sabato 16 marzo 2013

Potocnik, Ue pronta a cofinanziare impianti riciclo rifiuti in Italia

La via italiana prende piede in Europa

Il commissario Ue all'Ambiente, Janez Potocnick, sulla gestione dei rifiuti in Italia: “Non ci saranno più soldi per le discariche, ma saremo più che felici di cofinanziare strutture per il riciclo, che aiuteranno ad andare nella direzione che stiamo promuovendo oggi”.
“Saremo più che felici di cofinanziare impianti per il riciclo” in Italia. Questo il messaggio lanciato oggi a Bruxelles dal commissario Ue all'Ambiente, Janez Potocnik, in occasione della pubblicazione del Libro verde per promuovere il recupero, il riuso e il riciclo dei rifiuti plastici in Europa.
Potocnik, che ieri è stato informato brevemente dal ministro italiano dell'Ambiente, Corrado Clini, “sugli ultimi sviluppi anche connessi alla gestione dei rifiuti a Roma”, ha sottolineato come anche nel Sud Italia ci siano esperienze locali di successo nel campo del riciclo dei rifiuti.



“E' veramente una questione di organizzazione e volontà - ha spiegato Potocnik - e si lega anche ai finanziamenti: per questo faccio appello ad un chiaro uso dei fondi strutturali e di coesione, specialmente perché in futuro questi fondi saranno concessi in linea con la gerarchia dei rifiuti”. “Non ci saranno più soldi - ha concluso il commissario Ue all'ambiente - per le discariche, ma saremo più che felici di cofinanziare strutture per il riciclo, che aiuteranno ad andare nella direzione che stiamo promuovendo oggi”.
È un primo, importante frutto della conferenza su Rifiuti Zero tenutasi all'europarlamento, e delle considerazioni che in quel contesto si sono fatte durante la presentazione, e poi direttamente e pubblicamente a Potocnik durante il dibattito tra i relatori (raccogliendone condivisione) sulla situazione italiana, le buone pratiche anche al Sud e l'uso distorto di fondi UE che sinora sono andati a cofinanziare discariche ed inceneritori in dissonanza con la gerarchia UE di gestione
Potocnik si è congedato in tarda mattinata proprio per andare a presentare il Green Paper sulla plastica, evidentemente ha annotato mentalmente il tema ed ha voluto farvi un accenno specifico.
Un bel passo nella giusta direzione.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

A Brescia aumentano i tumori, anche quelli infantili


Un convegno con dati allarmanti

di Manuel Venturi da Bresciaoggi

Brescia capitale mondiale delle diossine.
La drammatica rivelazione riguarda la concentrazione di diossine e Pcb nel sangue dei bresciani: se la concentrazione media a livello mondiale è di 13,2 picogrammi per grammo di grasso, nel sangue di chi risiede in città il valore sale a 54, quattro volte la media mondiale.
E il dato è ancora più preoccupante se si guarda a chi vive o ha vissuto nell´area Caffaro: coloro che sono stati esposti all´inquinamento della zona hanno un valore di 82 picogrammi, mentre per chi ha consumato i generi alimentari che venivano prodotti nelle fattorie della Caffaro schizza a 419.
Questi dati sono stati presentati nel corso del convegno «Brutta storia: i tumori aumentano», organizzato dal Comitato per l´ambiente Brescia sud nella sala della circoscrizione di via Livorno. Al dibattito hanno preso parte Fulvio Porta, primario dell´Unità di oncoematologia pediatrica dell'Ospedale dei bambini di Brescia e Marino Ruzzenenti, studioso di storia industriale e ambientale.



Davanti a un pubblico molto nutrito, i due hanno tracciato un quadro estremamente preoccupante della situazione ecologica bresciana, una vera a propria «bomba» pronta a esplodere. Anzi, che già è esplosa, anche se rimane sottaciuta, senza che i bresciani conoscano davvero i danni provocati dall'inquinamento, in particolar modo del´area Caffaro.
Un dato è certo: i tumori stanno aumentando. Parola di Porta, che è anche presidente dell'Associazione italiana di Ematologia e Oncologia pediatrica: «La fortuna del nostro Paese è che l'assistenza medica è gratuita, non ci sono invidie tra gli ospedali e c´è collaborazione tra i centri di ricerca. Siamo diventati bravi a curare le malattie, ma il problema vero è che la gente e i bambini non dovrebbero ammalarsi». Fortunatamente, ha sottolineato Porta, i tumori infantili sono rari, e colpiscono «solo» 50-60 bambini all'anno: «Sono malattie rare, ma mortali se non vengono curate nel modo corretto. Il problema grosso è avere una rete che riesca a diagnosticare correttamente la malattia. Siamo aiutati dai protocolli di diagnosi e terapia che abbiamo sviluppato e che sono uguali per tutti i bambini».
La bella notizia è che il 70 per cento dei bambini guarisce, perché reagiscono meglio alle terapie. Ma le malattie sono cambiate: «Negli ultimi anni sono cambiati i tipi di tumori: c´è stato un forte aumento dei tumori ossei e cerebrali». Brescia città è uno dei siti italiani in cui questo ampliamento è avvenuto in percentuali maggiori, e lo stesso vale per la Franciacorta.
Ma è tutta l´Italia a vedere aumentare pericolosamente i tumori infantili, più che tutti gli altri Paesi europei: «Ma la cosa più grave è che l´incremento riguarda soprattutto i bambini sotto l´anno di vita, con una crescita dei tumori del 3,2 per cento», ha notato Porta, prima di lanciare un altro allarme: «Ciò che respiriamo resta dentro di noi, e potrebbe cambiare il nostro codice genetico. C´è il rischio che l´inquinamento ambientale modifichi il nostro Dna, e che si possa trasmettere ai propri figli».
Ruzzenenti ha trattato soprattutto il caso Caffaro, comparandolo con l'Ilva di Taranto e l'Icmesa di Seveso.
«A Brescia non c´è ancora la consapevolezza dell'inquinamento del sito, che ha coinvolto tutti i bresciani. L´inquinamento è iniziato ottanta anni fa, trent´anni fa è terminata la produzione ma la contaminazione è continuata fino all´inizio del Duemila, e forse prosegue anche oggi», ha spiegato Ruzzenenti, prima di illustrare i dati relativi alla concentrazione di Pcb e diossine nel terreno.
I dati non lasciano spazi a repliche. Al di fuori dell'Ilva di Taranto ci sono 458 microgrammi Teq per metro quadrato di Pcb, nell'area della Caffaro sono 6.300; per quanto riguarda la diossina, a Taranto ci sono dieci microgrammi Teq per metro quadrato, a Brescia 3.300. Nel sangue umano, la concentrazione di Pcb e diossine è di 46,7 pgTeq/g nei coltivatori vicini all'area dell'Ilva, mentre nei bresciani che non vivono nel sito della Caffaro è di 54 pgTeq/g. Valori molto superiori anche alle aree più inquinate di Stati Uniti e Francia.
La presenza di diossine è preoccupante anche per quanto riguarda il latte materno.
Ruzzenenti ha parlato del caso di una mamma nel cui latte erano contenuti 147 picogrammi, livello estremamente allarmante: «A questa signora nessuno ha mai detto che il suo latte era contaminato a quei livelli: quel bambino ha assorbito una dose di diossine 441 volte oltre il limite», ha spiegato. Ruzzenenti ha poi attaccato l´inceneritore – «Non serve a nulla, chiudiamolo» -, e la mancata erogazione di fondi per la bonifica della Caffaro: «Per siti di importanza molto minore sono stati stanziati milioni di euro, per Brescia nemmeno un euro. Dobbiamo spingere il governo e l´Europa a risolvere il problema».

