L'inceneritore di Parma tra consapevolezze e timori
Possiamo ben dire di avere incamerato in questi anni una lunga a variegata serie di appuntamenti.
Con molte e diverse persone in qualche modo intrecciate ai destini della città.
Associazioni, partiti, sindacati, candidati, politici, dirigenti, industriali, imprenditori, avvocati, professionisti, medici.
Non lo diciamo per vanagloria, ma per sottolineare come Gcr stia impegnandosi, ormai da 6 anni, in una azione a 360 gradi che ha un unico obiettivo, spegnere il forno, prima che lo accendano, mai rinunciando al dialogo.
L'incontro franco e schietto ci ha permesso di argomentare le nostre tesi e rispondere a dubbi e perplessità dai nostri interlocutori.
La maggior parte delle persone è ovviamente sincera e non si tira indietro quando l'evidenza, dopo scambi serrati, emerge nitida alla luce del vero.
Siamo così arrivati alla conclusione che le persone libere, quando hanno voluto approfondire il tema, alla fine siano arrivate alle nostre stesse conclusioni.
Che sono, in estrema sintesi: l'inceneritore fa male, costruirlo nella food valley ed a un passo dall'eccellenza del made in Parma è pura follia. E che c'è un'alternativa.
Ci siamo però resi conto che a questa consapevolezza è spesso seguita un'altra considerazione, sempre uguale nonostante il cambio di persone.
“Ho capito e sono cosciente dei rischi, ma non lo posso dire”.
Così il fantasma mitico dei “poteri forti” si concretizza ogni volta uguale davanti ai nostri occhi.
Così emerge nitida la censura, perché bisogna pur chiamare le cose con il loro nome, che impone addirittura ai cronisti di non menzionare termini rivoluzionari come “inceneritore”, o fa sottoscrivere ai candidati road maps stampate con inchiostro indelebile.
Anche pochi giorni fa il fantasma del forno ha aleggiato a lungo sul nostro ennesimo tête-à-tête.
Davanti avevamo una persona schietta e degna, che ci ha confessato il suo timore: “Se parlo di certi argomenti il mio futuro è segnato”.
I club altolocati dettano i tempi della città, i suoi primi cittadini, cercando sempre di porsi dietro gli stipiti, oscuramente presenti, ma apparentemente assenti.
In questo particolare caso però, quello dell'inceneritore che sorge in queste ore a Ugozzolo, la scelta si è rivelata clamorosamente sbagliata.
Chi oggi infatti, di fronte ad una industria insalubre così definita per legge, di fronte ai risultati di una raccolta differenziata che può attestarsi tranquillamente all'80%, di fronte ai rischi economici per l'immagine di Parma, per i prodotti Dop e Doc, sceglierebbe di proseguire su una strada così fuori tempo?
E' evidente che ci sia imbarazzo.
La scelta dell'inceneritore a Ugozzolo è un clamoroso autogol.
Che si farà fatica estrema a nascondere, visto che il forno diverrà lo skyline di Parma per i milioni di automobilisti di passaggio sulla Sole.
Cosa stanno pensando oggi dalle parti di Chiesi, Barilla, Greci, Ikea, Althea?
Cosa rimuginano i consorzi del parmigiano reggiano, quelli del prosciutto di parma, quelli dei vini dei colli, cosa aleggia sui contadini che hanno campi coltivati nelle vicinanze, stalle vocate al grana, caseifici che ogni giorno mescolano latte e caglio per soddisfare i palati di mezzo mondo?
Tutti sanno, tutti sommessamente brontolano preoccupati, nessuno parla.
Nessuno col coraggio di parlare chiaro e fare proposte alternative, che salvino il nostro territorio da un futuro nero.
Nessun grido e tanti sussurri.
E' la solita Parma sonnacchiosa sui cuscini ducali, che sospira e geme, e mai emerge con fierezza e vigore, per prendere il toro per le corna, affrontando la realtà con un po' di coraggio.
Quanto siamo stufi dei timorosi, quanto avremmo bisogno di stoffa buona.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 23 febbraio 2012
Sono passati
633 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma
Mancherebbero
73 giorni all'accensione del forno, se ancora lo si farà
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