Italia
rifiuti free
E' la
svolta verde di una associazione nazionale
finora
assente nella lotta contro l'incenerimento
Benvenuti
nel club no termo
Ridurre e riciclare prima di
tutto
Praticare serie politiche di
prevenzione
Moltiplicare gli impianti di
riciclaggio
Fermare la costruzione di
nuovi inceneritori e chiudere gli impianti più obsoleti
Rottamare lo smaltimento in
discarica
Italia rifiuti free
Oggi è possibile fare un
altro grande passo avanti nella nostra storica battaglia per liberare
l’Italia dai rifiuti. Per farlo dobbiamo partire dalla nuova
situazione che si è venuta a creare e dalle opportunità che offre
la presenza oggi di tante forze diverse da quelle ambientaliste
tradizionali. E costruire una campagna nazionale nuova, capace di
muoversi sui territori, tenendo conto delle diversità che si sono
venute sedimentando in questi anni.
Mentre il ciclo illegale dei
rifiuti continua a far pagare prezzi esorbitanti a tutto il Paese, in
questi anni, nel ciclo legale, grazie al successo della raccolta
differenziata e all’avvio (per quanto faticoso) di una filiera
industriale virtuosa di recupero di diverse materie prime seconde, si
sta disegnando un quadro nuovo. Sia a livello di politiche che di
tecnologie. E’ finita l’era dei commissariamenti per affrontare
le emergenze, le discariche ed i termovalorizzatori non è più
credibile che siano descritte come “la soluzione”, è chiaro il
sistema complessivo degli impianti necessari. Ne deduciamo, come
Legambiente, una contrarietà assoluta a scelte sbagliate che
purtroppo continuano ad essere proposte: costi troppo bassi per il
conferimento in discarica, che depotenziano la raccolta
differenziata, traffico internazionale verso il nord Europa o
l’oriente per risolvere le emergenze, ancora nuovi
termovalorizzatori.
Oggi è possibile vincere,
trasformando tutto ciò in un residuo del passato e fare dell’Italia
il primo paese in Europa rifiuti free. E’ possibile perché
esistono le tecnologie, sappiamo qual è l’organizzazione migliore
per la raccolta dei rifiuti urbani (porta a porta, ecc.), sappiamo
quali impianti servono, sappiamo che è possibile trattare la parte
residua del rifiuto urbano senza accendere nuovi termovalorizzatori e
riducendo l’inquinamento (anche se il CSS non può essere la scusa
per tenere in vita cementifici desueti, in eccesso o che hanno fino
ad oggi inquinato paesi e città), sappiamo che la raccolta
differenziata può alimentare una industria virtuosa, sappiamo che è
possibile avere serie politiche di prevenzione e che si può (si
deve) indirizzare la fiscalità per premiare quelle famiglie che la
raccolta differenziata la fanno seriamente.
Per fare un altro decisivo
passo avanti lanciamo una campagna in cinque mosse per vincere e
liberare l’Italia dai rifiuti.
E’ in questo nuovo
contesto che un forte contributo ad avanzare sul questa strada può
essere dato anche dalla proposta di legge di iniziativa popolare
Rifiuti zero, di cui condividiamo molti aspetti, mentre su altri
riteniamo si tratti di proposte sbagliate ed in alcuni casi
controproducenti. Ma la raccolta di firme può essere un’occasione
per accendere il dibattito nel paese, chiedere obiettivi concreti
alle Regioni e ai Comuni, mobilitare le persone per una fiscalità
che difenda le entrate delle famiglie virtuose. Aprire un confronto
sul nuovo contesto che si è venuto a creare e capire come si possono
fare concreti passi avanti.
Il documento che presentiamo
alla discussione dell’associazione, serve a stimolare la
riflessione all’interno e all’esterno dell’associazione, serve
a mobilitarci per raggiungere obiettivi di livello nazionale e
locale, serve per creare una cultura più avanzata sul problema dei
rifiuti tra la gente e i decisori politici. Nelle prossime settimane,
perciò dovremo organizzare, come regionali e circoli incontri sul
tema in cui ragionare insieme, individuare territorio x territorio
gli obiettivi e le azioni utili, allargare le alleanze sociali,
coinvolgere enti locali e Regioni.
