, anche quello dei rifiuti elettronici, che è calcolato per le aziende che si occupano del loro trattamento, in 80 milioni di euro.
Riciclare oggi diventa quindi un business, anche urgente, visti i tempi di crisi.
Oggi organizzare la raccolta differenziata porta a porta in tutti i comuni del territorio di Parma corrisponderebbe ad un investimento con certezza di rientro dei capitali e interessi cospicui.
Un investimento che innesca buone pratiche, che portano ad un calo netto dei rifiuti da smaltire, quindi un calo netto delle spese per lo smaltimento, e dall'altra parte ad un incremento importante dei contributi che il Conai versa ai comuni stessi.
Infine, anche se questo tema andrebbe sempre posto in cima, il riciclaggio salva l'ambiente, riduce l'emissione di gas serra, è un sicuro strumento per preservare la salute dei cittadini, visto il corrispondente calo di emissioni ad esempio di polveri fini, un killer che anche l'Oms ha riconosciuto fonte di rischio per la vita.
Un mondo a riciclo totale è la prospettiva a cui tutti devono tendere, copiando e migliorando le esperienze in atto oggi in Italia e nel mondo.
E, oltretutto, conviene.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 12 ottobre 2011

-56 giorni alla sentenza nel merito del Tar di Parma sul cantiere dell'inceneritore
+499 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?

Da giugno 2011 anche a Parma il tetrapak (cartoni del latte, dei succhi di frutta...) può essere riciclato, mettendolo nel bidone giallo per la raccolta di vetro, plastica e barattolame.

martedì 11 ottobre 2011

Una moratoria per il forno

Calati i clamori per la riapertura del cantiere possiamo affrontare oggi una pacata riflessione, utile a sottolineare gli aspetti della vicenda, propedeutica ai prossimi appuntamenti che ci aspettano.
I giudici del Tar hanno accolto la richiesta di sospensiva di Iren, ed hanno consentito all'azienda di riprendere i lavori di costruzione del Paip.
Ma non sono entrati ancora nel merito della querelle.
Leggendo la scarna ordinanza non vi è cenno alcuno all'oggetto del contendere, cioè se siano stati o meno consumati illeciti nello svolgersi dell'iter del progetto.



