nella Bassa lo specchio dell'attenzione all'ambiente
da parte dei nostri amministratori
La Nial Rizzoli ha presentato lo scorso dicembre un progetto, pubblicato sul bollettino della Regione, "per la sistemazione morfologica e agrovegetazionale di un'area interessata da attività estrattiva, mediante attività di recupero di rifiuti non pericolosi (R 10), in località Fornace a San Secondo Parmense".
E' sorto subito un comitato di cittadini che ha raccolto firme e si è opposto al progetto, sottolineando come sia evidente a tutti la rinaturazione spontanea delle cave stesse, già trasformatesi in laghi naturali.
laghetti o discariche?
Martedì scorso si è svolta un'assemblea pubblica del comitato per aggiornare sulla situazione e trasformare il gruppo spontaneo in associazione per l'ambiente.
Era presente Giancarlo Castellani, assessore all'ambiente della Provincia, che ha sottolineato che non stratta di una discarica, in quanto non sono previste nuove discariche dal piano provinciale, e che comunque si tratterebbe di gestire rifiuti classificati R 10, cioè semplicemente di interramento di inerti non pericolosi.
Il gioco di parole è davvero clamoroso: basta non chiamarli rifiuti ed è tutto risolto.
Dagli interventi, sia di membri del comitato che di altri, è emerso che l'interramento nelle cave di scarti di industrie metallurgiche e di acciaierie e altresì di ceneri da biomassa contribuisce proprio a definire il nuovo invaso come una discarica e per di più di rifiuti pericolosi.
Le ceneri da centrale a biomassa, oltre a residui di metalli pesanti, contengono residui di K e Mg in concentrazioni nocive, che a contatto con la falda acquifera produrrebbero un grave inquinamento della stessa, con grave pregiudizio per la popolazione, i coltivi e l'alimentazione animale.
I membri del comitato hanno sottolineato come da un incontro informativo con la Nial-Rizzoli sia emersa la sua volontà della stessa di adire a compensazioni, come erogazione di fondi (450.000 euro) utili alla costruzione di una centrale termica a biomassa per l'essiccazione dei laterizi della Giavarini, azienda locale del settore.
Come Rete Ambiente Parma il nostro intervento ha sottolineato la disponibilità ad appoggiare la mobilitazione locale di San Secondo, stabilendo contatti permanenti, rimarcando come l'iniziativa della discarica nelle cave di San Secondo, la cui capienza totale sarebbe di 230.000 tonnellate,
sia da mettere in relazione all'intenzione dell'Eridania-Sadam di costruire vicino a Trecasali una centrale a biomassa da 60 Mw, da cui risulterebbero 7500 tonnellate annue di ceneri tossiche da smaltire.
Non proprio una coincidenza, piuttosto una programmazione, che tocca sicuramente anche le alte sfere delle amministrazioni locali e regionali, visto che la regione sembra prevedere incentivi alle aziende agricole che passano a coltivi da cui ricavare biomasse da bruciare.
Prospettive che certo cozzano contro la volontà dei cittadini di preservare il loro ambiente, cittadini non certo favorevoli a far diventare il proprio habitat discarica di servizio di qualche impresa, che porta benefici ad altri soggetti e malattie e pericoli per la salute a chi vive accanto.
Giuliano Serioli
Rete Ambiente Parma
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 26 febbraio 2011
-435 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+271 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
L'Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR - dal 2006 si è mossa per impedire la costruzione di un nuovo inceneritore a Parma, a 4 km da piazza Duomo, a fianco di Barilla e Chiesi, Ikea e ParmaRetail. Un mostro che brucerà 130 mila tonnellate di rifiuti all'anno e che inquinerà il nostro territorio per il futuro a venire.
sabato 26 febbraio 2011
venerdì 25 febbraio 2011
L'Europa boccia l'Italia degli inceneritori
Il 3 febbraio scorso il Parlamento Europeo ha bocciato l’Italia per la mancanza di un piano adeguato allo smaltimento differenziato dei rifiuti: la notizia ci giunge da Brescia Point.
Con 374 voti a favore, 208 contro e 38 astensioni è stata votata una risoluzione che denuncia le inottemperanze del Bel Paese. Il provvedimento rappresenta una dura condanna a come l’emergenza rifiuti è stata fin qui gestita e suggerisce alla Commissione di “fare uso dei poteri che le sono conferiti, ivi incluso proponendo un nuovo ricorso volto alla condanna al pagamento di sanzioni pecuniarie” se l’Italia non si adeguerà presto agli standard europei.
Nel resto d’Europa le cose vanno diversamente: la Germania, per esempio, si è posta come obiettivo per il 2020 la “discarica zero” e, insieme all’Olanda, sta puntando sull’eolico e sui pannelli solari, promuovendo la raccolta differenziata e il riutilizzo di vetro e plastica.
In Belgio invece la costruzione degli inceneritori è stata vietata per i prossimi cinque anni. Una strategia adottata anche oltreoceano da San Diego, Philadelfia e Boston negli Stati Uniti.
L’incenerimento dei rifiuti produce gravi danni alla salute. Lo sostiene ormai da tempo Paul Connet, docente emerito di Chimica alla St. Lawrence University di New York e massimo esperto mondiale di gestione di rifiuti e tecniche di incenerimento, le cui tesi sono riportate, per esempio, nel saggio "Incenerire i rifiuti? No grazie" di Gianluca Ferrara. Secondo l’esperto, ospite più volte anche della nostra città, gli impianti di incenerimento producono polveri tanto piccole che non possono essere filtrate né dal naso né dai bronchioli, penetrando, così, in profondità nei polmoni. Gli inceneritori, oltre alle polveri, generano metalli pesanti come piombo, mercurio, arsenico e cadmio, altamente nocivi per la salute.
Le ceneri, poi, andrebbero depositate in discariche speciali, i cui costi superano dieci volte quelli delle discariche tradizionali. Il particolato e le diossine prodotti da questi impianti finiscono per ricadere sui territori vicini ed entrare inevitabilmente nella catena alimentare.
L’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (Apat) ha sollecitato il monitoraggio nel lungo periodo della concentrazione di micro polveri e della prevalenza di malattie nelle aree adiacenti i 51 inceneritori presenti sul territorio italiano.
Come dimostra uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità condotto sulla popolazione campana, nei territori dove sono diffuse le pratiche di incenerimento e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e di quelli pericolosi il rischio di morire di alcune patologie è più alto della norma.
Come ha più volte spiegato lo stesso Connet, l’alternativa sta nel ridurre i rifiuti attraverso la raccolta differenziata porta a porta con tariffa puntuale, e nel riciclo. Quanto rimane va inviato a impianti per una selezione meccanica delle tipologie dei rimanenti rifiuti indifferenziati. La parte non riciclabile può essere trattata senza bruciarla in impianti di bioessicazione. La raccolta differenziata può arrivare al 70 per cento dei rifiuti, il 30 per cento rimanente può ridursi al 15-20 per cento dopo la bioessicazione. Una quantità inferiore agli scarti degli inceneritori. Ma si tratta di materiali inerti e non tossici con minori spese di gestione e un impatto ambientale e sanitario ridotto.
L'Europa virtuosa ha definito la strada del futuro, che non prevede inceneritori, a differenza di quanto sosteneva nonno Allodi e Enia e Provincia e Comune con il loro immaginifico pamphlet distribuito con il quotidiano locale.
La realtà è solo l'opposto di quanto sostenevano.
A Parma cresce in quel di Ugozzolo un fantasma del passato.
Chissà che qualcuno un giorno non decida di fare piazza pulita degli errori commessi e ricominciare a ragionare guardando avanti, a braccetto con l'Europa virtuosa.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 25 febbraio 2011
-436 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+267 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
Con 374 voti a favore, 208 contro e 38 astensioni è stata votata una risoluzione che denuncia le inottemperanze del Bel Paese. Il provvedimento rappresenta una dura condanna a come l’emergenza rifiuti è stata fin qui gestita e suggerisce alla Commissione di “fare uso dei poteri che le sono conferiti, ivi incluso proponendo un nuovo ricorso volto alla condanna al pagamento di sanzioni pecuniarie” se l’Italia non si adeguerà presto agli standard europei.
Nel resto d’Europa le cose vanno diversamente: la Germania, per esempio, si è posta come obiettivo per il 2020 la “discarica zero” e, insieme all’Olanda, sta puntando sull’eolico e sui pannelli solari, promuovendo la raccolta differenziata e il riutilizzo di vetro e plastica.
In Belgio invece la costruzione degli inceneritori è stata vietata per i prossimi cinque anni. Una strategia adottata anche oltreoceano da San Diego, Philadelfia e Boston negli Stati Uniti.