L'Italia tra luci e ombre
Sono trascorsi 16 anni
dall’approvazione del decreto Ronchi, la legge che nel 1997
rivoluzionò l’impostazione del ciclo dei rifiuti del nostro Paese,
e diverse cose sono cambiate nel panorama nazionale.
Legambiente in questi anni è
stata tra i protagonisti della rivoluzione della gestione sostenibile
dei rifiuti che ha cambiato gli stili di vita di tanti cittadini
(basti pensare alla battaglia vinta contro gli inquinanti sacchetti
della spesa usa e getta) e ha raggiunto diversi territori
considerati una volta persi (come in molti territori del centro sud
dove sono numerose le esperienze dei Comuni ricicloni). Da sempre ci
battiamo per combattere lo smaltimento in discarica con la gestione
integrata dei rifiuti, fondata sul principio gerarchico delle 4 R
(riduzione, riuso, riciclaggio recupero), e oggi sono numerosissime
le esperienze industriali nel settore del recupero dei rifiuti che
sono uno dei pilastri della green economy italiana.
Ora è necessario aprire una
nuova stagione della politica associativa per completare l’opera.
Anche il commissario europeo all’ambiente ha deciso di scommettere
sul riciclaggio dei rifiuti per sconfiggere l’interramento dei
rifiuti e l’innovazione tecnologica permette di riciclare quello
che una volta si poteva solo bruciare o sotterrare. La svolta è
dietro l’angolo, occorre:
1. combattere con forza le
lobby delle discariche e degli inceneritori, ancorate al passato;
2. fare una guerra senza
quartiere contro lo smaltimento in discarica pretendendo il rispetto
della direttiva europea e utilizzando la leva economica per impedire
la concorrenza sleale dell’interramento dei rifiuti;
3. fermare la costruzione di
nuovi inceneritori, cominciando a dismettere quelli più obsoleti e
inquinanti;
4. moltiplicare gli impianti
di riciclaggio, a partire da quelli per la frazione organica dei
rifiuti come i digestori anaerobici per concretizzare in tempi brevi
5. praticare serie politiche
nazionali sulla prevenzione;
Solo così potremo far
diventare l’Italia uno dei paesi capofila di quella società
europea del riciclaggio ben delineata nella normativa comunitaria più
recente.
La rivoluzione avanza
Nel ciclo dei rifiuti del
nostro paese negli ultimi anni sono cambiate tante cose:
le raccolte differenziate
porta a porta secco/umido finalizzate al riciclaggio si sono diffuse
anche in alcuni territori nel centro sud Italia (soprattutto in
Campania);
ormai sono al Sud i
capoluoghi di provincia che fanno scuola a proposito di rispetto
degli obiettivi di legge sulla raccolta differenziata grazie ai
sistemi domiciliari (a partire dall'esperienza di Salerno con il suo
65% di rd per i suoi 140mila abitanti, ma anche Andria in Puglia col
suo 70% per i suoi 100mila abitanti);
ci sono regioni come la
Sardegna che grazie al sistema di penalità/premialità sullo
smaltimento in discarica sono riuscite a diffondere i sistemi di
raccolta differenziata secco/umido e a ridurre fortemente i
conferimenti in discarica in pochi anni, arrivando ormai a
percentuali di raccolta differenziata tipiche delle regioni del
centro nord (50% circa);
si stanno diffondendo i
nuovi impianti per produrre compost di qualità ma anche energia da
fonte rinnovabile (i digestori anaerobici per trattare la frazione
organica selezionata, oltre ai reflui zootecnici, i fanghi di
depurazione, gli scarti agricoli, etc) che non sono più in perdita
economica, come lo erano i tradizionali impianti di compostaggio
aerobico, grazie alla produzione di energia da fonte rinnovabile;
si stanno affermando in
diversi territori le esperienze locali sulla prevenzione (campagne
per l'acqua di rubinetto, compostaggio domestico, tariffazione
puntuale, eco sagre, vendita prodotti sfusi o alla spina, etc);
si stanno concretizzando
esperienze imprenditoriali che oggi puntano a riciclare alcune
frazioni merceologiche o tipologie di rifiuti che fino a qualche
tempo fa erano considerate non riciclabili e quindi solo da bruciare
o da smaltire in discarica (è il caso del rifiuto urbano residuo
dopo una raccolta differenziata spinta in quelle che vengono definite
oggi “le fabbriche dei materiali”, delle plastiche miste -
plastmix - riciclate ad esempio dalla Revet toscana o degli impianti
in fase di sperimentazione per recuperare materia dai pannolini usa e
getta).