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Contro gli scempi ambientali


Il comitato Santa Donna contro il parco eolico

Apprendiamo che la nostra recente lettera informativa inviata ai consiglieri è stata colta come "intimidatoria" e non come voleva essere un semplice "pro-memoria" sul fatto che diversi cittadini si stanno ovviamente attivando con forza per la tutela della propria salute, del territorio in cui vivono e dei propri investimenti economici.



Segnalare che dei cittadini reagiscono a quello che considerano uno scempio sproporzionato e immotivato, che si sentono "moralmente autorizzati a contestare pacificamente", ci sembra democraticamente normale quando si stanno prendendo delle decisioni così impattanti sulla vita delle persone.
All'amo della paura del dissenso ha indiscutibilmente abboccato una politica sempre più spaventata dal confronto non di facciata con la gente.
Abboccano quindi amministratori sempre più barricati nell'estrema difesa di se' stessi e degli interessi di parte, ormai avulsi dalle reali problematiche della gente?
Certo questo ci allarma perché ci chiediamo come mai sembrino mostrare di avere così tanto la coda di paglia.
Anche perché se non ci saranno, come hanno dichiarato e dichiarano, le ricadute negative sulle nostre vite e sulle nostre attività economiche non sarà necessario fare ricorso "a ogni stratagemma che la nostra creatività ci suggerirà" ne' di "contestare pacificamente ma caldamente ogni apparizione pubblica".
Noi che siamo democraticamente ingenui speriamo ancora nel risveglio di una buona politica che si occupi di trovare un equilibrio tra le esigenze della popolazione, della tutela del delicato ambiente montano e gli interessi economici delle aziende. Vogliamo ancora credere che la Pubblica Amministrazione non abbia solo il ruolo prono di passacarte.
Anche se questa spropositata paura della "libertà costituzionale dell'espressione del dissenso" inizia a farci venire qualche dubbio.
Certamente la seriosa convocazione della conferenza stampa, con un'indicazione vittimistica già compresa nel titolo della stessa, non è adeguatamente commisurata al tono ironico della lettera ricevuta dai Consiglieri.
Speriamo almeno ne venga colta la citazione finale da "Il mercante di Venezia" di Shakespeare in cui c'è la rappresentazione dello stereotipo più classico del "cornuto e mazziato" e in cui semplicemente si evidenzia l'ovvietà della reazione anche del più umile tra chi subisce danni e sventura.
Inviamo questo comunicato cercando di agevolare il lavoro degli addetti all'informazione, senza costringerli a partecipare a incontri durante il fine settimana. Rimaniamo a disposizione per qualsiasi approfondimento, richiesta di intervista o incontro diretto.
Alleghiamo copia della nostra lettera (clicca qui) che pare tolga il sonno ai nostri trincerati amministratori.
C'è nella seconda pagina anche un interessantissimo promemoria sulle indagini ufficialmente in corso, con citazione di tutte le relative fonti, riguardanti alcune ditte che si stanno occupando di affari eolici nei nostri territori.

Comitato Santa Donna, Valli Taro, Ceno, Noveglia, Varaccola e Vona



Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Un nuovo inceneritore a Langhirano, il Comune si mette di traverso


L'assalto alla food valley, il silenzio dei consorzi di tutela

Un'altra richiesta di centrale a biomassa nella food valley.
Questa volta è Langhirano al centro degli interessi e dei profitti a spese dei cittadini.
Il comune risponde con una proposta di modifica del Rue, in discussione il 18 marzo.
Ci chiediamo, i consorzi di tutela dei famosi marchi delle nostre terre sono ciechi o sono sordi?
Non sono “a tutela” dei prodotti di eccellenza del made in Italy e del made in Parma?
L'assessore Contini di Langhirano si è espresso così nella pagina facebook del comune.
Vogliamo trasformare la food valley in un grande forno a cielo aperto?
Il dibattito è aperto.



