sabato 3 agosto 2013

Parma, Torino, Firenze, tris per rifiuti zero

Patto tra le tre città per battere la prospettiva forno

Mercoledì scorso Gcr ha partecipato a Torino alla manifestazione contro l'inceneritore del Gerbido, organizzata dal locale movimento rifiuti zero.
Grande condivisione di intenti e forte empatia tra i movimenti delle 3 città, coinvolte da progetti di nuovi inceneritori, due dei quali già al via in queste settimane.


Torino rappresenta un altro dei luoghi dove Iren gestisce un impianto di incenerimento.
Torino, grande capitale del passato e bellissima città ricca di spazi e monumentali palazzi, vede l'avvio di un inceneritore gigantesco, 3 volte Parma, costruito a poche centinaia di metri da insediamenti civili, come un ospedale e tante abitazioni.
Un mostro che inficerà l'incremento della raccolta differenziata, visto che entrambi i sistemi hanno come obiettivo i materiali combustibili come carta e plastica.
Un camino che non ha nemmeno l'allaccio al teleriscaldamento e getterà in atmosfera il calore prodotto dal rogo dei rifiuti.
A Torino era presente Rossano Ercolini, insignito del premio Goldman Prize 2013, avanguardia in Italia del movimento Rifiuti Zero e progettista della gestione dei rifiuti di Capannori, oggi identificata come città leader nel mondo per la qualità della differenziata.
Torino sta avviando una campagna di monitoraggio sui bambini delle scuole, per verificare la presenza di metalli pesanti e tenere sotto controllo le emissioni dell'impianto.
Si tratta di un progetto sperimentale costruito con Isde, l'associazione internazionale medici per l'ambiente, che anche Parma sta valutando e meditando di applicare.
Il controllo sulle emissioni di questi camini passa anche attraverso la verificare delle diossine, ed è per questo che stiamo anche a Parma insistendo perché Iren adotti la verifica in continuo, per poter seguire da vicino l'andamento del forno, minuto per minuto.
Se il gestore è convinto della qualità del suo impianto, non si capirebbe un suo diniego.
Torniamo da Torino con un rinnovato impegno a continuare il nostro lavoro.
Informare i cittadini sui rischi di questi progetti.
Proseguire nella formazione per contribuire a una raccolta differenziata di altissima qualità.
Stimolare l'amministrazione affinché si giunga presto alla tariffazione puntuale, per premiare chi fa bene e colpire chi sbaglia.
A Torino il nostro forte abbraccio, il piacere di avere conosciuto persone motivate, un gruppo di attivisti di grande spessore e di grande vitalità e fantasia.
A grandi passi verso rifiuti zero, insieme.


Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 3 agosto 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
454

giorni fa

venerdì 2 agosto 2013

La Svizzera ammette, trivellazioni provocano terremoti

Alcune faglie sono state attivate dalle trivellazioni in Svizzera


Poco tempo un terremoto di magnitudo 3.6 avvenuto a San Gallo ha catturato l’attenzione del governo svizzero.



In quella zona era in atto un progetto di formazione geotermica che prevedeva un piano energetico ambizioso ed alternativo al nucleare.
La Svizzera entro il 2034 ha deciso di far chiudere i reattori nucleari e sono in corso soluzione alternative per avere energia.
Il problema delle trivellazioni sono state appurate dal servizio geologico locale quando una serie di 400 scosse hanno interessato la zona ha seguito di una perforazione al suolo.
L’autorità svizzera ha deciso di lavorare all’alternativa del nucleare ed ha ammesso che purtroppo qualche rischio lo si corre sempre.
Le scosse provocate sono maggiormente inavvertibili ma ogni tanto rilasciano energia oltre il terzo grado della scala Richter.
Il governo si dice preoccupato e sta ragionando su diverse soluzioni.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 2 agosto 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
453

giorni fa

Apri e chiudi

Nuovo via fino alla prossima puntata al camino di Ugozzolo
Il Tar sventola a Iren la bandiera a scacchi

Il Tar apre di nuovo la porta del cantiere Iren e da il via libera all'esercizio provvisorio, accogliendo le richieste della multiutility dopo lo stop imposto dalla Provincia di Parma.
Fuoco alle polveri quindi per il camino di Ugozzolo, in attesa della discussione nel merito il prossimo 9 ottobre.


