Il Piano Economico Finanziario in nostro possesso riserva non poche sorprese, che acuiscono la sensazione che ci siano sotto tanti segreti e misteri, a partire dal costo dell'impianto.
Cosa infatti può giustificare un incremento così imponente dei costi se non la previsione di un ampliamento alla terza linea di incenerimento?
Non è possibile infatti attribuire al solo teleriscaldamento la crescita esponenziale delle previsioni di spesa, messe nero su bianco sul documento pervenuto all'associazione e a molti giornali locali in forma anonima.
I dubbi si allargano anche alla stima dei costi del teleriscaldamento e della tariffa dei rifiuti, come non è poca la sorpresa nel leggere le ipotesi di guadagno della società, mentre continua il silenzio sulla comunicazione ufficiale del Piano Economico Finanziario, da ormai 150 giorni non pervenuto.
Partiamo dai costi. Il progetto definitivo (agosto 2007), su cui è stato autorizzato l'impianto, prevedeva un costo di 175 milioni di euro, di cui 11 milioni per l'acquisto dei terreni (una spesa folle visto che c'erano aree vicine molte meno onerose ma, chissà, chi è stato il fortunato di turno...), 17 milioni di opere di urbanizzazione, 147 milioni di impianti.
Nel 2009 però Enia ottiene un finanziamento dalla Banca Europea Investimenti per 100 milioni. Nella richiesta di accesso al credito viene però dichiarato un investimento di 265 milioni.
E qui i primi 25 milioni fuori previsione emergono alla luce del sole.
Ma lo shock arriva dalla lettura del Quadro Tecnico Economico giunto via posta da Bologna.
In questo documento, i cui contenuti, recita lo stesso, non sono stati comunicati al mercato azionario, esce una verità sconcertante.
Per l'impianto viene stimata una spesa di 205 milioni.
Per la fase di completamento vengono stimati ulteriori 45 milioni.
Per la rete di teleriscaldamento la mazzata finale: 65 milioni.
Non serve la calcolatrice per arrivare al conto definitivo.
L'inceneritore di Parma costerà 315 milioni.
Un rebus da Settimana Enigmistica.
Sappiamo bene che siamo di fronte a delle cifre inaudite e difficilmente concepibili, a meno che non andiamo a parare sull'evidenza di cui nessuno finora ha voluto parlare.
Queste cifre da nababbi non possono che voler dire una sola cosa, terza linea.
Che non è una schiera di armigeri a difesa del costruendo impianto, ma il terzo forno di incenerimento, che spingerebbe la portata dell'inceneritore di Parma a 195mila tonnellate di rifiuti bruciati all'anno.
La diga ora è aperta.
Ora possiamo cominciare a far domande pericolose.
E la scelta dei quesiti, a questo punto, è infinita.
Detto questo, che è lo scoop che cogliamo dal documento, paiono quisquilie, ma non sono, le altre deduzioni colte nella lettura dei segreti fogli.
Ad esempio la tariffa dei rifiuti. Che Iren, il 14 luglio 2010, addirittura con un comunicato stampa, verba volant, scripta manent, afferma che “riporterà le tariffe di smaltimento... ad importi in linea a quelli dell'anno 2008”. Un harakiri, oseremmo dire perfetto, perché nel documento oggi venuto alla luce del sole si stima una “ipotesi di tariffa in linea con il 2009”.
Forse per Iren tra 8 e 9 non c'è molta differenza. Ma per i cittadini sì.
Le tariffe non dovevano scendere con la conquista del forno?
Non era l'esportazione fuori provincia la causa delle bollette salate?
Ora si dice che il risparmio derivati dalla gestione “in home” dei rifiuti è girati alla copertura dei costi di costruzione, altroché far risparmiare i cittadini!
Sull'affare in corso, non meno importanti sono le valutazioni economiche fatte da Iren.
Viene previsto infatti un flusso operativo di 20 milioni annui, di cui oltre 15 ottenuti da incentivi derivati dal recupero energetico e dai certificati verdi.
E meno male che l'impianto di Parma non doveva poggiare sui Cip 6!
L'idea balzana di Iren di bruciare i fanghi da depurazione non ha come scopo quello di salvare i nostri campi dai liquami, ma semplicemente di irrorare le casse di ulteriore business.
Non esiste, né è in previsione, una legislazione che vada verso lo stop degli spandimenti in agricoltura dei fanghi. Anzi, la Comunità Europea è in procinto di aggiornare la legislazione per migliorare la qualità dei fanghi, ritenuti indispensabili per mantenere la fertilità dei terreni.
Sulla trasparenza ci siamo già dilungati in diverse occasioni.
I fogli analizzati hanno dato la prova finale della nostra ragione.
La trasparenza non fa parte del Dna di Iren.
Nella delibera del consiglio comunale di Parma del 2006, dove veniva approvato l'accordo tra Comune di Parma ed Enia per realizzare il Pai, c'è l'esplicito obbligo di fornire tutti i documenti ai cittadini e alle associazioni richiedenti.
Parole al vento.
L'obbligo alla trasparenza è parte integrante della delibera, quindi “condicio sine qua non” per validare l'intero schema. Che per noi oggi è nullo.
Ancora oggi Iren non consegna il Piano Economico Finanziario, negando una volta la sua esistenza, un'altra facendo riferimento ad un fumoso segreto di Borsa.
Nonostante il sollecito del sindaco di Parma Vignali il 19 luglio scorso
Qui l'unica borsa che vediamo ci sembra quella di Iren, che si appresta a gonfiarsi di soldi fino a scoppiare.
A meno che i politici e gli amministratori non ritengano essere giunto il momento di liberare l'aria di tutti questi miasmi, che persistono e inveleniscono gli umori di tanti cittadini, che ieri avevano un briciolo di fiducia, e che oggi, terminato il tempo della fiducia a perdere, pretendono chiarezza, giustizia, verità.
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 3 novembre 2010
-550 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+156 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
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