Chi si fosse trovato a passare sotto i Portici del Grano mercoledì scorso, avrebbe senza dubbio notato un gruppo di strani e pittoreschi personaggi affollarsi sotto il grande albero di Natale, dono dell'amministrazione comunale di Parma ai suoi amati sudditi.
Lo sguardo del passante, distratto anche per un momento dal bagliore delle luci artificiali e dai tenui colori di quei tondi bubboni, grottesche sferiche infiorescenze cresciute attorno all'imponente abete, avrebbe indugiato su quella piccola folla variopinta di donne e uomini che brindavano al Natale e si scambiavano auguri, incuranti della pioggia, avvolti in drappi, stendardi, vessilli.
No Inceneritore, sì rifiuti zero.
Se quel passante, forse incuriosito, avesse resistito al richiamo ammaliante delle sirene della civiltà dei consumi ed avesse per un attimo interrotto il peripato obbligato delle insegne luminose e dei carezzevoli e rassicuranti messaggi di invito allo shopping, avrebbe colto l'ironia del contrasto fra questa folla di festosi manifestanti e quel sinistro slogan, scritto a caratteri cubitali sulle pareti della gabbia che imprigiona, sulla piazza che ne porta il nome, l'icona del nostro Risorgimento.
Iren, più energie, unica soluzione.
Perché no inceneritore, perchè sì rifiuti zero?
Quel passante avrebbe forse iniziato a porsi delle domande, a cercare delle risposte, a volere finalmente capire. Capire perché migliaia di uomini, donne, bambini avevano percorso, la notte di Santa Lucia, le vie della città con una candela in mano, in composto silenzio, a manifestare, come partigiani della non-violenza e a proporre una seria alternativa a quell'unica soluzione, l'inceneritore, che rappresenta l'estremo insulto alle loro vite, alle vite dei loro figli, alla vita della loro terra.
Ed avrebbe, quel passante sempre meno distratto, cominciato a capire la truffa di quello slogan bugiardo, quella presenza totalitaria onnipresente negli spazi pubblici che invade, come orwelliano Big Brother, la coscienza dei cittadini.
Unica soluzione, unica soluzione, unica soluzione...
E quel passante avrebbe riconosciuto in quei personaggi che brindavano, festosi e sorridenti, la vera alternativa all'unica soluzione, violenta, insalubre, mortale del mostro di Iren.
Un'alternativa in grado di garantire un futuro anche ai volti anonimi di quei bambini imprigionati nei balocchi dell'albero comunale come tante figurine di defunti ciclisti, involontaria, parodistica, agghiacciante metafora, lacerto dei giochi marittimi della nostra infanzia.
E quel passante avrebbe chiamato fratelli, sorelle, amici, quei variopinti personaggi imbandierati.
Avrebbe capito il peso della posta in gioco, avrebbe capito perché un oncologo di fama internazionale ha definito recentemente la realizzazione di un inceneritore "un crimine contro l'umanità".
Forse, quel passante avrebbe ripercorso momenti bui della storia del nostro paese. Un'ombra nera avrebbe oscurato la facciata pulita, sempre tirata a lucido della nostra città. "Crimine contro l'umanità, unica soluzione, crimine contro l'umanità, unica soluzione....". Lo slogan, l'estrema bugia che propone una macchina di morte come sola possibilità e le parole di saggezza dell'oncologo Belpomme, ripetute insieme, avrebbero creato un corto circuito capace di far saltare in un sol colpo tutto l'armamentario di menzogna dei fautori dell'unica soluzione.
Unica soluzione, certamente una soluzione finale.
La venefica macchina di morte poserà un pietra tombale su ogni possibile futuro per la nostra città. Dopo l'inceneritore non si tornerà più indietro. La lenta morte della città di Verdi, della Food Valley, la fine delle speranze che i nostri figli possano abitare un mondo un po' più pulito cominceranno da lì. A meno di un risveglio collettivo dei distratti passanti delle vie di Parma.
Buon Natale a tutti
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 25 dicembre 2010
-498 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+208 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
L'Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR - dal 2006 si è mossa per impedire la costruzione di un nuovo inceneritore a Parma, a 4 km da piazza Duomo, a fianco di Barilla e Chiesi, Ikea e ParmaRetail. Un mostro che brucerà 130 mila tonnellate di rifiuti all'anno e che inquinerà il nostro territorio per il futuro a venire.
venerdì 24 dicembre 2010
Parma di domani inizia da oggi
Festeggiando Natale 2010
Cosa sogniamo per la nostra città e i nostri paesi, per le nostre pianure e le nostre montagne?
Un futuro sostenibile, che inizia dal presente. Un futuro per tutti e non solo per pochi, un futuro che non sia minacciato dal presente, ma che prenda avvio dall'oggi per cambiare strada, una sterzata salvifica e non più rimandabile.
Serve la consapevolezza di tutti, dai bambini delle scuole, agli adulti delle fabbriche e degli uffici, alle donne ed agli uomini, di potere e non.
Perché Parma, e l'Italia tutta, può salvarsi solo se tutti danno il proprio contributo per cambiare il modello economico che ci sta portando dritti dritti verso il baratro.
Davanti a noi due sole strade percorribili. Rimanere nel solco del passato, e sfruttare e sfiancare a più non posso l'Ambiente, rubando risorse al futuro.
Oppure fermarsi e cominciare ad affrontare diversamente il tema del nostro cammino verso il futuro.
Il benessere collettivo, il ben vivere, deve passare attraverso scelte condivise, che non si fermano ad uno scorcio temporale di qualche anno e non chiudono gli occhi di fronte agli effetti complessivi che una determinata azione ha sul futuro, sugli altri, sull'ambiente.
Tra le persone cresce la sensazione che nessuno pensi davvero al domani e che tutti approfittino del presente per il proprio tornaconto, disinteressandosi di chi verrà dopo di noi, costruendo un vantaggio solo per sé e i propri accoliti.
Una misera visione, una prospettiva che dobbiamo modificare. A partire dai progetti in corso.
Dobbiamo gestire al meglio i nostri rifiuti, la soluzione individuata dalle amministrazioni non lo fa e se possibile peggiora le cose, mirando ad una tecnologia che trasforma la materia da solida a gassosa, da non tossica a tossica, inquinando pesantemente una fetta importante della nostra preziosa terra, lasciando dietro di sé una quota imponente di rifiuti solidi che necessita di una discarica, comunque.
Oggi che i rifiuti possono trasformarsi in risorsa, la politica del profitto deve fare un passo indietro e i cittadini porre una barricata insormontabile a un progetto che sconvolgerà gli equilibri ambientali di Parma, già ora messi in crisi da un selvaggio costruire, viaggiare, produrre.
Se il tema è quello delle risorse, plastica, carta e legno, che oggi si vogliono bruciare nel forno, cosa sono se non preziosi materiali da riutilizzare? Il nostro obiettivo deve essere quello di muoverci verso la prospettiva rifiuti zero, di riciclo totale della materia, ad esempio per ridare alla terra il prezioso compost che le consente di donarci in cambio prodotti buoni e sani.
Le risorse non sono infinite e vanno tutelate, recuperate, utilizzate senza sprecarle né diminuirle.
Invece oggi è ancora prepotente la ricerca di vantaggi economici anche dagli impianti a biomassa. Coltivare o disboscare per bruciare o per produrre biogas che senso potrà mai avere? Ha forse senso togliere campi alle colture alimentari per far spazio al business? Questi impianti possono essere valutati solo se riescono a risolvere in modo virtuoso la gestione dei residui delle produzioni, come le segherie, traendone un vantaggio e non inquinando. Qualunque tipo di combustione è dannosa, la natura non utilizza questa modalità.
La natura è la nostra fondamentale risorsa di vita, non va distrutta, ma preservata.
Le caldaie a biomassa hanno un senso solo a livello familiare con sistemi moderni che abbattano gli inquinanti, che in questo tipo di combustione sono rilevanti e dannosi per la salute.
Nelle valli del Taro e del Ceno sono in funzione il maggior numero di cave ofiolitiche d'Italia, da dove negli anni sono state estratti materiali per i più diversi utilizzi. Ci sono ormai acclarati pericoli per la salute. Questi materiali infatti contengono amianto, che nei processi di escavazione, frantumazione, trasporto, utilizzo, viene liberato nell’aria sotto forma di grandi quantità di fibre. Bisogna intervenire chiudendo le cave e avviando opere di rinaturalizzazione.
Ci sono edifici pubblici e privati ancora coperti di tetti di ethernit che mettono a repentaglio la salute non solo degli occupanti ma di tutti i cittadini. A quando una mappatura completa del territorio promossa dai Sindaci, nella loro ruolo di massima autorità sanitaria, e successivo intervento di bonifica generale?
Ci sono ancora opifici che inquinano tutti i giorni e lo fanno autorizzati dalle amministrazioni: bruciano oli usati, rifiuti pericolosi, a pochi metri da produzioni di qualità, ma soprattutto a fianco di abitazioni e cittadini.
Vanno fermati. Questo disfare per rifare meglio, non significa far sogni irrealizzabili, ma creare invece opportunità che portano con sé un incremento del benessere per la comunità, non un mero vantaggio per pochi.
Come a Shonau, in Germania, dobbiamo andare verso una produzione di energia locale, di piccola entità, attraverso produzioni che possano coprire il fabbisogno e renderci autonomi. Naturalmente utilizzando ciò che la natura ci ha regalato, l'acqua, il sole, il vento, e utilizzandole con buon senso.