Tutti questi risultati sono
figli anche del nostro lavoro fatto fino ad oggi.
I problemi irrisolti
Ci sono però ancora molte
cose che non vanno:
le buone pratiche sulla
raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio non si sono ancora
diffuse su tutto il territorio nazionale (sono pochissime in regioni
meridionali in emergenza come la Sicilia, la Puglia o la Calabria ma
lo stesso si può dire anche di alcune regioni del nord come la
Liguria o la Valle d'Aosta);
le politiche nazionali sulla
prevenzione da parte del Ministro dell'ambiente sono assolutamente
assenti, nonostante dovessimo approvare il programma nazionale di
prevenzione entro il dicembre 2012 (inspiegabilmente abbiamo voluto
anticipare di un anno la scadenza prevista dalla direttiva europea e,
come spesso accade, abbiamo disatteso questo termine);
soprattutto nel centro sud
c’è ancora una carenza di impianti per trattare l’organico da
raccolta differenziata che alimenta lungo tutto lo stivale il
trasporto su gomma di rifiuti da trattare;
la tassazione rifiuti a
carico delle famiglie continua ad essere iniqua e a ignorare il
principio "chi inquina paga", visto che solo una migliaio
di Comuni italiani fa pagare le utenze in base a quanti rifiuti
vengono prodotti grazie alla tariffazione puntuale;
continuano a farla da
padrone in diversi territori i “signori” dello smaltimento
rifiuti - proprietari o gestori di mega impianti come discariche o
inceneritori - che anestetizzano e ingessano ogni ipotesi di sviluppo
di un ciclo virtuoso dei rifiuti fondato su riciclaggio e
prevenzione;
dopo il referendum
abrogativo sui controlli ambientali del 1993, il nostro Paese si è
dotato di un sistema di Agenzie regionali e provinciali per la
protezione dell’ambiente. Negli anni la rete dei controlli si è
andata strutturando in maniera non omogenea sul territorio nazionale,
con alcuni casi di eccellenza e altri caratterizzati da una pesante
inadeguatezza.
Le prossime sfide
Combattere le lobby ancorate
al passato
Ci sono due potenti lobby
che lavorano per fermare la rivoluzione dei rifiuti in atto nel
paese: ci sono i "signori delle discariche" che continuano
a condizionare pesantemente le politiche locali e nazionali per
continuare a smaltire in grandi quantità i rifiuti sotto terra,
spesso a prezzi stracciati che sbaragliano ogni altra ipotesi di
gestione, e i “signori dell'incenerimento” che vorrebbero
continuare a costruire nuovi impianti, o ad ampliare e ammodernare i
vecchi, in uno scenario nazionale ormai completamente cambiato e
saturo sotto questo punto di vista.
Contro il modello praticato
da queste due lobby, e dalla politica locale e nazionale che le
supporta, che dovremo concentrare la nostra azione associativa,
lavorando nel frattempo anche per concretizzare una volta per tutte
le politiche nazionali di prevenzione e la massimizzazione del
riciclaggio dei rifiuti.
Rottamare le discariche con
la leva economica
Tutti si stracciano le vesti
perché continuiamo a smaltire in discarica sostanzialmente la metà
dei rifiuti urbani prodotti nel nostro Paese (con punte del 90% come
in Sicilia). Ma nessuno fa nulla. Anzi si sono approvate addirittura
leggi per favorire questa opzione di smaltimento (come le tante
proroghe concesse dal Parlamento negli ultimi 15 anni al divieto di
smaltire in discarica rifiuti non pretrattati che era previsto
addirittura dal decreto Ronchi del 1997).
Per combattere davvero la
discarica l'unica opzione da praticare, oltre al rispetto della
direttiva europea (ampiamente disattesa dall'Italia in alcune
centinaia di impianti che hanno portato il nostro paese al conflitto
con l'Europa con una procedura d'infrazione in stato avanzatissimo
che ci espone al rischio di sanzioni), è la leva economica: serve
imporre un aumento dei costi di conferimento, imponendo il rispetto
della direttiva europea sulle discariche, sfruttando appieno
l’attuale versione dell’ecotassa regionale per lo smaltimento in
discarica (definita dalla legge 549 del 1995), fissando al limite
massimo di 25 euro a tonnellata l’entità del tributo regionale
così come previsto dalla legge attuale, e lavorare
contemporaneamente perché il ministero dell’Ambiente e il
Parlamento approvino le modifiche normative necessarie ad aggiornare
quello strumento pensato 18 anni fa e ormai assolutamente datato.
