Oggi la
fama ce la stiamo fumando a Ugozzolo
Coscia per
coscia, punta per punta, fusillo per fusillo
Anno Domini 2013, pianura
padana, tra le province di Piacenza e Reggio, al centro della terra
del cibo.
Parma conosciuta per i suoi
prodotti più che come città padana.
Parma come parmigiano
reggiano.
Parma come prosciutto di
parma.
Parma come parmalat.
Parma come barilla.
Loghi simbolo che rimandano
ad uno degli ingredienti indispensabili al successo commerciale e
identitario di un prodotto: la qualità intrinseca di ciò che viene
proposto, commercializzato, sostenuto.
Una qualità vera, costruita
di generazione in generazione da menti raffinate, schiene dritte e
muscoli, aiutati da un microclima tutto particolare.
Le nebbie grasse della
pianura, che nei rigidi inverni massaggiano i culatelli sulle rive
del Po, in quel di Zibello.
Il vento fino che scende
nelle valli di Langhirano dall'alto dell'Appennino, direttamente
scambiato col clima del mar Ligure, che filtra nei prosciuttifici e
raffina la loro maturazione.
Il fieno rigoglioso dei
nostri campi di montagna che alimenta le mucche del parmigiano
reggiano, che regala il formaggio migliore del mondo e insieme quello
più sano e ancora prodotto con la sapienza di un tempo.
La sapienza dei nostri
vecchi si è trasformata in quella filiera industriale di eccellenza
che ha baciato la terra di Parma regalandole uno scrigno di prelibati
prodotti unici al mondo.
Al punto da farla diventare
la “food valley”, dove la gaiezza degli abitanti si sposa con la
schiuma del lambrusco e gli aromi della malvasia, con quella fierezza
e saper vivere che spesso ci ha portato sulle copertine patinate del
mondo, un modo di vivere da imitare.
Poi si è fatto finta che il
territorio non avesse un ruolo e che i prodotti, ormai sulla rampa di
lancio, non avessero più bisogno di cura ed attenzioni, che il
profitto a breve termine fosse più appetitoso della storia dietro e
davanti a noi, quasi come se il film si potesse ripetere
all'infinito, anche con deteriorate e piene di buchi.
Così l'industria del cibo
ha preso il sopravvento.
Industria nel senso
deteriore, dove la produzione è solo un tassello di un marchingegno
fatto di marketing, apparenza, pubblicità.
Ma ovviamente non solo
questo.
Il territorio non era più
il “luogo eccellente”, culla preziosa da accarezzare, ma
occasione di profitto, di sfruttamento, palestra di sperimentazione.
E' in questa ottica
offuscata che è si voluto cambiare il volto della food valley.
Terra di grandi
infrastrutture viarie e ferroviarie, di industrie “pesanti”, di
impianti industriali inquinanti oltre misura, senza coscienza della
necessaria fondamentale attenzione verso l'ambiente circostante.
Così sono nati i camini
fumiganti.
Così sono sbocciate le
centrali a biomassa, i biogas per il profitto di pochi e gli impatti
per tutti, l'indifferenza delle autorità, delle amministrazioni
locali, degli stessi consorzi di tutela, accecati dai bilanci più
che rosei, quindi più intenti ai brindisi e poco attenti a cosa
capitava intorno.
Così è nato il
depredamento del territorio, il suo consumo forsennato e senza motivo
se non il profitto, con ampliamenti assurdi come a Parma con lo Spip,
capannoni inutili e urbanizzazioni nel deserto.
Siamo oggi una terra
martoriata, al punto da non poterlo nemmeno dire, senza rischiare
querele.
Una terra di inceneritori,
di co-inceneritori, di enormi discariche, di centrali a biomassa che
bruciano la nostra anima più preziosa, di cave ofiolitiche che
avvelenano il respiro, di grandi frane frutto di abbandono e
disboscamento selvaggio.
Una terra di autostrade,
tangenziali, fondovalli, alte velocità, scarse lungimiranze.
Siamo marci al punto da
sentirci obbligati a fingere ciò che più non siamo.
Incapaci di spalancare gli
occhi sulla verità, terrorizzati dal dover cambiare, riparare,
ricostruire, bonificare.
La sola speranza che ci
rimane è quella di un risveglio delle coscienze, che ci permetta di
spogliarci di maschere e costumi fuori tempo, e che nudi di fronte al
reale ci sia concessa una seconda possibilità, per interrompere la
corsa sul viale del tramonto.
La terra di Parma aspetta
che l'uomo si ravveda.
E la sua pazienza è
praticamente finita
Associazione
Gestione
Corretta
Rifiuti
e
Risorse
di
Parma
-
GCR
Parma,
13 settembre 2013
L'inceneritore
di
Parma
è stato acceso
16
giorni
fa