Gli impianti produttivi possono essere progettati e ristrutturati per migliorare non solo l'efficienza energetica, ma anche la qualità della vita di chi ci lavora. La fabbrica della Solvis, un impianto energeticamente autonomo, è un esempio da studiare a fondo.
Bisogna immaginarci quartieri senza auto, dove sono i piedi delle persone ad essere padroni delle strade e delle piazze, per ridare fiato e vita ai nostri centri storici e ai nostri quartieri, per far pulsare di nuovo il piacere dell'incontro, dello scambio e della chiacchiera di piazza.
La rete internet può aiutarci molto in questo. Se Parma diventa un'isola totalmente coperta dalla rete, resa liberamente accessibile, possiamo pensare con concretezza al telelavoro, al lavoro a distanza, riducendo gli spostamenti, gli inutili sprechi di tempo e di energie: telelavoro, teleconferenze. Come a Pordenone, come in Finlandia.
Oggi è la stessa democrazia che andrebbe compiuta secondo gli indirizzi della nostra Costituzione, per dare modo a tutti di sentirsi protagonisti in prima persona di una democrazia partecipata, una nuova prosperità per tutta la Nazione.
Il territorio va liberato e non ulteriormente consumato.
A Parma ogni anno l'incremento di cementificazione aumenta e la città si pone al primo posto in Italia con un +2,6% annuo dal 2005 al 2007, 162 campi da calcio sono ogni anno ricoperti di asfalto, di cemento, nascosti al sole e alla vita, cancellati.
Anche il Parmigiano Reggiano è a rischio. Possibile che nessuno fermi questo scempio?
La strada da percorrere è quella del km zero, perché la campagna e la montagna possono nutrire la città e la città rendere ricche la campagna e la montagna, donandosi a vicenda buone cose, buoni rapporti, condivisione di intenti, un processo economico condiviso, una programmazione delle coltivazioni che evidenzi le tipicità, le specie autoctone, le varietà antiche, recuperando le saggezze dei vecchi e i sapori più veri del territorio.
Qui i progetti possono essere innumerevoli, legando i consumi di cibo locale alle mense, a quelle scolastiche, ai ristoranti, ai gruppi di acquisto solidali, a negozi di vicinato che garantiscano merci provenienti dal nostro territorio, prodotte a pochi chilometri, con un marchio riconoscibile che ne certifichi l’origine.
La riduzione dei rifiuti passa anche attraverso la riduzione dei consumi, come ad esempio la gestione dell'acqua pubblica, che può portare ad un azzeramento dell'acquisto di bottiglie di plastica, che vengono portate a spasso per l'Italia. Se dotiamo tutte le comunità di fontane pubbliche a cui attingere l'acqua dei nostri acquedotti, controllata e verificata costantemente nelle sue qualità organolettiche, possiamo vincere la sfida.
L'edilizia può riprendere la saggezza accumulata per rendere efficienti le vecchie case, e rendere “passive” le nuove, liberate dagli sprechi di energia.
Sulle nostre strade possono viaggiare veicoli elettrici, a idrogeno, utilizzando come modello quello messo in pratica da Markus Friedli, che ha lottato contro le lobbies, ma alla fine ha conquistato la sua libertà rendendosi indipendente nei consumi energetici anche nella quota dei trasporti.
Sono questi i nostri protocolli verso il futuro, la nostra Kyoto Forest, il nostro vivere secondo le direttive circolari “dalla culla alla culla” per cui nulla deve andare sprecato e nulla deve nuocere a nessuno, per riportare tutto a casa, alla fine della nostra vita, così come Madre Natura ci insegna da milioni di anni.
Tutto questo genera posti di lavoro, benessere, cultura, un modello sostenibile, crea legami, amicizie contatti, collaborazioni.
Questa è la strada per uscire dall'abisso.
Parma che vogliamo è quella che si ferma alle strisce pedonali, che fa festa senza disturbare il sonno dei vicini, che alla fine siamo sempre noi, che conduce due ruote senza minacciare l'udito, che in città viaggia sempre sotto i 30 km all'ora, che usa il servizio pubblico, che crede in un servizio di metropolitana leggera di superficie che consenta a tutti di spostarsi comodamente senza dover utilizzare mezzi privati, di linee leggere che colleghino in rete le nostre valli, permettendo di lavorare in città e di vivere in campagna, liberando così l'eccesso di pressione abitativa nel capoluogo, liberando le strade da ingorghi, ripopolando le montagne.
Parma di Domani si insegna già nelle scuole dei più piccoli, portando la storia della nostra terra, le regole per convivere tutti insieme con rispetto reciproco, e dal rispetto condiviso. Così nasce la libertà, che non travalica mai i diritti dell'altro.
Vogliamo cittadini che prima di agire alzino lo sguardo e valutino complessivamente quali conseguenze comportano le azioni che vanno ad intraprendere, e preparino un bilancio in cui tutte le voci siano rappresentate.
Non se ne può più infatti di termini abusati come “sviluppo”, quando vengono omesse voci importanti come l'impatto ambientale o l'impatto sulle popolazioni; i bilanci si fanno utilizzando tutte le regole, considerando quindi anche l'Lca (valutazione del ciclo di vita) e senza dimenticarne alcuni pezzi.
Un processo produttivo va pertanto valutato tenendo conto di tutte le sue fasi, dal recupero della materia prima al fine vita del materiale prodotto, dove la salute delle persone viene prima dei profitti, la tutela del territorio prima degli interessi nazionali e transnazionali.
Oggi la tecnologia e le intelligenze hanno l'opportunità di donarci la ricetta per ben vivere in armonia con l'ambiente e con le persone che lo abitano, per restituire alle future generazioni un modo migliore.
Senza sconti né scorciatoie.
Questo è il mondo che vogliamo, Parma di Domani che vogliamo è questa.
Comitato “Pro ValParma” - Corniglio
Comitato “Rubbiano per la vita” - Rubbiano
Comitato “Cave all'amianto no grazie” - Bardi
Circolo “Val Baganza” – Sala Baganza
Comitato “No Cava Le Predelle” - Roccamurata
Comitato “Ecologicamente” - Toano
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 24 dicembre 2010
-499 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+207 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
Cosa sogniamo per la nostra città e i nostri paesi, per le nostre pianure e le nostre montagne?
Un futuro sostenibile, che inizia dal presente. Un futuro per tutti e non solo per pochi, un futuro che non sia minacciato dal presente, ma che prenda avvio dall'oggi per cambiare strada, una sterzata salvifica e non più rimandabile.
Serve la consapevolezza di tutti, dai bambini delle scuole, agli adulti delle fabbriche e degli uffici, alle donne ed agli uomini, di potere e non.
Perché Parma, e l'Italia tutta, può salvarsi solo se tutti danno il proprio contributo per cambiare il modello economico che ci sta portando dritti dritti verso il baratro.
Davanti a noi due sole strade percorribili. Rimanere nel solco del passato, e sfruttare e sfiancare a più non posso l'Ambiente, rubando risorse al futuro.
Oppure fermarsi e cominciare ad affrontare diversamente il tema del nostro cammino verso il futuro.
Il benessere collettivo, il ben vivere, deve passare attraverso scelte condivise, che non si fermano ad uno scorcio temporale di qualche anno e non chiudono gli occhi di fronte agli effetti complessivi che una determinata azione ha sul futuro, sugli altri, sull'ambiente.
Tra le persone cresce la sensazione che nessuno pensi davvero al domani e che tutti approfittino del presente per il proprio tornaconto, disinteressandosi di chi verrà dopo di noi, costruendo un vantaggio solo per sé e i propri accoliti.
Una misera visione, una prospettiva che dobbiamo modificare. A partire dai progetti in corso.
Dobbiamo gestire al meglio i nostri rifiuti, la soluzione individuata dalle amministrazioni non lo fa e se possibile peggiora le cose, mirando ad una tecnologia che trasforma la materia da solida a gassosa, da non tossica a tossica, inquinando pesantemente una fetta importante della nostra preziosa terra, lasciando dietro di sé una quota imponente di rifiuti solidi che necessita di una discarica, comunque.
Oggi che i rifiuti possono trasformarsi in risorsa, la politica del profitto deve fare un passo indietro e i cittadini porre una barricata insormontabile a un progetto che sconvolgerà gli equilibri ambientali di Parma, già ora messi in crisi da un selvaggio costruire, viaggiare, produrre.
Se il tema è quello delle risorse, plastica, carta e legno, che oggi si vogliono bruciare nel forno, cosa sono se non preziosi materiali da riutilizzare? Il nostro obiettivo deve essere quello di muoverci verso la prospettiva rifiuti zero, di riciclo totale della materia, ad esempio per ridare alla terra il prezioso compost che le consente di donarci in cambio prodotti buoni e sani.
Le risorse non sono infinite e vanno tutelate, recuperate, utilizzate senza sprecarle né diminuirle.
Invece oggi è ancora prepotente la ricerca di vantaggi economici anche dagli impianti a biomassa. Coltivare o disboscare per bruciare o per produrre biogas che senso potrà mai avere? Ha forse senso togliere campi alle colture alimentari per far spazio al business? Questi impianti possono essere valutati solo se riescono a risolvere in modo virtuoso la gestione dei residui delle produzioni, come le segherie, traendone un vantaggio e non inquinando. Qualunque tipo di combustione è dannosa, la natura non utilizza questa modalità.
La natura è la nostra fondamentale risorsa di vita, non va distrutta, ma preservata.