L’incenerimento dei rifiuti produce gravi danni alla salute. Lo sostiene ormai da tempo Paul Connet, docente emerito di Chimica alla St. Lawrence University di New York e massimo esperto mondiale di gestione di rifiuti e tecniche di incenerimento, le cui tesi sono riportate, per esempio, nel saggio "Incenerire i rifiuti? No grazie" di Gianluca Ferrara. Secondo l’esperto, ospite più volte anche della nostra città, gli impianti di incenerimento producono polveri tanto piccole che non possono essere filtrate né dal naso né dai bronchioli, penetrando, così, in profondità nei polmoni. Gli inceneritori, oltre alle polveri, generano metalli pesanti come piombo, mercurio, arsenico e cadmio, altamente nocivi per la salute.
Le ceneri, poi, andrebbero depositate in discariche speciali, i cui costi superano dieci volte quelli delle discariche tradizionali. Il particolato e le diossine prodotti da questi impianti finiscono per ricadere sui territori vicini ed entrare inevitabilmente nella catena alimentare.
L’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (Apat) ha sollecitato il monitoraggio nel lungo periodo della concentrazione di micro polveri e della prevalenza di malattie nelle aree adiacenti i 51 inceneritori presenti sul territorio italiano.
Come dimostra uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità condotto sulla popolazione campana, nei territori dove sono diffuse le pratiche di incenerimento e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e di quelli pericolosi il rischio di morire di alcune patologie è più alto della norma.
Come ha più volte spiegato lo stesso Connet, l’alternativa sta nel ridurre i rifiuti attraverso la raccolta differenziata porta a porta con tariffa puntuale, e nel riciclo. Quanto rimane va inviato a impianti per una selezione meccanica delle tipologie dei rimanenti rifiuti indifferenziati. La parte non riciclabile può essere trattata senza bruciarla in impianti di bioessicazione. La raccolta differenziata può arrivare al 70 per cento dei rifiuti, il 30 per cento rimanente può ridursi al 15-20 per cento dopo la bioessicazione. Una quantità inferiore agli scarti degli inceneritori. Ma si tratta di materiali inerti e non tossici con minori spese di gestione e un impatto ambientale e sanitario ridotto.
L'Europa virtuosa ha definito la strada del futuro, che non prevede inceneritori, a differenza di quanto sosteneva nonno Allodi e Enia e Provincia e Comune con il loro immaginifico pamphlet distribuito con il quotidiano locale.
La realtà è solo l'opposto di quanto sostenevano.
A Parma cresce in quel di Ugozzolo un fantasma del passato.
Chissà che qualcuno un giorno non decida di fare piazza pulita degli errori commessi e ricominciare a ragionare guardando avanti, a braccetto con l'Europa virtuosa.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 25 febbraio 2011
-436 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+267 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
giovedì 24 febbraio 2011
Lo strabiliante studio sulle polveri fini
Sono strabilianti le conclusioni (fanta)scientifiche dello studio "Emissioni di polveri fini e ultrafini da impianti di combustione", commissionato da Federambiente al Leap (Laboratorio energia e ambiente di Piacenza).
Il lavoro è stato realizzato da docenti del Politecnico di Milano, dell'Università di Parma e di Brescia, coordinati dal Stefano Consonni, e le loro conclusioni lasciano di stucco: "Il contributo di polveri fini e ultrafini emesse dai termovalorizzatori di nuova generazione è irrilevante per l' ambiente".
la sostanza grigia è l'aria che respiriamo
Talmente irrilevanti che perfino Enia (ora Iren) nello studio di impatto ambientale dell'inceneritore di Parma, volume D pag. 15, dichiara che verranno emesse ogni anno, nonostante il tanto acclamato teleriscaldamento (con conseguente eliminazione dei motori di cogenerazione a gas), oltre 3 tonnellate di PM10 in più rispetto alla situazione già molto critica della qualità della nostra aria.
Questa pare essere quindi la ricetta per risolvere il grave problema dei continui sforamenti dei PM10. Aggiungerne 3 tonnellate, per dare il colpo di grazia !
Questi incrementi di polveri, ammessi da Enia nello stesso progetto, saranno forse sfuggiti agli illuminati docenti.
Enia, nello studio di impatto ambientale, fa riferimento al particolato PM10 che, per quanto piccolo e da evitare e prevenire, rappresenta solo la frazione grossolana di particelle, le quali si depositano nelle vie aeree superiori e comportano effetti soprattutto di tipo infiammatorio tra cui bronchiti e asma.
Vi sono però particelle molto più minute, che recano molto più danno e che sono in grado di penetrare addirittura nei nuclei delle cellule.
Che lo si accetti o no, gli inceneritori sono grandi produttori di particolato ultrafine, in quanto lavorano ad alte temperature per cercare di limitare la produzione di diossine e congeneri.
Gli inceneritori moderni ( non dimentichiamo mai che la parola “termovalorizzatore” non esiste e che la Comunità Europea ci ha invitati a non ricorrere più a questo maquillage semantico) sono impianti che superano i 1000° C in camera di combustione.
Le particelle ultrafini non possono essere completamente trattenute dai sistemi di abbattimento dei fumi, dal momento che anche i più efficienti filtri secondo le migliori tecnologie disponibili (BAT) sarebbero tutt'al più in grado di trattenere efficientemente particelle al di sopra di 0,8 micron.
Inoltre i gas in uscita dai camini condensano con quanto trovano in atmosfera: ozono, vapore acqueo, radicali liberi, formando una quantità enorme di particolato fine secondario. Il processo è catalizzato dalle radiazioni solari.
Le polveri secondarie nascono, in quantità enorme, ben lontano dal camino, diventando veicolo per altre polveri che si trovano in atmosfera.
E' cruciale, per le sue ripercussioni ai fini degli studi di impatto ambientale, sottolineare l'importanza dal punto di vista quantitativo del particolato secondario.
In realtà, nei progetti degli impianti di combustione, che vengono normalmente sottoposti alle valutazioni di impatto ambientale, vengono riportati unicamente i valori del PTS (particelle totali sospese o ultragrossolane anche oltre ai 10 micron) emesso al camino, che non rappresenta la totalità del particolato realmente emesso da una ciminiera, con la conseguente grave sottostima delle emissioni.
A proposito di sottostima, è doveroso ricordare ( per restare nell'alveo scientifico e non emotivo, come auspicano gli autori sopracitati ), che l'inceneritore raddoppia la massa in uscita dei rifiuti in ingresso, in quanto per governare una combustione di materiali così eterogenei (medicinali, rifiuti ospedalieri, fanghi, rifiuti urbani, gomme, plastiche, metalli, polistirolo, materiale organico e chi più ne ha più ne metta), occorre aggiungere materie prime quali ammoniaca, bicarbonati, calce, acqua ed altri additivi.
Secondo diversi documenti, tra cui un esposto alla Procura della Repubblica presentato da alcuni medici ferraresi l'11 Luglio 2007 (contro l' ampliamento del già critico inceneritore cittadino), da una tonnellata iniziale di rifiuto da trattare produciamo una tonnellata di fumi, 650 kg di acqua da depurare (e dove finirà ciò che abbiamo depurato dall'acqua? ), 300 kg di ceneri pesanti, 30 kg di ceneri volanti e 25 kg di gesso.
Da una tonnellata iniziale di rifiuti da bruciare esce il doppio di materia di quella che si voleva trattare, senza considerare le poveri secondarie che si formano per condensazione e che possono ampiamente superare da sole quella massa.
Da quel camino, pertanto, usciranno migliaia di tonnellate di materia aggressiva per la nostra salute, altro che tracce. Per questo motivo verranno corrisposte compensazioni milionarie ai comuni più colpiti dalle emissioni.
Apprezziamo l' impegno dei docenti succitati a migliorare sempre più l' efficienza e l'affidabilità di questi impianti, ma (per restare nell'alveo scientifico e non emotivo) sentiamo il bisogno di appellarci al principio di Albert Einstein, secondo il quale non usciremo dal presente stato di crisi se non abbandoneremo il modo di pensare che lo ha generato.
Il 10 Gennaio scorso abbiamo portato all'Auditorium Paganini gli “Eroi dell'Ambiente“, Michael Braungart e William McDonough. E' in atto un cambiamento, oggi non si parla più di rifiuti, bensì di nutrienti, secondo l'equazione rifiuti uguale cibo. Le attività umane oggi seguono un processo che va dalla culla alla culla e non più dalla culla alla tomba (inceneritore o discarica che sia).
Emblematica la decisione della Van Gansewinkel Groep, la corrispondente Iren olandese, che chiuderà gli inceneritori per aderire ai principi c2c, dalla culla alla culla.