Il pronunciamento dei giudici non cambia certo l'opinione che abbiamo del progetto.
Che rimane un'idea antieconomica, pericolosa per la salute e per l'ambiente, contro le buone pratiche di raccolta differenziata che il comune di Parma sta avviando in città e che i comuni della Bassa hanno già da anni messo in pratica, con risultati sorprendenti.
Non cambia nemmeno la nostra strategia di contrasto.
Questo impianto rimane un oggetto vecchio già oggi, antitesi dell'indirizzo europeo che al 2020 intende vietare la combustione di tutti i materiali compostabili e riciclabili, di fatto togliendo tutta la benzina ai forni.
Se come quasi tutti prevedono il camino di Ugozzolo inizierà i suoi vagiti, ora la fase fondamentale è quella dei controlli serrati, oltre che l'avanzamento senza tentennamenti della raccolta differenziata porta a porta da applicare anche alle aziende e non solo ai cittadini.
Sui controlli la richiesta che da tempo portiamo avanti è quella del controllo in continuo delle diossine, in modo da potersi allertare per tempo in caso di malfunzionamenti.
Un altro importante tassello è quello di poter contare su una commissione di esperti di massimo livello e di indubbia neutralità e indipendenza che abbia accesso ai dati grezzi in uscita dal camino di Ugozzolo, una commissione che si possa esprimere senza filtri (in questo case davvero non ci vogliono) basando il suo giudizio sulla scienza e su dati veritieri e verificabili.
Da parte nostra, insieme ai medici di Isde, è in corso di valutazione una campagna di monitoraggio sui metalli pesanti, già in fase di avviamento a Torino, che metta sotto osservazioni i bambini delle scuole collocate in un certo raggio dall'impianto.
Una importante campagna di verità per potere, se tutto andrà bene, tranquillizzare anche noi stessi dai tanti timori raccolti nelle tante Ilva sparse sul martoriato territorio italiano.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 2 agosto 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
453

giorni fa

giovedì 1 agosto 2013

Non si denuncia la verità

A tutti i membri delle associazioni impegnate nella dismissione dal carbone nella produzione di energia elettrica nella centrale Tirreno Power di Vado Ligure

Per Medicina Democratica Dr. Dario Miedico

In qualità di medico-legale, membro di Medicina Democratica Movimento Di Lotta Per La Salute da più di quarant’anni, ho partecipato a molte vostre iniziative, mettendo a vostra disposizione le mie esperienze e le mie competenze professionali per illustrare gli effetti negativi, sulla salute della popolazione, delle emissioni della centrale a Carbone, ed in particolar modo mi sono impegnato nell’analisi delle cartelle cliniche di persone ammalatesi o decedute, tra quelle esposte all’inquinamento nella zona intorno alla centrale stessa, per verificare la possibilità di correlare tali patologie con le nocività e l’inquinamento da essa prodotti.
Recentemente la direzione della Tirreno Power ha emesso un atto di citazione nei miei confronti e nei confronti della giornalista Sonia Campese e del direttore del Secolo XIX, in rapporto al contenuto di una mia intervista a questo quotidiano relativa ai danni prodotti in questi anni proprio dalla Centrale, chiedendo un risarcimento superiore al milione di €.


Non v’è chi non veda che si tratta chiaramente di un atto intimidatorio teso a fermare questa iniziativa di Medicina Democratica che evidentemente li preoccupa molto, sia perché rafforzerà le vertenze legali in corso, ma anche perché potrebbe dare il via a risarcimenti significativi per coloro che riusciremo a dimostrare essere stati colpiti da quest’inquinamento.
Ma è anche un attacco alla libertà di informazione scientifica relativamente ai rischi alla salute della popolazione della zona, passaggio obbligato per far prendere coscienza alla cittadinanza delle gravi conseguenze della scellerata scelta di continuare a bruciare carbone per produrre energia e portarla ad esercitare una pressione sufficiente per far cessare questo grave inquinamento ed impedire che questo, con nuovi gruppi sempre a carbone, venga protratto ed aumentato per decine di altri anni.
Come Medicina Democratica siamo determinati ad intensificare questa campagna di informazione, collaborando altresì a raccogliere documentazione sanitaria e ad individuare alcuni casi da produrre alla magistratura in supporto alle indagini in corso.
Per questo sollecitiamo un incontro per costruire insieme ulteriori iniziative, coinvolgendo tutte le componenti del territorio che condividono questa battaglia.
Al fine di far conoscere i fatti allego a questa mail l’articolo uscito sul Secolo XIX l’11 aprile 2013 e l’atto di citazione della Tirreno Power contro me e gli altri accusati.
La prima udienza come si può leggere sarà il 16 dicembre 2013.
Possiamo utilizzare questo tempo, oltre che a preparare una adeguata difesa legale, per raccogliere decine e decine di cartelle cliniche che sostengano e rafforzino le opinioni espresse nell’articolo ma anche la comune battaglia contro la combustione del carbone.
Un primo momento di dibattito pubblico su questo specifico aspetto potrebbe proprio essere la Festa “Fermiamo il Carbone” che si svolgerà a Zinola il 17 ed il 18 Agosto alla quale parteciperà, ovviamente, anche Medicina Democratica.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 1 agosto 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
452

giorni fa

mercoledì 31 luglio 2013

A fuoco l'inceneritore di Cremona

Intervento dei vigili del fuoco

Un incendio è divampato nell'area dell'inceneritore di via San Rocco.
I vigili del fuoco sono immediatamente intervenuti per domare le fiamme.
La zona è stata prontamente transennata e il rogo è stato circoscritto. La situazione è tornata alla normalità nel giro di un paio d'ore.