Le caldaie a biomassa hanno un senso solo a livello familiare con sistemi moderni che abbattano gli inquinanti, che in questo tipo di combustione sono rilevanti e dannosi per la salute.
Nelle valli del Taro e del Ceno sono in funzione il maggior numero di cave ofiolitiche d'Italia, da dove negli anni sono state estratti materiali per i più diversi utilizzi. Ci sono ormai acclarati pericoli per la salute. Questi materiali infatti contengono amianto, che nei processi di escavazione, frantumazione, trasporto, utilizzo, viene liberato nell’aria sotto forma di grandi quantità di fibre. Bisogna intervenire chiudendo le cave e avviando opere di rinaturalizzazione.
Ci sono edifici pubblici e privati ancora coperti di tetti di ethernit che mettono a repentaglio la salute non solo degli occupanti ma di tutti i cittadini. A quando una mappatura completa del territorio promossa dai Sindaci, nella loro ruolo di massima autorità sanitaria, e successivo intervento di bonifica generale?
Ci sono ancora opifici che inquinano tutti i giorni e lo fanno autorizzati dalle amministrazioni: bruciano oli usati, rifiuti pericolosi, a pochi metri da produzioni di qualità, ma soprattutto a fianco di abitazioni e cittadini.
Vanno fermati. Questo disfare per rifare meglio, non significa far sogni irrealizzabili, ma creare invece opportunità che portano con sé un incremento del benessere per la comunità, non un mero vantaggio per pochi.
Come a Shonau, in Germania, dobbiamo andare verso una produzione di energia locale, di piccola entità, attraverso produzioni che possano coprire il fabbisogno e renderci autonomi. Naturalmente utilizzando ciò che la natura ci ha regalato, l'acqua, il sole, il vento, e utilizzandole con buon senso.
Gli impianti produttivi possono essere progettati e ristrutturati per migliorare non solo l'efficienza energetica, ma anche la qualità della vita di chi ci lavora. La fabbrica della Solvis, un impianto energeticamente autonomo, è un esempio da studiare a fondo.
Bisogna immaginarci quartieri senza auto, dove sono i piedi delle persone ad essere padroni delle strade e delle piazze, per ridare fiato e vita ai nostri centri storici e ai nostri quartieri, per far pulsare di nuovo il piacere dell'incontro, dello scambio e della chiacchiera di piazza.
La rete internet può aiutarci molto in questo. Se Parma diventa un'isola totalmente coperta dalla rete, resa liberamente accessibile, possiamo pensare con concretezza al telelavoro, al lavoro a distanza, riducendo gli spostamenti, gli inutili sprechi di tempo e di energie: telelavoro, teleconferenze. Come a Pordenone, come in Finlandia.
Oggi è la stessa democrazia che andrebbe compiuta secondo gli indirizzi della nostra Costituzione, per dare modo a tutti di sentirsi protagonisti in prima persona di una democrazia partecipata, una nuova prosperità per tutta la Nazione.
Il territorio va liberato e non ulteriormente consumato.
A Parma ogni anno l'incremento di cementificazione aumenta e la città si pone al primo posto in Italia con un +2,6% annuo dal 2005 al 2007, 162 campi da calcio sono ogni anno ricoperti di asfalto, di cemento, nascosti al sole e alla vita, cancellati.
Anche il Parmigiano Reggiano è a rischio. Possibile che nessuno fermi questo scempio?
La strada da percorrere è quella del km zero, perché la campagna e la montagna possono nutrire la città e la città rendere ricche la campagna e la montagna, donandosi a vicenda buone cose, buoni rapporti, condivisione di intenti, un processo economico condiviso, una programmazione delle coltivazioni che evidenzi le tipicità, le specie autoctone, le varietà antiche, recuperando le saggezze dei vecchi e i sapori più veri del territorio.
Qui i progetti possono essere innumerevoli, legando i consumi di cibo locale alle mense, a quelle scolastiche, ai ristoranti, ai gruppi di acquisto solidali, a negozi di vicinato che garantiscano merci provenienti dal nostro territorio, prodotte a pochi chilometri, con un marchio riconoscibile che ne certifichi l’origine.
La riduzione dei rifiuti passa anche attraverso la riduzione dei consumi, come ad esempio la gestione dell'acqua pubblica, che può portare ad un azzeramento dell'acquisto di bottiglie di plastica, che vengono portate a spasso per l'Italia. Se dotiamo tutte le comunità di fontane pubbliche a cui attingere l'acqua dei nostri acquedotti, controllata e verificata costantemente nelle sue qualità organolettiche, possiamo vincere la sfida.
L'edilizia può riprendere la saggezza accumulata per rendere efficienti le vecchie case, e rendere “passive” le nuove, liberate dagli sprechi di energia.
Sulle nostre strade possono viaggiare veicoli elettrici, a idrogeno, utilizzando come modello quello messo in pratica da Markus Friedli, che ha lottato contro le lobbies, ma alla fine ha conquistato la sua libertà rendendosi indipendente nei consumi energetici anche nella quota dei trasporti.
Sono questi i nostri protocolli verso il futuro, la nostra Kyoto Forest, il nostro vivere secondo le direttive circolari “dalla culla alla culla” per cui nulla deve andare sprecato e nulla deve nuocere a nessuno, per riportare tutto a casa, alla fine della nostra vita, così come Madre Natura ci insegna da milioni di anni.
Tutto questo genera posti di lavoro, benessere, cultura, un modello sostenibile, crea legami, amicizie contatti, collaborazioni.
Questa è la strada per uscire dall'abisso.
Parma che vogliamo è quella che si ferma alle strisce pedonali, che fa festa senza disturbare il sonno dei vicini, che alla fine siamo sempre noi, che conduce due ruote senza minacciare l'udito, che in città viaggia sempre sotto i 30 km all'ora, che usa il servizio pubblico, che crede in un servizio di metropolitana leggera di superficie che consenta a tutti di spostarsi comodamente senza dover utilizzare mezzi privati, di linee leggere che colleghino in rete le nostre valli, permettendo di lavorare in città e di vivere in campagna, liberando così l'eccesso di pressione abitativa nel capoluogo, liberando le strade da ingorghi, ripopolando le montagne.
Parma di Domani si insegna già nelle scuole dei più piccoli, portando la storia della nostra terra, le regole per convivere tutti insieme con rispetto reciproco, e dal rispetto condiviso. Così nasce la libertà, che non travalica mai i diritti dell'altro.
Vogliamo cittadini che prima di agire alzino lo sguardo e valutino complessivamente quali conseguenze comportano le azioni che vanno ad intraprendere, e preparino un bilancio in cui tutte le voci siano rappresentate.
Non se ne può più infatti di termini abusati come “sviluppo”, quando vengono omesse voci importanti come l'impatto ambientale o l'impatto sulle popolazioni; i bilanci si fanno utilizzando tutte le regole, considerando quindi anche l'Lca (valutazione del ciclo di vita) e senza dimenticarne alcuni pezzi.
Un processo produttivo va pertanto valutato tenendo conto di tutte le sue fasi, dal recupero della materia prima al fine vita del materiale prodotto, dove la salute delle persone viene prima dei profitti, la tutela del territorio prima degli interessi nazionali e transnazionali.
Oggi la tecnologia e le intelligenze hanno l'opportunità di donarci la ricetta per ben vivere in armonia con l'ambiente e con le persone che lo abitano, per restituire alle future generazioni un modo migliore.
Senza sconti né scorciatoie.
Questo è il mondo che vogliamo, Parma di Domani che vogliamo è questa.
Comitato “Pro ValParma” - Corniglio
Comitato “Rubbiano per la vita” - Rubbiano
Comitato “Cave all'amianto no grazie” - Bardi
Circolo “Val Baganza” – Sala Baganza
Comitato “No Cava Le Predelle” - Roccamurata
Comitato “Ecologicamente” - Toano
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 24 dicembre 2010
-499 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+207 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
giovedì 23 dicembre 2010
L'internazionale dei rifiuti passa da Parma
Il coraggioso giornalista Gianni Lannes, del sito Terra Nostra www.italiaterranostra.it,
riporta l'attenzione sull'inceneritore di rifiuti tossico nocivi di San Nicola di Melfi, Potenza, denominato “Fenice”, il più grande impianto di questo genere in Europa, un record che come al solito ci vede primi nelle classifiche al contrario del buon senso.
Nel settembre 1999 Fiat riuscì, anche con agevolazioni, a metterlo in funzione ed ogni anno l'impianto brucia 66 mila tonnellate di scorie, 40 mila delle quali provenienti dal Nord, ma anche dall'estero (Francia e Germania).
Un inceneritore avviato nonostante un referendum popolare che negò l'appoggio della popolazione.
Un inceneritore di cui Fiat si vantava, visto che nel sito sosteneva di bruciare “a cielo aperto”.
L'impianto Fenice di San Nicola di Melfi
Ovviamente a nessuno è concessa la visita all'impianto e nel 2001 il marchingegno è stato venduto al colosso francese dell'energia Edf.
A poca distanza dal sito è attivo uno degli stabilimenti Barilla, il più grande del Sud, anch'esso afflitto da qualche problemino ambientale, visto che abbondano le lastre di ethernit, sulle coperture della fabbrica.
Attorno coltivazioni, pascoli, verdure e carni, che arrivano sulle nostre inconsapevoli tavole, e poi sviluppo turistico, grandi consumi e prelievi di acqua, tutto con la massima disinvoltura e nonchalance.
