No al
sequestro dell'inceneritore, ma le indagini vanno avanti
La prima gelata invernale è
fuoriuscita dal tribunale.
Parma non è ancora
imbiancata eppure abbiamo provato un gelo pungente.
Ma siamo ormai preparati e
irrobustiti da questi anni di lotta, i mulini a vento li conosciamo
pala per pala, i muri di gomma sono il nostro pane quotidiano.
Non ci spaventiamo né
arretriamo mai, nemmeno questa volta.
La storia dell'inceneritore
la conosciamo nel profondo.
E nelle sue profondità
anche il procuratore di Parma ha scoperto tante pecche, tante da
farci una collezione.
Tante ombre che lo avevano
convinto a chiedere il sequestro del cantiere.
Non è bastato.
La salute, l'ambiente, i
valori di una comunità, sono calpestati da 50 anni.
In Italia alla fine sembra
sempre avere il sopravvento la convenienza, i poteri, il business.
A Taranto un'intera città è
tenuta sotto ricatto da decenni.
Le acciaierie esistono anche
in altri Paesi, ovviamente, ma solo in Italia è possibile mantenerle
ad un livello di sicurezza così basso.
Anche la storia del Paip non
può fare eccezione.
Lo si capisce già da
quell'aggettivo, ambientale, che nasconde la “a” dell'acronimo.
Cosa può centrare una
industria insalubre di classe prima, la più pericolosa, con
l'ambiente?
Eppure per sostenere il
progetto ci si è dati da fare, nascondendo cose e mostrandone altre.
E' colpevole anche la città,
distratta da altri luccichii, improvvisamente ritrovatasi in grembo
un camino che non avrebbe voluto mai, se avesse capito da subito cosa
celava.
Colpevoli in particolari
quelle associazioni “ambientaliste”, le virgolette sono
d'obbligo, che in questi anni si sono distinte per il loro silenzio,
la loro timidezza e le loro esitazioni, imperdonabili assenze che
hanno fatto il gioco del forno, ognuno con il suo mattoncino ha
costruito pazientemente il puzzle.
Ai cittadini è stato
ripetuto il mantra del troppo presto e del troppo tardi.
Al primo ricorso era presto
per gridare al rischio ambientale e sanitario (nulla era costruito),
per poi ripiegare su un “ormai è tardi”, quando il pacchettino
era bello e pronto per essere servito sulle tavole dei parmigiani.
Nessuna ombra è stata
finora fugata sul progetto dell'inceneritore.
Sappiamo che Iren non era
titolare di nessun contratto di smaltimento quando Ato e
Amministrazione comunale hanno deliberato il loro nulla osta al
progetto, esibendo negli atti proprio queste credenziali inesistenti.
Sappiamo di pagare una
tariffa del 50% e del 100% più alta per gli smaltimenti, quando una
legge regionale indicava la necessità di autorizzazione per
sforamenti oltre il 20% della media.
Sappiamo che il progetto è
stato affidato al concorrente Hera senza alcuna gara d'appalto.
Nessuno ha potuto vedere il
piano economico finanziario che faceva parte degli accordi di
trasparenza premessi nella delibera del 2006 (oggi sono passati 920
giorni da quando lo abbiamo chiesto ufficialmente alla multiutility).
Troppi silenzi, troppi
misteri, troppe ombre.
Che in un servizio pubblico
non dovrebbero esistere mai.
Perché questo settore tocca
da vicino le tasche di tutti noi e in più rispetto alla modalità di
gestione modifica i rischi sanitari connessi.
Il Riesame, rigettando la
richiesta di sequestro, ha mosso comunque pedine importanti,
riaffermando la bontà delle indagini in corso, anzi peggiorando i
sospetti sull'iter del progetto introducendo l'ipotesi di corruzione,
a carico di dirigenti di Iren e Comune, ipotesi di reato fin qui non
emersa.
Altra tegola sul Paip
l'ipotesi di abuso d'ufficio a carico di Elvio Ubaldi e Roberto
Bianchi, che non avendo provveduto, in veste di presidenti di Ato,
alla gara pubblica per l'appalto della gestione rifiuti, hanno
concesso un vantaggio di rilevante gravità ad Iren.
Molto pesante appare il tema
della corruzione, che sembra essere il registro che ha permesso ad
Iren di ottenere i titoli per portare a termine il progetto ottenendo
diversi vantaggi anche economici come l'aver potuto omettere, fino ad
oggi, gli oneri di urbanizzazione quantificabili in mezzo milione di
euro, risparmi forse utilizzati per oliare i meccanismi.
Il procuratore La Guardia ha
ora in mano il fascicolo e deciderà nei prossimi giorni la strada da
percorrere. Un ulteriore appello questa volta alla Cassazione?
Qualche svolta inattese nelle indagini in corso?
Noi nel frattempo, il 15
dicembre avremo occasione di riaffermare il diritto dei cittadini
alla salute, alla trasparenza, alla giustizia.
Tre cardini che non hanno
mai sostenuto i cancelli del Paip.
Associazione
Gestione
Corretta
Rifiuti
e
Risorse
di
Parma
-
GCR
Parma,
7 dicembre 2012
Nessun commento:
Posta un commento