Il prossimo 7 dicembre il Tar dovrà dire se la concessione edilizia fosse o meno necessaria.
A seconda del responso cambieranno gli scenari.
Se il permesso a costruire era necessario, l'opera è da considerarsi privata, come pare sia, essendo in costruzione da parte di una Spa quotata in Borsa su un terreno privato posseduto dalla stessa.
In questo caso saremmo in presenza di un abuso edilizio, con eventuali risvolti penali.
La legge recita che per sanare un abuso o si abbatte l'opera o si versa una penale corrispondente al doppio del costruito.
Se il permesso a costruire invece non era necessario, significa che l'opera è considerata pubblica.
Ma in questo secondo caso i problemi aumentano e si fanno perniciosi.
Infatti un'opera pubblica non può essere affidata ad un privato senza gara.
L'inceneritore, ma in questo caso l'intero Paip, non poteva essere affidato a Iren come un pacchetto “all inclusive” senza poter poi dir nulla su costi e modalità progettuali in fase costruttiva.
Questo vizio taglierebbe le gambe a tutto il progetto, che sarebbe da dichiarare nullo per mancanza dei requisiti di partenza, per l'appunto la gara.
Il 6 ottobre quindi non si può interpretare come un semaforo verde sull'intero progetto.
Ha fatto bene il comune a sottolineare che il tribunale non ha messo in discussione le sospensive, e che questa ulteriore pausa di riflessione testimonia la concretezza e la complessità di quanto emerso nelle ordinanze stesse.
Del resto anche gli uffici della Procura hanno ricevuto sull'argomento diffuse denunce ed esposti che ancora sono al vaglio del magistrati.
Il faldone cresce giorno dopo giorno con nuovi documenti.
In questi due mesi speriamo che anche gli uffici penali siano in grado di mettere il naso nelle carte,
sviscerando e districando il fitto gomitolo.
Il Comune di Parma, una volta emerso il presunto abuso edilizio messo in luce dagli avvocati De Angelis e Allegri, a cui seguì un esposto di Gcr al Nucleo Abusi Edilizi della Polizia Municipale, non ha esitato ad applicare le regole della legalità, sostenuto dall'avvocato fiorentino Mario Chiti, che ha ribadito nella sua analisi le gravi lacune della procedura autorizzativa del forno.
Emerge ovviamente anche la posizione tenuta dalla Provincia, che si è posta a fianco di Iren a difesa dell'impianto, nonostante le lacune procedurali emerse.
La Provincia ha scelto la difesa del forno anche di fronte all'emergere di abusi edilizi e vizi gravi come la mancanza di gara, trasformandosi da arbitro della partita a sostenitore acceso di una parte.
Le amministrazioni dovrebbero semplicemente seguire il corso delle norme, senza indossare casacche e sudare sul campo di gioco.
Al di là delle robuste questioni legali che fiaccano la corsa dell'inceneritore, merita una ulteriore riflessione l'atteggiamento degli enti locali rispetto al perseguimento del bene comune e dell'utilità pubblica.
La norma provinciale di riferimento, il PPGR, è ormai desueta.
E' datata 2005 ed in essa i numeri che hanno portato alla decisione di progettare il forno sono stati superati dalla realtà.
Il PPGR è revisionabile dopo 5 anni.
E' proprio giunto il momento di farlo.
Le necessità impiantistiche non sono più quelle di allora.
Oggi è possibile portare a regime la raccolta differenziata porta a porta, rendendola efficace in tutti i comuni della nostra provincia.
La stessa raccolta differenziata che va portata anche nel comparto delle aziende, che hanno flussi di materia molto più omogenei e semplici da gestire del rifiuto urbano dei cittadini.
La tecnologia impiantistica ha fatto passi da gigante ed ora sistemi meccanici a freddo consentono una separazione ottimale dei materiali.
E' per questo che la sera della proiezione all'Astra di Zero Waste, alla presenza di Jack Macy, il guru dei rifiuti di San Francisco, e di Ezio Orzes, assessore all'ambiente del comune virtuoso di Ponte delle Alpi, abbiamo proposto una moratoria di 5 anni sulla costruzione dell'inceneritore.
Per consentire al nostro territorio di misurarsi su una tipologia di raccolta differenziata corretta, portata a tutti i cittadini ed alla aziende, per verificare poi l'effettivo residuo da trattare, e finalmente decidere sulla base di cifre certe, aggiornate, veritiere.
E' una moratoria che consentirebbe anche una risposta importante alle richiesta di salute che sale potente dall'opinione pubblica.
Credere ed obbedire ancora ad un impianto di incenerimento che viene sempre più identificato come corriere di inquinamento e di gravi ripercussioni ambientali, vedi ad esempio la notizia di queste ore sull'impianto di Melfi (falde acquifere avvelenate), è davvero ormai un insostenibile eco del passato.
Quando davanti a noi il mondo sta davvero cambiando, basta osservare oltr'Enza.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 10 ottobre 2011

-58 giorni alla sentenza nel merito del Tar di Parma sul cantiere dell'inceneritore
+490 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?

Da giugno 2011 anche a Parma il tetrapak (cartoni del latte, dei succhi di frutta...) può essere riciclato, mettendolo nel bidone giallo per la raccolta di vetro, plastica e barattolame.

domenica 9 ottobre 2011

L'inceneritore Fenice, veleni a volontà

Basilicata sotto shock per i dati emersi da Arpat sull'inquinamento provocato dall'inceneritore La Fenice, uno dei più grandi impianti europei .
“Valori costantemente superiori a quelli dei limiti di legge”
Dopo 9 anni in Basilicata emerge un pesante inquinamento delle acque profonde circostanti l'inceneritore Fenice di Melfi, nella provincia di Potenza, al confine con la vicina Puglia.