Solo in questo modo potremo
rottamare il modello fondato sull’attività delle discariche come
l’abbiamo visto fino ad oggi.
Stop alla costruzione di
nuovi inceneritori, chiudendo subito i più obsoleti
Il successo della raccolta
differenziata finalizzata al riciclaggio di questi anni ha
determinato due conseguenze: ha sostenuto sempre di più la filiera
industriale del recupero delle materie prime seconde, uno dei
pilastri della nostra green economy, e ha notevolmente ridimensionato
il bisogno, per la chiusura del ciclo nei vari territori, del
recupero energetico dai rifiuti urbani non altrimenti riciclabili.
Alla crescita importante del
recupero di materia si sta aggiungendo, finalmente, anche la novità
della riduzione della produzione dei rifiuti. Negli ultimi anni c’è
stata una riduzione che non auspicavamo, quella causata dalla crisi
economica che ha avuto conseguenze anche sui consumi e quindi sulla
produzione dei rifiuti. Nel frattempo però si cominciano a vedere i
primi effetti delle politiche di prevenzione locale messe in campo da
alcuni enti locali (Regioni, Province, Comuni) con un contenimento,
in alcuni casi con una riduzione, dei quantitativi di rifiuti
prodotti. E tutto questo è avvenuto in attesa che il ministero
dell’Ambiente adotti un vero programma nazionale di prevenzione
entro la fine del 2013, obbligando in primis le aziende della
produzione e della distribuzione, oltre a tutti gli altri soggetti
(commercianti, agricoltori, artigiani, oltre agli enti locali e alle
società di igiene urbana) a cambiare rotta su questo fronte, come
avvenuto con successo in Germania negli ultimi 20 anni. Anche il
trend di riduzione dei rifiuti renderà problematica l’alimentazione
di impianti “rigidi” come gli inceneritori che notoriamente non
possono essere modulati nel flusso di rifiuti alimentati al forno e
che quindi sono un evidente problema per l’auspicata
massimizzazione del riciclo e dello sviluppo delle politiche di
prevenzione.
Il quadro impiantistico
sull’incenerimento in Italia è ormai saturo:
ci sono regioni dove la
potenzialità impiantistica di combustione dei rifiuti è
sovradimensionata e quindi va ridotta, dismettendo, senza
sostituirli, gli impianti più vecchi (è il caso della Lombardia o
dell’Emilia Romagna);
ci sono regioni, soprattutto
al centro sud, dove sono stati costruiti negli ultimi 10-15 anni
impianti per bruciare i rifiuti, colmando un deficit impiantistico
che per anni è stato raccontato furbescamente come uno dei motivi
alla base delle emergenze rifiuti;
ci sono regioni dove i
risibili quantitativi di rifiuti in gioco rendono superfluo
realizzare un impianto dedicato (è il caso della Valle d’Aosta,
dove è servito un recente referendum regionale - che abbiamo
sostenuto con forza e vinto - per fermare la realizzazione di un
pirogassificatore, che non avendo una produzione regionale di rifiuti
tale da giustificarne la costruzione, si basava su una legge
regionale che fissava il tetto delle raccolte differenziate al 50% e
su un sostanziale rifiuto della Regione di promuovere la raccolta
separata dell’organico).
In questo nuovo scenario
dobbiamo dire chiaramente che si deve cambiare registro anche su
questa forma di gestione rifiuti e che d’ora in poi non si dovranno
più costruire nuovi impianti di incenerimento/gassificazione per
rifiuti, che gli inceneritori esistenti a fine vita vanno smantellati
e sostituiti da impianti per il recupero di materia e da digestori
anaerobici per l’organico selezionato, optando solo a determinate
condizioni e in modo temporaneo per il recupero energetico negli
impianti industriali esistenti (come riportato nel paragrafo che
segue), per lasciare spazio solo alle politiche legate alla
riduzione, al riuso e al riciclaggio.
