Oggi pubblichiamo l'intervento di Alessandro Pesci, ricercatore dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Bologna, sull'intervento apparso sulla stampa in agosto e firmato da Antonio Massarutto, docente universitario, dove si dava medaglia di modernità alla tecnica dell'incenerimento.
Ecco il testo.
Porgo alcune considerazioni riguardanti l'articolo di A. Massarutto, “Quel pregiudizio che brucia la modernità”, apparso sulla stampa il 5 agosto scorso.
Come ricercatore INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), e quindi in qualche modo come uno degli “addetti alla ricerca”, mi sono infatti sentito chiamato in causa dall'intervento citato,
perché presenta la pratica dell'incenerimento ancora come una possibile soluzione al problema dei rifiuti, mentre alcuni risultati fondamentali di ricerche relativamente recenti comportano esattamente il contrario, e cioè che ormai l'incenerimento non possa più essere annoverato tra le “soluzioni”.
Ho avvertito perciò la responsabilità di tentare di segnalare gli aspetti o i presupposti di fondo
dell'intervento non condivisibili da un punto di vista scientifico.
Il titolo dell'intervento era “Quel pregiudizio che brucia la modernità”, decisamente rende bene il contenuto.
Il ricorso alla pratica dell'incenerimento nella gestione dei rifiuti con macchine tecnologicamente sempre più avanzate e accorte riguardo all'immissione dei gas di scarico in atmosfera viene considerata sinonimo di modernità.
Al contrario, coloro che vi si oppongono sarebbero persone che guardano con sospetto ai progressi dell'uomo tecnologicamente evoluto, rappresentati, nel trattamento dei rifiuti, anche dagli inceneritori con recupero energetico di ultima generazione.
Ora, da un punto di vista scientifico appare vero tutto il contrario.
E, questo, qualunque sia il livello tecnologico delle macchine d'incenerimento.
La presa di coscienza di ciò si riferisce a tempi relativamente recenti diciamo agli anni “zero”, cioè al decennio che si è appena concluso.
Questo è stato determinato dal fatto che negli anni '90 del secolo scorso è avvenuto qualcosa di decisivo riguardo agli argomenti di cui stiamo parlando.
Il punto è che si è inconfutabilmente dimostrata la non-trascurabilità dell'impatto delle attività umane sull'equilibrio dell'atmosfera del sistema Terra. Ancora ci si può dividere in catastrofisti o no
riguardo alle proiezioni future delle conseguenze di questo impatto, ma è assai difficile metter in discussione l'esistenza stessa di un impatto non trascurabile. La non-trascurabilità di questi effetti umani e` un fatto scientificamente assodato.
Sebbene l'atmosfera, in quanto sistema complesso, abbia come configurazioni di equilibrio situazioni in cui i parametri che la descrivono (concentrazioni di certi gas, temperatura, ..) variano ciclicamente nel tempo -anche su scale di decine di migliaia di anni; sono i cosiddetti “cicli limite”-
e quindi non sia per niente banale stabilire, ad esempio, se certe variazioni sistematiche di temperatura siano effetto di un qualche agente o non piuttosto espressione di un ciclo limite d'equilibrio, negli anni '90 si e` effettivamente potuto dimostrare che solo introducendo
tra le “sorgenti” i gas prodotti dalle attività umane si potevano riprodurre entro gli errori di misura i dati sperimentali riguardanti questi parametri.
Questo è importante. Quanto esso significa è che l'atmosfera del sistema Terra, non si può più considerare, riguardo agli effetti delle attività umane, come un contenitore in pratica di capacità infinita.
Prima si poteva pensare che immettere sistematicamente dei gas in atmosfera, alla fin fine non dovesse comportare effetti tangibili globali. Dopo quella scoperta, non è più così.
Ne nasce un principio di responsabilità “obbligatorio”, “un dovere” di responsabilità nei confronti della specie umana stessa (le generazioni future!) e in generale di ogni forma vivente.
In questo quadro avviene che l'incenerimento dei rifiuti, seppure con recupero energetico e facendo uso dei sistemi tecnologicamente più avanzati (presenti o, anche, immaginabili per il futuro), ora, anno 2010, non si può più considerare come appartenente alla categoria delle possibili “soluzioni”
al problema rifiuti.
Anche nel processo di incenerimento, infatti, i rifiuti non possono, “oplà”, sparire (volendo fare eco ad una affermazione di Massarutto).
E' chiaro che tanta massa entra in un inceneritore tanta massa deve uscire.
Il trucco è che nell'incenerimento in buona parte i rifiuti poi non si vedono più, perché sono nell'aria. Ma (ovviamente) ci sono!
Anzi, se si somma alla massa di residui solidi dopo la combustione, la massa dei rifiuti immessi in atmosfera si ottiene un valore... addirittura significativamente maggiore della massa dei rifiuti immessi nell'inceneritore (nella combustione, infatti, viene prelevato ossigeno dall'aria per formare composti con gli elementi chimici presenti nei rifiuti).
E questo, qualunque sia il livello tecnologico dell'impianto.
Sembra una burla, eppure gli inceneritori agiscono come moltiplicatori di rifiuti (oltre che creare nella combustione molte sostanze e particolati non presenti inizialmente, fatto, anche questo, assolutamente non trascurabile).
L'interesse (quello scientifico), nel passato, nei loro confronti per la gestione dei rifiuti era in qualche modo legato all'ipotesi che una buona parte dei rifiuti immessi in aria, sebbene tanti, potessero essere considerati come sparire ad entrare nel ciclo naturale globale di un'atmosfera di estensione, agli effetti pratici, infinita.
Ora, anno 2010, abbiamo visto è diventato assolutamente chiaro che non si può più continuare a pensare così
Quella che poteva essere considerata una soluzione ragionevole un tempo, ora non è più tale.
Una strada che sembrava percorribile, si è realizzato ora non lo è più. In questo quadro si può capire come mai allora paesi che pure vengono ritenuti essere all'avanguardia ed esempi di civiltà abbiano inceneritori.
Risale infatti ad altri tempi, 20-30 anni fa, la loro decisione strategica di impostare la gestione dei rifiuti in varie città sull'incenerimento.
Partissero ora, non sceglierebbero allo stesso modo.
E spiega anche perché la Comunità Europea da vari anni abbia preso invece una direzione opposta, e cioè di avversione alla pratica dell'incenerimento nella gestione dei rifiuti.
L'articolo di Massarutto si chiude con la frase: “Le varie soluzioni hanno pari dignità. Tutte inquinano un po', nessuna causerà stragi. Finiamola di parlare come se si trattasse della lotta tra il Bene e il Male”.
Il problema qui, a nostro modo di vedere, è che, come si e` detto, in realtà la pratica dell'incenerimento non è più, ora, negli anni '10 del XXI secolo, annoverabile tra le “varie soluzioni” al problema rifiuti.
Il punto non è quindi se essa abbia maggiore o minore dignità di altre pratiche, ma che l'evidenza attuale è che essa abbia ormai perso il diritto stesso ad essere considerata come una tra le possibili
soluzioni alla questione rifiuti, e si presenti piuttosto solo come una ulteriore complicazione della stessa.
Alessandro Pesci
Alessandro.Pesci@bo.infn.it
INFN, Sezione di Bologna
(Istituto Nazionale di Fisica Nucleare)
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 13 settembre 2010
-601 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, NOI lo possiamo fermare!
+105 giorni dalla richiesta a Enia del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché costa molto di più di 180 milioni di euro?
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