Le fiamme si sono sviluppate tra i rifiuti stoccati, destinati ad alimentare l'inceneritore.
Pochi dubbi sull'origine delle fiamme: autocombustione, generata dall'alta temperatura.
Dopo aver appreso della notizia dell'incendio Alessia Manfredini e Caterina Ruggeri, del Partito Democratico, hanno depositato un'interrogazione: “Ora ci vuole chiarezza sullo stato dell'inceneritore. Chiediamo le cause dell'incendio, il numero di episodi che hanno causato l'interruzione dell'attività di incenerimento dei rifiuti dell'impianto nel 2012 e nel corso del 2013; di avere copia delle comunicazioni trasmesse al Comune di dati anomali registrati dal Sistema di monitoraggio in continuo) dell'impianto in ottemperanza alle prescrizioni Aia”.
La documentazione richiesta dai due consiglieri del Pd deve riguardare almeno gli ultimi due anni di attività.
La nota della società che gestisce l'inceneritore, Aem.
"Alle ore 13.25, presso il termovalorizzatore in via Antichi Budri a Cremona la fossa di stoccaggio dei rifiuti è stata interessata da un incendio causato probabilmente da un fenomeno di autocombustione" così si legge nel testo inviato dall'azienda ai giornali. E ancora: “Come previsto in questi casi sono state prontamente attivate tutte le consuete procedure di sicurezza e pronto intervento. Risolutivo l’intervento dei Vigili del Fuoco di Cremona che con prontezza e diligenza hanno domato le fiamme. La struttura non ha subito danni di particolare rilievo. L’impianto proseguirà a breve le usuali attività industriali. E’ intervenuta anche l’Arpa di Cremona per eseguire i rilievi necessari in questi casi”.
Insomma a Cremona il Pd non è certo gentile nei confronti dell'impianto di incenerimento.
L'esatto contrario della situazione di Parma.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 31 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
451

giorni fa

lunedì 29 luglio 2013

Torino, Parma, Firenze tre inceneritori, un partito, milioni di euro bruciati

Conferenza Stampa con Rossano Ercolini vincitore del Goldman Environment
Prize e gli esponenti del movimento RifiutiZero delle tre città

Torino Palazzo Civico Sala delle Colonne 31 luglio 2013 h. 12,00

Torino, Parma e Firenze sono tre importanti città italiane, come molte realtà urbane del nostro Paese sono però alle prese con un problema molto grave, lo smog. Nell'ultimo rapporto Istat se Torino e Parma sono al quarto e quinto posto nella classifica (poco invidiata) delle città con il maggior numero di sforamenti del limite di sicurezza per la concentrazione di PM10 (Torino è anche al quinto posto per il PM2,5), Firenze, tra le città capoluogo con più di 200.000 abitanti con 10 giorni in più di sforamenti è tra le poche realtà a peggiorare rispetto al 2011 (rapporto Istat 2012 Dati ambientali nelle città, qualità dell’ambiente urbano).
Il destino che accomuna queste metropoli è di avere in previsione l'avviamento di un inceneritore per lo smaltimento dei rifiuti. Tonnellate di inquinanti,milioni di metri cubi di micropolveri sparse nell'aria già malsana e sulle teste ignare di centinaia di migliaia di cittadini totalmente tenuti all'oscuro sui rischi che potrebbero correre quando questi Cancrovalorizzatori saranno attivi.



