"Striscioni: numero 8,
lunghezza 8/10 metri – altezza almeno 1,5 metri, formato
orizzontale e verticale, font: scritti con pennello. No spray.
Colore: preferibilmente blu scuro/verde scuro su fondo bianco.
Scritte: “Andate a lavorare, basta ecoballe”, “Siamo verdi di
rabbia” , uno o due a piacere in. Questo il contenuto delle email
con cui i vertici dell'azienda organizzavano le contro-manifestazioni
in risposta alle proteste ambientaliste spacciandole per 'azioni
spontanee'
di Andrea Tundo
Il Fatto Quotidiano
Per il buon esito di una
manifestazione ci vogliono anche due megafoni, dieci fischietti da
arbitro e dieci trombe nautiche a bomboletta. A stendere la “lista
della spesa” non è il capo-ultras di una curva, ma un uomo
dell’ufficio stampa di Enel. E i campi da gioco sono le centrali a
carbone prese di mira da Greenpeace, più volte citata in giudizio
dal colosso dell’energia per le sue azioni dimostrative.
È l’ottobre del 2008.
Manca poco più di un mese all’inizio della Conferenza sui
cambiamenti climatici organizzata dall’Onu a Poznań, in Polonia.
Greenpeace entra in azione a Genova il 26. Lo schema è collaudato.
All’alba gli attivisti attaccano la Lanterna, simbolo della città,
una nave carboniera e l’impianto termoelettrico dell’Enel. Sulla
facciata della centrale, sotto il simbolo della società, scrivono
“clima killer”. Poche ore dopo la scritta viene oscurata da tre
striscioni colorati: Andate a lavorare, Basta ecoballe e Quit
Greenpeace. A srotolarli sono gli operai dell’Enel che manifestano
contro l’azione degli attivisti verdi. Una contro-protesta
spontanea, così la definiscono i dipendenti e la descrivono i
giornali. Ma i fatti non sono andati proprio in questo modo. A
testimoniarlo sono le mail che i dirigenti dell’Enel si scambiano
febbrilmente nelle ore e nei giorni successivi, temendo nuovi
attacchi negli altri impianti a carbone.
La verità emerge dalle
carte del processo che vede imputati a Brindisi dodici dirigenti Enel
con l’accusa d’aver imbrattato di carbone campi e abitazioni
vicini alla centrale “Federico II”. Il 9 ottobre 2009 il pm
Giuseppe De Nozza ordina la perquisizione del computer di Calogero
Sanfilippo, allora responsabile della filiera del carbone. E salta
fuori anche questa storia collaterale, che svela un doppio livello
nelle legittime azioni di contro-protesta agli attacchi di
Greenpeace. Contattata da ilfattoquotidiano.it l’Enel preferisce
non commentare. E il responsabile settore elettrico della Filctem
Cgil, Giacomo Berni, è categorico: “Ho organizzato tante
manifestazioni come sindacato, mai per conto terzi”. Fatto sta che
gli operai protestano, ma tutto sembra essere deciso nella sede
centrale di Roma. Nei minimi dettagli.
Una mail vale per tutte
quelle sequestrate. È quella inoltrata il 31 ottobre 2008 da
Sanfilippo ai responsabili delle centrali, ma a scriverla è
Alessandro Zerboni, uomo dell’ufficio stampa. È datata 29 ottobre,
tre giorni dopo l’attacco di Genova. «È di fondamentale
importanza individuare cinque fidatissimi lavoratori per unità a
carbone. Eleggere uno o due portavoce. Il personale – suggerisce
Zerboni ai responsabili delle relazioni esterne delle macroaree –
dovrà essere formato e preparato all’azione. È importante gestire
le relazioni sindacali, durante e dopo la protesta in quanto si
tratta sempre di AZIONI SPONTANEE dei lavoratori, MAI ORGANIZZATE
dall’azienda». Così spontanee che «in caso di azione il
capocentrale dovrà informare il proprio superiore, il responsabile
di filiera, le relazioni esterne, l’ufficio stampa nazionale».
Poi la lista della spesa, un
“press kit per le centrali a carbone” che consiste in
«STRISCIONI: numero 8, lunghezza 8/10 metri – altezza almeno 1,5
metri, formato orizzontale e verticale, font: scritti con pennello
(minima larghezza per lettera 10 cm). No spray. Colore:
preferibilmente blu scuro/verde scuro su fondo bianco. Scritte:
Andate a lavorare, basta ecoballe, siamo verdi di rabbia, uno o due a
piacere in dialetto». Due delle frasi suggerite erano già comparse
a Genova. L’en plein, stando a quanto riportano i giornali
dell’epoca, si registra nel 2009 durante la contro-protesta
inscenata dagli operai dell’impianto di Fusina, alle porte di
Marghera, subito dopo l’attacco di Greenpeace alla vigilia del G8
de L’Aquila. Sono le uniche due occasioni accertate nelle quali le
proteste degli operai combaciano con le indicazioni prescritte nel
“press kit”, che si chiude con gli accessori da stadio: «Due
megafoni, dieci fischietti da arbitro e dieci trombe nautiche a
bomboletta».
Il giorno seguente l’azione
di Greenpeace a Genova, lo scambio di mail tra dirigenti, relazioni
esterne e gli uomini al comando delle centrali è fitto. Bisogna
prevenire altri attacchi e reagire velocemente nel caso in cui gli
attivisti riescano a violare ancora le centrali. L’attenzione si
concentra sugli impianti di La Spezia e Piombino, i più vicini e per
questo più esposti. Dopo il blitz a Civitavecchia del 16 ottobre e
il bis in Liguria, la tensione è alta. E c’è fretta di approntare
quanto necessario per oscurare la protesta ambientalista. Così
Sanfilippo dice al direttore della centrale spezzina di chiedere in
prestito gli striscioni usati a Genova, raccomandandosi «per il
futuro di realizzarli ad uso esclusivo di La Spezia». Entra in scena
anche un pezzo grosso come Roberto Renon, responsabile Area Business,
che ricorda a Sanfilippo di concordare in futuro con relazioni
esterne le frasi poiché «in staff meeting non era piaciuto “Quit
Greenpeace”», apparso a Genova il giorno prima.
Della centrale di Piombino
si occupa il responsabile delle relazioni esterne per il centro-nord
Luciano Martelli, oggi in pensione. Allertato dalla security interna
sulla l’imminente possibilità di un’incursione, avvisa Roma. Il
capo ufficio stampa Gerardo Orsini è categorico e pronto a partire
per la Toscana: «Vale la pena che tu vada direttamente sul posto per
far sì che siano pronti al più presto gli striscioni, le
dichiarazioni da fare, si trovi un portavoce che dichiari ai media.
Se non puoi diccelo che andiamo da Roma». Martelli lo tranquillizza:
«In centrale stanno già preparando qualche striscione». Gli
attivisti di Greenpeace non arriveranno. Ma sempre meglio portarsi
avanti con il lavoro.
Associazione
Gestione
Corretta
Rifiuti
e
Risorse
di
Parma
-
GCR
Parma,
4 agosto 2013
L'inceneritore
di
Parma
avrebbe
dovuto
accendersi
455
giorni
fa
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