I residui della combustione, 27 mila tonnellate all'anno, è una materia che finisce nel sottosuolo della Basilicata, inquinando le falde, e nel fiume Ofanto, che si getta nel mare Adriatico. Con grande libertà d'azione.
Naturalmente l'inquinamento è anche sprigionato dal camino. Milioni di metri cubi inquinati che la stessa Usl locale periodicamente certifica come “emissioni oltre i limiti normativi di polveri di metalli pesanti, ossidi di azoto, e diossine”, un nanogrammo per metro cubo, una quantità imponente, basti pensare che la normativa prevede una soglia di 0,1.
Emissioni il cui effetto è stato anche messo in chiaro dall'Università di Bari, con uno studio del docente Luigi Notarnicola: “Le documentazioni non consentono di escludere effetti negativi alla popolazione di Lavello e nell'intero territorio”.
L'assessorato regionale all'ambiente rivela “nell'autorizzazione a Fenice avevamo imposto il divieto di importazione di rifiuti da fuori regione”. Sentite anche voi uno strano campanellino?
Eppure, incredibile, nulla si è mosso, nulla si è chiuso.
Il mostro miete le sue vittime con metodico incedere.
Ai tempi dell'autorizzazione ci furono i pareri positivi di 3 esperti, e subito dopo uno entrò nell'orbita Fiat, addirittura come responsabile del cantiere, un secondo come responsabile del monitoraggio ambientale. Sic!
I lucani, dopo l'inutile no del referendum, non hanno potuto che fare rete e tenere alta l'attenzione. Nel 2001 8 vagoni merci vennero sequestrati a Melfi, stracolmi di rifiuti industriali e ospedalieri di dubbia provenienza, 400 tonnellate di materiali a rischio infettivo.
Oggi il Rapporto Rifiuti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) del Ministero dell’Ambiente, racconta di come l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per l’inceneritore EDF-Fenice spa sia scaduta il 19 ottobre 2010. Nonostante ciò, l’impianto continua a bruciare ingenti quantitativi di rifiuti urbani ed industriali, mentre non sono stati resi ancora noti i motivi del recente passaggio di competenza, dalla Procura di Melfi a quella di Potenza, dell’inchiesta sull’inquinamento ambientale provocato dall’inceneritore, così come evidenziato da un recente servizio del TGR Basilicata.
Ed ecco che uno dei viaggi della speranza dei rifiuti tocca anche Parma.
La Polimeri Europa di Brindisi spedì alla Piccinini, presso il nostro interporto, “resine sintetiche in granuli”, che poi finirono nell'inceneritore di Melfi.
Qualcuno saprà fare luce su questo strano e contorto girovagare?
Treni e viaggi della speranza con quantità ignote di sostanze ignote.
L'esperto di fama internazionale Giorgio Nebbia non ha dubbi: “Pullulano decine di eco-imprese che vendono lo smaltimento in inceneritori, in impianti di compattazione, in discariche: quello che conta è che i rifiuti non si vedano e non puzzino”.
L'Ocse chiosa: “Tre quarti dei rifiuti pericolosi europei, circa 30 milioni di tonnellate annue, sono di origine e composizione sconosciute”.
L'Unione Europea condanna l'Italia: negli ultimi 21 anni occultati 1 miliardo di tonnellate di rifiuti di ogni genere.
Cosa finirà nell'inceneritore di Parma?
Lo sapremo della indagini del futuro prossimo?
Buon Natale a tutti i cittadini di Parma e Provincia.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 23 dicembre 2010
-500 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+206 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
riporta l'attenzione sull'inceneritore di rifiuti tossico nocivi di San Nicola di Melfi, Potenza, denominato “Fenice”, il più grande impianto di questo genere in Europa, un record che come al solito ci vede primi nelle classifiche al contrario del buon senso.
Nel settembre 1999 Fiat riuscì, anche con agevolazioni, a metterlo in funzione ed ogni anno l'impianto brucia 66 mila tonnellate di scorie, 40 mila delle quali provenienti dal Nord, ma anche dall'estero (Francia e Germania).
Un inceneritore avviato nonostante un referendum popolare che negò l'appoggio della popolazione.
Un inceneritore di cui Fiat si vantava, visto che nel sito sosteneva di bruciare “a cielo aperto”.
L'impianto Fenice di San Nicola di Melfi
Ovviamente a nessuno è concessa la visita all'impianto e nel 2001 il marchingegno è stato venduto al colosso francese dell'energia Edf.
A poca distanza dal sito è attivo uno degli stabilimenti Barilla, il più grande del Sud, anch'esso afflitto da qualche problemino ambientale, visto che abbondano le lastre di ethernit, sulle coperture della fabbrica.
Attorno coltivazioni, pascoli, verdure e carni, che arrivano sulle nostre inconsapevoli tavole, e poi sviluppo turistico, grandi consumi e prelievi di acqua, tutto con la massima disinvoltura e nonchalance.
I residui della combustione, 27 mila tonnellate all'anno, è una materia che finisce nel sottosuolo della Basilicata, inquinando le falde, e nel fiume Ofanto, che si getta nel mare Adriatico. Con grande libertà d'azione.
Naturalmente l'inquinamento è anche sprigionato dal camino. Milioni di metri cubi inquinati che la stessa Usl locale periodicamente certifica come “emissioni oltre i limiti normativi di polveri di metalli pesanti, ossidi di azoto, e diossine”, un nanogrammo per metro cubo, una quantità imponente, basti pensare che la normativa prevede una soglia di 0,1.
Emissioni il cui effetto è stato anche messo in chiaro dall'Università di Bari, con uno studio del docente Luigi Notarnicola: “Le documentazioni non consentono di escludere effetti negativi alla popolazione di Lavello e nell'intero territorio”.
L'assessorato regionale all'ambiente rivela “nell'autorizzazione a Fenice avevamo imposto il divieto di importazione di rifiuti da fuori regione”. Sentite anche voi uno strano campanellino?
Eppure, incredibile, nulla si è mosso, nulla si è chiuso.
Il mostro miete le sue vittime con metodico incedere.
Ai tempi dell'autorizzazione ci furono i pareri positivi di 3 esperti, e subito dopo uno entrò nell'orbita Fiat, addirittura come responsabile del cantiere, un secondo come responsabile del monitoraggio ambientale. Sic!
I lucani, dopo l'inutile no del referendum, non hanno potuto che fare rete e tenere alta l'attenzione. Nel 2001 8 vagoni merci vennero sequestrati a Melfi, stracolmi di rifiuti industriali e ospedalieri di dubbia provenienza, 400 tonnellate di materiali a rischio infettivo.
Oggi il Rapporto Rifiuti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) del Ministero dell’Ambiente, racconta di come l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per l’inceneritore EDF-Fenice spa sia scaduta il 19 ottobre 2010. Nonostante ciò, l’impianto continua a bruciare ingenti quantitativi di rifiuti urbani ed industriali, mentre non sono stati resi ancora noti i motivi del recente passaggio di competenza, dalla Procura di Melfi a quella di Potenza, dell’inchiesta sull’inquinamento ambientale provocato dall’inceneritore, così come evidenziato da un recente servizio del TGR Basilicata.
Ed ecco che uno dei viaggi della speranza dei rifiuti tocca anche Parma.
La Polimeri Europa di Brindisi spedì alla Piccinini, presso il nostro interporto, “resine sintetiche in granuli”, che poi finirono nell'inceneritore di Melfi.
Qualcuno saprà fare luce su questo strano e contorto girovagare?
Treni e viaggi della speranza con quantità ignote di sostanze ignote.
L'esperto di fama internazionale Giorgio Nebbia non ha dubbi: “Pullulano decine di eco-imprese che vendono lo smaltimento in inceneritori, in impianti di compattazione, in discariche: quello che conta è che i rifiuti non si vedano e non puzzino”.
L'Ocse chiosa: “Tre quarti dei rifiuti pericolosi europei, circa 30 milioni di tonnellate annue, sono di origine e composizione sconosciute”.
L'Unione Europea condanna l'Italia: negli ultimi 21 anni occultati 1 miliardo di tonnellate di rifiuti di ogni genere.
Cosa finirà nell'inceneritore di Parma?
Lo sapremo della indagini del futuro prossimo?
Buon Natale a tutti i cittadini di Parma e Provincia.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 23 dicembre 2010
-500 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+206 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
L'internazionale dei rifiuti passa da Parma
Il coraggioso giornalista Gianni Lannes, del sito Terra Nostra www.italiaterranostra.it,
riporta l'attenzione sull'inceneritore di rifiuti tossico nocivi di San Nicola di Melfi, Potenza, denominato “Fenice”, il più grande impianto di questo genere in Europa, un record che come al solito ci vede primi nelle classifiche al contrario del buon senso.
Nel settembre 1999 Fiat riuscì, anche con agevolazioni, a metterlo in funzione ed ogni anno l'impianto brucia 66 mila tonnellate di scorie, 40 mila delle quali provenienti dal Nord, ma anche dall'estero (Francia e Germania).
Un inceneritore avviato nonostante un referendum popolare che negò l'appoggio della popolazione.
Un inceneritore di cui Fiat si vantava, visto che nel sito sosteneva di bruciare “a cielo aperto”.
Ovviamente a nessuno è concessa la visita all'impianto e nel 2001 il marchingegno è stato venduto al colosso francese dell'energia Edf.