Sulla rivista The Lancet Oncology è stato recentemente correlato senza ombra di dubbio l'aumento dei tumori ai polmoni con una concentrazione di particelle PM10 e PM2,5 inferiore a quella ritenuta di sicurezza. La notizia ha avuto grande risalto sui giornali, ma nessuno l'ha collegata agli orribili monumenti alla stupidità che stavano per essere inaugurati a Torino e Parma e che sono in via di approvazione a Firenze.
Gli attivisti del movimento RifiutiZero di queste tre città hanno deciso di incontrarsi sotto la Mole per denunciare le scelte sciagurate degli amministratori promotori di questi mostri, che fanno tutti parte del medesimo partito politico (PD) una casta che non si rapporta più con i cittadini che amministra e si ostina a non voler considerare le alternative a causa di interessi economici e posizioni di potere.
Per spiegare a tutti che le alternative ci sono e non vengono attuate soltanto per assenza di volontà
politica, hanno invitato Rossano Ercolini, divenuto, dopo l'assegnazione del Goldman Environment
Prize (un equivalente del premio Nobel per l'Ambiente), uno dei simboli mondiali della filosofia
RifiutiZero. Saranno anche presenti il dott. Gianluca Garetti, Emanuela Baistrocchi, Francesco Barbieri e Aldo Caffagnini, dell’Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma, il dott. Manrico Guerra Presidente di ISDE (Associazione Dottori per l’Ambiente) Parma e Piero Claudio Cavallari.
Nella conferenza stampa verrà anche presentata la giornata del 31 luglio di lotta contro l'inceneritore di Torino.
La giornata è stata decisa per protestare contro il silenzio che ha circondato il grave incidente avvenuto il 2 maggio che ha portato ad una diffida della Provincia di Torino a TRM per il mancato rispetto di diverse prescrizioni dell'AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) e ad una indagine della magistratura.
Il Coordinamento No Inceneritore RifiutiZero Torino vuole anche denunciare la politica accomodante della Provincia di Torino che, ignorando il principio di precauzione per la salvaguardia dell'ambiente e della popolazione anche ad incidente avvenuto accetta di riavviare l'impianto nonostante non siano stati risolti tutti i problemi che hanno causato l'incidente del 2 maggio ( con l'immissione in atmosfera di una quantità ignota di inquinanti senza alcun controllo ) e che il 12 luglio si sia verificato un ulteriore incidente.
L'inceneritore di Torino non ha rispettato le prescrizioni previste ed è stato completato in fretta e furia per ottenere gli incentivi statali. Il comune di Torino tramite l'assessore all'ambiente Enzo La Volta ha ritenuto di dover commentare questi fatti solo dopo quasi tre mesi ed ovviamente minimizzando l’accaduto. La nostra protesta è rivolta anche al Sindaco della Città che dovrebbe essere il primo difensore della salute dei torinesi.
Ci troveremo per un presidio davanti alla sede della Provincia in via Maria Vittoria, 12 alle ore 16,00 e poi per una conferenza – dibattito con Rossano Ercolini ed esponenti dei Coordinamenti RifiutiZero di Torino Parma e Firenze in piazza Castello alle ore 18,00.

Coordinamento No Inceneritore Rifiuti Zero Torino

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 29 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
449

giorni fa

Se io fossi qualcuno

A nessuno lascerei in mano i pulsanti della rovina

Se io fossi qualcuno, non mi farei mettere i piedi in testa.
Tanto meno un camino.
Intanto il camino puzza, fuma, mi scompiglia l'orizzonte.
Mi impaurisce i clienti, mi intorbidisce gli affari.
Non è cosa buona.



Con tutti i posti dove lo possono mettere, davanti alla mia azienda no.
Proprio assolutamente no.
Se io fossi qualcuno sarei stato chiaro, fin dall'inizio.
Carino quel coso, ma fatelo altrove.
Una fabbrica di quattrini, ma fatela più in là.
E poi, è proprio necessaria? Ne siete certi? Avete verificato tutte le altre modalità?
Qui si sono già accomodati in tanti, in troppi, e la situazione già ora non ci arride.
Vedi come siamo messi?
Quel nastro di asfalto è lì dal '64, ci passano decine di milioni di marmitte ogni anno, figuriamoci cosa ne esce e come riduce l'aria intorno: violetta di Parma a tonnellate servirebbe.
Il viadotto di cemento è un'invenzione moderna, il treno manco si ferma in città: passa con il suo rumore fastidioso e se ne va via, ma certo il paesaggio non ne ha guadagnato: calcestruzzo, cavi, alta tensione, ferro, e i treni dei pendolari che rallentano sempre di più.
Sarebbe progresso questo?
Poi c'è il quartiere industriale, sgangheratamente cresciuto senza motivo, oggi semi abbandonato, scheletrico e mummificato.
Cementificare, coprire, bloccare ogni metro quadrato di verde rimanente.
Tutti a credere nello sviluppo infinito, in consumatori infiniti che si moltiplicano al moltiplicarsi dei centri commerciali, che escono come conigli dalla tuba del mago di turno.
Affamati di oneri, morti di fame per visione di futuro.
Se io fossi qualcuno che conta lo farei capire.
A quegli stessi che credono di poter fingere all'infinito.
Il marino che scende dalla cime dei monti.
Come se non si sentisse nelle narici l'odore di fuliggine, le file nei pronto soccorso a curare le asme, quando va bene, e ripulire i davanzali neri, ogni mattina.
Se io contassi qualcosa glielo direi nei denti che stanno sbagliando tutto.
Che non si respira in un sarcofago di cemento.
Che sono miopi, ciechi e sordi e contano solo le monete di oggi senza guardare oltre il loro naso.
Non si accorgono del disastro che già bussa, sotto forma di livelli superati enne volte, di record stracciati ogni anno che passa, sempre più su verso il punto di non ritorno.
C'era una saggezza tra noi, la giusta misura del nostro piccolo eden, il sentirsi in dovere di non esagerare per potersi godere il frutto della fatica, per fare festa tutti assieme.
Se io fossi qualcuno, a nessuno lascerei in mano i pulsanti della rovina.
Perché ne sarei responsabile come loro.
Il silenzio gioca brutti scherzi.
Non è bello circolare con i vetri scuri.
Morirei di vergogna per aver fregato tutti.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 29 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
449

giorni fa

domenica 28 luglio 2013

Moria di pesci in laguna a Venezia

La causa è il maggior rilascio di azoto e fosforo, che proviene dagli allevamenti
La scelta per l'ambiente è incompatibile con l'alimentazione carnivora
Allevamenti killer odierni e futuri

Di che cosa sono morti le migliaia di pesci che galleggiano senza vita nella laguna di Venezia, dopo una lunga e penosa agonia?