La gestione del transitorio
verso la società italiana del riciclaggio
La messa a punto di una
politica che arrivi a svilupparsi attorno a prevenzione-riuso-riciclo
per rendere l’Italia protagonista di quella società europea del
riciclaggio descritta dalla direttiva europea sui rifiuti del 2008
richiederà ovviamente alcuni anni e per questo occorrerà gestire il
regime transitorio.
Gestire il transitorio
significa tre cose:
sulla prevenzione la
diffusione delle buone pratiche locali è molto importante, ma da
sola non basta. E’ necessario promuovere iniziative strutturali di
carattere nazionale, che devono coinvolgere in primis il mondo della
produzione e quello della distribuzione, come richiesto anche dalla
nuova direttiva europea sui rifiuti. Devono essere anche coinvolti
tutti gli altri attori del ciclo dei rifiuti (governo, enti locali,
commercianti, agricoltori, artigiani, aziende di igiene urbana,
ambientalisti, consumatori, etc) per arrivare alla definizione del
Programma sulla prevenzione per premettere di ridurre la produzione
dei rifiuti anche in Italia come già fatto in altri Paesi come la
Germania. Ovviamente i primi risultati concreti e strutturali sulla
riduzione si potranno concretizzare solo dopo alcuni anni
dall’entrata in vigore delle nuove regole;
sul fronte del riciclaggio
occorre stimolare nei prossimi anni la creazione di imprese per la
gestione delle materie prime seconde in particolare di quelle per le
quali non esiste un’industria matura. Ci sono settori come il
riciclo del vetro che conta molte vetrerie (siamo il Paese europeo
con il più alto numero di vetrerie), ma che deve anche importare
rottame perché raramente è raccolto per colore; oppure la catena
del freddo che ha impianti di riciclo dei frigoriferi per il doppio
dell’immesso al consumo, mentre altre filiere sono assolutamente
carenti (lampadine, terre rare, plastiche eterogenee, etc) oppure
sono mal dislocati sul territorio nazionale;
trattare la parte residua
massimizzando il recupero di materia (con selettori ottici, rulli a
stella, pretrattamenti di pulizia si possono recuperare vetro,
plastica, metalli dalla frazione indifferenziata in buona
percentuale) e diminuendo il ricorso allo smaltimento. Su questo
punto la rete internazionale Zero Waste teorizza la discarica
temporanea sul modello statunitense. In Italia l’attuale impianto
normativo al momento non consente lo smaltimento in discarica di
frazioni ad alto potere calorifico (si può sempre cambiare la norma,
anzi sarebbe opportuno visto che questa distinzione non è prevista
dalla direttiva europea e che da quando è stata inserita nel dlgs
152/2006 è stata ogni anno prorogata perché di fatto
inapplicabile). Quella proposta internazionale si basa però su un
territorio ricco di spazi come quello degli Usa, modello
improponibile nel nostro Paese. Massimizzando il riciclaggio e le
politiche di prevenzione, e cominciando a dismettere gli inceneritori
più obsoleti, nella fase di transizione sarà necessario utilizzare
il combustibile da rifiuti (css) in parziale co-combustione negli
impianti industriali esistenti (cementifici, centrali a carbone,
etc.), per sostituire una parte dei combustibili fossili e inquinanti
utilizzati fino ad oggi (petcoke, polverino di carbone, etc). Questa
opzione andrà praticata solo laddove strettamente necessario (non ha
senso prevederla dove ci sono già impianti di incenerimento a meno
che non li si voglia dismettere), per quantitativi limitati a quello
che non è altrimenti riciclabile, in un quadro regolamentario di
cessione del materiale flessibile, evitando rigidi obblighi di
conferimento con contratti a breve termine (per molti cementifici la
priorità su cui lavorare è la loro chiusura, visti il surplus
nazionale di offerta, l’inquinamento causato e la loro
localizzazione ormai sbagliata, evitando la loro delocalizzazione
all’estero). Solo in questo modo si può evitare di “ingessare”
il ciclo dei rifiuti per troppi anni, come accade con gli impianti di
incenerimento, che ovviamente devono funzionare tutto il giorno e
tutto l’anno al massimo della potenzialità, ipotecando ogni
possibilità di sviluppo del riciclaggio o delle politiche di
prevenzione.