In un pianeta finito con risorse finite, avendo superato la capacità di carico del pianeta, è un dovere morale recuperare materia. Serve un cambiamento repentino, in modo che le future generazioni non abbiano da accusare chi li ha preceduti.
In tempo di guerra convertimmo l' industria civile in bellica dall'oggi al domani.
In tempo di pace non riusciamo a promuovere un cambiamento altrettanto celere dedicato alle future generazioni?
Parma vuole dire sì al futuro. Prima lo abbracciamo, prima diviene realtà.
Iren imiti la Van Gansewinkel Groep.
Parma, 24 febbraio 2011
-437 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+266 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
Il lavoro è stato realizzato da docenti del Politecnico di Milano, dell'Università di Parma e di Brescia, coordinati dal Stefano Consonni, e le loro conclusioni lasciano di stucco: "Il contributo di polveri fini e ultrafini emesse dai termovalorizzatori di nuova generazione è irrilevante per l' ambiente".
la sostanza grigia è l'aria che respiriamo
Talmente irrilevanti che perfino Enia (ora Iren) nello studio di impatto ambientale dell'inceneritore di Parma, volume D pag. 15, dichiara che verranno emesse ogni anno, nonostante il tanto acclamato teleriscaldamento (con conseguente eliminazione dei motori di cogenerazione a gas), oltre 3 tonnellate di PM10 in più rispetto alla situazione già molto critica della qualità della nostra aria.
Questa pare essere quindi la ricetta per risolvere il grave problema dei continui sforamenti dei PM10. Aggiungerne 3 tonnellate, per dare il colpo di grazia !
Questi incrementi di polveri, ammessi da Enia nello stesso progetto, saranno forse sfuggiti agli illuminati docenti.
Enia, nello studio di impatto ambientale, fa riferimento al particolato PM10 che, per quanto piccolo e da evitare e prevenire, rappresenta solo la frazione grossolana di particelle, le quali si depositano nelle vie aeree superiori e comportano effetti soprattutto di tipo infiammatorio tra cui bronchiti e asma.
Vi sono però particelle molto più minute, che recano molto più danno e che sono in grado di penetrare addirittura nei nuclei delle cellule.
Che lo si accetti o no, gli inceneritori sono grandi produttori di particolato ultrafine, in quanto lavorano ad alte temperature per cercare di limitare la produzione di diossine e congeneri.
Gli inceneritori moderni ( non dimentichiamo mai che la parola “termovalorizzatore” non esiste e che la Comunità Europea ci ha invitati a non ricorrere più a questo maquillage semantico) sono impianti che superano i 1000° C in camera di combustione.
Le particelle ultrafini non possono essere completamente trattenute dai sistemi di abbattimento dei fumi, dal momento che anche i più efficienti filtri secondo le migliori tecnologie disponibili (BAT) sarebbero tutt'al più in grado di trattenere efficientemente particelle al di sopra di 0,8 micron.
Inoltre i gas in uscita dai camini condensano con quanto trovano in atmosfera: ozono, vapore acqueo, radicali liberi, formando una quantità enorme di particolato fine secondario. Il processo è catalizzato dalle radiazioni solari.
Le polveri secondarie nascono, in quantità enorme, ben lontano dal camino, diventando veicolo per altre polveri che si trovano in atmosfera.
E' cruciale, per le sue ripercussioni ai fini degli studi di impatto ambientale, sottolineare l'importanza dal punto di vista quantitativo del particolato secondario.
In realtà, nei progetti degli impianti di combustione, che vengono normalmente sottoposti alle valutazioni di impatto ambientale, vengono riportati unicamente i valori del PTS (particelle totali sospese o ultragrossolane anche oltre ai 10 micron) emesso al camino, che non rappresenta la totalità del particolato realmente emesso da una ciminiera, con la conseguente grave sottostima delle emissioni.
A proposito di sottostima, è doveroso ricordare ( per restare nell'alveo scientifico e non emotivo, come auspicano gli autori sopracitati ), che l'inceneritore raddoppia la massa in uscita dei rifiuti in ingresso, in quanto per governare una combustione di materiali così eterogenei (medicinali, rifiuti ospedalieri, fanghi, rifiuti urbani, gomme, plastiche, metalli, polistirolo, materiale organico e chi più ne ha più ne metta), occorre aggiungere materie prime quali ammoniaca, bicarbonati, calce, acqua ed altri additivi.
Secondo diversi documenti, tra cui un esposto alla Procura della Repubblica presentato da alcuni medici ferraresi l'11 Luglio 2007 (contro l' ampliamento del già critico inceneritore cittadino), da una tonnellata iniziale di rifiuto da trattare produciamo una tonnellata di fumi, 650 kg di acqua da depurare (e dove finirà ciò che abbiamo depurato dall'acqua? ), 300 kg di ceneri pesanti, 30 kg di ceneri volanti e 25 kg di gesso.
Da una tonnellata iniziale di rifiuti da bruciare esce il doppio di materia di quella che si voleva trattare, senza considerare le poveri secondarie che si formano per condensazione e che possono ampiamente superare da sole quella massa.
Da quel camino, pertanto, usciranno migliaia di tonnellate di materia aggressiva per la nostra salute, altro che tracce. Per questo motivo verranno corrisposte compensazioni milionarie ai comuni più colpiti dalle emissioni.
Apprezziamo l' impegno dei docenti succitati a migliorare sempre più l' efficienza e l'affidabilità di questi impianti, ma (per restare nell'alveo scientifico e non emotivo) sentiamo il bisogno di appellarci al principio di Albert Einstein, secondo il quale non usciremo dal presente stato di crisi se non abbandoneremo il modo di pensare che lo ha generato.
Il 10 Gennaio scorso abbiamo portato all'Auditorium Paganini gli “Eroi dell'Ambiente“, Michael Braungart e William McDonough. E' in atto un cambiamento, oggi non si parla più di rifiuti, bensì di nutrienti, secondo l'equazione rifiuti uguale cibo. Le attività umane oggi seguono un processo che va dalla culla alla culla e non più dalla culla alla tomba (inceneritore o discarica che sia).
Emblematica la decisione della Van Gansewinkel Groep, la corrispondente Iren olandese, che chiuderà gli inceneritori per aderire ai principi c2c, dalla culla alla culla.
In un pianeta finito con risorse finite, avendo superato la capacità di carico del pianeta, è un dovere morale recuperare materia. Serve un cambiamento repentino, in modo che le future generazioni non abbiano da accusare chi li ha preceduti.
In tempo di guerra convertimmo l' industria civile in bellica dall'oggi al domani.
In tempo di pace non riusciamo a promuovere un cambiamento altrettanto celere dedicato alle future generazioni?
Parma vuole dire sì al futuro. Prima lo abbracciamo, prima diviene realtà.
Iren imiti la Van Gansewinkel Groep.
Parma, 24 febbraio 2011
-437 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+266 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
Vignali, l'ora dei fatti
Siamo arrivati ormai ad un punto di non ritorno nella vicenda dell’inceneritore di Ugozzolo. Un impianto, lo ricordiamo, che fu fortemente voluto da entrambi gli schieramenti, che ora per una delle due parti in causa, è fonte di fastidio, imbarazzo e ripensamento.
“Se dovessi decidere ora non farei” ha dichiarato a margine del Premio Sant’Ilario il sindaco di Parma.
Dalla parte avversa invece PD e Provincia accusano Vignali di opportunismo, di assecondare il gioco del GCR per tenersi buona la crescente fetta di cittadini contro l’inceneritore in vista delle elezioni comunali del 2012, e intanto riaffermano il loro sì all'impianto, contro ogni direttiva europea che oggi dice che il futuro è il riciclo totale della materia.
Non sappiamo cosa passi nella testa del primo cittadino, certo è che a questo gioco delle tre carte non siamo disponibili, avendo ben chiaro che ci sono sono due posizioni possibili.
Ormai è giunta l’ora di prendere una decisione definitiva sull’argomento, di esporsi con decisione contro l'impianto, se dentro di sé è questo che sente.
Sappiamo che all'interno della stessa maggioranza comunale alcuni esponenti si sono più volti espressi con convinzione che questo impianto, presto o tardi, farà male, alle persone e all'economia.
Sappiamo che i poteri forti ancora credono che l'inceneritore sia un'opera importante, ma crediamo anche che l'unione degli industriali dovrebbe riflettere con attenzione su quale sia il bene per la comunità locale, il bene per la salute dei cittadini, per la salute dei lavoratori a fianco dell'impianto, per la salute del nostro comparto agro alimentare, che sulla salubrità e qualità dei prodotti gioca le sue carte per il futuro.
