sabato 28 luglio 2012

L'Ilva e noi


Il Gip di Taranto Patrizia Todisco ha messo sotto sequestro lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto con l’imputazione di “disastro ambientale”.
Nelle analisi ambientali i medici hanno evidenziato 650 ricoveri ogni 12 mesi per patologie cardio-respiratorie.
Ma il dato più disarmante e che “nei bambini e negli adolescenti fino a 14 anni è stato riscontrato un effetto statisticamente significativo per i ricoveri ospedalieri per cause respiratorie e un’elevata presenza di tumori in età pediatrica”.



Per arrivare alla verità un lungo lavoro ostacolato anche da tangenti.
Nelle motivazioni che accompagnano il provvedimento di sequestro, si parla di un episodio del 2010 quando un dirigente di Ilva ha passato buste sospette ad un professore universitario al tempo incaricato proprio dai Pm di una consulenza.
Il passaggio più significativo di questa squallida pagina del nostro Paese si legge nel decreto con cui il giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro senza facoltà d’uso dell’area a caldo: “Non può più essere consentita una politica imprenditoriale che punta alla massimizzazione del risparmio sulle spese per le performances ambientali del siderurgico, i cui esiti per la comunità tarantina ed i lavoratori del siderurgico, in termini di disastro penalmente rilevante sono davvero sotto gli occhi di tutti, soprattutto dopo i vari, qualificati e solidissimi contributi tecnico-scientifici ed investigativi agli atti del procedimento”.
E’ questo il problema.

In Italia, nel 2012, nell’era dell’economia sostenibile e della green economy, parliamo di industria,  produzione, progresso, riferendoci ad una azienda che non fa nessun investimento sugli impianti obsoleti e causa di morte, tutto questo sulla pelle della gente, approfittandosene della scarsità di lavoro nelle aree del nostro Sud.
Quello che manca al nostro Paese è una visione politica, una visione di futuro e di progresso reale.
Che visione politica ha avuto chi ha governato Parma dal 2006 in poi, condannando la città a una  industria insalubre di 1° categoria?
Un inceneritore, l’ennesimo costosissimo impianto della nostra regione.
Un’industria di cosa? Una industria di niente,  perché non genera ricchezza e non genera posti di lavoro.
I protagonisti di questa scena pubblica sono ancora al loro posto, a difendere l'operato.
Sei anni avremmo dovuto collaborare con l’Università e le aziende del territorio, per portare la ricerca verso materiali che possano essere facilmente riutilizzati o riciclati.
Avremmo fatto scuola e creato importanti occasioni di lavoro ai nostri studenti e fatto una grande pubblicità alle aziende locali.
Se avessimo investito in impianti di riciclo alternativi di nuova generazione, quanti posti di lavoro in più avremmo generato?
Ci ritroviamo ad aver speso una follia per bruciare materia che invece potrebbe essere recuparata.
Ci ritroviamo ad appesantire in modo grave la qualità della nostra aria, già oggi fra le 5 peggiori del pianeta
Ci ritroviamo ad avere l’intimazione di pagamento di 28 milioni di euro da parte di Iren, solo perché è stata fatta un'indagine per avere chiarezza almeno su un piccolo lato oscuro di questa poco limpida faccenda.
Non è più tempo di delegare ad un grigia e noiosa politica.
E' ora di interessarsi ed approfondire direttamente, per riprenderci la nostra economia e la nostra salute.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 28 luglio 2012

Sono passati
789 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma
Sono passati
83 giorni dal previsto avvio dell'inceneritore: avrebbe dovuto accendersi il 6 maggio 2012
Sono passati
68 giorni dal referendum sull'inceneritore: i cittadini hanno detto no al forno
Dal 1° maggio 2012 piatti e bicchieri di plastica potranno essere conferiti nella raccolta differenziata della plastica (bidone giallo) grazie a nuovi accordi ANCI-CONAI

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