sabato 11 giugno 2011

Diossina delle uova, la Lombardia indaga

Crescono i dubbi sull'efficacia degli enti di controllo

A otto mesi dall'esplosione del caso uova alla diossina, la Regione Lombardia ha deciso di indagare sui sei allevamenti domestici privati della provincia che avevano evidenziato questa problematiche. Con la pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Lombardia è diventata dall'altro ieri operativa la mozione presentata dal leghista Alessandro Marelli e approvata dal consiglio del Pirellone che impegna l'ente a varare nuovi controlli e analisi.



Anche se non risparmia un altro affondo alla Asl, esprime soddisfazione il sindaco di Castegnato, il paese dove i rossi tuorli delle ovaiole ruspanti dell'azienda agricola Gottardi contenevano concentrazioni di diossina fino a 5 volte superiori i limiti di legge. “Apprezzo che ci siano nuovi controlli - osserva Giuseppe Orizio - ma devo esprime tutta la mia delusione perché da metà febbraio, dopo che siamo venuti a conoscenza del fenomeno da un quotidiano locale, non ho più avuto nessuna informazione da parte dell'Asl. Non so se sul mio territorio stanno mangiando ancora uova alla diossina”.
A fare le analisi dei terreni ci penserà Arpa Brescia, che però dovrà avere anche i mezzi economici e gli strumenti per affrontare queste indagini suppletive. Quindi la volontà politica del consiglio dovrà in tempi brevi essere sostenuta economicamente dall'assessorato all'Ambiente.
Ma i tempi a dire il vero restano un'incognita.
Gli allevamenti privati di Castegnato, Ospitaletto, Montirone, Brescia, Sarezzo e Casto si trovano tutti nelle vicinanze di grandi siti industriali, soprattutto impianti siderurgici. Non è un caso che le indagini Asl fossero andate a cercare pollai così vicini alle industrie: glielo aveva imposto un anno fa la direzione regionale Sanità, per indagare le possibili ricadute inquinanti dell'industria sulla filiera agricola.
Ora: le uova inquinate si sono trovate nella provincia di Milano come in quella di Mantova e Pavia (un pollaio sospetto è vicino all'inceneritore di Parona).
Ma sulle possibili cause la risposta dell'Asl di Brescia è stata quanto meno semplicistica: la colpa dell'inquinamento sarebbe da imputarsi “alle scorrette pratiche agronomiche” degli allevatori: piccoli roghi di sacchi di plastica e legno verniciato sui terreni dove razzolano le galline, dispersione di oli, plastiche, polistirolo, l'utilizzo di mangiatoie in plastica. Ora invece, grazie alla Regione verranno approfondite le potenziali ricadute delle industrie vicine ai pollai privati.
L'Arpa di Bescia, per bocca del suo direttore Giulio Sesana, si dice disponibile a mettersi subito al lavoro.
“L'Asl ha evidenziato che in molti di questi allevamenti ci sono delle pratiche agronomiche scorrette - osserva Sesana -, ma indubbiamente ci sono aspetti di carattere territoriale che vanno approfonditi, a partire appunto da quelle zone della provincia dove insistono determinate realtà industriali. Ricordo che da tempo stiamo indagando le ricadute in termini ambientali delle aziende siderurgiche bresciane. Abbiamo iniziato con Odolo, siamo passati all'Alfa Acciai e adesso proseguiamo su altre zone della provincia, senza paura di dover nascondere nulla”.
Vero è che tutte queste analisi suppletive richiedono risorse umane e strutturali che si traducono in maggior costi. “Spero che la Regione provveda a fornire una copertura economica alle indagini suppletive richieste dalla mozione” conclude Sesana.
La notizia è di Brescia Oggi a firma di Pietro Gorlani.
I casi di alimenti contaminati da diossina stanno diventando sempre più frequenti in zone dove sono attivi impianti industriali ed in particolare dove sono in funzione impianti di incenerimento.
Il problema della diossina è la sua lunga permanenza negli alimenti e il fatto che si nell'organismo umano, all'apice della catena alimentare, queste sostanze si bioaccumulino andando a costituire delle piccole discariche all'interno dei nostri corpi.
Solo la donna riesce a liberarsi di parte di questi inquinanti che si legano molto facilmente con la parti grasse. Lo fa però attraverso il latte materno e durante la gestazione e ci possiamo immaginare con quali nefaste conseguenze per il feto.
La pratica dell'incenerimento dei rifiuti costituisce sempre di più un rischio per la salute umana e considerando che ci sono alternative non ha davvero più senso farvi ancora ricorso.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 11 giugno 2011

-330 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.

+376 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?

+54 giorni dal lancio di Boicottiren: http://tinyurl.com/boicottiren
Aderisci anche tu: boicotta Iren, digli che non finanzierai un euro dell'inceneritore di Parma

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