Conosciamo la attenzioni della minoranza in consiglio comunale verso ogni respiro che emana il governo, ma sull'inceneritore vige il silenzio assoluto.
Perché non si difendono i cittadini da questo scempio? Non ce lo meritiamo?
Gli elementi per ottenere uno stop dei lavori ci sono tutti.
Una procedura di infrazione da parte della Comunità Europea, due esposti alla Procura della Repubblica, la condanna del direttore generale Andrea Viero, la diffida ad ATO per la revoca di tutti i contratti in essere sui rifiuti, l’incremento del 10% dei costi di costruzione, la mancata consegna del Piano Economico Finanziario da parte di Iren, nonostante le ripetute richieste dello stesso Sindaco, un'interrogazione in Regione, le denuncia del teleriscaldamento privatizzato.
Ci chiediamo di cos’altro ci sia bisogno per fermare un progetto così claudicante e inviso alla popolazione.
Ci sono oltre 2500 messaggi e-mail nella casella del sindaco che chiedono a gran voce un consiglio comunale straordinario, dopo che è stata sospesa l’audizione della Commissione Salute e Ambiente senza motivi. Messaggi per ora inascoltati, messaggi che invocano che l'inceneritore sia messo al centro del dibattito del comune di Parma, visto che l'avvio dell'iter è stata una delibera proprio del consesso cittadino.
L'ex collega di giunta Giampaolo Lavagetto ha presentato nei giorni scorsi un'interrogazione in consiglio provinciale per chiedere l’arresto immediato dei lavori.
Attendere ulteriormente non farebbe il bene alla città.
Ci piacerebbe che questa vicenda non si chiudesse per vie legali come ormai è d’abitudine nel nostro paese. Sarebbe auspicabile che per una volta i decisori politici si facessero carico delle loro responsabilità, per fermare un progetto ormai superato, abbracciando le moderne strategie di gestione rifiuti che porterebbero Parma a livello di capitale europea, una “green city” nei fatti e non solo nei proclami.
E’ giunta l’ora, Sindaco. Fermi l’inceneritore di Ugozzolo, noi crediamo che lo possa fare e che i cittadini risponderebbe con un lungo applauso a questa decisione.
Ci deve essere qualcuno che si faccia carico della salute nostra e la difenda a spada tratta contro qualunque potere forte si presenti sul cammino.
Noi siamo certi che la prima autorità sanitaria di Parma non lascerà intentata questa occasione, per ribadire che i primi cittadini siamo noi.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 24 febbraio 2011
-437 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+269 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
“Se dovessi decidere ora non farei” ha dichiarato a margine del Premio Sant’Ilario il sindaco di Parma.
Dalla parte avversa invece PD e Provincia accusano Vignali di opportunismo, di assecondare il gioco del GCR per tenersi buona la crescente fetta di cittadini contro l’inceneritore in vista delle elezioni comunali del 2012, e intanto riaffermano il loro sì all'impianto, contro ogni direttiva europea che oggi dice che il futuro è il riciclo totale della materia.
Non sappiamo cosa passi nella testa del primo cittadino, certo è che a questo gioco delle tre carte non siamo disponibili, avendo ben chiaro che ci sono sono due posizioni possibili.
Ormai è giunta l’ora di prendere una decisione definitiva sull’argomento, di esporsi con decisione contro l'impianto, se dentro di sé è questo che sente.
Sappiamo che all'interno della stessa maggioranza comunale alcuni esponenti si sono più volti espressi con convinzione che questo impianto, presto o tardi, farà male, alle persone e all'economia.
Sappiamo che i poteri forti ancora credono che l'inceneritore sia un'opera importante, ma crediamo anche che l'unione degli industriali dovrebbe riflettere con attenzione su quale sia il bene per la comunità locale, il bene per la salute dei cittadini, per la salute dei lavoratori a fianco dell'impianto, per la salute del nostro comparto agro alimentare, che sulla salubrità e qualità dei prodotti gioca le sue carte per il futuro.
Conosciamo la attenzioni della minoranza in consiglio comunale verso ogni respiro che emana il governo, ma sull'inceneritore vige il silenzio assoluto.
Perché non si difendono i cittadini da questo scempio? Non ce lo meritiamo?
Gli elementi per ottenere uno stop dei lavori ci sono tutti.
Una procedura di infrazione da parte della Comunità Europea, due esposti alla Procura della Repubblica, la condanna del direttore generale Andrea Viero, la diffida ad ATO per la revoca di tutti i contratti in essere sui rifiuti, l’incremento del 10% dei costi di costruzione, la mancata consegna del Piano Economico Finanziario da parte di Iren, nonostante le ripetute richieste dello stesso Sindaco, un'interrogazione in Regione, le denuncia del teleriscaldamento privatizzato.
Ci chiediamo di cos’altro ci sia bisogno per fermare un progetto così claudicante e inviso alla popolazione.
Ci sono oltre 2500 messaggi e-mail nella casella del sindaco che chiedono a gran voce un consiglio comunale straordinario, dopo che è stata sospesa l’audizione della Commissione Salute e Ambiente senza motivi. Messaggi per ora inascoltati, messaggi che invocano che l'inceneritore sia messo al centro del dibattito del comune di Parma, visto che l'avvio dell'iter è stata una delibera proprio del consesso cittadino.
L'ex collega di giunta Giampaolo Lavagetto ha presentato nei giorni scorsi un'interrogazione in consiglio provinciale per chiedere l’arresto immediato dei lavori.
Attendere ulteriormente non farebbe il bene alla città.
Ci piacerebbe che questa vicenda non si chiudesse per vie legali come ormai è d’abitudine nel nostro paese. Sarebbe auspicabile che per una volta i decisori politici si facessero carico delle loro responsabilità, per fermare un progetto ormai superato, abbracciando le moderne strategie di gestione rifiuti che porterebbero Parma a livello di capitale europea, una “green city” nei fatti e non solo nei proclami.
E’ giunta l’ora, Sindaco. Fermi l’inceneritore di Ugozzolo, noi crediamo che lo possa fare e che i cittadini risponderebbe con un lungo applauso a questa decisione.
Ci deve essere qualcuno che si faccia carico della salute nostra e la difenda a spada tratta contro qualunque potere forte si presenti sul cammino.
Noi siamo certi che la prima autorità sanitaria di Parma non lascerà intentata questa occasione, per ribadire che i primi cittadini siamo noi.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 24 febbraio 2011
-437 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+269 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
mercoledì 23 febbraio 2011
La storia infinita
L'inceneritore di Parma è più appassionante di Dallas
Le soap opera ci fanno un baffo, a noi di Parma, la storia dell'inceneritore targato Iren è molto più appassionante e lunga delle mille puntate delle telenovela e, soprattutto, ad ogni piè sospinto è pronto il capovolgimento di fronte, la sorpresa che spiazza.
Eccoci oggi a raccontare agli esterrefatti cittadini della provincia il nuovo coup de theatre sul forno inceneritore, che cresce in quel di Ugozzolo, ma zoppica vistosamente fin da quando riposava in grembo a Iren, Provincia, Comune.
L'ultima pestata di calli arriva a far veder le stelle alla rete di teleriscaldamento, l'infrastruttura indispensabile a rendere questo impianto remunerativo, visto che utilizzerà un combustibile a costo zero, i rifiuti, per scaldare l'acqua e farla profumatamente pagare agli utilizzatori finali.
Utilizzatori finali che oggi segnano un punto a loro favore, visto che come scoop di Parma Daily di queste prime ore del mattino, Andrea Marsiletti ci riassume in poche efficaci battute.
Vedi l'articolo http://www.parmadaily.it/Notizie/Dettaglio.aspx?pda=MAS&pdi=41798
La coppia di avvocati più insidiosa di Parma, formata da Arrigo Allegri e Pietro De Angelis, ha infatti messo sul tavolo una nuova micidiale giocata, che rischia di essere l'ultima goccia che farà traboccare il vaso, ormai fin troppo pieno di evidenti illegittimità.
La rete del teleriscaldamento, che Iren sta costruendo a spese sue ma anche nostre, visti i danni alle strade che non vengono mai sistemati (avete mai percorso la groviera di viale Piacenza?), viste le tariffe che saranno applicate agli incauti utenti del termosifone centralizzato, deve essere pubblica.
Ciò significa che è del tutto illegittima la costruenda rete di proprietà Iren, la quale dovrà fare un non piccolo passo indietro e rivedere di molto le sue stime e i suoi programmi di sviluppo.
Una rete pubblica perché su suolo pubblico, una rete pubblica perché di pubblico servizio trattasi, una rete pubblica perché Iren non è affatto una impresa pubblica, ma una società quotata in Borsa e di proprietà esclusiva degli azionisti.