A poca distanza dal sito è attivo uno degli stabilimenti Barilla, il più grande del Sud, anch'esso afflitto da qualche problemino ambientale, visto che abbondano le lastre di ethernit, sulle coperture della fabbrica.
Attorno coltivazioni, pascoli, verdure e carni, che arrivano sulle nostre inconsapevoli tavole, e poi sviluppo turistico, grandi consumi e prelievi di acqua, tutto con la massima disinvoltura e nonchalance.
I residui della combustione, 27 mila tonnellate all'anno, è una materia che finisce nel sottosuolo della Basilicata, inquinando le falde, e nel fiume Ofanto, che si getta nel mare Adriatico. Con grande libertà d'azione.
Naturalmente l'inquinamento è anche sprigionato dal camino. Milioni di metri cubi inquinati che la stessa Usl locale periodicamente certifica come “emissioni oltre i limiti normativi di polveri di metalli pesanti, ossidi di azoto, e diossine”, un nanogrammo per metro cubo, una quantità imponente, basti pensare che la normativa prevede una soglia di 0,1.
Emissioni il cui effetto è stato anche messo in chiaro dall'Università di Bari, con uno studio del docente Luigi Notarnicola: “Le documentazioni non consentono di escludere effetti negativi alla popolazione di Lavello e nell'intero territorio”.
L'assessorato regionale all'ambiente rivela “nell'autorizzazione a Fenice avevamo imposto il divieto di importazione di rifiuti da fuori regione”. Sentite anche voi uno strano campanellino?
Eppure, incredibile, nulla si è mosso, nulla si è chiuso.
Il mostro miete le sue vittime con metodico incedere.
Ai tempi dell'autorizzazione ci furono i pareri positivi di 3 esperti, e subito dopo uno entrò nell'orbita Fiat, addirittura come responsabile del cantiere, un secondo come responsabile del monitoraggio ambientale. Sic!
I lucani, dopo l'inutile no del referendum, non hanno potuto che fare rete e tenere alta l'attenzione. Nel 2001 8 vagoni merci vennero sequestrati a Melfi, stracolmi di rifiuti industriali e ospedalieri di dubbia provenienza, 400 tonnellate di materiali a rischio infettivo.
Oggi il Rapporto Rifiuti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) del Ministero dell’Ambiente, racconta di come l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per l’inceneritore EDF-Fenice spa sia scaduta il 19 ottobre 2010. Nonostante ciò, l’impianto continua a bruciare ingenti quantitativi di rifiuti urbani ed industriali, mentre non sono stati resi ancora noti i motivi del recente passaggio di competenza, dalla Procura di Melfi a quella di Potenza, dell’inchiesta sull’inquinamento ambientale provocato dall’inceneritore, così come evidenziato da un recente servizio del TGR Basilicata.
Ed ecco che uno dei viaggi della speranza dei rifiuti tocca anche Parma.
La Polimeri Europa di Brindisi spedì alla Piccinini, presso il nostro interporto, “resine sintetiche in granuli”, che poi finirono nell'inceneritore di Melfi.
Qualcuno saprà fare luce su questo strano e contorto girovagare?
Treni e viaggi della speranza con quantità ignote di sostanze ignote.
L'esperto di fama internazionale Giorgio Nebbia non ha dubbi: “Pullulano decine di eco-imprese che vendono lo smaltimento in inceneritori, in impianti di compattazione, in discariche: quello che conta è che i rifiuti non si vedano e non puzzino”.
L'Ocse chiosa: “Tre quarti dei rifiuti pericolosi europei, circa 30 milioni di tonnellate annue, sono di origine e composizione sconosciute”.
L'Unione Europea condanna l'Italia: negli ultimi 21 anni occultati 1 miliardo di tonnellate di rifiuti di ogni genere.
Cosa finirà nell'inceneritore di Parma?
Lo sapremo della indagini del futuro prossimo?
Buon Natale a tutti i cittadini di Parma e Provincia.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 23 dicembre 2010
-500 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+206 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
riporta l'attenzione sull'inceneritore di rifiuti tossico nocivi di San Nicola di Melfi, Potenza, denominato “Fenice”, il più grande impianto di questo genere in Europa, un record che come al solito ci vede primi nelle classifiche al contrario del buon senso.
Nel settembre 1999 Fiat riuscì, anche con agevolazioni, a metterlo in funzione ed ogni anno l'impianto brucia 66 mila tonnellate di scorie, 40 mila delle quali provenienti dal Nord, ma anche dall'estero (Francia e Germania).
Un inceneritore avviato nonostante un referendum popolare che negò l'appoggio della popolazione.
Un inceneritore di cui Fiat si vantava, visto che nel sito sosteneva di bruciare “a cielo aperto”.
Ovviamente a nessuno è concessa la visita all'impianto e nel 2001 il marchingegno è stato venduto al colosso francese dell'energia Edf.
A poca distanza dal sito è attivo uno degli stabilimenti Barilla, il più grande del Sud, anch'esso afflitto da qualche problemino ambientale, visto che abbondano le lastre di ethernit, sulle coperture della fabbrica.
Attorno coltivazioni, pascoli, verdure e carni, che arrivano sulle nostre inconsapevoli tavole, e poi sviluppo turistico, grandi consumi e prelievi di acqua, tutto con la massima disinvoltura e nonchalance.
I residui della combustione, 27 mila tonnellate all'anno, è una materia che finisce nel sottosuolo della Basilicata, inquinando le falde, e nel fiume Ofanto, che si getta nel mare Adriatico. Con grande libertà d'azione.
Naturalmente l'inquinamento è anche sprigionato dal camino. Milioni di metri cubi inquinati che la stessa Usl locale periodicamente certifica come “emissioni oltre i limiti normativi di polveri di metalli pesanti, ossidi di azoto, e diossine”, un nanogrammo per metro cubo, una quantità imponente, basti pensare che la normativa prevede una soglia di 0,1.
Emissioni il cui effetto è stato anche messo in chiaro dall'Università di Bari, con uno studio del docente Luigi Notarnicola: “Le documentazioni non consentono di escludere effetti negativi alla popolazione di Lavello e nell'intero territorio”.
L'assessorato regionale all'ambiente rivela “nell'autorizzazione a Fenice avevamo imposto il divieto di importazione di rifiuti da fuori regione”. Sentite anche voi uno strano campanellino?
Eppure, incredibile, nulla si è mosso, nulla si è chiuso.
Il mostro miete le sue vittime con metodico incedere.
Ai tempi dell'autorizzazione ci furono i pareri positivi di 3 esperti, e subito dopo uno entrò nell'orbita Fiat, addirittura come responsabile del cantiere, un secondo come responsabile del monitoraggio ambientale. Sic!
I lucani, dopo l'inutile no del referendum, non hanno potuto che fare rete e tenere alta l'attenzione. Nel 2001 8 vagoni merci vennero sequestrati a Melfi, stracolmi di rifiuti industriali e ospedalieri di dubbia provenienza, 400 tonnellate di materiali a rischio infettivo.
Oggi il Rapporto Rifiuti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) del Ministero dell’Ambiente, racconta di come l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per l’inceneritore EDF-Fenice spa sia scaduta il 19 ottobre 2010. Nonostante ciò, l’impianto continua a bruciare ingenti quantitativi di rifiuti urbani ed industriali, mentre non sono stati resi ancora noti i motivi del recente passaggio di competenza, dalla Procura di Melfi a quella di Potenza, dell’inchiesta sull’inquinamento ambientale provocato dall’inceneritore, così come evidenziato da un recente servizio del TGR Basilicata.
Ed ecco che uno dei viaggi della speranza dei rifiuti tocca anche Parma.
La Polimeri Europa di Brindisi spedì alla Piccinini, presso il nostro interporto, “resine sintetiche in granuli”, che poi finirono nell'inceneritore di Melfi.
Qualcuno saprà fare luce su questo strano e contorto girovagare?
Treni e viaggi della speranza con quantità ignote di sostanze ignote.
L'esperto di fama internazionale Giorgio Nebbia non ha dubbi: “Pullulano decine di eco-imprese che vendono lo smaltimento in inceneritori, in impianti di compattazione, in discariche: quello che conta è che i rifiuti non si vedano e non puzzino”.
L'Ocse chiosa: “Tre quarti dei rifiuti pericolosi europei, circa 30 milioni di tonnellate annue, sono di origine e composizione sconosciute”.
L'Unione Europea condanna l'Italia: negli ultimi 21 anni occultati 1 miliardo di tonnellate di rifiuti di ogni genere.
Cosa finirà nell'inceneritore di Parma?
Lo sapremo della indagini del futuro prossimo?
Buon Natale a tutti i cittadini di Parma e Provincia.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 23 dicembre 2010
-500 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+206 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
Buon Natale, bambini!
Il sindaco Vignali ha acceso pochi giorni fa in piazza Garibaldi l’albero di Natale dei parmigiani, quest’anno decorato con palline trasparenti che racchiudono le foto di bambini nati a Parma nel corso del 2009.
Il richiamo all’infanzia –cita il comunicato stampa del comune- non è casuale, dato che l’accensione dell’albero avviene proprio nell’Anno del neonato e l’amministrazione comunale punta gran parte delle sue azioni comunicative sul sostegno alla famiglia.
Lo stesso sindaco, quest’estate ha posato la prima pietra di un asilo nido un po’ particolare. E' l’asilo nido di Pedrignano, situato a poco più di un chilometro dal costruendo inceneritore che, ironia della sorte, vedrà accesi i forni in concomitanza con l'arrivo dei primi bambini.
