Gli inceneritori di rifiuti emettono diossina. E' un fatto abbastanza noto, salvo che per il nostro assessore all'ambiente Castellani, per lui, nel suo mondo di favola, la combustione non produce diossina.
Meno noto è che i livelli di diossina sono molto superiori a quelli di rischio sanitario, anche quando sono inferiori ai limiti di legge, numeri, sembra, messi lì più o meno a caso, che variano da Paese a Paese, inspiegabilmente.
Prendiamo il caso degli inceneritori dell'Emilia Romagna.
La diossina non è tra le variabili monitorate in continuo, chissà perché, visto che è uno dei veleni peggiori. Viene rilevata di tanto in tanto, 8 ore all'anno, due volte, a cura del gestore degli impianti. Che certezza di serietà!
La concentrazione di diossina del modernissimo impianto di Granarolo, Bologna, il fiore all'occhiello della famiglia, è pari a 0,3 ± 0,03 pg I-TEQ/m³ (picogrammi di tossicità equivalente internazionale).
Serve poco far festa, sostenendo che questo valore è più basso del limite di legge di 100 pg I-TEQ/m³.
Il confronto infatti va fatto con i livelli di rischio per la salute.
Un recente studio francese ha determinato significativi livelli di rischio per malformazioni prenatali per concentrazioni di diossina pari a 0,0015 pg I-TEQ/m³, ovvero un valore 200 volte più basso.
I ricercatori hanno trovato un'associazione tra difetti alla nascita del tratto urinario e prossimità con gli inceneritori in Francia. Le madri esposte alla diossina hanno un rischio triplo di partorire neonati con le malformazioni.
Un rischio simile è inaccettabile se è evitabile, come giustamente dice Paul Connett, il chimico inglese candidato al Nobel che si è fatto paladino della lotta agli inceneritori nel mondo, che ha ammonito i nostri amministratori: “Parma è l'ultimo posto al mondo dove costruire un inceneritore”.
La diossina si deposita sui campi circostanti gli impianti, inquinando i prodotti agricoli.
In questo caso, la filiera corta, ahimè, non ha più ragione di esistere.
Inutile sbandierare la parola “qualità” se siamo in presenza di uno di questi impianti.
La diossina non svanisce nel nulla ed anzi si bio accumula: significa che attraverso la catena alimentare arriva all'uomo, che se ne libera (la donna) solo con la maternità, girando al feto questo ben di Dio.
Così è successo a Montale, dove alcune mamme hanno trovato nel loro latte un tasso di diossina superiore al limite di legge.
La traccia che lascia un inceneritore sul territorio è eterna.
Siamo così pazzi da volere adottare questo impianto nella nostra food valley?
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 27 novembre 2010
-526 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+180 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
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