Ora ci domandiamo cosa resta del grande edificio luccicante del Pai, il Polo Ambientale Integrato, che voleva divenire il fiore all'occhiello di Parma del futuro, un modello di virtù anche per altri territori vicini e lontani.
Smontata per bene tutta l'intricata scatola, si è scoperto ogni segreto nascosto negli anfratti e angoli nascosti del grande gioco, verso cui i registi occulti si commuovevano al sol pensiero del suo avvio, corrispondente all'inaugurazione del registratore di cassa più bello del mondo, soldi a fiumi 365 giorni all'anno, danni ambientali e di salute per gli ignari abitanti nei pressi.
Ora abbiamo davanti le mille matrioske, nude e crude, che mostrano evidenti le loro rughe.
Quante siano e quanto profonde si fa ormai fatica a dirlo, tanto lungo il conteggio.
Un affidamento illegittimo perché mancante di gara, l'ex “primo” ha nulla da dire?
Un appalto da 43 milioni costruito per avere una sola azienda partecipante, il “meno elle” ne sa qualcosa?
L'intenzione di Iren di bruciare il 90% della plastica, contro ogni normativa italiana e comunitaria, cantaci o Allodi di Parma Virtuosa.
L'ossessiva esportazione fuori provincia di tutto l'organico per giustificare i costi stellari.
L'assenza del porta a porta in tutto il centro cittadino, a distanza di anni dalla programmazione del Corsorzio Priula.
Il ricorso al Tar sull'impianto elettrico dell'inceneritore.
Due esposti alla Procura della Repubblica.
La procedura di infrazione aperta dalla Comunità Europea.
Il direttore generale condannato dalla Corte dei Conti e dimissionato dalla delibera del comune di Reggio Emilia.
L'assenza di un Piano Economico Finanziario e il rifiuto di fornirlo addirittura alla richiesta del sindaco di Parma, socio della stessa azienda.
L'esplosione dei costi ormai fuori controllo e senza che nessuno possa conoscerli.
Le tariffe dei rifiuti che non saranno quelle promesse.
Va bene, non andiamo oltre, ci fermiamo qui per affaticamento.
La storia infinita dell'inceneritore di Parma deve finire.
Oggi, ora, adesso.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 23 febbraio 2011
-438 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+268 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
Le soap opera ci fanno un baffo, a noi di Parma, la storia dell'inceneritore targato Iren è molto più appassionante e lunga delle mille puntate delle telenovela e, soprattutto, ad ogni piè sospinto è pronto il capovolgimento di fronte, la sorpresa che spiazza.
Eccoci oggi a raccontare agli esterrefatti cittadini della provincia il nuovo coup de theatre sul forno inceneritore, che cresce in quel di Ugozzolo, ma zoppica vistosamente fin da quando riposava in grembo a Iren, Provincia, Comune.
L'ultima pestata di calli arriva a far veder le stelle alla rete di teleriscaldamento, l'infrastruttura indispensabile a rendere questo impianto remunerativo, visto che utilizzerà un combustibile a costo zero, i rifiuti, per scaldare l'acqua e farla profumatamente pagare agli utilizzatori finali.
Utilizzatori finali che oggi segnano un punto a loro favore, visto che come scoop di Parma Daily di queste prime ore del mattino, Andrea Marsiletti ci riassume in poche efficaci battute.
Vedi l'articolo http://www.parmadaily.it/Notizie/Dettaglio.aspx?pda=MAS&pdi=41798
La coppia di avvocati più insidiosa di Parma, formata da Arrigo Allegri e Pietro De Angelis, ha infatti messo sul tavolo una nuova micidiale giocata, che rischia di essere l'ultima goccia che farà traboccare il vaso, ormai fin troppo pieno di evidenti illegittimità.
La rete del teleriscaldamento, che Iren sta costruendo a spese sue ma anche nostre, visti i danni alle strade che non vengono mai sistemati (avete mai percorso la groviera di viale Piacenza?), viste le tariffe che saranno applicate agli incauti utenti del termosifone centralizzato, deve essere pubblica.
Ciò significa che è del tutto illegittima la costruenda rete di proprietà Iren, la quale dovrà fare un non piccolo passo indietro e rivedere di molto le sue stime e i suoi programmi di sviluppo.
Una rete pubblica perché su suolo pubblico, una rete pubblica perché di pubblico servizio trattasi, una rete pubblica perché Iren non è affatto una impresa pubblica, ma una società quotata in Borsa e di proprietà esclusiva degli azionisti.
Ora ci domandiamo cosa resta del grande edificio luccicante del Pai, il Polo Ambientale Integrato, che voleva divenire il fiore all'occhiello di Parma del futuro, un modello di virtù anche per altri territori vicini e lontani.
Smontata per bene tutta l'intricata scatola, si è scoperto ogni segreto nascosto negli anfratti e angoli nascosti del grande gioco, verso cui i registi occulti si commuovevano al sol pensiero del suo avvio, corrispondente all'inaugurazione del registratore di cassa più bello del mondo, soldi a fiumi 365 giorni all'anno, danni ambientali e di salute per gli ignari abitanti nei pressi.
Ora abbiamo davanti le mille matrioske, nude e crude, che mostrano evidenti le loro rughe.
Quante siano e quanto profonde si fa ormai fatica a dirlo, tanto lungo il conteggio.
Un affidamento illegittimo perché mancante di gara, l'ex “primo” ha nulla da dire?
Un appalto da 43 milioni costruito per avere una sola azienda partecipante, il “meno elle” ne sa qualcosa?
L'intenzione di Iren di bruciare il 90% della plastica, contro ogni normativa italiana e comunitaria, cantaci o Allodi di Parma Virtuosa.
L'ossessiva esportazione fuori provincia di tutto l'organico per giustificare i costi stellari.
L'assenza del porta a porta in tutto il centro cittadino, a distanza di anni dalla programmazione del Corsorzio Priula.
Il ricorso al Tar sull'impianto elettrico dell'inceneritore.
Due esposti alla Procura della Repubblica.
La procedura di infrazione aperta dalla Comunità Europea.
Il direttore generale condannato dalla Corte dei Conti e dimissionato dalla delibera del comune di Reggio Emilia.
L'assenza di un Piano Economico Finanziario e il rifiuto di fornirlo addirittura alla richiesta del sindaco di Parma, socio della stessa azienda.
L'esplosione dei costi ormai fuori controllo e senza che nessuno possa conoscerli.
Le tariffe dei rifiuti che non saranno quelle promesse.
Va bene, non andiamo oltre, ci fermiamo qui per affaticamento.
La storia infinita dell'inceneritore di Parma deve finire.
Oggi, ora, adesso.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 23 febbraio 2011
-438 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+268 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
lunedì 21 febbraio 2011
Le morti invisibili dei bambini malati di cancro
Riflessioni dell’Associazione Minerva PELTI Associazione di Genitori di Bambini Oncoematologici per la Prevenzione e la Lotta ai Tumori Infantili in occasione della IX Giornata Mondiale contro il cancro infantile Roma 18 febbraio 2011
Ci sono morti di bambini innocenti che fanno agitare l’opinione pubblica, come quelle di Alessia e Livia, le gemelline svizzere probabilmente uccise dal padre. Ci sono morti di bambini innocenti che fanno mobilitare sindaci, ministri, cardinali, come quelle di Sebastian, Fernando, Patrizia e Raul, i fratellini rom morti nel rogo della loro baracca a Roma qualche giorno fa, e che fanno richiedere con forza interventi urgenti e stanziamenti importanti di fondi finalizzati alla risoluzione alla radice del problema.
Ci sono poi le morti di Flavia, Nicolò, Sara, Francesco, David, Emiliano, Maria Jose e altri cinquecento bambini ogni anno che, sia pur altrettanto innocenti, rimangono “invisibili”. Non se ne vuole parlare forse perché mette troppa paura e il solo pensiero fa inorridire. Queste morti, pur sconquassando le famiglie di appartenenza e tutti gli affetti, in maniera permanente, non fanno notizia e non sembrano interessare ne i media, ne i decisori politici.
Vengono relegate tra gli incidenti di percorso della vita e quindi “normali”, e spesso i dati sono minimizzati dagli stessi addetti ai lavori, “per non creare allarme sociale” continuando a rassicurare tutti che la sconfitta del male incurabile è ormai vicina. Ma la morte di un bambino non è mai normale e il cancro che li colpisce non può essere considerato come una punizione caduta dal cielo.