Di solito nei nostri comunicati stampa ci piace scherzare, usare il sarcasmo e l’ironia per mettere in evidenza le contraddizioni di Iren e degli amministratori.
In questo caso però non è facile sorridere davanti a un atto così palesemente dissennato, perché ci vanno di mezzo i nostri figli e sulla salute dei bambini proprio non ci va di scherzare.
L’asilo di Pedrignano accoglierà bambini in fascia di età compresa tra i 3 mesi e i 3 anni, quando l’organismo umano è più debole e più sensibile di un adulto alle emissioni nocive, che nel caso dell’inceneritore targato Iren saranno 144.000 metri cubi/ora, con elementi chimici come diossine, furani, metalli pesanti e polveri sottili.
A Brescia, in un quartiere situato a 3 km dall’inceneritore più grande d’Europa, due studi dell’Asl, nel periodo 2004-2008, hanno evidenziato un tasso superiore di mortalità e ricoveri rispetto alla media urbana per i tumori alla vescica e al fegato, proprio nei bambini.
La domanda che facciamo al sindaco Pietro Vignali e a tutti gli amministratori di comune e provincia di Parma è la seguente.
Voi mandereste vostro figlio all’asilo di Pedrignano?
Se in cuor vostro avete risposto “NO”, doveste fermare il cantiere e lavorare insieme per portare avanti un progetto alternativo.
E' la città che ve lo chiede e la stessa è disposta a collaborare.
Se invece avete risposto sì -siamo pronti a scommetterci- è perché di figli non ne avete.
Buon Natale, bambini!
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 22 dicembre 2010
-501 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+205 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
Il richiamo all’infanzia –cita il comunicato stampa del comune- non è casuale, dato che l’accensione dell’albero avviene proprio nell’Anno del neonato e l’amministrazione comunale punta gran parte delle sue azioni comunicative sul sostegno alla famiglia.
Lo stesso sindaco, quest’estate ha posato la prima pietra di un asilo nido un po’ particolare. E' l’asilo nido di Pedrignano, situato a poco più di un chilometro dal costruendo inceneritore che, ironia della sorte, vedrà accesi i forni in concomitanza con l'arrivo dei primi bambini.
Di solito nei nostri comunicati stampa ci piace scherzare, usare il sarcasmo e l’ironia per mettere in evidenza le contraddizioni di Iren e degli amministratori.
In questo caso però non è facile sorridere davanti a un atto così palesemente dissennato, perché ci vanno di mezzo i nostri figli e sulla salute dei bambini proprio non ci va di scherzare.
L’asilo di Pedrignano accoglierà bambini in fascia di età compresa tra i 3 mesi e i 3 anni, quando l’organismo umano è più debole e più sensibile di un adulto alle emissioni nocive, che nel caso dell’inceneritore targato Iren saranno 144.000 metri cubi/ora, con elementi chimici come diossine, furani, metalli pesanti e polveri sottili.
A Brescia, in un quartiere situato a 3 km dall’inceneritore più grande d’Europa, due studi dell’Asl, nel periodo 2004-2008, hanno evidenziato un tasso superiore di mortalità e ricoveri rispetto alla media urbana per i tumori alla vescica e al fegato, proprio nei bambini.
La domanda che facciamo al sindaco Pietro Vignali e a tutti gli amministratori di comune e provincia di Parma è la seguente.
Voi mandereste vostro figlio all’asilo di Pedrignano?
Se in cuor vostro avete risposto “NO”, doveste fermare il cantiere e lavorare insieme per portare avanti un progetto alternativo.
E' la città che ve lo chiede e la stessa è disposta a collaborare.
Se invece avete risposto sì -siamo pronti a scommetterci- è perché di figli non ne avete.
Buon Natale, bambini!
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 22 dicembre 2010
-501 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+205 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
mercoledì 22 dicembre 2010
Togli il disturbo, stavolta vieramente
Oggi aggiungiamo un altro trofeo alla nostra personale bacheca di caccia: il busto di Andrea Viero, eliminato, come Andrea Allodi, sulla via dell'inceneritore.
Dobbiamo anche confessare però che questa volta l'ad di Iren ha fatto tutto da solo.
Dopo essere stato rinviato a giudizio dalla Corte dei Conti per danno erariale alla regione Friuli, con relative spallucce dell'intestatario del provvedimento, ieri addirittura lo stesso si è autoproclamato condannato dalla Corte, con relativa salata ammenda di oltre 400 mila euro, in un auto-comunicato stampa.
Tanto, si sarà detto, i media lo scriveranno tra breve, meglio prenderli in contropiede e spiegare come stanno le cose “secondo il mio punto di vista”.
Così carta e penna alla mano il direttore generale di Iren ha relazionato sulla sua condanna, precisando che la Corte dei Conti ha insomma valutato solo una parte del provvedimento adottato in Friuli e che, complessivamente, lui ne rivendica la paternità e la giustezza.
Contento lui, di sborsare mezzo milione di euro, contenti tutti.
Chissà allora perché strilla così tanto per la penale che chiederebbe Iren a fronte di un blocco dei lavori per l'inceneritore: se chi blocca avesse le sue ragioni e giudicasse complessivamente corretta la manovra, non ci sono multe che tengano, vero Viero?
Ma lui non si aspettava che a Reggio Emilia fossero pronti, grillini in testa, a pescare dal cappello un ordine del giorno votato a stragrande, e trasversale, maggioranza dal consiglio comunale, che obbliga alle dimissioni qualunque personaggio che venga condannato per danno alle pubbliche casse.
E il sito on line Parma Daily non ci ha messo molto a scoprire la notizia.
Chissà se stavolta faranno valere la privatizzazione o che altro ancora per non fare quello che hanno scritto come un obbligo.
Fatto sta che lo stesso ente, il comune di Reggio Emilia, che è socio di Iren, che ha messo Viero dov'è fino a questo momento, ha scritto nero su bianco che non ci possono essere amministratori della cosa pubblica condannati e che, se avvenisse una condanna a chi già è stato insediato, il destinatario del provvedimento deve ahimè dimettersi immediatamente dalla sua calda e comoda poltrona.
“La permanenza non può esimere da una condotta morale e giudiziaria ineccepibile”, recita il verbo reggiano. Amen.
Presumiamo che un voto pressoché unanime del massimo organo deliberativo di un comune non sia un bicchiere di acqua fresca.
Ora i cittadini pretendono a gran voce che siano applicate le delibere in essere e che non ci si arrampichi su specchi che non ci sono.
Siamo ansiosamente in attesa della lettera di dimissioni, la bottiglia è in fresco.
Bye Bye Viero, see you never.
La delibera del consiglio comunale di Reggio Emilia:
http://gestionecorrettarifiuti.it/pdf/ODG_moralita_iren.pdf
p.s. Nel frattempo possiamo chiedere a Comune di Parma e Provincia di Parma di attrezzarsi con le stesse garanzie verso i cittadini? Ha senso che facciamo amministrare la cosa pubblica da condannati per danno all'erario? Copiamo i reggiani!
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 22 dicembre 2010
-501 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+205 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
Dobbiamo anche confessare però che questa volta l'ad di Iren ha fatto tutto da solo.
Dopo essere stato rinviato a giudizio dalla Corte dei Conti per danno erariale alla regione Friuli, con relative spallucce dell'intestatario del provvedimento, ieri addirittura lo stesso si è autoproclamato condannato dalla Corte, con relativa salata ammenda di oltre 400 mila euro, in un auto-comunicato stampa.
Tanto, si sarà detto, i media lo scriveranno tra breve, meglio prenderli in contropiede e spiegare come stanno le cose “secondo il mio punto di vista”.
Così carta e penna alla mano il direttore generale di Iren ha relazionato sulla sua condanna, precisando che la Corte dei Conti ha insomma valutato solo una parte del provvedimento adottato in Friuli e che, complessivamente, lui ne rivendica la paternità e la giustezza.
Contento lui, di sborsare mezzo milione di euro, contenti tutti.
Chissà allora perché strilla così tanto per la penale che chiederebbe Iren a fronte di un blocco dei lavori per l'inceneritore: se chi blocca avesse le sue ragioni e giudicasse complessivamente corretta la manovra, non ci sono multe che tengano, vero Viero?
Ma lui non si aspettava che a Reggio Emilia fossero pronti, grillini in testa, a pescare dal cappello un ordine del giorno votato a stragrande, e trasversale, maggioranza dal consiglio comunale, che obbliga alle dimissioni qualunque personaggio che venga condannato per danno alle pubbliche casse.
E il sito on line Parma Daily non ci ha messo molto a scoprire la notizia.
Chissà se stavolta faranno valere la privatizzazione o che altro ancora per non fare quello che hanno scritto come un obbligo.
Fatto sta che lo stesso ente, il comune di Reggio Emilia, che è socio di Iren, che ha messo Viero dov'è fino a questo momento, ha scritto nero su bianco che non ci possono essere amministratori della cosa pubblica condannati e che, se avvenisse una condanna a chi già è stato insediato, il destinatario del provvedimento deve ahimè dimettersi immediatamente dalla sua calda e comoda poltrona.
“La permanenza non può esimere da una condotta morale e giudiziaria ineccepibile”, recita il verbo reggiano. Amen.
Presumiamo che un voto pressoché unanime del massimo organo deliberativo di un comune non sia un bicchiere di acqua fresca.
Ora i cittadini pretendono a gran voce che siano applicate le delibere in essere e che non ci si arrampichi su specchi che non ci sono.
