venerdì 20 luglio 2012

Centrale di Neviano, arde la polemica


Il progetto della centrale a biomassa di Neviano è un'ottima occasione per comprendere quali siano le visioni delle nostre amministrazioni per la montagna che governano.
Il sindaco di Neviano tranquillizza sulle emissioni zero della costruenda centrale a legna che riscalderebbe edifici comunali. Vi si riportano le dichiarazioni di un anno e mezzo fa di Orlandini della Regione che, insieme a Pier Luigi Ferrari, confermava il finanziamento regionale al Consorzio volontario del monte Fuso per “sviluppare la filiera del legno”, un termine gentile per dar inizio al taglio meccanizzato dei boschi.



La regione, in accordo con la provincia, a fine 2010 aveva approvato lo stanziamento di 3.000.000 di euro, coperti in gran parte dal programma di sviluppo rurale, per finanziare due progetti: il progetto di filiera 10 nei comuni di Borgotaro, Tornolo e Albareto e il progetto di filiera
41 a ridosso del monte Fuso, nel comune di Neviano Arduini.
I progetti dovevano servire ad avviare un sistema di taglio industriale dei boschi con produzione di tondame da lavoro (tronchi da cui ricavare assi), legna da ardere e cippato.
La Regione finanzia cooperative di taglio per dotarle di strumenti meccanici efficienti: harwester, cippatrici, trattori cingolati.

Questo filosofia di taglio consiste in un diradamento industriale del bosco, con nuove carraie di servizio e piazzole per l'accumulo di legna. Di norma il diradamento per essere economico deve essere almeno del 50%, cioè deve produrre almeno 500 quintali di legna per ettaro.
Ecco che è giustificato l'allarme dei residenti di Sasso e Scurano per quelle cataste di legna lungo 6 km di strada. Ogni catasta era lunga 20 metri, larga 4 e alta 2,5, corrispondente circa a 200 m3 steri, cioè 1.100 quintali. 13 cataste che corrispondevano a 15.000 quintali di legna tagliata e accatastata, un diradamento di 30 ettari di bosco della parte nord del  monte Fuso.
Ma non c'è il parco al monte Fuso?
Poi c'è il finanziamento regionale per la caldaia a cippato, altri 400.000 euro, che vanno a sommarsi a quelli per le caldaie a cippato di Berceto, Calestano, Varano Melegari, anch'esse approvate e finanziate da Regione e Provincia.
Il progetto è chiaro: tagliare i boschi per produrre legna da vendere e cippato per alimentare le centrali termiche.
La  prima domanda che viene da porsi è se le amministrazioni non si preoccupano del fatto che tali tagli vanno a sommarsi a quelli già devastanti della speculazione sulla legna da ardere,
La seconda è se tutti quei finanziamenti, insieme a ciò che dovrà tirar fuori ciascun comune, non sono esagerati per scaldare qualche edificio comunale.
Non sarebbe meglio destinarli alla ristrutturazione dei borghi finalizzata al  risparmio energetico?
Non basterebbero delle moderne stufe a pellet, proporzionate alla superficie degli edifici?
Detraibili al 55% dalle tasse e dotate di abbattimento dei fumi 10 volte più efficienti delle centrali a biomassa che bruciano cippato fresco?
La  risposta dei sindaci è che verrà fatto il teleriscaldamento, che servirà anche ai cittadini.
Come a Monchio, che per convincerne ad ogni costo una trentina ad allacciarsi hanno proposto loro tariffe addirittura più basse di quelle stabilite per gli edifici comunali.
Col loro progetto sono proprio alla canna del gas ?
La gente in montagna la legna ce l'ha già e si è già attrezzata con stufe automatiche miste pellet-legna, con abbattimento dei fumi.
La terza domanda è che visto che la centrale termica di Palanzano ha smesso di bruciare cippato perché bruciava male a causa della sua elevata umidità, producendo elevate quantità di fumi e di ceneri, intendono proseguire, come fa Monchio, a bruciare cippato fresco e ad appestare i borghi?
Il diradamento dei boschi porta ad un'unica conseguenza.
Il  rischio che quando pioverà sul serio, verrà giù tutto come in Lunigiana e nelle Cinque Terre.

Giuliano Serioli
Rete Ambiente Parma

20 luglio 2012

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