Innalzare il livello dei
controlli ambientali in Italia
Il processo di rafforzamento
della rete delle Agenzie (nazionale, regionali e provinciali) per la
protezione dell’ambiente passa attraverso una ridefinizione
legislativa del loro ruolo (arenatasi nel precedente Parlamento)
oltre che attraverso la valorizzazione e la condivisione delle buone
pratiche messe in campo finora in diverse parti d’Italia (a tal
proposito si deve partire dalle migliori esperienze di monitoraggi
ambientali per promuovere la replicazione in altri territori italiani
con problematiche simili).
La rivoluzione in cinque
mosse
Nelle prossime settimane,
nei prossimi mesi, dobbiamo attivarci in tutto il Paese per
rilanciare il dibattito pubblico sulle politiche virtuose per i
rifiuti, organizzare azioni e iniziative a livello nazionale,
regionale, locale per fare passi concreti nella direzione da noi
auspicata. Per muoverci in modo coerente e incisivo, Legambiente
avvia una campagna politica in cinque mosse:
1. Ridurre la produzione dei
rifiuti
Aprire un fronte
sull’assenza di politiche nazionali sulla prevenzione
Dovremo mettere in campo una
azione politica vertenziale contro la mancata redazione del programma
nazionale di prevenzione da parte del ministero dell’Ambiente e per
fare di quel lavoro una svolta nelle pratiche e nei numeri
conseguenti.
Sul fronte industriale ad
esempio ci sono imprese italiane che lavorano sul mercato italiano ed
esportano anche in Germania e che imballano lo stesso prodotto in due
modi completamente diversi. È ora di finirla con questo paradosso.
Bisognerebbe aprire un fronte anche con queste aziende chiedendo loro
di uniformare il packaging, ma anche con il mondo industriale degli
imballaggi più in generale per recuperare vecchie pratiche virtuose
come il cauzionamento e il vuoto a rendere o per facilitare la vita
ai cittadini al momento del conferimento dei rifiuti obbligandole ad
esplicitare sulle confezioni a quale circuito di raccolta
differenziata vanno conferite.
Va rilanciato il lavoro
fatto negli ultimi 15 anni sul ritorno del vuoto a rendere e vanno
potenziate le campagne sulla riduzione degli imballaggi (la storica
“disimballiamoci”, il più recente concorso fotografico NO PACK
sui prodotti imballati in modo assurdo, etc).
Il nuovo premio nazionale
sulla prevenzione da affiancare al premio per i Comuni ricicloni
Sul modello del bando
regionale sulla prevenzione che organizziamo dallo scorso anno nelle
Marche (con Regione, Upi, Anci), replicheremo a livello nazionale
quel modello con un premio per enti locali, aziende e associazioni,
che organizzeremo insieme a Federambiente, l’associazione delle
imprese pubbliche di igiene urbana. Il bando verrà reso pubblico in
estate e la premiazione avverrà in autunno a Roma.
Sarà inoltre molto utile
replicare il bando marchigiano anche in altre regioni italiane,
partendo da quelle in cui organizziamo già l’edizione regionale di
Comuni ricicloni.
2. Ridurre il costo del
riciclaggio e il flusso dei rifiuti indifferenziati
Il disegno di legge sugli
incentivi per l’acquisto dei materiali da riciclaggio dei rifiuti
Sottoporremo ai
rappresentanti dei partiti nell’attuale Parlamento il ddl sugli
incentivi ai materiali realizzati con il riciclaggio dei rifiuti già
presentato nella scorsa legislatura. A quel ddl andranno aggiunte le
modifiche normative sul compostaggio collettivo, sulla nuova ecotassa
sulle discariche (togliere il tetto massimo di 25 euro a tonnellata,
destinare i proventi dell’ecotassa solo a progetti di prevenzione e
riciclaggio), sull’obbligo di marchiatura degli imballaggi per
facilitare il corretto conferimento alla raccolta differenziata e
tutte le altre iniziative legislative che abbiamo già promosso nelle
scorse legislature.
