lunedì 24 gennaio 2011

Il futuro degli inceneritori? Non esiste

Quando si discute di ambiente bisognerebbe porre alcuni punti fermi, bussole certe per non perdere di vista l'obiettivo finale, quello della salvaguardia del nostro Pianeta, l'unico che abbiamo a disposizione.
Così per cominciare chiariamo subito che ambiente non fa rima con inceneritore e quando il presidente del Centro di Etica Ambientale di Parma, don Pietro Ferri, dichiara pubblicamente di non essere contrario agli inceneritori, deve essere mancato qualche passaggio.
Visto che il Creato, come viene tradotto il pianeta Terra in linguaggio escatologico, viene deturpato e ferito proprio ed anche per mano di questi impianti, quindi è impossibile che questa sia la posizione della Chiesa, nemmeno di quella particolare di Parma.



Gli inceneritori vengono ancora oggi presentati come soluzione del problema rifiuti. Il concetto è stato ripetuto talmente tante volte, e talmente tanti sono gli impianti che sono stati costruiti nel mondo, che quasi ci siamo convinti della sua giustezza.
Invece è falso che gli inceneritori risolvano il problema, anzi, di per sé, lo complicano.
Questa chimera va sfatata, come un'oasi inesistente che sopravvive solo nella mente speranzosa di chi sta vagando in un deserto infuocato.
Cosa sono questi impianti se non dei trasformatori di materiali?
Gli inceneritori non disintegrano nulla, non fanno sparire nulla, non sono macchine fantasiose nelle quali entra qualcosa che poi, come per magia, sparisce all'interno dei suoi ingranaggi per non riapparire mai più.
Gli inceneritori trasformano i materiali ma non ne modificano la massa, che rimane invariata, un semplice principio della fisica, nulla si crea, nulla si distrugge. Trasformare i rifiuti ne fa ridurre l'ingombro, compattando i volumi che così occupano meno spazio. Purtroppo l'opera di trasformazione non è neutra e produce a sua volta nuovi e ben più spinosi problemi. Incenerire materiali eterogenei provoca dei residui, che possono essere classificati in sostante solide e volatili. Questi grandi roghi smembrano la materia e la riportano, sotto forme diverse, nell'ambiente.
Le grandi temperature a cui sono sottoposti i rifiuti, conducono a un rimescolamento chimico delle cellule ed alla formazione di innumerevoli nuovi composti, spesso molto più inquinanti e dannosi per la salute di ciò che è stato immesso nel forno.
Da una parte una grossa massa stabile (i rifiuti in entrata), dall'altra una piccola massa instabile e tossica.
Questo concetto è importante per conoscere da vicino come funzionano gli inceneritori.
E' questo il motivo per cui sono classificati dalla legge come impianti insalubri di classe prima, la più pericolosa. La normativa non nasconde il loro pesante effetto sull'ambiente e prevede una loro complessa gestione, nel tentativo di limitare i danni.
Purtroppo nella modernizzazione di questi impianti (miglioramento dei filtri, ottimizzazione della combustione) si è andati a peggiorare, nonostante le buone intenzioni di partenza, il loro impatto sulla salute e sull'ambiente.