Secondo quanto riportato dai giornali, la proliferazione e successiva decomposizione delle alghe ha provocato la carenza di ossigeno nelle acque e il conseguente "soffocamento" dei pesci; questo fenomeno ha visto sì come causa scatenante le intense precipitazioni prima e l'aumento di temperatura poi, ma il problema di base, come ribadito dalle fonti citate dai vari quotidiani, rimane il livello troppo alto di composti a base di azoto e fosforo, che da decenni le imprese e le aziende agricole sversano in laguna e che funzionano da fertilizzante per le alghe.
Il Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione intende proporre una riflessione proprio su questo aspetto, facendo notare come, in ogni parte del mondo, sia l'industria dell'allevamento di animali per la produzione di carne, latticini e uova ad avere la maggior responsabilità relativamente all'inquinamento delle acque.
Ciò è confermato anche dal dossier della FAO del 2006 "Allevamenti, una grande minaccia per l'ambiente" in cui si afferma che, per quanto riguarda le acque, i maggiori agenti inquinanti sono proprio le deiezioni degli animali, ricche di antibiotici e altre sostanze chimiche usate nell'allevamento nonché i fertilizzanti e pesticidi usati nella coltivazione dei mangimi per gli animali.
Infatti, i raccolti assorbono solo da un terzo alla metà dell'azoto applicato al terreno come fertilizzante: le sostanze chimiche rimaste inutilizzate inquinano il suolo e l'acqua. Dato che, secondo le statistiche della FAO, metà dei cereali e il 90% della soia prodotti nel mondo sono usati come mangimi per animali, e che queste sostanze chimiche sono per la maggior parte usate nelle monocolture per la produzione di mangimi animali, è chiaro che la maggior responsabilità per questo enorme uso di sostanze chimiche sta proprio nella pratica dell'allevamento.
Un ulteriore problema sono le deiezioni degli animali allevati: le deiezioni liquide e semi-liquide contengono livelli di fosforo e azoto al di sopra della norma, perchè gli animali possono assorbire solo una piccola parte della quantità di queste sostanze presenti nei loro mangimi. Quando gli escrementi animali filtrano nei corsi d'acqua, l'azoto e fosforo in eccesso rovina la qualità dell'acqua e danneggia gli ecosistemi acquatici e le zone umide. Circa il 70-80% dell'azoto fornito ai bovini, suini e alle galline ovaiole mediante l'alimentazione, e il 60% di quello dato ai polli "da carne" viene eliminato nelle feci e nell'urina e finisce nei corsi d'acqua.
Oggi, le deiezioni in eccesso vengono sparse sul terreno e nelle acque, mettendo in pericolo la salubrità delle acque e i pesci che ci vivono. Questo accade in ogni zona del mondo, perché ormai la pratica dell'allevamento intensivo è diffusa ovunque. Per esempio, lo spandimento delle deiezioni animali è strettamente collegato alla "zona morta" di 7.000 miglia quadrate nel Golfo del Messico, che non contiene più vita acquatica.
Nel giugno 2010 il Programma per l'Ambiente delle Nazioni Unite ha pubblicato un report intitolato "Calcolo degli impatti ambientali dei consumi e della produzione" le cui conclusioni affermano: "Si prevede che gli impatti dell'agricoltura aumentino in modo sostanziale a causa dell'aumento di popolazione e del conseguente aumento del consumo di alimenti animali. Una riduzione sostanziale di questo impatto sarà possibile solamente attraverso un drastico cambiamento dell'alimentazione globale, scegliendo di non usare prodotti animali".
Lo stesso report specifica: "La produzione di cibo è quella che più influenza l'utilizzo del terreno, e quindi il cambiamento di habitat, il consumo di acqua, il sovrasfruttamento delle zone di pesca e l'inquinamento da azoto e fosforo."
Gli animali d'allevamento, oggi considerati come "macchine" che producono "proteine animali", hanno bisogno di una grande quantità di mangime per "produrre" una quantità di carne, latte, uova molto più bassa. Si possono definire in questo senso "fabbriche di proteine alla rovescia", perché per ottenere un kg di carne sono necessari mediamente 15 kg di vegetali coltivati appositamente.

