giovedì 23 dicembre 2010

L'internazionale dei rifiuti passa da Parma

Il coraggioso giornalista Gianni Lannes, del sito Terra Nostra www.italiaterranostra.it,
riporta l'attenzione sull'inceneritore di rifiuti tossico nocivi di San Nicola di Melfi, Potenza, denominato “Fenice”, il più grande impianto di questo genere in Europa, un record che come al solito ci vede primi nelle classifiche al contrario del buon senso.
Nel settembre 1999 Fiat riuscì, anche con agevolazioni, a metterlo in funzione ed ogni anno l'impianto brucia 66 mila tonnellate di scorie, 40 mila delle quali provenienti dal Nord, ma anche dall'estero (Francia e Germania).
Un inceneritore avviato nonostante un referendum popolare che negò l'appoggio della popolazione.
Un inceneritore di cui Fiat si vantava, visto che nel sito sosteneva di bruciare “a cielo aperto”.


L'impianto Fenice di San Nicola di Melfi

Ovviamente a nessuno è concessa la visita all'impianto e nel 2001 il marchingegno è stato venduto al colosso francese dell'energia Edf.
A poca distanza dal sito è attivo uno degli stabilimenti Barilla, il più grande del Sud, anch'esso afflitto da qualche problemino ambientale, visto che abbondano le lastre di ethernit, sulle coperture della fabbrica.
Attorno coltivazioni, pascoli, verdure e carni, che arrivano sulle nostre inconsapevoli tavole, e poi sviluppo turistico, grandi consumi e prelievi di acqua, tutto con la massima disinvoltura e nonchalance.
I residui della combustione, 27 mila tonnellate all'anno, è una materia che finisce nel sottosuolo della Basilicata, inquinando le falde, e nel fiume Ofanto, che si getta nel mare Adriatico. Con grande libertà d'azione.
Naturalmente l'inquinamento è anche sprigionato dal camino. Milioni di metri cubi inquinati che la stessa Usl locale periodicamente certifica come “emissioni oltre i limiti normativi di polveri di metalli pesanti, ossidi di azoto, e diossine”, un nanogrammo per metro cubo, una quantità imponente, basti pensare che la normativa prevede una soglia di 0,1.
Emissioni il cui effetto è stato anche messo in chiaro dall'Università di Bari, con uno studio del docente Luigi Notarnicola: “Le documentazioni non consentono di escludere effetti negativi alla popolazione di Lavello e nell'intero territorio”.
L'assessorato regionale all'ambiente rivela “nell'autorizzazione a Fenice avevamo imposto il divieto di importazione di rifiuti da fuori regione”. Sentite anche voi uno strano campanellino?
Eppure, incredibile, nulla si è mosso, nulla si è chiuso.
Il mostro miete le sue vittime con metodico incedere.
Ai tempi dell'autorizzazione ci furono i pareri positivi di 3 esperti, e subito dopo uno entrò nell'orbita Fiat, addirittura come responsabile del cantiere, un secondo come responsabile del monitoraggio ambientale. Sic!
I lucani, dopo l'inutile no del referendum, non hanno potuto che fare rete e tenere alta l'attenzione. Nel 2001 8 vagoni merci vennero sequestrati a Melfi, stracolmi di rifiuti industriali e ospedalieri di dubbia provenienza, 400 tonnellate di materiali a rischio infettivo.
Oggi il Rapporto Rifiuti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) del Ministero dell’Ambiente, racconta di come l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per l’inceneritore EDF-Fenice spa sia scaduta il 19 ottobre 2010. Nonostante ciò, l’impianto continua a bruciare ingenti quantitativi di rifiuti urbani ed industriali, mentre non sono stati resi ancora noti i motivi del recente passaggio di competenza, dalla Procura di Melfi a quella di Potenza, dell’inchiesta sull’inquinamento ambientale provocato dall’inceneritore, così come evidenziato da un recente servizio del TGR Basilicata.
Ed ecco che uno dei viaggi della speranza dei rifiuti tocca anche Parma.
La Polimeri Europa di Brindisi spedì alla Piccinini, presso il nostro interporto, “resine sintetiche in granuli”, che poi finirono nell'inceneritore di Melfi.
Qualcuno saprà fare luce su questo strano e contorto girovagare?
Treni e viaggi della speranza con quantità ignote di sostanze ignote.
L'esperto di fama internazionale Giorgio Nebbia non ha dubbi: “Pullulano decine di eco-imprese che vendono lo smaltimento in inceneritori, in impianti di compattazione, in discariche: quello che conta è che i rifiuti non si vedano e non puzzino”.
L'Ocse chiosa: “Tre quarti dei rifiuti pericolosi europei, circa 30 milioni di tonnellate annue, sono di origine e composizione sconosciute”.
L'Unione Europea condanna l'Italia: negli ultimi 21 anni occultati 1 miliardo di tonnellate di rifiuti di ogni genere.
Cosa finirà nell'inceneritore di Parma?
Lo sapremo della indagini del futuro prossimo?
Buon Natale a tutti i cittadini di Parma e Provincia.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 23 dicembre 2010
-500 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+206 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?

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