Ci sono molteplici cause che interagiscono tra loro per far esplodere la malattia, e molte di loro sono note da decenni, ma nessuno le va ad indagare e ricercare se non in occasioni del tutto eccezionali e che raggiungono un risalto mediatico adeguato (vedi i 7 casi di Leucemia a Milano in un mese all’inizio del 2010 o il caso di Radio Vaticana). Non si vuole ancora gettare un raggio di luce nel buio mondo dei bambini italiani che ogni anno si ammalano di cancro, oltre 2000 - in costante drammatico aumento.
In tema di diagnosi e cura, molto si è fatto e si sta facendo, anche con buoni risultati. Ma in tema di prevenzione primaria c’è praticamente il nulla. La tragedia insita in ciò è ancora più beffarda ed ingiusta perché, con nostra grande sorpresa, la letteratura scientifica è ricca di studi che indicano quali siano le cause probabili e quelle certe di queste malattie. Come le origini spesso siano già nel grembo materno, è confermato dall’evidente incremento di queste patologie nel primo anno di vita che implica per forza di cose un’insorgenza a fronte di un danno già in età embrio-fetale.
Ma il sistema e le leggi che vigono oggi in Italia, non consentono di individuare con ragionevole certezza il nesso causale tra i fattori di rischio “noti e presenti” e l’insorgenza della malattia. Per prima cosa manca un Registro Nazionale dei Tumori Pediatrici (solo Piemonte e Marche ne hanno uno) che consenta di individuare in maniera rapida e precisa le aree a maggior insorgenza, i trend specifici e magari catalogare elementi comuni ai singoli casi. Si pensi ad esempio come oggi, in una città come Roma, non ci sia un sistema o un organismo che rilevi tempestivamente come in una certa zona ci siano fino al triplo dei casi di leucemie infantili rispetto ai valori di incidenza standard. Solo la sensibilità di noi genitori ha fatto allertare in questa zona i vari soggetti interessati a vario titolo alla materia (ASL, pediatri, ARPA, ecc.) per approfondire la questione. Al momento e fino a ragionevole certezza dei dati in nostro possesso, non riveleremo la zona in questione, proprio per non essere tacciati di creare l’allarmismo tanto temuto; anche se è da considerare come gli effetti di un falso allarme siano per lo più transitori e limitati, mentre gli effetti negativi che si producono a seguito di false rassicurazioni sono durevoli, certi ed estesi, nonché capaci di diffondersi in forma incontrollata, producendo così danni irreparabili non solo alla salute, ma anche alla tanto cara economia, alla credibilità delle istituzioni e quella dei loro rappresentanti.
Cosa fare allora?
La IX Giornata Mondiale contro il cancro infantile promossa in Italia da FIAGOP e AIEOP ci invita ad una nuova Alleanza Globale per rinnovare, tra le altre cose, il programma di prevenzione e cura dei tumori dell’età pediatrica. Noi auspichiamo che dopo i primi importanti passi fatti tra le maggiori associazioni operanti nel settore (AIEOP, AIRTUM; FIAGOP; ISDE e altre) per fronteggiare quella che a pieno titolo deve essere considerata una vera emergenza, vengano ora strutturati e attuati concretamente, con il supporto dello Stato, adeguati piani di Prevenzione Primaria che vadano ad eliminare alla fonte quanti più possibili fattori di rischio noti.
In attesa della costituzione dell’indispensabile Registro Nazionale dei Tumori Pediatrici, una ulteriore proposta concreta che facciamo, è quella di attivare da subito una rete di pediatri "sentinella" che dovranno avvistare e segnalare ,ad un apposito Centro Nazionale, tutti i casi di patologie tumorali pediatriche con l’intento di avere una mappatura degli stessi in un tempo pressoché coincidente con quello della loro diagnosi. I dati di questo Centro sarebbero quindi messi a disposizione di una apposita task force, anch’essa da costituire contestualmente, di cui facciano parte epidemiologi, tossicologi, pediatri, oncologi, genetisti e rappresentanti delle associazioni di genitori, per le valutazioni e gli interventi del caso.
Per concludere, vogliamo riprendere e far nostre alcune parole pronunciate dal Cardinal Vicario Agostino Vallini in occasione della veglia di preghiera in memoria dei 4 piccoli rom morti a Roma: “dobbiamo lasciarci turbare da questa morti … La morte di Sebastian, Fernando, Patrizia e Raul è come un macigno che ci pesa sul cuore e ci invita ad un grave esame di coscienza, ciascuno per la sua parte di responsabilità. Questo tragico evento deve porre a ciascuno di noi una domanda: potevamo fare qualcosa per scongiurare questa morte ingiusta ?”.
Anche noi genitori di bambini colpiti dal tumore, invitiamo tutti coloro che a qualsiasi titolo siano coinvolti in questo ambito, a porsi questa drammatica domanda !
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 21 febbraio 2011
-440 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+266 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
Ci sono morti di bambini innocenti che fanno agitare l’opinione pubblica, come quelle di Alessia e Livia, le gemelline svizzere probabilmente uccise dal padre. Ci sono morti di bambini innocenti che fanno mobilitare sindaci, ministri, cardinali, come quelle di Sebastian, Fernando, Patrizia e Raul, i fratellini rom morti nel rogo della loro baracca a Roma qualche giorno fa, e che fanno richiedere con forza interventi urgenti e stanziamenti importanti di fondi finalizzati alla risoluzione alla radice del problema.
Ci sono poi le morti di Flavia, Nicolò, Sara, Francesco, David, Emiliano, Maria Jose e altri cinquecento bambini ogni anno che, sia pur altrettanto innocenti, rimangono “invisibili”. Non se ne vuole parlare forse perché mette troppa paura e il solo pensiero fa inorridire. Queste morti, pur sconquassando le famiglie di appartenenza e tutti gli affetti, in maniera permanente, non fanno notizia e non sembrano interessare ne i media, ne i decisori politici.
Vengono relegate tra gli incidenti di percorso della vita e quindi “normali”, e spesso i dati sono minimizzati dagli stessi addetti ai lavori, “per non creare allarme sociale” continuando a rassicurare tutti che la sconfitta del male incurabile è ormai vicina. Ma la morte di un bambino non è mai normale e il cancro che li colpisce non può essere considerato come una punizione caduta dal cielo.
Ci sono molteplici cause che interagiscono tra loro per far esplodere la malattia, e molte di loro sono note da decenni, ma nessuno le va ad indagare e ricercare se non in occasioni del tutto eccezionali e che raggiungono un risalto mediatico adeguato (vedi i 7 casi di Leucemia a Milano in un mese all’inizio del 2010 o il caso di Radio Vaticana). Non si vuole ancora gettare un raggio di luce nel buio mondo dei bambini italiani che ogni anno si ammalano di cancro, oltre 2000 - in costante drammatico aumento.
In tema di diagnosi e cura, molto si è fatto e si sta facendo, anche con buoni risultati. Ma in tema di prevenzione primaria c’è praticamente il nulla. La tragedia insita in ciò è ancora più beffarda ed ingiusta perché, con nostra grande sorpresa, la letteratura scientifica è ricca di studi che indicano quali siano le cause probabili e quelle certe di queste malattie. Come le origini spesso siano già nel grembo materno, è confermato dall’evidente incremento di queste patologie nel primo anno di vita che implica per forza di cose un’insorgenza a fronte di un danno già in età embrio-fetale.
Ma il sistema e le leggi che vigono oggi in Italia, non consentono di individuare con ragionevole certezza il nesso causale tra i fattori di rischio “noti e presenti” e l’insorgenza della malattia. Per prima cosa manca un Registro Nazionale dei Tumori Pediatrici (solo Piemonte e Marche ne hanno uno) che consenta di individuare in maniera rapida e precisa le aree a maggior insorgenza, i trend specifici e magari catalogare elementi comuni ai singoli casi. Si pensi ad esempio come oggi, in una città come Roma, non ci sia un sistema o un organismo che rilevi tempestivamente come in una certa zona ci siano fino al triplo dei casi di leucemie infantili rispetto ai valori di incidenza standard. Solo la sensibilità di noi genitori ha fatto allertare in questa zona i vari soggetti interessati a vario titolo alla materia (ASL, pediatri, ARPA, ecc.) per approfondire la questione. Al momento e fino a ragionevole certezza dei dati in nostro possesso, non riveleremo la zona in questione, proprio per non essere tacciati di creare l’allarmismo tanto temuto; anche se è da considerare come gli effetti di un falso allarme siano per lo più transitori e limitati, mentre gli effetti negativi che si producono a seguito di false rassicurazioni sono durevoli, certi ed estesi, nonché capaci di diffondersi in forma incontrollata, producendo così danni irreparabili non solo alla salute, ma anche alla tanto cara economia, alla credibilità delle istituzioni e quella dei loro rappresentanti.
Cosa fare allora?
