La globalizzazione dei mercati e delle merci è la conseguenza logica della globalizzazione della finanza. Una volta innescata è inarrestabile. Ormai è arrivata a far saltare i meccanismi stessi della comunità europea che hanno garantito finora l'agricoltura attraverso le sovvenzioni. Il WTO ha imposto la liberalizzazione del mercato dello zucchero e la comunità ha deciso di sospendere le sovvenzioni agli zuccherifici non competitivi e anzi di finanziare la loro dismissione.
L'unico rimasto dei 7 dell'Eridania è quello di S.Quirico. La Maccaferri, proprietaria degli stabilimenti, ha incassato decine di milioni di euro per chiudere gli altri sei, trasformandoli in centrali di produzione elettrica da biomasse. A Russi (provincia di Ravenna), ad esempio, sta impiantando una centrale da 30 MWe che brucerà pioppi piantati dove prima c'erano le bietole; produrrà 200/240.000 Mwh e introiterà certificati verdi per un valore di 180 euro per ogni Mwh (36/40 milioni annui), direttamente dalle nostre bollette.
Altro che zucchero e bietole!
Perché, allora, ha deciso di mantenere quello di S. Quirico, rinunciando a 85 milioni di euro europei per dismetterlo?
Per prendere due piccioni con una fava.
Da una parte, farsi finanziare la ristrutturazione degli impianti portando lo stabilimento ad un livello di produttività europeo ( 140.000 t. annue), garantendo, come affermato dalla proprietà, un
approvvigionamento certo all'Italia e ottemperando così alle pressioni dei poteri forti.
Dall'altra, con il mantenimento dei livelli occupazionali, garantirsi la tacita approvazione da parte di amministratori e sindacati del progetto di polo energetico da affiancare allo stabilimento.
In altri termini fare man bassa dei certificati verdi dalle energie rinnovabili, accampando la necessità di rientrare dai costi rendendosi autonoma a livello energetico.
Il progetto della proprietà prevede una centrale a biomassa da 60 Mw termici per l'autonomia energetica dello stabilimento Sadam-Eridania nel trattamento delle bietole e 15 MWe per la produzione di energia elettrica da cui ricavare certificati verdi ( 100/120.000 MWe a 180 euro
l'uno). La centrale dovrebbe alimentarsi con cippato da pioppi triennali da impiantare nei campi di barbabietole in soprannumero, ma soprattutto con cippato proveniente da fuori( scarti da deforestazione).
Prevede inoltre la costruzione di un impianto a biogas per produrre altra energia elettrica. Si tratta di un biodigestore da circa 1 MWe che produrrà 8.000 MWh annui alla tariffa onnicomprensiva di 220 euro a MW, trattando scarti di bietole(colletti e foglie), polpe surpressate e insilato di mais.
La proprietà sottolinea che gli agricoltori avranno un ritorno economico da quell'ulteriore conferimento. Una piccola mancia a fronte di 1.700.000 euro che l'azienda ricaverà dalla tariffa
onnicomprensiva del GSE.
E infine la costruzione di un parco fotovoltaico su un'area di 10 ettari (100.000 m2) a fianco dello stabilimento su vasche di lavaggio delle bietole dismesse. Si tratta di un impianto da 14 MWe da cui l'azienda ricaverà certificati verdi per altri 8 milioni di euro.
Tale polo energetico frutterà all'azienda più di 40 milioni di euro all'anno, tolti i consumi di energia e le altre spese. Tutti soldi prelevati direttamente dalle nostre bollette. E agli agricoltori solo le
briciole. Per tutti gli abitanti dei centri limitrofi, già gravati da una quantità di monossido di carbonio e PM10 paragonabile a quella della città secondo la stessa ARPA, solo un ulteriore accrescimento delle emissioni nocive che una centrale a biomassa di quelle proporzioni
comporta. Infatti oltre al monossido di carbonio e agli ossidi di azoto in quantità industriali, la combustione delle biomasse legnose produce pluriclorati aromatici direttamente dalla cellulosa e dalla lignina, in altre parole, diossina.
Il comitato di Trecasali, diventato associazione ambientale, ha già raccolto migliaia di firme tra la gente per opporsi ad un simile scempio del territorio e della salute, mettendo il sindaco e le altre autorità (regione e provincia) di fronte alle loro responsabilità. Il comitato ha il completo sostegno dell'associazione GCR e di Rete Ambiente Parma, unitamente a quello dell'associazione
ambientale di San Secondo.
La necessità di ricavare energia da fonti rinnovabili, oltre a contemperare la sua sostenibilità per il territorio e la salute, deve fare in modo che il denaro degli incentivi, ricavato dalle nostre
bollette, possa essere utilizzato per la pubblica utilità e per lo sviluppo dell'occupazione. Non certo elargito alle iniziative speculative di chicchessia, tanto meno dei grandi gruppi industriali e
finanziari. Per questo riteniamo che ogni comune debba provvedere a fondare la sua ESco con cui progettare l'uso delle rinnovabili assieme ai cittadini e alle piccole aziende artigiane disponibili a portare avanti i lavori.
In tal modo ogni municipalità può sviluppare la democrazia energetica e d'impresa.
Il fotovoltaico direttamente sui tetti delle case e gli incentivi divisi tra le famiglie, come vuol fare il comune di Fornovo con la sua ESco, dando il lavoro di impianto agli artigiani del luogo.
Giuliano Serioli
Rete Ambiente Parma (RAP)
Aria Acqua Suolo Risorse Energie
Comitati Uniti per la Salvaguardia del Territorio Parmense
comitato pro valparma - circolo valbaganza - comitato ecologicamente - comitato rubbiano per la vita - comitato cave all’amianto no grazie - associazione gestione corretta rifiuti e risorse – no cava le predelle
Nessun commento:
Posta un commento