Buongiorno a tutti sono Marco Contini assessore all’urbanistica e all’ambiente del comune di Langhirano.
Vorrei cercare di fornire alcuni dati certi sull’argomento dell’impianto di cogenerazione di Cozzano.
Innanzitutto l’amministrazione comunale di Langhirano non ha mai approvato alcun progetto riguardante una centrale di combustione a Cozzano, questo per togliere qualsiasi dubbio in proposito.
Il progetto di un impianto di colatura e cogenerazione, è stato presentato da privati in modo del tutto legittimo all’amministrazione comunale che ha iniziato, come la legge prevede, la procedura amministrativa per le verifiche di compatibilità urbanistica, paesaggistica, igienico sanitaria, e ambientale. Il che non vuol dire approvare un progetto.
Considerata la materia del tutto nuova per le nostre amministrazioni si è valutato attentamente la procedura cercando di comprendere quali i rischi di tipo ambientale e sociale questa attività potesse avere.
Non avendo il comune alcuna competenza in materia igienico sanitario e di controllo delle emissioni nocive, deve raccogliere il parere di altri enti (Ausl, Arpa) confrontandosi con questi al fine di una soluzione che tuteli l’interesse pubblico e la salute dei cittadini.
Nel frattempo all’interno della giunta e degli uffici tecnici abbiamo avuto un confronto approfondito sul tema concordando l’opportunità di sospendere questa iniziativa non solo per i possibili rischi sulla salute, ma anche per valutare le conseguenze su un territorio a vocazione agroalimentare e turistica.
Questo confronto ha portato l’amministrazione a proporre al consiglio comunale del 18 marzo una variante al Rue in cui questo tipo di attività non sono consentite all’interno del nostro territorio almeno fino a quando non sarà predisposto un piano apposito sugli impianti di produzione di energia che dimostri la sostenibilità degli interventi.
Non è mia intenzione fare polemica di alcun genere ma semplicemente raccontare i fatti per quello che sono onde evitare esagerazioni o un uso del tutto personalistico degli avvenimenti il cui scopo è evidente.
Personalmente sono dell’idea che un buon amministratore debba ragionare con la testa, a volte con il cuore ma mai con la pancia ed è quello che è stato fatto in questo caso, nei modi consentiti dalle leggi, dai regolamenti vigenti e con l’obiettivo di tutelare il nostro territorio.
Un saluto a tutti.

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Acqua e Iren, si muove anche Parma


Investimenti Iren sulla rete idrica, il comune chiede chiarimenti a Atersir

Dopo la notizia di ieri, Piacenza porterà Iren in tribunale per i mancati investimenti sulla rete idrica, ora anche Parma chiede spiegazioni ad Atersir, prefigurando possibili iniziative similari.
A sollevare a questione è l'assessore all'ambiente del comune di Parma Gabriele Folli, che ha scritto al presidente di Atesir (Agenzia Territoriale dell'Emilia Romagna per i Servizi Idrici e Rifiuti) Virginio Merola (che è anche Sindaco di Bologna), al direttore dell'Agenzia Vito Belladonna, al presidente in sede locale Roberto Bianchi (sindaco di Medesano) e al coordinatore locale Giancarlo Castellani (assessore Provinciale) per chiedere informazioni dettagliate in ordine agli investimenti previsti, ed eventualmente non realizzati da Iren, sulla rete idrica di Parma.



“Gentile Presidente - scrive Folli - in considerazione delle notizie apparse sulla stampa locale di Piacenza che riferiscono del mandato conferito dall’Assemblea di Atersir al Presidente della Provincia, Massimo Trespidi, di avviare un’azione legale nei confronti di Iren, per recuperare 13 milioni di euro di investimenti mancati nel servizio idrico, chiedo conto della situazione esistente nell’ambito di Parma, anche in relazione all’ultimo consiglio locale di Parma, in cui diversi rappresentanti dei comuni hanno lamentato analoga situazione. In particolare - conclude l'assessore comunale - vorrei avere un ordine di grandezza, se non fosse possibile avere un dettaglio, degli investimenti programmati nel piano quinquennale ma non effettuati dal gestore, investimenti che dovrebbero essere già remunerati dalla tariffa”.
Senza tanti giri di parole si richiedono tutti i “numeri” della gestione della rete idrica e relativi investimenti: l'acqua pubblica è un patrimonio inestimabile che va tutelato e garantito.
L'acqua è un tema strettamente legato alla gestione dei rifiuti perché è dalla qualità dell'acqua pubblica che dipende la possibilità di sponsorizzare l'acqua del sindaco in sostituzione dell'acqua in bottiglia.
Il mercato delle acqua minerali, 12 miliardi di litri prodotti in un anno in Italia, rappresenta un inutile spreco di plastica, un forte inquinamento dovuto ai trasporti e alla logistica ed anche un saldo negativo per i portafogli delle famiglie, che ne consumano 11 miliardi di litri, con un costo medio di 0,21 euro al litro.
Atesir è ora tenuta alla risposta, per poi portare l'argomento in assemblea locale e decidere se ci siano o meno le condizioni per seguire l'esempio dei piacentini.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

venerdì 15 marzo 2013

Piacenza, via libera alla causa contro Iren


Trespidi, Provincia, Elefanti si dimetta


L’assemblea di Atersir ha dato mandato al presidente della Provincia, Massimo Trespidi, di avviare un’azione legale nei confronti di Iren, per recuperare 13 milioni di euro di investimenti mancati. Tutti d’accordo, ad eccezione del Comune di Piacenza, socio della multiutility. “Quello di Iren è un atteggiamento ingiustificabile, insopportabile, non più tollerabile -ha detto Trespidi -. Quando Atersir formalizzerà l’azione legale, la posizione dei rappresentanti piacentini in Iren, mi riferisco al dottor Marco Elefanti, sarà da mettere in discussione, ne chiediamo le dimissioni”. L’assemblea prosegue inoltre nella valutazione per la gestione, sul modello reggiano, di una gestione autonoma del servizio idrico. Contattato dalla nostra redazione per una replica, Elefanti afferma di non voler rilasciare nessuna dichiarazione e ricorda che il suo mandato scadrà comunque a breve.



