Uno dei maggiori sostenitori dell'inceneritore di Ugozzolo, nonché vicepresidente di Iren, Luigi Giuseppe Villani, ha denunciato il carattere speculativo e nocivo di un impianto a olio di colza fatto proprio dall'amministrazione di Bedonia.
Una presa di posizione decisamente sorprendente.
Avrà fatto fare una piroetta di 180° ai suoi convincimenti?
Il 29 marzo scorso il comune di Bedonia, alta Valtaro, avrebbe sottoscritto una convenzione con la ditta Evifacility per la costruzione, l’esercizio e la manutenzione di un impianto di cogenerazione elettrica alimentato a olio vegetale, della potenza massima di Kw 999, finalizzato alla produzione di energia termica da utilizzare per alimentare la piscina comunale.
L'impianto brucerebbe 2.000 tonnellate annue di olio di colza, forse addirittura di più dato lo scarso rendimento del combustibile, con emissioni nocive ed odorigene incredibili per un impianto pubblico ma, soprattutto, aperto al pubblico.
Molti studi indicano che un motore diesel alimentato con oli vegetali ha un calo di rendimento che provoca un maggior consumo e nel contempo un aumento di emissioni.
Si tratta in questo caso di concentrazioni di PM10 e di polveri ultrafini notevolmente maggiori rispetto alla combustione del gasolio, con aumento delle frazioni più pericolose, quelle inferiori ai PM10. Con un contenuto di IPA, i famigerati idrocarburi policiclici aromatici, doppio rispetto a quello generato dal gasolio e con un forte incremento delle concentrazioni di ossidi di azoto.
I dati sono di uno studio del 2002 della Provincia di Bologna.
Altre ricerche evidenziano la formazione di benzene e butadiene che diffuse nell'aria portano a pericolosi composti come PCB e diossine, formaldeide e ozono, tutte sostanze ignorate o sottostimate dalle aziende proponenti e dai costruttori degli impianti.
L'ozono stesso è un inquinante secondario che si forma in atmosfera a partire dagli ossidi di azoto, se le condizioni sono favorevoli, come quelle estive, lo smog fotochimico.
Tutta la combustione di biomasse produce significative emissioni di ossidi d'azoto e quindi d'estate aumenterà la concentrazione di ozono, nocivo per la salute, ben oltre i già alti livelli di oggi.
Accenniamo di sfuggita che occorrerebbero circa 1500 ettari di coltivazioni dedicate per rispettare il dettato regionale della filiera corta, tanto sappiamo che il biocarburante verrà importato, come capita per tanti altri impianti similari.
Pare che l'amministrazione abbia ora fatto marcia indietro e rinneghi l'accordo con la ditta proponente e che questa, a sua volta, voglia rivalersi legalmente nei suoi confronti.
L'importante è che i cittadini sappiano e vigilino.
Giuliano Serioli
Rete Ambiente Parma
22 agosto 2012
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