La IX Giornata Mondiale contro il cancro infantile promossa in Italia da FIAGOP e AIEOP ci invita ad una nuova Alleanza Globale per rinnovare, tra le altre cose, il programma di prevenzione e cura dei tumori dell’età pediatrica. Noi auspichiamo che dopo i primi importanti passi fatti tra le maggiori associazioni operanti nel settore (AIEOP, AIRTUM; FIAGOP; ISDE e altre) per fronteggiare quella che a pieno titolo deve essere considerata una vera emergenza, vengano ora strutturati e attuati concretamente, con il supporto dello Stato, adeguati piani di Prevenzione Primaria che vadano ad eliminare alla fonte quanti più possibili fattori di rischio noti.
In attesa della costituzione dell’indispensabile Registro Nazionale dei Tumori Pediatrici, una ulteriore proposta concreta che facciamo, è quella di attivare da subito una rete di pediatri "sentinella" che dovranno avvistare e segnalare ,ad un apposito Centro Nazionale, tutti i casi di patologie tumorali pediatriche con l’intento di avere una mappatura degli stessi in un tempo pressoché coincidente con quello della loro diagnosi. I dati di questo Centro sarebbero quindi messi a disposizione di una apposita task force, anch’essa da costituire contestualmente, di cui facciano parte epidemiologi, tossicologi, pediatri, oncologi, genetisti e rappresentanti delle associazioni di genitori, per le valutazioni e gli interventi del caso.
Per concludere, vogliamo riprendere e far nostre alcune parole pronunciate dal Cardinal Vicario Agostino Vallini in occasione della veglia di preghiera in memoria dei 4 piccoli rom morti a Roma: “dobbiamo lasciarci turbare da questa morti … La morte di Sebastian, Fernando, Patrizia e Raul è come un macigno che ci pesa sul cuore e ci invita ad un grave esame di coscienza, ciascuno per la sua parte di responsabilità. Questo tragico evento deve porre a ciascuno di noi una domanda: potevamo fare qualcosa per scongiurare questa morte ingiusta ?”.
Anche noi genitori di bambini colpiti dal tumore, invitiamo tutti coloro che a qualsiasi titolo siano coinvolti in questo ambito, a porsi questa drammatica domanda !
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 21 febbraio 2011
-440 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+266 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
L'assemblea del comitato No Cava Le Predelle: Roccamurata a rischio salute
Le problematiche che hanno portato ad una vera e propria sollevazione popolare erano evidenziate nello striscione sotto il tavolo dei relatori: “Le crepe sui muri di casa”, “Il terrore di respirare amianto”.
E' l'assemblea del comitato No Cave Predelle a riassumere le emergenze ambientali di Roccamurata, dove una cava d'amianto sta riempiendo l'aria di fibre di absesto.
Se le gravi lesioni strutturali e le fessurazioni lungo la strada sono particolarmente evidenti e concrete a vista d’occhio, rimangono, invece, nascosti i possibili effetti nefasti della respirazione delle polveri d’amianto, dovute alla lavorazione e al trasporto (senza sicurezza, con camion senza teloni, dunque scoperti e con gli pneumatici sporchi) dei materiali derivati dall’attività estrattiva all’interno della cava (le gracili rocce ofioliti che, più semplici da lavorare rispetto ad altri inerti).
La sala a Roccamurata è gremita di valligiani, accorsi a discutere del problema della cava di amianto ancora presente sul territorio. L'occasione è l'assemblea del comitato, riunita per eleggere le nuove cariche associative.
A moderare l'incontro il giornalista Gabriele Majo.
Il primo relatore, un vero e proprio esperto del ramo, è stato Fabio Paterniti, coordinatore del comitato “Cave all’amianto no grazie”, che vanta al proprio attivo la proficua esperienza avverso la cava di Pietranera a Bardi.
Paterniti ha rilevato che sono ben otto le cave all’amianto attive nel territorio provinciale di Parma, mentre a Piacenza non ce n’è più neppure una, dopo che è stata recepita la pericolosità delle stesse per la salute delle popolazioni circostanti, i cugini di Piacenza sono stati un po' più avveduti.
Le municipalità hanno le loro gravi responsabilità, così come chi sostiene che queste cave possano essere economicamente interessanti per le collettività che le ospitano
Le entrate per le amministrazioni che concedono i permessi sono irrisorie rispetto al giro d’affari.
Le conseguenze nefaste di queste cave non toccano soltanto i residenti.
I camion all’amianto senza telone percorrono le provinciali – come documentato da foto e filmati girati da Paolo Magnani– e tornante dopo tornante scendono giù fino a valle, dove terminano la propria corsa in ben identificati siti.
A respirare le pericolose polveri non sono dunque poche persone (e già sarebbe grave), bensì una vera e propria moltitudine di cittadini.
Con quali effetti? Paolo Magnani, per spiegarlo, si è affidato ad un significativo quanto drammatico documentario, Arrakis, un poetico tributo ai luoghi e alle vittime del progresso industriale nelle fabbriche italiane.
Roccamurata come Sesto San Giovanni (o Bresso, Cinisello, Cologno, Monza, etc.) e dunque Parma come Milano, dal momento che gli effetti non erano circoscritti ai soli siti industriali. Nel filmato le fabbriche abbandonate fanno da sfondo ad una voce, trasformata dalla malattia: è quella di un laringectomizzato, Silvestro Capelli, ex operaio della storica Breda Fucine.
La laringectomia totale, cui venne sottoposto nel 1996, fu necessaria per estirpare un tumore causato dall’amianto inalato durante gli anni del lavoro in fabbrica. “Tutti sapevano e nessuno ha parlato. Lo sapevano i sindacati. Lo sapeva la direzione dell’azienda. Lo sapeva l’assessorato alla sanità. Lo sapevano tutti e non gli operai che c’erano dentro. E così ci hanno condannato a morte, a menomazioni, ma non solamente noi che lavoravamo all’interno della fabbrica. Perché le fabbriche non sono state costruite sotto una campana di vetro”.
E sotto una campana di vetro non risulta esserci neppure la Cava Le Predelle. Il pubblico della sala, impressionato, ha iniziato a chiedersi se la condanna sia già firmata, per sé o per i propri discendenti; significativa la parabola scelta per rispondere: se passi in mezzo ad un campo dove stanno sparando puoi anche rimanere indenne, ma maggiori sono i colpi, più hai la possibilità di essere colpito. E se vieni colpito sei morto.
Roberto Bardini, che alla fine dei lavori è stato eletto nuovo presidente del Comitato No Cava le Predelle, ha chiosato le risposte che la Regione ha dato alla consigliere Gabriella Meo, in visita a Roccamurata nelle scorse settimane.
Una video-testimonianza di quella giornata particolare è stata proiettata nella sala: il prossimo passo sarà “esportare” la pubblica assemblea, con tanto di contributi filmati, fino a Borgotaro, e poi via via giù lungo la fondovalle, seguendo lo stesso percorso dei camion.
Perché il problema della Cava Le Predelle (e delle sue sorelle) non è circoscritto alle piccole frazioni che le ospitano.
I tralicci dell’alta tensione e delle linee telefoniche, a causa della continua erosione del terreno, ora distano pochi metri dalla grande buca della cava.
Roccamurata è un campanello di allarme di come il nostro territorio sia gestito.
O meglio di come non sia gestito.
I cittadini si devono rimboccare le maniche e agire in prima persona.
E' la sola strada per avere risposte e per ottenere giustizia.
Gabriele Majo
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 21 febbraio 2011
-440 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+266 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
E' l'assemblea del comitato No Cave Predelle a riassumere le emergenze ambientali di Roccamurata, dove una cava d'amianto sta riempiendo l'aria di fibre di absesto.
Se le gravi lesioni strutturali e le fessurazioni lungo la strada sono particolarmente evidenti e concrete a vista d’occhio, rimangono, invece, nascosti i possibili effetti nefasti della respirazione delle polveri d’amianto, dovute alla lavorazione e al trasporto (senza sicurezza, con camion senza teloni, dunque scoperti e con gli pneumatici sporchi) dei materiali derivati dall’attività estrattiva all’interno della cava (le gracili rocce ofioliti che, più semplici da lavorare rispetto ad altri inerti).
La sala a Roccamurata è gremita di valligiani, accorsi a discutere del problema della cava di amianto ancora presente sul territorio. L'occasione è l'assemblea del comitato, riunita per eleggere le nuove cariche associative.
A moderare l'incontro il giornalista Gabriele Majo.
Il primo relatore, un vero e proprio esperto del ramo, è stato Fabio Paterniti, coordinatore del comitato “Cave all’amianto no grazie”, che vanta al proprio attivo la proficua esperienza avverso la cava di Pietranera a Bardi.