AGGIORNAMENTO DELLE 11.35 – I sindaci hanno votato sì per dar corso al percorso che porti all’azione legale contro Iren per i mancati investimenti. Tutti a favore, eccetto il comune di Piacenza che si astiene. Il primo cittadino Paolo Dosi motiva la scelta con queste parole: “Non aderiremo all’azione legale in quanto siamo soci di Iren e l’azione legale sarebbe contro noi stessi”. Dosi ha anche annunciato un imminente discussione sulla presenza in seno al consiglio di amministrazione di Iren.

AGGIORNAMENTO DELLE 11.17 - “Causa legale contro Iren? Si può”. Il presidente della Provincia Massimo Trespidi ha letto all’assemblea il parere di un avvocato di Atersir di Bologna in cui si afferma che la causa contro i mancati investimenti sul territorio che Iren aveva stabilito nella convenzione, è possibile. Si tratta, lo ricordiamo di 13 milioni che erano previsti per gli anni 2011 e 2012. Ora saranno i sindaci a dire la parola finale. “Dopo ripetute lettere inviate (quella di novembre ha avuto replica tre mesi dopo) a Iren – ha proseguito Trespidi – non abbiamo avuto risposta. Solo questa mattina e’ arrivata una lettera in cui si fa una controproposta, quella di soprassedere sugli investimenti di 13 milioni per non ritoccare le tariffe”. All’annuncio si è levato il disappunto in sala da parte dei sindaci.

NOTIZIA DELLE 10.15 - Iren, oggi è il giorno del “giudizio” dei sindaci del territorio. Tutti i primi cittadini sono stati chiamati stamattina, nella sala consiliare della Provincia, a esprimere il parere sulla gestione dell’acqua, decidendo se aprire la porta alla creazione di un differente modello di gestione del servizio idrico. Il consiglio locale di Atersir, l’Agenzia territoriale dell’Emilia-Romagna per i servizi idrici e rifiuti nata sulle ceneri delle nove vecchie Agenzie d’ambito territoriale ottimale, sta discutendo se adottare o meno il modello della Provincia di Reggio Emilia, che ha avviato un percorso partecipato per la realizzazione di un nuovo modello gestionale dei servizi idrici, possibile scelta nell’ambito dell’affidamento ex-novo degli stessi servizi. I sindaci decideranno quindi in mattinata se riaffidare a Iren la gestione idrica con la prossima gara, prevista per il prossimo anno: potranno deliberare di proseguire nell’affidamento esterno oppure scegliere di tornare alla gestione diretta del servizio, dopo il risultato del referendum i cui risultati hanno sancito che l’acqua, bene pubblico, non può essere fonte di profitto. Oggetto del dibattito, il contenzioso con la multi-utility Iren, a causa dei tredici milioni di euro di mancati investimenti nel settore idrico nel Piacentino. In aula anche una folta rappresentanza di cittadini dei comitati “Acqua bene pubblico”.


Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

giovedì 14 marzo 2013

Inceneritore Citterio, un'analisi puntuale del progetto

Nove tesi che smontano il progetto, coscia per coscia

A Poggio Sant'Ilario il cogeneratore di Citterio per bruciare grassi animali. La cittadinanza è contraria, l'amministrazione nicchia. Un'analisi punto per punto.

di Giuliano Serioli

L'iter di approvazione
E' durato neanche 5 mesi.
La presentazione del progetto di Citterio allo sportello unico di Traversetolo è avvenuta il 30/06/2012, la concessione dell'autorizzazione da parte della Provincia nella conferenza dei servizi è del 19/11/2012.



L'amministrazione comunale ha dato subito il suo benestare urbanistico, anche se la normativa prevede una distanza minima di 500 metri dalle abitazioni, che al Poggio sono a 100 metri dallo stabilimento. Il sindaco Lori motiva la concessione in deroga alla normativa perché l'area in questione è definita industriale e quindi bastano 100 metri per gli impianti dalle abitazioni.
A chi le chiede perché abbia informato la cittadinanza solo il 4 ottobre, il sindaco risponde che il titolare di Citterio, in quanto privato cittadino, ha diritto alla privacy come chiunque altro.
Come se il diritto di una parte potesse travolgere quello di tutti gli altri, che hanno diritto di essere informati su un tema che riguarda direttamente la loro salute.
In questi 5 mesi si tengono ben 3 conferenze dei servizi, presso la sede della Provincia di Parma.
Ma la rapidità dell'iter è la conseguenza della sudditanza delle amministrazioni all'aspettativa di Citterio di non perdere il finanziamento europeo, che scadeva il 31/12/2012.
Il sindaco Lori presenta il progetto alla cittadinanza il 4 ottobre, assieme alla dirigenza di Citterio, dopo che il 29 settembre la Regione si era espressa a favore e i giochi ormai erano fatti. Il 19 novembre si tiene la 3a conferenza dei servizi che da l'autorizzazione, dopo ben 2 conferenze andate a vuoto in estate perché la Regione non aveva ancora espresso parere.