Una nuova campagna sul
riciclaggio da rifiuti e sugli acquisti verdi
Stiamo lavorando alla
definizione di un nuovo progetto globale che racchiude le nostre
iniziative sui rifiuti. Dopo il flop del decreto 203 del 2003 sugli
acquisti verdi e nonostante il contesto normativo inadeguato, il gpp
(green public procurement) ha in qualche modo preso piede trovando
spazio anche nel settore privato. Dovremo giocare un ruolo in questa
partita strategica per attivare nuovi mercati ai materiali riciclati
e a basso impatto ambientale.
Iniziative sul territorio
per promuovere le nuove filiere del riciclaggio
Nell’ambito della campagna
Recall che promuoviamo con AzzeroCO2, oltre alle attività
informative sui digestori anaerobici per trattare anche la frazione
organica dei rifiuti, attiveremo nuove azioni che mira a sollecitare
gli enti locali alla nuova frontiera del riciclaggio di rifiuti
considerati fino ad oggi non riciclabili, come ad esempio i
tradizionali pannolini usa e getta o le plastiche miste.
Dovremo anche monitorare il
rispetto del divieto sui sacchetti non biodegradabili e compostabili
anche alla luce dell’entrata in vigore delle sanzioni che
partiranno da agosto.
3. Ridurre il peso della
nuova tassazione rifiuti sulle famiglie
Vogliamo una Tares equa e
puntuale
C’è in corso una grande
polemica sulla nuova Tares perché viene descritta come una nuova
tassa che aumenterà il peso fiscale sulle famiglie (lo sarà anche
perché passando da Tarsu a Tares il costo del servizio dovrà essere
interamente coperto dal gettito del tributo e molti comuni non hanno
fatto molto fino ad oggi per stanare gli evasori della vecchia tassa
rifiuti).
Faremo una campagna in
difesa dei cittadini virtuosi per pretendere che la nuova Tares sia
solo puntuale nel rispetto del principio “Chi inquina deve pagare”.
Attiveremo anche una raccolta firme massiccia sul territorio,
utilizzando anche gli strumenti informatici (sito, newsletter, social
network, etc), indirizzata al governo e al parlamento per chiedere
che il nuovo tributo sia commisurato solo sulla produzione di rifiuti
indifferenziati di ciascuna utenza per permettere alle famiglie più
virtuose di pagare meno.
Questa petizione sulla Tares
equa e puntuale si affiancherà alla raccolta delle firme del disegno
di iniziativa popolare Rifiuti zero (descritta nell’ultimo
paragrafo), per incrociare in modo efficace i bisogni sociali dei
cittadini e per continuare la nostra vertenza storica per passare da
tassa a tariffa in tutti i Comuni italiani.
4. Ridurre il recupero
energetico dai rifiuti
La black list degli
inceneritori vecchi e inquinanti
Dovremo individuare alcuni
casi di inceneritori obsoleti e inquinanti che a nostro avviso vanno
chiusi, sostituendoli con impianti della filiera del riciclaggio
(digestori anaerobici per l’organico, impianti per la
valorizzazione spinta dei rifiuti, etc).
5. Ridurre lo smaltimento in
discarica
Modificare in Parlamento la
normativa sull’ecotassa regionale sulle discariche
Va promosso anche presso
l’attuale parlamento il nostro ddl per far cambiare al Parlamento
la legge sull'ecotassa approvata nel lontano 1995.
Pressing sulle Regioni per
il rispetto dell’obbligo di pretrattamento e per l’aumento
dell’ecotassa regionale
Dovremo fare una campagna di
pressione sulle Regioni perché venga rispettato da subito l’obbligo
di pretrattamento (prevedendo impiantistica flessibile e di veloce
realizzazione) e per far rimodulare l'ecotassa in base al
raggiungimento degli obiettivi di legge sulla raccolta differenziata
o sulla produzione di rifiuto indifferenziato residuo.
Prepareremo un dossier su
come le Regioni fanno pagare l’ecotassa per lo smaltimento in
discarica, sul modello dei due dossier sui canoni di concessione
sulle acque in bottiglia e sulle cave che pubblichiamo ormai da
qualche anno.
Il disegno di legge di
iniziativa popolare Rifiuti zero
Nella campagna politica
“Cinque mosse per vincere sui rifiuti”, con nostri appuntamenti
nazionali e locali e le nostre parole d’ordine, è importante
partecipare alla raccolta delle firme per la proposta di legge di
iniziativa popolare Rifiuti Zero, come una delle nostre attività da
affiancare alla raccolta firme per una Tares che premi i cittadini
virtuosi, in modo da poter aprire il dibattito anche sui punti della
legge che riteniamo sbagliati, creando alleanze e schieramenti vasti
e popolari, e avanzare le nostre proposte a scala regionale e
territoriale per raggiungere gli obiettivi che riteniamo praticabili
nella politica dei rifiuti.
