giovedì 19 settembre 2013

Veronesi ha torto

I fumi degli inceneritori fanno male alla salute

Prof. Federico Valerio, Chimico
Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova



Coltivare un orto o un'azienda agro-alimentare, nell'area di ricaduta di un inceneritore di rifiuti urbani, aumenta il rischio di malformazioni dell'apparato urinario nei bambini le cui mamme, nei primi mesi di gravidanza, avevano mangiato ortaggi, insalata, uova carne e formaggi prodotti da quegli orti e da quelle aziende.
Questo il risultato di uno studio francese, pubblicato nel 2010.
(S. Cordier et al. Maternal residence near municipal waste incinerators and the risk of urinary tract birh defects. Occup. Environ. Med 2010;67: 493-499)
Il merito di questo studio è di avere fatto le scelte giuste per verificare se incenerire i rifiuti sia pericoloso per la salute pubblica.
Ovviamente, tutti gli altri studi che hanno fatto scelte sbagliate hanno dato risultati sbagliati.
Probabilmente sono questi studi sbagliati quelli che hanno convinto il prof Veronesi che gli inceneritori sono innocui.
La giusta impostazione di uno studio, finalizzato a valutare gli effetti sanitari dell'inquinamento ambientale provocato dall'incenerimento, si fa conoscendo a fondo la natura dei composti che si formano durante la combustione ed escono da camini e il loro destino a lungo termine, una volta che questi composti sono immessi nell'ambiente.
Queste informazioni si ottengono grazie ad una particolare specializzazione della chimica, la chimica ambientale, quella che con fatica ho praticato, insieme a pochi altri colleghi italiani presso l'Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova.
Nei fumi emessi da un inceneritore di rifiuti urbani, anche quelli dei più moderni "termovalorizzatori", è inevitabile che siano presenti composti che si formano durante la combustione e che sono molto pericolosi per una loro particolare caratteristica: sono poco biodegradabili e si concentrano lungo la catena alimentare.
Questa caratteristica è posseduta da composti a base di carbonio e cloro che si formano durante la combustione, noti con il termine generico di "diossine".
La figura sintetizza il modo subdolo con il quale le diossine minacciano la nostra salute: una volta depositate al suolo le diossine passano da terreno alle piante e da qui agli animali e all'uomo.
Pertanto, il 95% delle diossine che si possono trovare nei nostri corpi deriva dalle diossine che abbiamo mangiato con i nostri cibi contaminati; molto meno sono le diossine che provengono dall'aria inquinata che abbiamo respirato.
E tra i nostri simili, quali sono quelli più sensibili all'inquinamento?
Certamente tutti i bambini, pochi giorni dopo il loro concepimento, nella delicata fase dello sviluppo embrionale.
Poiché studi precedenti avevano dimostrato che una precoce esposizione a diossine durante lo sviluppo embrionale altera la formazione del sistema urinario, i ricercatori francesi hanno voluto verificare l'ipotesi che il consumo, nei primi mesi di gravidanza, di cibo contaminato da diossine prodotto dai vicini inceneritori possa essere la causa di malformazioni dell'apparato urinario.
La residenza e le abitudini alimentari, in particolare il consumo di cibo prodotto localmente, di 304 mamme di bambini nati, tra il 2001 e il 2003, con queste malformazioni, sono state confrontate con quelle di 226 mamme che hanno partorito nello stesso periodo, scelte come controllo.
La zona francese oggetto di studio è stata quella dell'alto Rodano, che ospitava 21 impianti di incenerimento.
Motivo fondamentale di questa scelta è stata l'esistenza, in questa regione, di un registro delle malformazioni e di accurati dati ambientali e di regolari misure delle emissioni degli impianti industriali che si volevano studiare.
Opportuni modelli matematici, applicati alle emissioni di diossine misurate in questi impianti, hanno permesso di calcolare la concentrazione media di diossine nell'aria e nel terreno, in corrispondenza della residenza di tutte le mamme oggetto di studio.
Corretti i dati per le possibili varianti, quali professione e abitudine al fumo dei genitori e loro livello socio economico, lo studio ha confermato che l'esposizione a diossine prodotta dagli inceneritori, in corrispondenza della residenza della madre, nei primi mesi di gravidanza, era associata con un aumento del rischio di difetti urinari del nascituro.
Lo studio, inoltre, ha suggerito che il consumo di cibo prodotto localmente e consumato dalle mamme gravide, possa essere il principale responsabile dell'aumento del rischio di malformazione dei loro figli.
Tra il 2001 e 2003, un certo numero di inceneritori in funzione nell'area studiata (non precisato nello studio) non rispettava l'attuale limite di 0,1 nanogrammi di diossine per metro cubo di fumi emessi, e gli autori ritengono che siano stati proprio questi impianti, meno efficienti, a provocare il livello di inquinamento del terreno (e quindi del cibo) che potrebbe essere la causa delle malformazioni osservate.
Negli anni successivi allo studio (2001-2003), la Francia ha spento gli inceneritori più inquinanti e migliorato il trattamento fumi di quelli rimasti attivi.
Grazie a questi interventi il contributo degli inceneritori francesi alla produzione totale di diossine è passato dal 52% del 2001 al 9% del 2006.
Un indubbio miglioramento, ma non tale da fare abbassare la guardia ed ignorare il problema, come raccomandano i ricercatori francesi.
Lo studio che ho brevemente riassunto dimostra che la particolare miscela di composti che escono da un inceneritore di rifiuti urbani è pericolosa per la salute dell'embrione, anche a dosi estremamente basse.
Questa miscela, di composizione molto simile, esce anche dagli inceneritori dell'ultima generazione (2010) e la sua concentrazione nei fumi è nettamente inferiore a quella degli inceneritori della penultima generazione (fine anni 90).
In Europa, ogni tonnellata incenerita provocava l'emissione di 10 microgrammi di diossine equivalenti negli inceneritori costruiti intorno all'anno 2000; negli inceneritori costruiti nel 2010, grazie a sistemi di abbattimento più efficaci, il fattore di emissione di diossine si riduceva di 20 volte (0,5 microgrammi per tonnellata).
Ma è anche vero che, per economia di scala, gli inceneritori dell'ultima generazione trattano quantità di rifiuti nettamente superiori rispetto a quelli della penultima generazione: da 70-80.000 tonnellate/ anno a 700-800.000 tonnellate/anno.
Questo significa che la quantità di diossine emesse annualmente da un grande moderno inceneritore, che emette dieci volte più fumi di un vecchio piccolo inceneritore, può non essere così trascurabile come si vuole far credere.
Occorre inoltre considerare che l'incenerimento rifiuti non è una scelta obbligata e certamente, a parità di materiali trattati, un moderno impianto di riciclaggio, compostaggio, trattamento meccanico biologico, emette molto meno diossine di un moderno termovalorizzatore.
Pertanto, se si vogliono fare stare tranquille le mamme ed evitare rischi alle future generazioni, sarebbe molto saggio applicare un sano principio di precauzione: smettere di incenerire i rifiuti e passare decisamente alla strategia Rifiuti Zero.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 19 settembre 2013

L'inceneritore di Parma è stato acceso
22

giorni fa

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