Ernst von Weizsaecker, uno scienziato ambientale dell'IPCC (il Panel di scienziati dell'ONU sui cambiamenti climatici), ha dichiarato nel 2010: "Il bestiame oggi consuma la maggior parte dei raccolti mondiali, e di conseguenza la gran parte dell'acqua potabile, di fertilizzanti e di pesticidi".
Se le persone, anziché basare la propria alimentazione sui cibi animali, si nutrissero di cibi vegetali, come accadeva fino a pochi decenni fa, il risparmio, in termini di risorse e di inquinanti emessi, sarebbe enorme.
Nello studio "Alimentazione e ambiente: quel che mangiamo e' importante?" pubblicato nel 2009 dall rivista scientifica "American Journal of Clinical Nutrition", i risultati mostrano che la dieta non vegetariana richiede 13 volte piu' fertilizzanti rispetto a una dieta vegetariana. Dal punto di vista dell'ambiente, concludono gli scienziati, quello che ciascuno sceglie di mangiare fa la differenza.
Se la terra fosse usata per produrre cibo per il consumo umano diretto, infatti, da un lato servirebbero molti meno terreni, dato che la quantità di vegetali da produrre sarebbe molto minore (perché viene eliminato lo spreco della trasformazione da prodotti vegetali a prodotti animali, che da 15 kg di vegetali fa ottenere 1 solo kg di carne), dall'altro la produzione potrebbe avvenire in maniera sostenibile, con la tradizionale coltivazione a rotazione, che non richiederebbe l'attuale uso massiccio di sostanze chimiche.
E i pesci non morirebbero soffocati.
Prima scegliamo di spostare i nostri consumi verso i cibi vegetali anziché quelli animali, prima potremo contrastare i danni enormi che il pianeta e tutti gli esseri che ci vivono (noi inclusi) è costretto a subire.
E potremo così evitare che la meravigliosa laguna di Venezia rischi di diventare una delle "zone morte" del pianeta.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 28 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
448

giorni fa

Ti-Bre, scacco al futuro

Questo pomeriggio il sit-in a Fornovo

Sit in di protesta questo pomeriggio al casello autostradale di Fornovo contro il progetto di allungamento della Parma Spezia verso la Brennero, la cosiddetta Ti-Bre.


L’opera, già appaltata alla parmigiana Pizzarotti, dovrebbe entro il 2014 andare a regime con i suoi 9,5 chilometri di asfalto, quelli che dividono Ponte Taro da Trecasali, quelli che porterebbero cemento a asfalto a finire nel nulla, lasciando dietro di sé uno scempio ambientale.
Legambiente spera che si riesca ancora a fare qualcosa per bloccare lo sciagurato progetto, una inutile ulteriore cementificazione del paesaggio della bassa parmense.
Legambiente chiede ai comuni attraversati dall’opera di rinunciare alle opere aggiuntive, in modo per lo meno da favorire una reale compensazione ambientale.
Alle 18 di oggi, al casello dell’A15 di Fornovo, il sit in di protesta per far emergere l'ennesimo attacco al paesaggio, un'opera che causerà anche l'aumento delle tariffe dell’A15 nei prossimi anni, tariffe già oggi molto dispendiose per chi usufruisce di questa autostrada.
Oggi è arrivato anche l'appoggio del comune di Parma e del Movimento 5 Stelle alla lotta contro l'opera e la richiesta di trasformare le opere di compensazione in veri recuperi ambientali come ad esempio la bonifica della discarica di Viarolo.
Anche tra le fila del Pd si rumoreggia e il consigliere di minoranza Dall'Olio pare che si schiererà contro il progetto nella prossima seduta del consiglio comunale.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 28 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
448