Siamo nella regione più disabitata d’Italia (appena 587 mila i lucani) con un tasso di densità per chilometro quadrato di appena 58,8 abitanti.
Qui nella terza città della regione, 18 mila residenti, conosciuta soprattutto per la fabbrica Sata della Fiat al centro delle proteste sindacali del 2010, sono anni che i comitati e le associazioni ecologiste chiedono lo stop all’incenerimento nel sito che tratta 65.000 tonnellate di rifiuti ogni anno, generando 35.000 Mw/h di energia elettrica che vengono venduti sulla rete nazionale.
Ora finalmente l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpab) ha pubblicato sul proprio sito i dati sul monitoraggio. Le informazioni partono dal 2002 e per tutto il tempo, fino ad oggi, fanno registrare sforamenti dei parametri di legge.
In particolare, l’elemento maggiormente riscontrato nelle acque profonde è il nichel, con sforamenti pressoché costanti ed un picco nel luglio 2006 pari a ben 360 volte il limite di soglia. Più discontinui ma spesso registrati sono anche i superamenti del piombo, del cromo, del mercurio e del cadmio.
“Sono tutti metalli pesanti fortemente inquinanti – spiega a Linkiesta Claudio Mendicino, medico del lavoro dell’Asl di Milano-. Elementi in grado di entrare in circolo attraverso le colture e la falda acquifera e sono estremamente tossici perché colpiscono il sistema nervoso centrale e l'apparato urinario”.
L’attività dell’impianto di incenerimento rientra nella categoria della gestione rifiuti urbani e industriali pericolosi e non pericolosi con recupero energetico, vale a dire che bruciandoli si produce energia elettrica. L’impianto smaltisce rifiuti urbani e rifiuti speciali assimilabili agli urbani (solidi) non recuperabili e rifiuti speciali di origine industriale (pericolosi e non).
L'impianto è gestito dal colosso francese Edf.
Dopo la pubblicazione si muove anche la Regione con il governatore lucano, Vito De Filippo, che nominerà “una commissione d’inchiesta per far chiarezza sulla situazione di Fenice e su come sia stata condotta dall’inizio e fino ad ora l’attività di monitoraggio che la Regione ha affidato all'Arpab”.
Intanto, la notizia che l’inquinamento nell'area Nord lucana risalga addirittura al 2002, ha scatenato dure reazioni. Il Comitato per il diritto alla Salute di Lavello, a pochi chilometri da Melfi, che aveva organizzato una grande manifestazione di protesta proprio davanti all'inceneritore Fenice, parla di “situazione gravissima, assurda e vergognosa”. Perché, accusano i comitati locali, in questi nove anni si sono registrati svariati morti, malati, manifestazioni di piazza, diverse interrogazioni parlamentari, l’interessamento della stampa locale e ben due fascicoli alla Procura della Repubblica di Melfi.
“Ormai - commenta Nicola Abbiuso del Comitato di diritto alla salute di Lavello - non ci sono più dubbi sul fatto che Fenice inquini, e anche da tantissimo tempo. Stiamo già preparando dei fac-simile da consegnare ai cittadini, da compilare per presentare una propria denuncia alle autorità”. Noi non vorremo diventare le Cassandre di Parma, ma queste vicende ci spaventano e ci sembra di vedere anticipatamente quello che accadrà nella food valley.
L’impianto di Melfi è entrato in funzione nel 2000, quindi è un impianto di nuova, nuovissima generazione.
L’impianto di Parma si ispira a quello di Piacenza inaugurato nel 2002.
Parma, Piacenza, Melfi tutti impianti all’ultimo grido.

Tratto da un articolo di
michele.sasso@linkiesta.it
Il servizio completo: http://www.linkiesta.it/basilicata-inceneritore-di-edf-sotto-accusa-e-inquinante#ixzz1YTbLyk7G

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 9 ottobre 2011

-59 giorni dalla sentenza nel merito del Tar sul cantiere dell'inceneritore
+496 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?

Da giugno 2011 anche a Parma il tetrapak (cartoni del latte, dei succhi di frutta...) può essere riciclato, mettendolo nel bidone giallo per la raccolta di vetro, plastica e barattolame.