L'autorizzazione
La richiesta della ditta era di bruciare grasso come combustibile ricavato dagli scarti di lavorazione, i SOA, ma l'autorizzazione arriva da Regione e Provincia per la combustione di R1 ed R13, cioè per bruciare rifiuti trattati.
E' a tutti gli effetti un inceneritore perché il grasso è considerato un rifiuto.
A questo punto, però, ci si chiede se sia corretto formalmente e sostanzialmente bruciare rifiuti in un motore endotermico e non in una caldaia ad incenerimento. Il problema è sostanziale: in un motore endotermico le temperature arrivano a non più di 500 °C, in una caldaia di un inceneritore la temperatura può arrivare anche a 1200 °C. La cosa non è secondaria, in quanto le polveri e le diossine vengono abbattute maggiormente alle alte temperature.
Il dott. Monfredini, del comitato di Castelvetro Modenese, interroga sul fatto la Direzione Generale della Salute dei Consumatori ( DG SANCO) della CE a Bruxelles.
Questa così risponde: “Grazie per la sua domanda. Posso confermarle che qualsiasi proposta per un nuovo metodo alternativo di trattamento dei rifiuti dovrebbe essere accertata e valutata da EFSA”.
In altri termini, bruciare rifiuti in un motore endotermico non rientra nelle normative europee.

Il combustibile
Il grasso animale ha una viscosità decisamente superiore a quella già elevata degli oli vegetali, non a caso la stessa ditta che fornisce il cogeneratore a Citterio dichiara nella relazione tecnica di dover usare ogni tanto come combustibile l'olio di colza per pulire iniettori e valvole del motore endotermico.
La viscosità degli oli vegetali è, però, già elevata: da 11 a 17 volte superiore a quella del gasolio.
L'olio di colza ha una viscosità 15 volte maggiore del gasolio.
Per questo motivo l'utilizzo dei grassi nei motori diesel provoca una combustione incompleta, formazione di depositi carboniosi agli iniettori, diminuzione di efficacia termica e di potenza nei motori, gelatinizzazione dell'olio lubrificante.
Il grasso viene mantenuto fluido tramite preriscaldamento. Il preriscaldamento provoca un aumento delle temperature in camera di combustione che, unitamente ad un elevato tenore di ossigeno delle molecole di grasso, determina polimerizzazioni degli acidi grassi e formazione di concrezioni carboniose agli iniettori ed alle valvole e grandi emissioni di NOx.
Il grasso, dai dati stessi della relazione tecnica, contiene uno 0,5% di acqua, anche dopo la centrifugazione meccanica e la degommazione. Nell'acqua sono sciolti anioni di cloro, presenti strutturalmente per la salatura dei prosciutti.
Dalla combustione di sostanze organiche in presenza di cloro si formano diossine.

Il motore endotermico
Si tratta di un motore lento o navale, da 750 giri al minuto.
Ha una cilindrata di 98,5 litri, vale a dire di 98.500 cm3.
Sarebbe come avere al Poggio 10 grossi camion da 10.000 cm3 che rimangono accesi 24 ore al giorno.
I filtri del motore sono molto condizionati dal tipo di combustibile, dall'acidità dei grassi animali.
Il motore lento ha un basso rendimento elettrico rispetto a quello termico.
Ha un rendimento elettrico del 41% , energia elettrica prodotta circa 7000 Mwhe, a fronte di autoconsumo di soli 200 Mwe. Un rendimento termico del 42%, vale a dire 16.800 Mwht.
I gas di scarico usciranno da un camino alto 14 metri dopo depurazione. Una parte dei gas sarà convogliata ad una caldaia per il loro riutilizzo, unitamente all'acqua di raffreddamento del motore, per abbattere il consumo di metano della caldaia del rendering. Le emissioni dal camino E1/2 del cogeneratore consistono in circa 45.000 Nm3 annui di fumi.

Il sistema depurativo
Nella relazione tecnica di Citterio è presente un reattore catalitico selettivo (SCR) per ridurre gli NOx con l'aggiunta di urea nei fumi, seguito da un catalizzatore ossidante per abbattere il monossido di carbonio (OXICO). L'ing. Capponi di Termoindustriale, la ditta fornitrice, ha affermato in una pubblica assemblea che ci sarebbe anche un secondo catalizzatore ossidante a monte, cosa non vera anche perché confligge con la stessa relazione tecnica.
Se per gli oli vegetali grezzi è sufficiente un solo catalizzatore per abbattere le emissioni e rientrare nei range della normativa, per il grasso animale, nettamente più viscoso, ne occorrono due. Uno a monte che stabilizza la temperatura dei fumi di uscita (450-500°) su una temperatura di esercizio di 300°, soglia al di sotto della quale non vi è una completa trasformazione dell'urea in ammoniaca, e che nel medesimo tempo abbatte il CO.
Ed uno a valle che serve ad abbattere il particolato, le polveri sottili (COT).

