venerdì 20 agosto 2010

Inceneritori, se li studi, li eviti

“Nessuna evidenza che gli inceneritori facciano male”, “contributo inquinante uguale a zero”, “i vecchi impianti facevano male ma i nuovi...”, i fautori dell'incenerimento hanno piena la bocca di queste amenità e le urlano a gran voce a chi è scettico e impaurito, di fronte all'ipotesi di costruire un nuovo impianto di incenerimento sul proprio territorio.
Magari sorretti da qualche titolo accademico, fino a quando (sempre) non si scopre chi finanzia il loro studi, che guarda caso sono sempre dei costruttori o dei gestori di inceneritori.
Ci siamo presi la briga di evidenziare gli studi che invece analizzano i dati epidemiologici, e cifre alla mano, manifestano l'allarme che il problema comporta.
Sbarchiamo nell'isola britannica per andare a vedere cosa succede a Kirklees, dove un inceneritore è operativo nello Yorkshire. La tabella allegata è frutto di uno studio sul tasso di mortalità dei bambini che risiedono sottovento o sopravento all'impianto sotto accusa. Anche gli amici inglesi hanno qualche grattacapo a fidarsi troppo dell'industria dei rifiuti, che hanno trasformato in business
un problema complesso e delicato come la gestione dei materiali post consumo.
Nella tabella si evince che chi abita sottovento porta con sé un rischio di mortalità dieci volte superiore ai residenti nelle aree sopravento.
Se il caso di Kirklees è abbastanza conosciuto forse non è stato reso noto un altro approfondimento sui dati sanitari riferiti a Coventry, cittadina inglese delle West Midlands nota soprattutto per un terribile bombardamento subito dall'aviazione inglese nel 1940, uno degli eventi più tragici della seconda guerra mondiale.
Anche in questo caso i colori della mappa allegata aiutano a mettere in evidenza una mortalità del 8,7 per mille con l'evidenza di 50 decessi, contro zero decessi dell'area verde.
In Italia piuttosto noto lo studio nella regione Veneto condotto da ricercatori come Paola Zambon, Paolo Ricci, Emanuela Bovo, Alessandro Casula, Massimo Gattolin, Anna Rita Fiore, Francesco Chiosi e Stefano Guzzinati.
La ricerca ha mostrato un significativo aumento dei rischio di contrarre sarcomi con una esposizione prolungata nel tempo alla diossina o diossino simili.
La popolazione presa in esame era residente per il 40% entro 2 chilometri e per il 60% entro 5 chilometri da un inceneritore.
Il dato maggiormente preoccupante è che il tempo di latenza per l'insorgenza di queste tipologie è di 15 anni, con buona pace per chi sostiene che i nuovi impianto non facciano male. Per forza, hanno appena iniziato il loro lavoro di morte!
Tornando all'estero a Becançon, Francia, uno studio del 2000 ha evidenziato la correlazione tra residenza nei pressi di un inceneritore e il maggior rischio di contrarre linfomi non Hodgin, tumori delle ghiandole linfatiche.
Recentissimo il caso di Montale, Pistoia, dove le analisi condotte in modo indipendente su un campione di latte materno hanno evidenziato un tasso fuori norma di concentrazione di diossine. Le mamme sono ovviamente residenti nei pressi dell'inceneritore, già al centro di casi recenti di diossina nei polli. E l'inceneritore è l'unico impianto industriale presente nella zona.
Il caso storico italiano è però quello di Brescia, dove un inceneritore gigantesco, 800 mila tonnellate di rifiuti incenerite all'anno, sta causando non pochi problemi. In uno studio commissionato dalla stessa azienda che lo gestisce, la A2A, ma poi tenuto gelosamente nei cassetti, l'Istituto Mario Negri di Milano ha certificato livelli di diossine e metalli pesanti presenti nell'area limitrofa all'impianto sono il doppio di quanto rilevato in città, mentre il dato per gli idrocarburi è superiore al valore medio di ben dieci volte.
L'8 luglio scorso l'inceneritore targato Veolia di Pietrasanta, Lucca, che si trova a 2 km dalla spiaggia di Marina di Pietrasanta è stato posto sotto sequestro dalla magistratura per inquinamento dei due torrenti che passano a fianco dell'impianto: diossine e metalli pesanti sversati nei canali senza nessun trattamento ne depurazione, da oltr eun anno. Un impianto che era stato appena rinnovato, con le migliori tecnologie, nel 2008, un impianto certificato Iso 14001 dal Loyd's
Register Quality Assurance sulla gestione ambientale. Un bijoux.
Questi sono ovviamente solo alcuni dei tanti studi che in questi anni hanno evidenziato l'importanza di questi impianti nella produzione di inquinanti ambientali. Non sono certo le grigliate a cui faceva riferimento in un infelice paragone l'assessore all'ambiente (sic!) del comune di Parma, che forse
non aveva presente ancora bene nei particolari di che cosa stiamo parlando.
Macchine enormi e di difficilissima gestione, costosi monumenti alla distruzione finta, perché in natura nulla si fa sparire, tutto si trasforma, spesso in peggio.
L'infinitamente piccolo prodotto dagli inceneritori è un infinitamente grande in termini di pericolosità.
Se li conosci, li eviti.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 17 agosto 2010
-628 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, NOI lo possiamo fermare!
+78 giorni dalla richiesta a Enia del Piano Economico Finanziario del Pai
GCR

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