giovedì 18 novembre 2010

La forestale chiude la Riso Scotti Energia

Il presidente del consiglio di amministrazione della Riso Scotti Energia, Giorgio Radice, è agli arresti domiciliari per traffico illecito di rifiuti e produzione illegale di energia da rifiuti dopo che il Corpo forestale dello Stato su mandato della Procura di Pavia ha chiuso l'operazione "Dirty Energy" dopo indagini durate un anno e mezzo.
In tutto gli indagati sono 12. Le indagini hanno preso spunto da una iniziale notizia di reato trasmessa per competenza dalla Procura della Repubblica di Grosseto e sono state sviluppate dal Nucleo investigativo provinciale di Polizia ambientale e forestale Cfs di Pavia, in collaborazione con la Polizia di Stato.



Secondo il Cfs “L'ingresso delle circa 40.000 tonnellate di rifiuti gestiti illecitamente dalla Riso Scotti Energia spa veniva reso possibile ed apparentemente regolare attraverso la falsificazione dei certificati d'analisi, con l'intervento di laboratori compiacenti e con la miscelazione con rifiuti prodotti nell'impianto, così da celare e alterare le reali caratteristiche dei combustibili destinati ad alimentare la centrale. Oltre al traffico illecito di rifiuti e alla redazione di certificati di analisi falsi si ipotizza una frode in pubbliche forniture e una truffa ai danni dello Stato, visto che tali rifiuti non potevano essere utilizzati in un impianto destinato alla produzione di energia da fonti rinnovabili che ha goduto di pubbliche sovvenzioni”.
Il Cfs ha effettuato 60 perquisizioni e sequestrato un impianto di coincenerimento della Scotti Energia a Pavia e 46 automezzi.
Il giro di affari dell'intera vicenda tra il 2007 e il 2009 sarebbe stato di circa 30 milioni di euro. Nella vicenda è coinvolto anche l'amministratore unico della Mancini Vasco Ecology di Montopoli in Valdarno.
Secondo il Cfs e la Procura di Pavia l'impianto di coincenerimento per produrre energia elettrica e termica utilizzava biomasse vegetali ma anche rifiuti di varia natura, compresi plastiche, imballaggi, fanghi di depurazione di acque reflue urbane ed industriali e altri materiali che avrebbero superato i limiti massimi di concentrazione dei metalli pesanti.
Dalle indagini risulterebbe il coinvolgimento anche di altri impianti di Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana e Puglia.
Ecco che un altro episodio criminale svela i traffici illeciti che spesso si aggirano attorno al mondo dei rifiuti.
Quando girano soldi, e con gli incentivi ne girano quantità industriali, i delinquenti sentono profumo irresistibile di guadagni a molti zero e le norme che dovrebbero garantire sicurezza e salute per i cittadini vengono regolarmente superate da giochi contabili e firme contraffatte.
Le soluzioni alternative all'incenerimento invece mantengono i soldi nelle tasche dei cittadini e non c'è trippa per nessuno.
Un altro interessante stimolo per considerare seriamente una alternativa all'inceneritore.
Anche a quello di Parma

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 18 novembre 2010
-535 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+171 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?

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