Le emissioni
I camini da cui escono i gas di scarico sono due, entrambi alti 14 metri. Uno per gli scarichi del cogeneratore, l'altro per quelli del postcombustore posto all'esterno dell'impianto di rendering.
Le emissioni del primo sono di circa 45 milioni di Nm3, quelle del secondo di circa 2 milioni di Nm3.
In totale si hanno circa 50 milioni di Nm3 di gas di scarico.
La normativa italiana per le centrali a biomassa stabilisce questi limiti: polveri 100 mg/Nm3,
CO 350 mg/Nm3, NOx 500mg/Nm3. Anche dando per buone le emissioni dichiarate da Citterio :
100 mg/Nm3 di CO, 250 mg/Nm3 di Nox, 20 mg/Nm3 di polveri.
Nella zona si disperderebbero annualmente circa 5 tonnellate di monossido di carbonio, 12 tonnellate di ossidi di azoto e 1 tonnellata di polveri sottili.
Da non dimenticare le emissioni di CO2, circa 500 g per ogni Kwe. Vale a dire 3.500 tonnellate.
Si tratta certamente di energia rinnovabile, in quanto gli allevamenti industriali sfornano continuamente cosce di maiale, ma i suini non catturano la CO2 come il mais o i boschi, per cui non si può parlare di saldo zero di CO2, anzi ne emettono già molta di loro attraverso la digestione e le feci.
E questo alla faccia dei protocolli di Kyoto e dei cosiddetti comuni virtuosi, di cui Felino fa parte.
Da non dimenticare, poi, soprattutto le emissioni di diossina.
Nel grasso che va al cogeneratore c'è una percentuale dello 0,5% di acqua, dichiarata proprio nella relazione tecnica della Citterio, che contiene anioni di Cloro. La combustione di sostanze organiche in presenza di Cloro produce diossine, recita la scienza.
Ma anche il camino del postcombustore emette diossina, perché vi arrivano sostanze organiche volatili (SOV) e fumi di cloro, cioè cloruri dalla condotta d'aria forzata dell'impianto di rendering per la bollitura degli scarti dei prosciutti che per la salatura contengono il cloruro di sodio.

L'impianto di rendering
Durante la cuocitura si verifica autossidazione del grasso con formazione di aldeidi e polimerizzazione degli acidi grassi.
Le sostanze organiche volatili e i vapori di cloro causati dalla cuocitura dei SOA a 135° di temperatura a 3 Bar di pressione vengono convogliati in forzata al postcombustore che funziona 8 ore al giorno per 260 giorni.
Le emissioni dal postcombustore attraverso il camino sono di 1000 Nm3/h, cioè di 2 milioni di Nm3 annui.
Dalla combustione nel postcombustore fino a 950 °C oltre ai valori di CO, NOx e polveri dichiarati c'è anche diossina. La provoca la cuocitura stessa che origina sostanze organiche e cloruri. Il postcombustore, alimentato a metano con gran dispendio di calore e di energia, non riesce ad abbatterla perché non raggiunge le temperature che garantiscono maggiore abbattimento negli inceneritori tradizionali, tra 900 e 1200 °C, per i quali tuttavia occorrerebbe un consumo di metano ancora maggiore, eccessivo per l'intento speculativo di Citterio.
Nella relazione tecnica si dichiara che l'abbattimento del cloruro di sodio nel grasso attraverso il degommaggio porta questo da valori di 190 ppm a 15 ppm.
Anche se questi valori fossero reali, dalla combustione di 1. 170.000 kg di grasso, nelle emissioni si avrebbero ogni anno 15 kg di cloro che insieme agli idrocarburi policiclici aromatici derivati dalla combustione del grasso produrrebbero diossina.

La zona rossa
Queste emissioni di CO2 e di inquinanti pericolosi in quantità non certo irrilevanti si sommano agli NOx ed alle polveri sottili (PM10 e nanopolveri) di una zona dichiarata "rossa" dall'amministrazione regionale stessa.
Una zona, cioè, in cui ogni nuova attività produttiva ed industriale non dovrebbe fare aumentare in alcun modo gli inquinanti esistenti, ma dovrebbe essere come minimo a saldo zero.
Anzi in un comune virtuoso, come ama definirsi l'amministrazione di Felino, le nuove attività produttive dovrebbero abbassare gli inquinanti.
Il dott. De Munari, direttore di Arpa, manifestando la sua impotenza nel dover autorizzare un impianto che rispetta formalmente le normative, ha dichiarato che trova assurdo che gli enti approvino centrali a biomassa così inquinanti per una zona ad alto rischio inquinamento.
Altrettanto grande è stata la meraviglia del prof. Setti dell'università di Bologna venuto a presentare il PAES a Felino. Non sapeva nulla del cogeneratore Citterio e ha dichiarato tutta la sua meraviglia e la sua contrarietà ad un imbarazzato assessore all'ambiente di Felino.

L'effetto contagio
Già corrono voci di un'altra richiesta di bruciare grasso da scarti di prosciutto.
Questa volta nella zona di Langhirano, in un capannone in disuso tra Quinzano e Cozzano.
Pare sia già stata concessa l'autorizzazione urbanistica da parte del comune.
Il comitato sta percorrendo in lungo e in largo i comuni della pedemontana proprio perché consapevole che ad essere coinvolta è tutta la zona di produzione del prosciutto.
Altro che effetto Nimby, come dice qualche amministratore riferendosi alle preoccupazioni dei cittadini. Il comitato teme che una volta realizzatosi l'intento speculativo di Citterio, possa essere seguito da quello di molti altri produttori,ansiosi di intascare gli incentivi pubblici portando ad un inquinamento grave ed ulteriore della fascia pedemontana.