Siamo ansiosamente in attesa della lettera di dimissioni, la bottiglia è in fresco.
Bye Bye Viero, see you never.
La delibera del consiglio comunale di Reggio Emilia:
http://gestionecorrettarifiuti.it/pdf/ODG_moralita_iren.pdf
p.s. Nel frattempo possiamo chiedere a Comune di Parma e Provincia di Parma di attrezzarsi con le stesse garanzie verso i cittadini? Ha senso che facciamo amministrare la cosa pubblica da condannati per danno all'erario? Copiamo i reggiani!
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 22 dicembre 2010
-501 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+205 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
martedì 21 dicembre 2010
Caro Sacchetto delle mie brame
Il tema dei rifiuti è molto sentito e dibattuto in questi ultimi tempi a Parma. I cittadini, fino a poco fa addirittura ignari che si stesse costruendo un inceneritore alle porte della città, cominciano ad informarsi e a pretendere risposte chiare ed esaustive sui rischi sanitari, sui sui costi dell'impianto di Ugozzolo e sulle alternative possibili.
Sui costi abbiamo assistito a un balletto di numeri sconcertante, per un impianto che è stato approvato nel 2007, i cui costi dovrebbero essere certi e definitivi.
Siamo passati da 180 milioni approvati nel progetto definitivo, alle voci di incrementi fino all’esorbitante cifra di 315 milioni di Euro per poi sentire, dopo innumerevoli sollecitazioni da parte del GCR e dello stesso Sindaco, Andrea Viero comunicare che i milioni sono diventati 193.
Due cose vorremmo chiedere a Viero: come giustifica l’incremento di 13 milioni di Euro che, come diceva Frassica, tutto sommato non sono bruscolini?
Adeguamenti? Prescrizioni? Miglioramenti?
Ci può dettagliare Viero come spenderà 13 milioni di euro che poi inevitabilmente dovranno essere recuperati tramite le tariffe sui rifiuti pagate da tutti noi?
Altra domanda: se l’impianto costa 193 milioni perché avete chiesto un finanziamento alla Banca Europea di Investimenti per 265 milioni di Euro?
Sono tutti dubbi irrisolti che sarebbero perfettamente chiariti se Iren pubblicasse il Piano Economico Finanziario dell’opera. Un piano segretissimo che neanche Wikileaks può svelare, un mistero coperto e chiuso in una cassaforte che neanche il KGB avrebbe saputo conservare meglio.
Poi è di questi giorni la notizia che a Parma abbiamo avuto nel 2009 l’incremento di tariffe più elevato dell’Emilia Romagna (7,8%). “Vedete! E’ perché non avete il forno cari cittadini di Parma!” … tuonerebbe Andrea Viero. Peccato che anche a Reggio e a Piacenza, che il forno già ce l’hanno, abbiano avuto incrementi simili (+7,3 e +7%).
Peccato che il decreto Ronchi imponga alla multi utility il recupero degli investimenti esclusivamente tramite le tariffe.
La verità è che il nostro sacchetto nero, per Iren, è come la gallina dalle uova d’oro: paghiamo per ritirarcelo, Iren lo brucia e riceve gli incentivi statali sotto forma di certificati verdi, quindi Iren ci fa anche pagare per il teleriscaldamento.
E’ il business del momento!
Andrea Viero si frega le mani: i politici di Parma si adeguano ai suoi diktat.
La salute dei cittadini? Un effetto collaterale di banale rilevanza.
A tutti vogliamo ricordare l'articolo 2 del Decreto Ronchi, che disciplina la gestione dei rifiuti a livello nazionale.
I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:
a) senza determinare rischi per l'acqua, per l'aria, per il suolo e per la fauna e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.
Proprio quello che sta facendo Iren a Ugozzolo...
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 21 dicembre 2010
-502 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+204 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
Sui costi abbiamo assistito a un balletto di numeri sconcertante, per un impianto che è stato approvato nel 2007, i cui costi dovrebbero essere certi e definitivi.
Siamo passati da 180 milioni approvati nel progetto definitivo, alle voci di incrementi fino all’esorbitante cifra di 315 milioni di Euro per poi sentire, dopo innumerevoli sollecitazioni da parte del GCR e dello stesso Sindaco, Andrea Viero comunicare che i milioni sono diventati 193.
Due cose vorremmo chiedere a Viero: come giustifica l’incremento di 13 milioni di Euro che, come diceva Frassica, tutto sommato non sono bruscolini?
Adeguamenti? Prescrizioni? Miglioramenti?
Ci può dettagliare Viero come spenderà 13 milioni di euro che poi inevitabilmente dovranno essere recuperati tramite le tariffe sui rifiuti pagate da tutti noi?
Altra domanda: se l’impianto costa 193 milioni perché avete chiesto un finanziamento alla Banca Europea di Investimenti per 265 milioni di Euro?
Sono tutti dubbi irrisolti che sarebbero perfettamente chiariti se Iren pubblicasse il Piano Economico Finanziario dell’opera. Un piano segretissimo che neanche Wikileaks può svelare, un mistero coperto e chiuso in una cassaforte che neanche il KGB avrebbe saputo conservare meglio.
Poi è di questi giorni la notizia che a Parma abbiamo avuto nel 2009 l’incremento di tariffe più elevato dell’Emilia Romagna (7,8%). “Vedete! E’ perché non avete il forno cari cittadini di Parma!” … tuonerebbe Andrea Viero. Peccato che anche a Reggio e a Piacenza, che il forno già ce l’hanno, abbiano avuto incrementi simili (+7,3 e +7%).
Peccato che il decreto Ronchi imponga alla multi utility il recupero degli investimenti esclusivamente tramite le tariffe.
La verità è che il nostro sacchetto nero, per Iren, è come la gallina dalle uova d’oro: paghiamo per ritirarcelo, Iren lo brucia e riceve gli incentivi statali sotto forma di certificati verdi, quindi Iren ci fa anche pagare per il teleriscaldamento.
E’ il business del momento!
Andrea Viero si frega le mani: i politici di Parma si adeguano ai suoi diktat.
La salute dei cittadini? Un effetto collaterale di banale rilevanza.
A tutti vogliamo ricordare l'articolo 2 del Decreto Ronchi, che disciplina la gestione dei rifiuti a livello nazionale.
I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:
a) senza determinare rischi per l'acqua, per l'aria, per il suolo e per la fauna e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.
Proprio quello che sta facendo Iren a Ugozzolo...
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 21 dicembre 2010
-502 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+204 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
lunedì 20 dicembre 2010
Irenia della sorte
Neri. Neri per lo smog che si portano appresso, la lunga scia di ceneri dei loro impianti antidiluviani, neri per le prospettive dei territori dove cominciano a operare, neri per il malaugurio che posano su chi vive loro accanto, i desolati ma per loro inesistenti che possiedono casa all'ombra dei loro camini, i famosi “scarsamente abitanti”.
Neri, a cominciare dal loro nome invertito.
E' ora il tempo dell'ira di Enia, fattasi forte ed enorme. Forte con i deboli, debole con i forti.
Ira che si abbatte sui conti, sulle strade sbudellate per far passare la nuova via dell'oro, un tele fraintendimento che lascerà molte gobbe sull'asfalto e conti salati nei saldi invernali.
Enia che trascura chi le da il pane, e li invita a un lavoro che poi viene gettato al fuoco della Grande Caldaia, che crea oscuri episodi anche sul taglio dell'erba.
Enia che non è più tale, immaginario di carta, sgualcita al sole, pipistrello che ci succhia il sangue con conti salati per la stessa interna incapacità a risparmiare, ottimizzare, tenere presentabili gli stipendi dei grandi e illuminati dirigenti, vigile lo sguardo alla crisi e al futuro, un futuro dove non ci saranno più le risorse che oggi brucia a carrettate, materie nobili schiacciate con spregio per annichilirne la forma e l'origine, giustificarne lo sperpero.
Irenia della sorte, oggi da loro si fugge, si disdice, si migra, non solo come bollette, diaspora necessaria, come non cercare qualche briciola di rivincita verso questo moloch silente, che a domanda non risponde, si trincera dietro un muro di parole inutili, muri di gomma trasparenti che fanno intravedere solo business, unico dio minore ma sovrano che governa il grande gioco.
Irenia della sorte, oggi c'è un antagonista in casa, un concorrente da battere, un angelo tenebroso, tenebre in crescente deposito, ora dopo ora, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, sui campi e sulle case, sui fili d'erba e sui fili degli uomini dove cadranno le polveri.
Irenia, un taràssaco che perde sempre più velocemente i suoi petali, un turbine di vento lo impoverisce e lo lascia nudo e solo, mentre tutto è compiuto.
Irenia della sorte, da questa prepotenza trarremo l'antidoto per liberarcene.
Fuori dalle nostre strade, fuori dalle nostre case, fuori dai nostri contatori.
Cerchiamo un servitore di cui poterci fidare.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 20 dicembre 2010
-503 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, NOI lo possiamo fermare!
+203 giorni dalla richiesta a Enia del Piano Economico Finanziario del Pai
Neri, a cominciare dal loro nome invertito.
E' ora il tempo dell'ira di Enia, fattasi forte ed enorme. Forte con i deboli, debole con i forti.
Ira che si abbatte sui conti, sulle strade sbudellate per far passare la nuova via dell'oro, un tele fraintendimento che lascerà molte gobbe sull'asfalto e conti salati nei saldi invernali.