giorni fa

La fine del mondo è in anticipo

Un rapporto choc pubblicato da Nature


Marco Di Gregorio



"Questa è una notizia che non fa piacere scrivere e credo neanche leggere. Però è solo facendo entrambe le cose e facendole fare a quelli che conosciamo che abbiamo qualche speranza di attenuarne le conseguenze. Nature, la più autorevole rivista scientifica al mondo, ospita l'intervento di un gruppo di ricercatori delle università di Rotterdam e Cambridge, coordinati dalla professoressa Gail Whiteman. Il rapporto prende in considerazione lo scioglimento dei ghiacci nella Siberia artica Orientale.
Gli studiosi hanno calcolato che lo scioglimento dei ghiacci in atto potrebbe dar luogo al rilascio nell'atmosfera di 50 gigatonnellate (tonnellate con 9 zeri) di metano. Concretamente questo significa che il temuto riscaldamento globale di 2 gradi (il famoso punto di non ritorno) potrebbe arrivare dai 15 ai 35 anni prima del previsto. Eh si, lo sappiamo, qualcuno ci ride su pensando di poter fare il vino anche in Scozia o di dover alzare l'aria condizionata. Peccato che non sia una questione di qualche uragano in più o qualche specie in meno.
I professori fanno i calcoli di quanto costerebbe al pianeta e presentano un conto pari a 60 trilioni di dollari (un trilione = mille miliardi) poco meno del Pil globale del pianeta che è di 70. Contemporaneamente c'è chi vede nel fenomeno un'opportunità di business derivato dal fatto di poter navigare dove prima c'erano i ghiacci nonché dalle estrazioni petrolifere che si potrebbero compiere e che potrebbero render qualche centinaio di miliardi di dollari.
Dobbiamo ringraziare Whiteman per aver fatto questo calcolo perché, al di là come si diceva delle battute, fa toccare con mano (al portafogli) il costo che pagheremo per il disastro che stiamo combinando. Purtroppo, la crisi globale sta spingendo molti paesi a fermare le politiche antiriscaldamento, con la scusa che è un lusso che in questo momento non ci possiamo permettere. La ricerca dimostra esattamente il contrario e cioè che non possiamo permetterci di non affrontare il problema.
Si chiamano all'azione il FMI (Fondo Monetario Internazionale) e il WEF (World Economic Forum) ma una situazione del genere non si risolve se prima o poi non si considera l'ambiente un valore. E se non si attuano politiche come quelle descritte 15 anni fa da Roodman nel suo "La ricchezza naturale delle nazioni".
E cioè rendere fortemente antieconomiche tutte le produzioni inquinanti.
Questa sarebbe la molla di quella grande innovazione di cui abbiamo bisogno per far ripartire le nostre economie.
Gli stati invece trattano l'ambiente come trattano l'economia, pompando in un caso denaro e nell'altro CO2. Creando debiti ai nostri figli da un lato e riscaldamento nell'altro. Solo che se il pianeta va in default cambiare valuta non basta." Marco Di Gregorio

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 28 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
448

giorni fa

Giappone, a Fukushima continua l’emergenza


di Alessandro Graziadei


Il cadavere radioattivo della centrale nucleare di Fukushima Daiichi ha registrato il 19 luglio l’ennesima perdita di vapore da una piscina di stoccaggio di dispositivi e apparecchiature rimossi dal reattore prima che fosse danneggiato dal terremoto e dallo tsunami dell’11 marzo 2011.