La proposta di legge di
iniziativa popolare può rappresentare un acceleratore del dibattito
locale e nazionale sui rifiuti tra cittadini, enti locali e operatori
e va utilizzata al meglio per costruire alleanze e orientare la
discussione sui temi più cari alla nostra associazione, senza
schiacciarci su opzioni ideologiche e senza senso che equiparano ad
esempio l’opzione “rifiuti zero” a quella “impianti zero”.
La strategia Rifiuti zero
infatti è molto utile dal punto di vista della ricerca delle
soluzioni tecniche ed è molto utile per far crescere il consenso
alle ragioni dell'ambientalismo se è vista, raccontata e
approfondita come strategia credibile e seria a lungo termine. Ma è
invece una pericolosa semplificazione se attraverso questa formula si
sostiene la possibilità di raggiungere quell'obiettivo
immediatamente e, così facendo, si rischia di legittimare battaglie
locali che nascono spesso solo dalla paura di avere un impianto a
poca distanza da casa.
Ci sono alcune parti di
questa legge che condividiamo profondamente e che vanno valorizzate
al massimo nel dibattito dei prossimi mesi (come ad esempio la forte
spinta alle politiche di riduzione - meno 20% della produzione
rifiuti entro il 2020, meno 50% entro il 2050 rispetto al 2000 - e di
massimizzazione del riciclaggio grazie alla raccolta porta a porta;
la progressiva dismissione del recupero energetico a vantaggio del
riciclaggio e della prevenzione; l’autosufficienza impiantistica di
tutte le regioni per tutte le tipologie di rifiuti in rispetto del
principio di prossimità; una proposta di rimodulazione dell’ecotassa
per lo smaltimento rifiuti differenziata in base alla scala
gerarchica del ciclo dei rifiuti o alle performance di riciclaggio
dei Comuni; tariffe differenziate per il conferimento agli impianti
in base alle performance di riciclaggio da parte dei Comuni;
distinzione dei ruoli tra società di raccolta e di smaltimento per
ridurre i “conflitti di interesse” nel ciclo; priorità di
attenzione alla distribuzione del biometano in rete; l’obbligo di
tariffazione puntuale; una rimodulazione degli incentivi che vanno
spostati dalle opzioni di smaltimento quando previsti alle opzioni di
prevenzione, riuso e riciclaggio; l’incentivo al ritorno del vuoto
a rendere; la previsione di un piano di monitoraggio sanitario legato
all’inquinamento locale e di un piano nazionale per la riduzione
degli sprechi alimentari; lo sviluppo del compostaggio di comunità e
dei centri del riuso; un programma serio per garantire la
partecipazione dei cittadini ai processi decisionali e di controllo).
Ci sono infine altre parti
del disegno di legge che non condividiamo e che a nostro avviso
dovranno essere emendate o soppresse nella fase di discussione
parlamentare che dovrebbe cominciare dopo il raggiungimento
dell’obiettivo del numero minimo di firme (solo per citarne alcune:
la domiciliarizzazione della raccolta differenziata va compiuta prima
dei due anni previsti dalla proposta di legge; è sbagliato prevedere
lo stop agli incentivi per la digestione anaerobica o gli impianti a
biomasse a filiera corta o addirittura vietare la combustione del
biogas per produrre elettricità da immettere in rete; è sbagliata
la sospensione di ogni nuova autorizzazione a discariche per smaltire
amianto, vista la grave carenza di questi impianti sul territorio
nazionale; prevedere una moratoria tal quale sull’uso del css può
essere un errore in alcuni specifici territori come già evidenziato
nel presente documento; pensare di revocare gli incentivi per
impianti di recupero energetico già autorizzati o attivi porterebbe
ad una grande quantità di conteziosi difficili da vincere).
Vittorio Cogliati Dezza,
Presidente nazionale Legambiente
Rossella Muroni, Direttore
generale Legambiente
Associazione
Gestione
Corretta
Rifiuti
e
Risorse
di
Parma
-
GCR
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