sabato 16 febbraio 2013

L'inceneritore di Felino. Un solco profondo tra cittadini e autorità


Ci vuole una rivoluzione culturale. O si rischia la rivoluzione.

Da una parte la gente riempie il teatro e vuole sapere dell'inceneritore Citterio.
Dall'altra il tavolo di presidenza, spropositato, composto da 10 o 12 funzionari pubblici, una vera e propria armata a difesa del forno.
Ma nessun intervento dei cosiddetti tecnici convince.
Anche se il ministero dell'ambiente non si è ancora pronunciato sul grasso quale combustibile,
anche se la Provincia di Bergamo ha detto no alla sua combustione, emerge con chiarezza che le authority di casa nostra hanno voluto ad ogni costo autorizzare Citterio a costruire l'impianto.
Il primo del suo genere in Emilia Romagna.
Un'altra certezza è è la velocità dell'iter delle tre conferenze dei servizi.
In poco più di quattro mesi, Provincia, Arpa, Ausl e Comune hanno dato il benestare a Citterio, nonostante il ritardo del parere della Regione.



Si è anche capito perché.
Citterio strepitava perché a dicembre scadevano i finanziamenti europei: una questione di soldi, mica sciocchezze.
Soldi per pagare l'impianto, oltre ai soldi degli incentivi pubblici che arriveranno una volta cominciato a bruciare grasso e produrre elettricità.
E le emissioni di polveri, di ossidi di azoto, di diossina?
De Munari, direttore Arpa: fanno fede le certificazioni della ditta ampiamente all'interno dei range stabiliti dalla Regione. Di essi risponderà civilmente e penalmente. In ogni caso, ha continuato, mi meraviglio che in una zona ad alto inquinamento, una zona rossa, si vogliano autorizzare da parte della Regione centrali a biomassa che graveranno ulteriormente di polveri e di azoto un ambiente già compromesso.
Così è emersa la verità. Anche Arpa ammette il non senso di questa proposta, ma autorizza.
E il comitato ha detto la sua.
La combustione del grasso animale accresce le emissioni di polveri e di ossidi di azoto rispetto
allo stesso gasolio.
La depurazione dovrà fare i conti coi residui incombusti che sommeranno polveri a polveri.
Il depuratore medesimo dovrà essere cambiato spesso perché rovinato dalle alte temperature dei
gas di scarico. Cambio che la ditta non farà, perché brucia per speculare e far soldi.
Non ha senso trasformare un'azienda alimentare di pregio in un'industria insalubre, capace di mettere a rischio la salute dei cittadini e dell'ambiente.
Non ha senso che le amministrazioni autorizzino Citterio col rischio che altri prosciuttifici ne seguano l'esempio, riempiendo di centrali simili e inquinanti l'intera food-valley.
Lo stesso Consorzio del Prosciutto di Parma dovrebbe censurare Citterio che mette a rischio, per la fregola di intascare incentivi, l'immagine della qualità del prodotto nel mondo.
Il sindaco Lori e l'assessore provinciale all'ambiente Castellani, per rassicurare la gente, si rifugiano sulla proposta di De Munari: monitorare gli inquinanti.
Ma i cittadini e il comitato non vogliono monitorare inquinanti.
Non vogliono l'inceneritore Citterio.
Sono i cittadini oggi a rappresentare l'estrema difesa della nostra terra contro gli speculatori.
Sono i cittadini oggi che indicano la strada corretta a tecnici e maestranze e questo è davvero incredibile e triste.
Manca la cultura del prodotto, è assente la prospettiva e la visione.
Manca la coscienza del reale valore dei nostri prodotti, che vanno difesi e coccolati perché hanno costruito il loro successo sulla qualità e sul buono e sano.
E senza un territorio sano non esiste prodotto sano.
E nemmeno basta più il marketing, ci vuole concretezza, bisogna dimostrare con i fatti che meritiamo il titolo di food valley.
Oggi invece c'è solo fumo. Quello delle ciminiere.

Giuliano Serioli

Rete Ambiente Parma
15 febbraio 2013

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