Giuliano Serioli

Rete Ambiente Parma
14 marzo 2013

www.reteambienteparma.org - info@reteambienteparma.org
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mercoledì 13 marzo 2013

Bomba ecologica alle porte di Lecce


Inchiesta sull'ex inceneritore Saspi

Cinque dirigenti indagati per gettito pericoloso di cose, danneggiamento, omessa bonifica e avvelenamento colposo della falda acquifera

di Chiara Spagnolo

http://bari.repubblica.it/cronaca/2013/03/12/news/bomba_ecologica_alle_porte_di_lecce_inchiesta_sull_ex_inceneritore_saspi-54385579/

Consulenti della Procura a caccia di veleni nei terreni e nelle acque dell’ex Saspi, l’inceneritore che per decenni ha bruciato i rifiuti di Lecce e ora potrebbe essersi trasformato in una bomba ecologica pronta ad esplodere alle porte della città. Il pericolo è noto da tempo. Gli interventi delle forze dell’ordine, in passato, sono stati ripetuti ma ora il procuratore aggiunto di Lecce Ennio Cillo vuole vederci chiaro e capire se davvero quella zona vasta almeno due ettari rappresenti una spada di Damocle che pende sulla testa dei leccesi e chi debba assumersene la responsabilità. Il nodo delle bonifiche mai effettuate, infatti, è centrale nell’inchiesta delegata ai carabinieri del Noe, guidati dal maggiore Nicola Candido. 



Le ipotesi di reato di gettito pericoloso di cose, danneggiamento, omessa bonifica e avvelenamento colposo della falda acquifera sarebbero al momento contestate a cinque dirigenti dell’impianto.
Agli indagati non sarebbe stato ancora notificato alcun avviso di garanzia e anche l’accertamento tecnico disposto dal titolare dell’inchiesta sarebbe del genere “ripetibile”, non prevedendo quindi la partecipazione delle parti in causa. La storia dell’area ex Saspi, indipendentemente dal capitolo giudiziario aperto di recente, è lunga e complicata. L’inceneritore per anni ha inghiottito rifiuti, poi è stato dismesso ed è diventato discarica incontrollata alla mercé di chiunque avesse qualcosa di cui disfarsi. Zona franca per i pirati dello smaltimento, che non hanno esitato ad abbandonarvi materiali pericolosi. Fino a quando, nel 2012, il Comune che ne era proprietario è riuscito a mettere in sicurezza l’edificio ormai cadente, impedendo l’accesso incontrollato e lo sversamento di rifiuti all’interno. L’esterno, invece, è rimasto terra di nessuno e lo è ancora oggi che l’area è diventata proprietà privata. A poca distanza dall’inceneritore svetta, infatti, una collinetta alta alcuni metri che conterrebbe circa 100.000 tonnellate di materiali pericolosi, comprese ceneri di cui si ignora la composizione e la provenienza.
La bomba ecologica è ricoperta da uno strato di argilla, completamente tombata come nelle migliori tradizioni dello sversamento illegale. Sotto terra sono contenuti i segreti di chi, negli anni, ha interrato quintali di scorie, che presto potrebbero essere svelati dai consulenti della Procura, il chimico Mauro Sanna e il geologo Cesare Carocci, ai quali il procuratore Cillo ha chiesto di verificare il possibile inquinamento del suolo e delle acque. A fare partire l’inchiesta è stato l’esposto di un proprietario di un terreno vicino, che ha ipotizzato la contaminazione dell’area, inducendo la magistratura a puntare i riflettori su quello che contiene il sottosuolo e anche sulle eventuali responsabilità dell’amministrazione comunale e dell’attuale proprietario dell’ex Saspi, partendo proprio dalla verifica della posizione dei cinque attuali indagati.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

In campagna troppi pesticidi


Convegno a Verona a cura dell'Isde

Cibi e salute. L´associazione medici per l´ambiente fa il punto sui fitofarmaci e sollecita più informazioni ai cittadini
Il farmacologo Velo: “Servono i 600 prodotti oggi in commercio o è solo business? Migliorare gli studi clinici sugli effetti tossici”

Oltre ottomila prodotti in commercio, che utilizzano all´incirca 600 principi attivi di cui poco o nulla si sa. E che nove volte su dieci vengono irrorati sulla frutta, la verdura e i prodotti animali con cui ci alimentiamo.
Un giro d´affari miliardario gestito da multinazionali.
Sostanze chimiche.



Sono alcuni numeri della galassia pesticidi, ossia tutte quelle sostanze chimiche che - da sole o in associazione fra loro - vengono utilizzate per proteggere le coltivazioni dagli assalti di insetti, funghi, muffe e roditori. I consumatori italiani li conoscono e li temono, eppure di pesticidi e fitofarmaci, sino a oggi, a parlare sono soprattutto le associazioni ambientaliste, mentre il mondo scientifico resta alla finestra. Per avvicinare i medici alle tematiche della salute ambientale, la sezione veronese di Isde (Associazione medici per l´ambiente) ha organizzato nella sala covegni dell´Ordine dei medici di Verona, un incontro su "Pesticidi e salute", con gli interventi di medici del lavoro, un pediatra, uno zoologo e un agronomo.
Informare i medici.
Spiega il presidente di Isde Verona, professor Giampaolo Velo: “È doveroso che i medici comincino a interessarsi di queste tematiche, per essere poi in grado di fornire le necessarie informazioni ai loro assistiti”.
Pesticidi e farmaci.
“Per i pesticidi”, chiarisce il farmacologo, “occorre l´approccio usato con le medicine. Ogni farmaco, è un dato di fatto, provoca un piccolo o grande effetto indesiderato, ma con gli studi approfonditi e soprattutto l´utilizzo a lungo termine siamo in grado di valutare il rapporto fra rischio e beneficio, così da decidere se rinunciare all´utilizzo di un dato farmaco. Con i pesticidi questo approccio è impossibile; le variabili in campo sono troppe e soprattutto il mercato continua o offrire prodotti nuovi. Il mio suggerimento? Sono realista. Azzerare l´uso dei pesticidi è impossibile, ma sarebbe già un buon punto di partenza rispondere a una domanda apparentemente banale: in Italia servono tutti i prodotti oggi in commercio oppure è solo business? Cominciamo a ridurne il numero e a usarne meno, così sarà più facile studiarne gli effetti indesiderati”.
Pesticidi e uomo.
I dati scientifici sulle conseguenze dei pesticidi sull´uomo e sull´ambiente sono tanti e pochi ormai li contestano. Il dottor Celestino Panizza, medico del lavoro alla Asl di Brescia, ne ha elencati alcuni: negli agricoltori che utilizzano pesticidi le percentuali di tumori al cervello, alla prostata e alla pelle sono maggiori. Nei loro figli sono più elevate le possibilità di patologie congenite. Si ritiene che le api siano a rischio per i troppi pesticidi, mentre le particelle velenose finite nelle acque di alcuni laghi hanno provocato una mutazione sessuale in alcune specie di pesci. E tracce di pesticidi spesso vengono riscontrate in campioni di latte materno.
Biologico è meglio?
L´agricoltura biologica può aiutarci a ridurre la mitridizzazione da pesticidi?
“L´agricoltura biologica, ossia che non usa fitofarmaci e antibiotici, è sicuramente un aiuto, ma non un elisir di lunga vita”, ha spiegato l´agronoma Cristina Micheloni, “a patto che il consumatore accorci il più possibile la filiera. Più passaggi ci sono, più alta è la possibilità di contaminazione. E bisogna rivolgersi a produttori certificati. I recenti scandali, gli abusi del marchio biologico, se da un lato preoccupano, dall´altro devono tranquillizzare: significa che i controlli vengono fatti a regola d´arte”.