Il nuovo problema è stato scoperto grazie ad una telecamera di sorveglianza e un portavoce della Tokyo Electric Power (Tepco), che gestisce la centrale, ha ammesso la scorsa settimana che “Il vapore è stato visto in tutto il quinto piano dell’edificio del reattore 3 galleggiare in sottili scie nell’aria, ma non come una grande colonna di vapore che sgorga verso l’alto. Non crediamo, quindi, sia in atto una situazione di emergenza, anche se stiamo ancora indagando su cosa l’abbia causato”. Secondo la Tepco il vapore potrebbe essere stato prodotto da una forte pioggia che ha investito l’edificio del reattore 3, ma la compagnia energetica nipponica ha assicurato che gli strumenti di misurazione della radioattività non hanno mostrato cambiamenti nell’edificio disastrato.
Per Greenpeace “La Tepco ed il Governo stanno cercando di minimizzare l’ennesima situazione tragica di una struttura e di un territorio che probabilmente non potranno essere riportati alla normalità nemmeno entro i 40 anni previsti dal cronoprogramma di smantellamento e bonifica della centrale nucleare, tanto che solo nelle ultime settimane i lavori sono stati funestati da una ulteriore serie di fughe di acqua contaminata ed addirittura da un blackout che ha lasciato le piscine di raffreddamento senza corrente per più di un giorno”.
La settimana scorsa la Nuclear Regulation Authority (Nra) giapponese ha detto che probabilmente dai reattori di Fukushima filtrano sostanze altamente radioattive nell’Oceano Pacifico ed ha espresso forte preoccupazione per il fatto che la Tepco, che non sia riuscita ad identificare la fonte e la causa degli alti livelli di radiazioni nelle acque sotterranee.
Dello stesso avviso è Greenpeace che il 10 luglio ha reso noti i risultati di 25 campionamenti di frutti di mare effettuati in 5 porti dell’area, 8 dei quali mostrano come la contaminazione radioattività arrivi anche a 55 chilometri dalla centrale.
La pesca è stata interdetta nella Prefettura di Fukushima e consentita solo a scopo scientifico e di campionamento. Il futuro dei pescatori locali è quanto mai incerto e per Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia “Purtroppo la contaminazione delle falde acquifere è solo un altro esempio di come il disastro sia lontano dall’essere stato contenuto. Se l’industria nucleare giapponese non è chiaramente in grado di gestire le conseguenze del disastro di Fukushima - ha concluso Onufrio - l’unica misura preventiva reale per evitare di trovarci in futuro in simili circostanze è quella che prevede l’abbandono del nucleare e il passaggio rapido alle fonti rinnovabili”.
Di fatto dopo la recente morte per cancro all’esofago di Masao Yoshida, l’ex capo della centrale nucleare, che rimase al suo posto e decise di contravvenire agli ordini usando acqua di mare per raffreddare i reattori danneggiati dal sisma, la Tepco (che si è affrettata a smentire ogni collegamento tra il cancro di Yoshida e l’incidente di Fukushima...) ha dovuto ammettere che le concentrazioni nell’area di Cesio 134 sono salite da 9 mila a 11 mila Bq/l e quelle di Cesio 137 da 18 a 22 mila Bq/l e che i campioni di acqua e terreno prelevati presso l’impianto nelle ultime settimane mostrano livelli sempre più elevati di altri isotopi pericolosi come il trizio e lo stronzio-90 confermando i sospetti di Greenpeace secondo la quale “l’aumento della radioattività attorno a Fukushima non si ferma e nuovi campionamenti rendono la fotografia dell’area e del mare ancora più allarmante”.
Il capo di gabinetto giapponese Yoshihide Suga ha annunciato martedì che il Governo chiederà alla Tepco “Di fare un lavoro rapido e sicuro per evitare ulteriori perdite di acque contaminate da radiazioni in mare”. Tuttavia nonostante la situazione ancora critica la Tepco, con l’appoggio del Partito liberaldemocratico del primo ministro Shinzo Abe (appena riconfermato dalle urne), non ha trovato di meglio che annunciare la richiesta del consenso locale per presentare una domanda al Governo centrale e riavviare 2 dei suoi reattori nucleari in una centrale elettrica nella prefettura di Niigata, sul Mar del Giappone.
Il presidente della Tepco Naomi Hirose ha già visitato la città di Kashiwazaki ed il villaggio di Kariwa dove si trovano i reattori, per spiegare alle assemblee elettive locali che “le nuove misure di sicurezza supplementari sono in linea con i nuovi standard di sicurezza che il governo ha introdotto”.
Secondo la Tepco la diga di 15 metri di altezza diga costruita attorno ai due reattori “è in grado di proteggerli da onde di tsunami alte più di 6 metri” e che le loro indagine sul posto “non ha evidenziato alcuna prova che la faglia sismica sotto le centrali si sia mossa negli ultimi 200 mila anni”.
Ma se il nuovo vento nuclearista che soffia sull’isola del Sol Levante era stato già annunciato, stupisce di più, secondo alcune indiscrezioni raccolte e pubblicate sul quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung, che la Commissione europea intende incentivare la costruzione di nuove centrali nucleari.
Il giornale è venuto in possesso di un documento elaborato dal Commissario europeo alla Concorrenza, Joaquin Almunia, che prevede che i governi nazionali possano in futuro contribuire al finanziamento di nuovi impianti nucleari, visto che l’estensione della produzione di energia nucleare è un obiettivo dell’Ue.
Nel documento in bozza è riportato esplicitamente che “per la costruzione e l’esercizio di una centrale nucleare possono essere messi a disposizione contributi finanziari statali”. Evidentemente quanto sta avvenendo in questi giorni in Giappone e le incertezze sugli esiti degli stress test voluti dalla stessa Commissione europea dopo il disastro di Fukushima, non hanno scalfito le intenzioni di Almunia.
Ovviamente le reazioni alla notizia sono state molto diverse: favorevoli al documento sono Gran Bretagna, Lituania, Repubblica Ceca e Polonia, mentre, dopo il disastro nucleare di Fukushima, una parte dell’Unione ha mantenuto forti perplessità sull’ipotesi nucleare.
Noi italiani abbiamo votato in massa per mantenere il Paese fuori dal nucleare; la Svizzera e la Spagna hanno vietato la costruzione di nuovi reattori; il Belgio sta pensando di eliminare gradualmente le sue centrali nucleari, forse già dal 2015; la Francia, spesso considerata un modello nucleare commerciale per il mondo, oggi è bloccata in un dibattito nazionale su una almeno parziale uscita dalla fase nucleare; mentre la Germania ha definitivamente chiuso otto dei suoi reattori e si è impegnata a chiudere i rimanenti entro il 2022.
“I piani per il nucleare di Bruxelles mettono a rischio la politica tedesca dell’Ambiente - ha dichiarato il portavoce di Greenpeace Europa, Mark Breddy - poiché dopo l’uscita dal nucleare la Germania potrebbe trovarsi circondata da centrali nucleari e rimanere aggrappata alla sola energia rinnovabile”. Così anche se ad oggi la competenza sulla politica nucleare europea è principalmente degli Stati membri, è necessario, “per avere una politica energetica comune sostenibile, occorre quindi togliere ogni opacità dalla roadmap energetica evitando di puntare sul rilancio del nucleare che è in antitesi, a nostro avviso, sotto vari punti di vista (ambientale, economico, sociale), con i punti cardine delle energie rinnovabili e della efficienza energetica” ha concluso Breddy.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 28 luglio 2013

L'inceneritore di Parma avrebbe dovuto accendersi
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