“Garantire sicurezza al territorio e
ai cittadini. E’ questo l’obiettivo dell’attività di
monitoraggio
programmata, su mandato delle
istituzioni, dall’Ausl di Parma prima dell’avvio del
termovalorizzatore”.
Con queste rassicuranti parole inizia
il comunicato stampa diramato dalla Provincia di Parma a seguito
della presentazione del progetto di sorveglianza sanitaria che
servirà ad evidenziare gli eventuali effetti nocivi delle emissioni
del costruendo inceneritore di Parma.
Non un gran sollievo per i cittadini
coinvolti nelle zone di ricaduta, che almeno potranno controllare
il livello di peggioramento del
territorio in cui vivono legato all’incenerimento di 130 mila
tonnellate all’anno di rifiuti, perché certamente la condizione
non potrà migliorare.
Noi che viviamo a Rubbiano, Ramiola,
Fornovo, ecc. , invece, un impianto di co-incenerimento di
rifiuti speciali pericolosi lo abbiamo
già, a due passi dai centri abitati, con emissioni inquinanti,
ampiamente certificate, ma per noi
nessun piano di monitoraggio e analisi. Si tratta dello stabilimento
di Laterlite, per il quale la Provincia stessa autorizza il
co-incenerimento di 65 mila tonnellate all’anno di oli esausti ed
emulsioni oleose.
O, perlomeno, queste erano le quantità
autorizzate dall’AIA in scadenza a fine 2012. Della nuova
autorizzazione infatti non sappiamo nulla, la conferenza dei servizi
è rimasta off-limits per i rappresentanti dei cittadini.
Il comitato però non si è dato per
vinto ed ha inviato alla stessa conferenza le proprie considerazioni
e richieste.
Una di queste riguarda proprio
l’esecuzione di uno studio epidemiologico e di monitoraggi sulle
matrici ambientali, al fine di approfondire il tema dell’impatto
sanitario e verificare se ciò possa essere riferibile alle emissioni
di Laterlite.
Naturalmente per fare questo serve
studiare precisamente le zone di ricaduta, in relazioni ai venti,
alle correnti ed ai fenomeni climatici come l’inversione termica.
Abbiamo anche chiesto l’analisi di matrici biologiche: aria, acqua,
vegetali, licheni, ma soprattutto tessuti di bioaccumulo, come il
grasso animale ed il latte materno sempre nell’ottica di
approfondire l’argomento.
Di tutto ciò ancora nulla. Chiediamo
che al più presto ciò che è stato pianificato per l’inceneritore
di Parma possa essere proposto ed attuato anche qui, tra Val Ceno e
Val Taro, dove le emissioni del camino di Laterlite da ormai oltre un
decennio rilasciano in atmosfera, diossine, PCB, metalli pesanti,
furani, composti organici volatili e molti altri inquinanti che pur
essendo monitorati , senza dubbio contribuiscono a render critica la
situazione ambientale.
Nell’incontro pubblico del 16
novembre, a Rubbiano, il dott. Pirondi (Ausl) ci disse che lo studio
si può fare, ma mancano le risorse.
Noi crediamo che le risorse vadano
trovate, perché la tutela del territorio, della salute e
dell’ambiente non prevedono compromessi. Crediamo che non sia solo
un problema di risorse, ma molto dipenda alla volontà di percorrere
la strada della trasparenza e della chiarezza.
Leggiamo nel comunicato della
Provincia, che è stato l’ente stesso ad imporre le attività di
monitoraggio ad Enia (oggi Iren), sull’Autorizzazione Integrata
Ambientale. Non capiamo perché a Parma sì e a Rubbiano no. Eppure
l’attività di co-incenerimento è parificata a quella di
incenerimento puro, a livello normativo Laterlite è sottoposta agli
stessi limiti emissivi.
Allora perché non agli stessi
controlli? Agli stessi monitoraggi a tutela del territorio?
Attendiamo fiduciosi, d’altronde gli
attori protagonisti, a Parma come a Rubbiano sono gli stessi, la
Provincia, l’Arpa , l’Ausl, i sindaci del territorio, non siamo e
non ci riteniamo cittadini di serie B ed è per questo che
pretendiamo che ogni iniziativa a tutela e garanzia di ambiente e
salute che riguarda l’impianto di Parma si debba prevedere per
quello di Rubbiano che oltre tutto è un impianto privato e non ha
nessuna funzione pubblica.
Comitato Rubbiano per la Vita
http://www.comitatorubbiano.it/site/