Enia che trascura chi le da il pane, e li invita a un lavoro che poi viene gettato al fuoco della Grande Caldaia, che crea oscuri episodi anche sul taglio dell'erba.
Enia che non è più tale, immaginario di carta, sgualcita al sole, pipistrello che ci succhia il sangue con conti salati per la stessa interna incapacità a risparmiare, ottimizzare, tenere presentabili gli stipendi dei grandi e illuminati dirigenti, vigile lo sguardo alla crisi e al futuro, un futuro dove non ci saranno più le risorse che oggi brucia a carrettate, materie nobili schiacciate con spregio per annichilirne la forma e l'origine, giustificarne lo sperpero.
Irenia della sorte, oggi da loro si fugge, si disdice, si migra, non solo come bollette, diaspora necessaria, come non cercare qualche briciola di rivincita verso questo moloch silente, che a domanda non risponde, si trincera dietro un muro di parole inutili, muri di gomma trasparenti che fanno intravedere solo business, unico dio minore ma sovrano che governa il grande gioco.
Irenia della sorte, oggi c'è un antagonista in casa, un concorrente da battere, un angelo tenebroso, tenebre in crescente deposito, ora dopo ora, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, sui campi e sulle case, sui fili d'erba e sui fili degli uomini dove cadranno le polveri.
Irenia, un taràssaco che perde sempre più velocemente i suoi petali, un turbine di vento lo impoverisce e lo lascia nudo e solo, mentre tutto è compiuto.
Irenia della sorte, da questa prepotenza trarremo l'antidoto per liberarcene.
Fuori dalle nostre strade, fuori dalle nostre case, fuori dai nostri contatori.
Cerchiamo un servitore di cui poterci fidare.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 20 dicembre 2010
-503 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, NOI lo possiamo fermare!
+203 giorni dalla richiesta a Enia del Piano Economico Finanziario del Pai
domenica 19 dicembre 2010
Lombardo: inceneritori, tecnologia fallimentare
Antonio Casa sul Quotidiano di Sicilia scrive come Raffaele Lombardo a Catania abbia chiuso con il progetto dei quattro termovalorizzatori dell’era Cuffaro, guadagnandosi il plauso di cittadini e addetti ai lavori.
I termovalorizzatori, o per meglio dire inceneritori, eliminando una voluta ambiguità terminologica che l’Unione Europea ha più volte rimproverato all’Italia, rappresentano una fonte inquinante ad alto impatto sull’uomo e sull’ambiente.
A ribadirlo è stato Donato Marino, responsabile del programma Reci (Recupero Ecologico Chimico Industriale) per la Sicilia, al convegno “Smaltimento dei rifiuti: da gravissimo problema a ottima risorsa” organizzato dall’associazione Rinascita siciliana-Mosif (Movimenti sicilianisti federati) lo scorso sabato presso il Palazzo dell’Esa.
Il fallimento degli inceneritori è ormai conclamato: negli Stati Uniti non se ne costruiscono dal 1995, in Canada la tecnologia è assente, in Inghilterra, Spagna, Austria e Germania si preparano allo smantellamento, in Italia sono sotto sequestro gli impianti di Terni e Colleferro, mentre sono chiusi quelli di Brindisi e Pietrasanta. L’esempio più riuscito è probabilmente l’inceneritore di Brescia, che ha ottenuto importanti riconoscimenti in campo internazionale (ma nella giuria sedeva lo stesso costruttore), ma anche due violazioni delle direttive europee.
“È ampiamente provato - ha spiegato Marino - come gli inceneritori producano forti squilibri all’ecosistema”. Si tratta delle emissioni di anidride carbonica e diossine. In tal senso anche la normativa europea più recente, nonché quella italiana, si veda il decreto Ronchi che prevede lo smaltimento dei R.S.U. mediante inceneritore solo in via residuale, prevede l’incenerimento come passaggio finale di un processo che sia innanzitutto basato sulla riduzione della produzione del rifiuto e sul suo riciclaggio tramite differenziazione.
“Nessun inceneritore - ha proseguito Donato Marino - può dirsi sicuro, laddove anche i più moderni riescono a trattenere solo una parte del particolato prodotto dalla combustione (le c.d. nanoparticelle da PM10 a PM5), ma non esistono filtri o sistemi per l’intercettazione di quelle più insidiose per la salute umana (da PM 2,5 a PM 0,1)”.
Pertanto un termovalorizzatore che lavora per un complesso abitato, compreso tra 550 mila e 800 mila unità, dovrebbe trattare ogni giorno 800 tonnellate in media di rifiuti, ma “fonti mediche riferiscono che la dose massima di diossina tollerabile per un individuo adulto del peso di 70 kg è di 140 pg/giorno; invece, la predetta quantità di 201.600.000 pg di diossina, nell’area interessata porterebbe ad un carico per soggetto di 252 pg/giorno, ben aldilà del limite di tollerabilità”. E poi resterebbe il problema delle ceneri che meriterebbe delle discariche ad hoc.
Il vantaggio non esiste neanche in termini energetici perché, secondo quanto ha spiegato Marino, l’energia necessaria per lo smaltimento è 3 o 4 volte superiore a quella che si può ottenere bruciandoli. Di tutt’altro impatto la tecnologia R.E.C.I. che permette “il totale recupero della materia - ha specificato Marino - senza alcun bisogno di dubbi abbandoni in sicurezza delle scorie, con un loro confinamento in aree determinate”.
In conclusione “l’innovativa tecnologia R.E.C.I. consente, la trasformazione dei R.S.U. e/o fanghi, anche non differenziati, tramite un processo di polimerizzazione ed inertizzazione, in conglomerati inerti riutilizzabili primariamente nell’edilizia e nell’arredo urbano consentendo il superamento dell’attuale stato di crisi nel settore dello smaltimento dei rifiuti”.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 19 dicembre 2010
-504 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+202 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
I termovalorizzatori, o per meglio dire inceneritori, eliminando una voluta ambiguità terminologica che l’Unione Europea ha più volte rimproverato all’Italia, rappresentano una fonte inquinante ad alto impatto sull’uomo e sull’ambiente.
A ribadirlo è stato Donato Marino, responsabile del programma Reci (Recupero Ecologico Chimico Industriale) per la Sicilia, al convegno “Smaltimento dei rifiuti: da gravissimo problema a ottima risorsa” organizzato dall’associazione Rinascita siciliana-Mosif (Movimenti sicilianisti federati) lo scorso sabato presso il Palazzo dell’Esa.
Il fallimento degli inceneritori è ormai conclamato: negli Stati Uniti non se ne costruiscono dal 1995, in Canada la tecnologia è assente, in Inghilterra, Spagna, Austria e Germania si preparano allo smantellamento, in Italia sono sotto sequestro gli impianti di Terni e Colleferro, mentre sono chiusi quelli di Brindisi e Pietrasanta. L’esempio più riuscito è probabilmente l’inceneritore di Brescia, che ha ottenuto importanti riconoscimenti in campo internazionale (ma nella giuria sedeva lo stesso costruttore), ma anche due violazioni delle direttive europee.
“È ampiamente provato - ha spiegato Marino - come gli inceneritori producano forti squilibri all’ecosistema”. Si tratta delle emissioni di anidride carbonica e diossine. In tal senso anche la normativa europea più recente, nonché quella italiana, si veda il decreto Ronchi che prevede lo smaltimento dei R.S.U. mediante inceneritore solo in via residuale, prevede l’incenerimento come passaggio finale di un processo che sia innanzitutto basato sulla riduzione della produzione del rifiuto e sul suo riciclaggio tramite differenziazione.
“Nessun inceneritore - ha proseguito Donato Marino - può dirsi sicuro, laddove anche i più moderni riescono a trattenere solo una parte del particolato prodotto dalla combustione (le c.d. nanoparticelle da PM10 a PM5), ma non esistono filtri o sistemi per l’intercettazione di quelle più insidiose per la salute umana (da PM 2,5 a PM 0,1)”.
Pertanto un termovalorizzatore che lavora per un complesso abitato, compreso tra 550 mila e 800 mila unità, dovrebbe trattare ogni giorno 800 tonnellate in media di rifiuti, ma “fonti mediche riferiscono che la dose massima di diossina tollerabile per un individuo adulto del peso di 70 kg è di 140 pg/giorno; invece, la predetta quantità di 201.600.000 pg di diossina, nell’area interessata porterebbe ad un carico per soggetto di 252 pg/giorno, ben aldilà del limite di tollerabilità”. E poi resterebbe il problema delle ceneri che meriterebbe delle discariche ad hoc.
Il vantaggio non esiste neanche in termini energetici perché, secondo quanto ha spiegato Marino, l’energia necessaria per lo smaltimento è 3 o 4 volte superiore a quella che si può ottenere bruciandoli. Di tutt’altro impatto la tecnologia R.E.C.I. che permette “il totale recupero della materia - ha specificato Marino - senza alcun bisogno di dubbi abbandoni in sicurezza delle scorie, con un loro confinamento in aree determinate”.
In conclusione “l’innovativa tecnologia R.E.C.I. consente, la trasformazione dei R.S.U. e/o fanghi, anche non differenziati, tramite un processo di polimerizzazione ed inertizzazione, in conglomerati inerti riutilizzabili primariamente nell’edilizia e nell’arredo urbano consentendo il superamento dell’attuale stato di crisi nel settore dello smaltimento dei rifiuti”.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 19 dicembre 2010
-504 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+202 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
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