Paterniti ha rilevato che sono ben otto le cave all’amianto attive nel territorio provinciale di Parma, mentre a Piacenza non ce n’è più neppure una, dopo che è stata recepita la pericolosità delle stesse per la salute delle popolazioni circostanti, i cugini di Piacenza sono stati un po' più avveduti.
Le municipalità hanno le loro gravi responsabilità, così come chi sostiene che queste cave possano essere economicamente interessanti per le collettività che le ospitano
Le entrate per le amministrazioni che concedono i permessi sono irrisorie rispetto al giro d’affari.
Le conseguenze nefaste di queste cave non toccano soltanto i residenti.
I camion all’amianto senza telone percorrono le provinciali – come documentato da foto e filmati girati da Paolo Magnani– e tornante dopo tornante scendono giù fino a valle, dove terminano la propria corsa in ben identificati siti.
A respirare le pericolose polveri non sono dunque poche persone (e già sarebbe grave), bensì una vera e propria moltitudine di cittadini.
Con quali effetti? Paolo Magnani, per spiegarlo, si è affidato ad un significativo quanto drammatico documentario, Arrakis, un poetico tributo ai luoghi e alle vittime del progresso industriale nelle fabbriche italiane.
Roccamurata come Sesto San Giovanni (o Bresso, Cinisello, Cologno, Monza, etc.) e dunque Parma come Milano, dal momento che gli effetti non erano circoscritti ai soli siti industriali. Nel filmato le fabbriche abbandonate fanno da sfondo ad una voce, trasformata dalla malattia: è quella di un laringectomizzato, Silvestro Capelli, ex operaio della storica Breda Fucine.
La laringectomia totale, cui venne sottoposto nel 1996, fu necessaria per estirpare un tumore causato dall’amianto inalato durante gli anni del lavoro in fabbrica. “Tutti sapevano e nessuno ha parlato. Lo sapevano i sindacati. Lo sapeva la direzione dell’azienda. Lo sapeva l’assessorato alla sanità. Lo sapevano tutti e non gli operai che c’erano dentro. E così ci hanno condannato a morte, a menomazioni, ma non solamente noi che lavoravamo all’interno della fabbrica. Perché le fabbriche non sono state costruite sotto una campana di vetro”.
E sotto una campana di vetro non risulta esserci neppure la Cava Le Predelle. Il pubblico della sala, impressionato, ha iniziato a chiedersi se la condanna sia già firmata, per sé o per i propri discendenti; significativa la parabola scelta per rispondere: se passi in mezzo ad un campo dove stanno sparando puoi anche rimanere indenne, ma maggiori sono i colpi, più hai la possibilità di essere colpito. E se vieni colpito sei morto.
Roberto Bardini, che alla fine dei lavori è stato eletto nuovo presidente del Comitato No Cava le Predelle, ha chiosato le risposte che la Regione ha dato alla consigliere Gabriella Meo, in visita a Roccamurata nelle scorse settimane.
Una video-testimonianza di quella giornata particolare è stata proiettata nella sala: il prossimo passo sarà “esportare” la pubblica assemblea, con tanto di contributi filmati, fino a Borgotaro, e poi via via giù lungo la fondovalle, seguendo lo stesso percorso dei camion.
Perché il problema della Cava Le Predelle (e delle sue sorelle) non è circoscritto alle piccole frazioni che le ospitano.
I tralicci dell’alta tensione e delle linee telefoniche, a causa della continua erosione del terreno, ora distano pochi metri dalla grande buca della cava.
Roccamurata è un campanello di allarme di come il nostro territorio sia gestito.
O meglio di come non sia gestito.
I cittadini si devono rimboccare le maniche e agire in prima persona.
E' la sola strada per avere risposte e per ottenere giustizia.
Gabriele Majo
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 21 febbraio 2011
-440 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+266 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
domenica 20 febbraio 2011
San Bartolomeo IV
A Iren si può chiedere tutto, tanto non fa niente. Così il progetto dell'assessore Sassi di gestire anche gli scarti dei mercati bisettimanali in modo differenziato, semplicemente applicando le normative europee (riduzione, recupero, riciclo...), sbatte contro il muro di gomma di Iren, che sinteticamente “se ne frega”.
Ecco allora che la nostra via crucis sulla collina dei rifiuti si imbatte sempre nel cassonetto stracolmo di carta, legno, plastica e organico di piazzale San Bartolomeo, una tappa per noi ormai obbligata e chiarificatrice, indicativa della sensibilità del gestore verso le pratiche virtuose.
Sono trascorsi 194 giorni da quando in pieno agosto 2010 denunciammo la situazione all'opinione pubblica, con “Il ratto dell'insalata”, 8 agosto 2010, http://gestionecorrettarifiuti.it/sito/modules/news/article.php?storyid=405
Ne sono passati 110, di giorni, dal repetita iuvant “Chiacchiere” del 31 ottobre 2010,
http://gestionecorrettarifiuti.it/sito/modules/news/article.php?storyid=489
Novantadue all'appello al buon senso “I ghiotti bocconi dell'inceneritore”, 18 novembre 2010, http://gestionecorrettarifiuti.it/sito/modules/news/article.php?storyid=510
Ed era il 5 febbraio, due settimane orsono, quando di fronte all'ennesimo cassonetto che vomitava materiali nobili e puliti (che non lo saranno più non appena il compattatore avrà fatto il suo mestiere), avevamo deciso di insistere nella denuncia..
Questa è l'azienda a cui stiamo affidando il futuro del nostro territorio. E' l'azienda che dichiara che avrà grande attenzione per il recupero e il riciclo di materia, “massimizzando” le percentuali.
E' l'azienda a cui affidiamo la gestione di una industria insalubre di prima classe, un forno che brucerà per 20 anni ininterrottamente, emettendo 144 mila metri cubi di aria sporca all'ora, 24 ore al giorno.
Un'azienda, Iren, di cui ci si può fidare fidare ciecamente. Se il sindaco le chiede il piano finanziario risponde che non esiste, se l'assessore all'ambiente presenta nell'ottobre scorso il progetto di recupero delle cassette dei fruttivendoli http://www.parmadaily.it/Notizie/Dettaglio.aspx?pda=CTT&pdi=37791 , a fine febbraio, 4 mesi, dopo le cassette riposano sul loro catafalco, in attesa del forno crematorio.
E' davanti ai cittadini, ogni giorno, la credibilità di Iren.
Guardare per screditare.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 20 febbraio 2011
-441 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+265 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
Ecco allora che la nostra via crucis sulla collina dei rifiuti si imbatte sempre nel cassonetto stracolmo di carta, legno, plastica e organico di piazzale San Bartolomeo, una tappa per noi ormai obbligata e chiarificatrice, indicativa della sensibilità del gestore verso le pratiche virtuose.
Sono trascorsi 194 giorni da quando in pieno agosto 2010 denunciammo la situazione all'opinione pubblica, con “Il ratto dell'insalata”, 8 agosto 2010, http://gestionecorrettarifiuti.it/sito/modules/news/article.php?storyid=405
Ne sono passati 110, di giorni, dal repetita iuvant “Chiacchiere” del 31 ottobre 2010,
http://gestionecorrettarifiuti.it/sito/modules/news/article.php?storyid=489
Novantadue all'appello al buon senso “I ghiotti bocconi dell'inceneritore”, 18 novembre 2010, http://gestionecorrettarifiuti.it/sito/modules/news/article.php?storyid=510
Ed era il 5 febbraio, due settimane orsono, quando di fronte all'ennesimo cassonetto che vomitava materiali nobili e puliti (che non lo saranno più non appena il compattatore avrà fatto il suo mestiere), avevamo deciso di insistere nella denuncia..
Questa è l'azienda a cui stiamo affidando il futuro del nostro territorio. E' l'azienda che dichiara che avrà grande attenzione per il recupero e il riciclo di materia, “massimizzando” le percentuali.
E' l'azienda a cui affidiamo la gestione di una industria insalubre di prima classe, un forno che brucerà per 20 anni ininterrottamente, emettendo 144 mila metri cubi di aria sporca all'ora, 24 ore al giorno.
Un'azienda, Iren, di cui ci si può fidare fidare ciecamente. Se il sindaco le chiede il piano finanziario risponde che non esiste, se l'assessore all'ambiente presenta nell'ottobre scorso il progetto di recupero delle cassette dei fruttivendoli http://www.parmadaily.it/Notizie/Dettaglio.aspx?pda=CTT&pdi=37791 , a fine febbraio, 4 mesi, dopo le cassette riposano sul loro catafalco, in attesa del forno crematorio.
E' davanti ai cittadini, ogni giorno, la credibilità di Iren.
Guardare per screditare.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 20 febbraio 2011
-441 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+265 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
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