Infatti sono identificati come impianti efficaci ed efficienti, mostrati con orgoglio e battezzati nell'acronimo di Bat (Best Available Tenchics), come se bastasse una sigla a pulire l'aria del camino.
Gli impianti Bat, aumentando le temperature di esercizio, per cercare di limitare la formazione di diossina, producono un particolato molto più fine dei vecchi impianti, una poltiglia invisibile di sostanze chimiche molto attive, che sfugge a qualunque filtro di ultima generazione.
Questo inquinamento chimico non viene nemmeno rilevato dalle centraline, che non sono tarate per delle dimensioni così infinitesime, che nemmeno la normativa prevede, e trapassando letteralmente i sensori, viene liberato nell'ambiente.
La scienza ci ha spiegato che la pericolosità di un composto aumenta con il ridursi del suo volume.
Un esempio che tutti possono verificare è quello della pentola d'acqua messa a bollire. Lasciata a una forte ebollizione, se si lascia cadere nell'acqua una manciata di sale fino, si assisterà ad una specie di esplosione improvvisa del sale. E' un esercizio pericoloso da condursi con precauzione perché capita che l'acqua fuoriesca dalla pentola, spegnendo la fiamma e rischiando di ustionare chi vi è accanto.
E' lo stesso problema dei silos di farine, fino a qualche tempo fa a rischio di esplosione per la finezza dei composti contenuti.
Le infinitesime sostanze emesse e non filtrate dagli inceneritori escono in ambiente e interagiscono con tutto ciò che incontrano. Sono spesso composti di nuova formazione, costruiti nel caos della combustione e nel salto delle temperature. Come si è visto dagli studi epidemiologici condotti sui residenti in prossimità degli inceneritori, sono capaci perfino di modificare il Dna degli organismi con cui vengono a contatto, causando un danno permanente che si trasmette alle generazioni future.
Come mai allora si continuano a proporre questi impianti come unica modalità di gestione dei rifiuti?
La risposta sta come sempre nella questione economica che sottostà a tutta la tematica.
Attraverso un sistema di incentivi statali, viene premiata la generazione di energia elettrica prodotta dal vapore fuoriuscito dalla combustione, così come si incentiva la combustione dei rifiuti organici con i Cip 6, per i quali il nostro Paese è sotto infrazione in Europa.
Il calore generato nella combustione viene poi anche utilizzato come acqua calda per far funzionare il teleriscaldamento nei centri città, con la scusa di spegnere le piccole e inquinanti caldaie domestiche, mentre semplicemente si allontana il punto di emissione dei fumi, ma la sostanza del problema rimane ed anzi si aggrava.
Gli inceneritori diventano un business per quelle società che li gestiscono, un danno per le popolazioni che li subiscono. Gli studi sui rischi sanitari, ma purtroppo anche sulle evidenze epidemiologiche legate all'impatto di questi impianti, si susseguono a ritmi sempre maggiori.
E' ineluttabile che la combustione dei rifiuti sia una modalità di gestione degli scarti oramai desueta e sul viale del tramonto.
Il futuro molto prossimo è il riciclo totale della materia, anche perché le risorse stanno finendo e non ci possiamo più permettere di sprecarne delle altre.
In Olanda, la società van Gansewinkel Groep, il locale gestore dei rifiuti, ha abbracciato la filosofia “Dalla culla alla Culla” di cui si è parlato a Parma lo scorso 10 gennaio. Nell'immediato futuro la Iren olandese andrà a smantellare i 3 inceneritori in gestione. L'azienda ha avviato progetti di collaborazione con le aziende locali per produrre i propri prodotti già nell'ottica del loro smaltimento senza produrre rifiuto.
Pare assurdo che in un momento simile a Parma si intenda costruire un nuovo impianto, quando la città invece potrebbe fare da apripista per la corretta gestione dei rifiuti che riporti valore sul territorio e davvero inneschi un nuovo modo di intendere il territorio e il suo sviluppo a misura di benessere.
Ci sono tutti i presupposti per farlo, questo salto. Le dinamiche di consenso, il vantaggio economico, la prospettiva anticipatoria, il grande effetto di immagine che non solo salvaguarderebbe i nostri marchi ma ne sottolineerebbe ulteriormente il valore.
Nessuno può sostenere con cognizione di causa che gli inceneritori avranno un futuro sul nostro pianeta. A meno che si voglia fare a meno del pianeta e delle sue risorse, ma pare ancora un problema irrisolto, e i lauti guadagni per i gestori degli inceneritore servirebbero a poco, visto che i soldi non si possono ancora mangiare.
La svolta ecologica non ha lati oscuri, incrementa le economie di tutti gli attori del territorio ed anche il gestore dei rifiuti potrebbe trarre grande vantaggio da una impostazione del servizio rivolta al riciclo.
Si ridurrebbero i costi, come si ridurrebbe l'inquinamento provocato.
La stessa università locale trarrebbe spazio nel riprogettare materiali del packaging rivolti al recupero totale della materia e al mantenimento del valore energetico intrinseco ai prodotti. La campagna riavrebbe dall'organico delle famiglie il prezioso humus necessario alla sua prosperità, l'educazione complessiva dell'intero territorio porterebbe con sé una netta diminuzione dei consumi ma anche della produzione di scarti, una nuova consapevolezza dell'importanza dei nostri atti quotidiani nell'economia del mondo.
E' dalla riflessione su questi temi che fuoriesce la visione del futuro, una visione aperta a tutti che non esclude nessuno, nemmeno coloro che fino ad oggi hanno difeso il forno, ma che in una prospettiva più ampia non potrebbero che riconoscere la verità, smettendo i panni dei silenzi stampa e del timore di esprimersi.
Lo stesso gestore degli scarti non ha motivo per mantenere posizioni ingessate in un territorio ostile, ma potrebbe trarre profondo giovamento -ed esperienza per altri territori operativi- da una sperimentazione così pragmatica e libera da direzioni imposte dal business fine a se stesso.
La svolta verso il riciclo totale della materia sarà presto imposta dalla mancanza di risorse, partire oggi significherebbe però risparmiare tanti denari ed anticipare ciò che arriverà tra pochi anni

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 24 gennaio 2011
-468 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+238 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?

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