martedì 17 gennaio 2012

L'inceneritore a pezzetti

Smontiamo l'inceneritore tonnellata per tonnellata

Il contestato impianto di Ugozzolo viene giustificato dai suoi sostenitori come ultimo anello indispensabile per chiudere il ciclo dei rifiuti nella provincia di Parma.
Troppo tempo abbiamo passato ad esportare i rifiuti fuori provincia, dicono i fan del termo, è giunta l’ora di assumerci le nostre responsabilità.



Poco importa se numerosi studi scientifici mettono in evidenza l’insorgere di patologie, le nascite pre termine e le modifiche del DNA.
La setta degli adoratori dei forni, capitanata dal guru Bernazzoli, non sente ragioni, ed è disposta a sacrificare qualche vittima per alimentare il fuoco sacro 24 ore su 24, 365 giorni all’anno.
Per meglio comprendere da che parte stare, per questa volta non vogliamo parlare degli aspetti ambientali, che pure dovrebbero essere in cima all’agenda di amministratori responsabili e credibili, ma focalizzarci sul reale motivo per cui si sostiene la necessità di questo forno, che cosa è previsto vi si brucerà.
E’ tutto scritto nero su bianco sui documenti di Enia e sulle autorizzazioni della provincia, pagine in effetti di difficile reperimento e di impegnativa lettura.
Già la taratura della dimensione del forno si espone già a critiche oggettive.
E' stato infatti progettato, ed approvato, un impianto che ha una capacità doppia rispetto al rifiuto urbano residuo dell'intera provincia al 2012.
Ci troviamo così con un impianto da 130.000 tonnellate, approvato da 2 enti pubblici (Comune e Provincia) che dovrebbero avere l’obbligo di occuparsi solo dei rifiuti urbani, ma che autorizzano ad un privato una dimensione tale da accogliere anche rifiuti speciali ed industriali, favorendo le casse di una Spa.
Quando nel maggio 2010 visitammo l’inceneritore di Bolzano e intervistammo il responsabile dell’impianto, l'ingegner Alessandro De Carli, ci disse chiaramente che l’impianto di Parma aveva la taglia minima per poter garantire una gestione economicamente vantaggiosa.
Ergo, un impianto dimensionato sulla reale necessità di trattamento dei rifiuti di Parma non sta in piedi economicamente, si presenta all'avvio già in perdita.
E' evidente che non avrebbe senso costruirlo.
Ma vediamo dunque cosa andremo a bruciarvi dentro e se è proprio necessario.
I fanghi da depurazione, prevista una quota di 20.000 tonnellate, sono considerati rifiuti speciali e potrebbero essere tranquillamente utilizzati in agricoltura come peraltro già succede ora. Vi è una sentenza del TAR della Lombardia che sconfessa il divieto imposto dalla regione lombarda, e vi sono le considerazioni del CRPA (Centro Ricerche Produzioni Animali) di Reggio Emilia, che dichiara i fanghi dell’Emilia Romagna di “buona qualità” e ne sostiene l’impiego per rendere “fertili e produttivi i suoli”.
Senza i fanghi la taglia dell’impianto si ridurrebbe quindi a 110.000 tonnellate.
Le plastiche non comprese nel circuito CONAI, il cosiddetto “plasmix”, vengono avviate da Iren ad incenerimento, e assommano a 23.400 tonnellate. Sono plastiche che in altre realtà sono riciclate per produrre nuovi materiali, come a Vedelago dove ci fanno arredi urbani, palificazioni e materiale edile oppure come a Pontedera dove la Revet ha un impianto che ne recupera 16.000 tonnellate/anno destinate allo stabilimento della Piaggio.
Senza le plastiche ulteriore dimagrimento del forno fino a 86.600 tonnellate.
I pannolini immessi nei rifiuti dal nostro territorio pesano per circa 8000 tonnellate e se raccolti a parte, potrebbero essere recuperati come fanno in Canada con l’impianto Knowaste, dove vengono separate le frazioni organica, cellulosica e plastica o come sta facendo il Centro Riciclo Vedelago, il comune di Ponte nelle Alpi e la Fater di Pescara (Procter & Gamble), in un progetto che diminuirà il ricorso alla discarica e all’incenerimento e ridurrà sensibilmente l’emissione di CO2.
Senza i pannolini l’impianto si riduce a a 78.600 tonnellate.
Mettiamoci anche gli ospedalieri che per 3.255 tonnellate possono essere recuperati come normale raccolta differenziata se applicassero a Parma le pratiche usuali adottate dal Policlinico di Modena in collaborazione con Hera e gli infettivi (245 tonnellate) che con la tecnologia Econos verrebbero resi inerti ed equiparati a normale rifiuto urbano.
Considerando la detrazione degli ospedalieri arriviamo dunque ad una taglia di impianto da 75.345 tonnellate. La metà di quella in costruzione.
Delle 45.000 tonnellate di rifiuti speciali che si intendono bruciare a Ugozzolo l'ente pubblico non se ne dovrebbe occupare, ma in ogni caso c'è la possibilità di eseguire anche su questi materiali la raccolta differenziata che, senza voler esagerare, la potremmo collocare al 50%.
Il calcolatore segna 52,845 tonnellate.
Con l’estensione del porta a porta (e l'applicazione della tariffa puntuale), miglioreremmo sensibilmente le percentuali di raccolta differenziata e di riciclo, inserendo la raccolta dell’organico in centro a Parma (la fanno anche a Roma!) porteremmo la percentuale di Rd nel comune di Parma molto in alto, e tante altre iniziative potrebbero essere messe in campo, meno costose e più virtuose di un inceneritore rifiuti, portando a dimezzare questo ultimo dato.
Veramente non riusciamo a comprendere chi ne trarrà beneficio da questo impianto che a questo punto servirebbe grande per 20-25.000 tonnellate.
Certamente non i cittadini e l’immagine del nostro territorio.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 17 gennaio 2012

Sono passati
596 giorni
dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma

Mancherebbero
110 giorni
all'accensione del forno, se ancora lo si farà

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