P.Col.
L'Arena, domenica 10 marzo 2013

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

domenica 10 marzo 2013

Asl contro biomasse, pericolose per i bambini


Centrale a biomasse a Paesana (Cuneo), l’Asl Cn1 boccia il sito: “Industria insalubre troppo vicina alle scuole”

Forse già al termine l’iter procedurale relativo alla realizzazione di un impianto da di 992 kw


Il tavolo della Conferenza dei Servizi
I risultato definitivi sono parecchi di la da venire. A meno di rinunce che avrebbero del clamoroso. Ma a voler cercare di interpretare – da novelli oracoli – il volo degli uccelli, al termine dell’animata Conferenza dei Servizi conclusasi poco più di un’ora fa nella sala consiliare di Paesana per analizzare la richiesta di autorizzazione a costruire una centrale a biomasse presentata dalla F.&R. Green Energy s.r.l. di Castagnole Piemonte, i segni vanno tutti nella stessa direzione. Difficilmente il paese vedrà sorgere sul suo territorio un impianti di pirogassificazione. E se mai questi dovesse sorgere, certamente questo non avverrà nella zona al momento oggetto della richiesta, un grande spiazzo erboso pizzicato fra via Cimitero e Via Belloni.
E’ stata l’Asl Cn1, pur assente al tavolo convocato per le 10 di questa mattina, ad affossare – non si sa quanto definitivamente, ma certo parecchio – la volontà imprenditoriale della F.&R. Green Energy, presente alla Conferenza con ben sette uomini del suo staff dirigenziale.



La seduta, di cui riferiremo ampiamente e nei dettagli riportando gli altri pareri esposti a partire da domani, era stata aperta dal consueto intervento chiarificatore del sindaco Mario Anselmo.
“L’iniziativa della centrale a biomasse – ha detto il primo cittadino quasi a voler sgombrare il campo da equivoci – è stata fatta propria dal Comune non certo per interessi privatistici ma pubblici, peraltro condivisi da Regione e Unpli, protesi a fornire reddito a chi vive in montagna. Ciò detto, condiviso le preoccupazioni di tutti e posso garantire che terremo nella massima considerazione la salute dei cittadini di Paesana che poi è anche la mia, dal momento che anch’io vivo in questo paese”.
Il tempo di concedere 5 minuti ai “richiedenti” per “illustrare il progetto” ed il presidente dell’assemblea Andrea Caporgno – responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale – leggeva il parere dell’Asl Cn1. Che centrava tutto il suo dissenso sul sito che dovrebbe ospitare quella che l’Azienda Sanitaria ha letteralmente definito una “industria insalubre di 1^ classe”, vale a dire la centrale a biomasse. Troppo vicino al centro abitato, ancor più alle scuole frequentate da bambini dai 6 ai 14 anni. Ben diverso da quello spiazzo “isolato, aperto, alberato, ricco di verde, ben soleggiato” che l’Asl ritiene invece consono ed ottimale ad ospitare l’impianto di pirogassificazione. Una doccia fredda che qualcuno – fra i rappresentanti della F.&R. Green Energy – ha accolto con una palese smorfia e qualcun altro ha voluto invece gli fosse riletto, tanto era stato lo stupore e l’incredulità. In più l’Asl ha mosso rilievi sull’assenza di uno “studio sulle dispersioni in atmosfera che tenga conto delle condizioni metereologiche” e definito “insufficiente” la documentazione presentata circa la “salute del vicinato”.
A tutti è parsa una bocciatura senza “se” e senza “ma”. Il geometra Caporgno l’ha definito un “parere cogente” (che obbliga inderogabilmente). Altri un “parere abbastanza negativo, pesante” stante la difficoltà del dimostrare che la centrale “non sia insalubre”.
Il pallino è ora in mano alla F.&R. Green Energy che deve scegliere se cercare di controbattere le osservazioni dell’Asl facendosi carico di studi dai costi imprevisti ed elevati e con il rischio che tutto sia completamente inutile o battere in ritirata. E montare l’impianto in quei paesi i cui politici continuano, a proposito delle biomasse, a raccontarci favolette cui non crede più nessuno.
Presenti in sala, ci è stato detto, anche due agenti della Digos di Cuneo.

Walter Alberto

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR