domenica 30 ottobre 2011

Inceneritori a impatto zero? Bugie

intervista tratta da www.saluteverona.it
di Daniele Nottegar, Giancarla Turrina, Rosanna Pressi

A seguito di una intervista al dottor Giovanni Marsili dell’istituto superiore di sanità, pubblicata su alcuni organi di informazione, e riguardante un rassicurante “piano di controllo e monitoraggio” dell’inceneritore di Ca’ del Bue (Verona) è stata sentita l’opinione del dottor Paolo Ricci, responsabile dell’Osservatorio Epidemiologico della Asl provincia di Mantova, professore a contratto in sanità pubblica alla Ca’ Foscari di Venezia, autore dello studio veneziano sui sarcomi insieme con Paola Zambon del Registro Tumori del Veneto, autore insieme con ricercatori dello ISS dello studio sui sarcomi condotto sui residenti intorno al petrolchimico di Mantova, collaboratore con lo ISS sull’incidenza dei tumori nei 44 Siti Inquinati di Interesse Nazionale.



Ecco le sue parole.
“Conosco molti ricercatori dello ISS impegnati a Verona, compreso Marsili con cui ho lavorato a Mantova. Quindi credo proprio che utilizziamo un linguaggio comune e facciamo riferimento alla stessa letteratura scientifica. Chiariamo un punto: E’ un’acquisizione pacifica che gli inceneritori emettono sempre anche un cospicuo numero di sostanze tossiche e cancerogene in atmosfera. Potrei citare pubblicazioni dello stesso Istituto Superiore di Sanità.
La quantità totale di inquinanti emessa dipende dalla loro concentrazione misurata a camino, ma anche dal numero di metri cubi di aria che escono dal camino. Quindi, anche a basse concentrazioni la quantità totale di inquinanti emessi in atmosfera può essere rilevante, se i metri cubi di aria emessa sono molti, cioè se l’inceneritore è di grosse dimensioni, come nel caso di Ca’ del Bue. Ne consegue che questo inceneritore non può avere un impatto sulla salute pari o prossimo allo zero. Sfido chiunque ad affermare apertamente il contrario. Il punto è quindi quello di stabilire l’entità del danno alla salute che si ritiene accettabile. Gli amministratori di una comunità possono decidere di accettare un certo danno alla salute sulla base di altri vantaggi che si ritengono prevalenti, cioè che fanno pendere la bilancia costi-benefici dalla parte dei benefici. Ciò che non si può affermare e che ci siano benefici senza costi. Questa è una questione di trasparenza e di correttezza di informazione alla popolazione. Il resto viene dopo.
Inoltre tutti i controlli in termini di monitoraggio ambientale, biologico e sanitario che si possono effettuare ad opera compiuta non riducono gli effetti, ma semplicemente li registrano e con un certo grado di approssimazione se i fattori di confondimento o di protezione “imbrogliano le carte” e se, per quanto riguarda gli indicatori di salute, non si tiene in adeguato conto del diverso periodo di latenza, cioè il tempo che intercorre tra inizio dell’esposizione e comparsa del danno che si è inteso rilevare. Il principio di precauzione, cioè assumere come vera l’ipotesi peggiore, non si applica in fase “post-operam” per monitorare l’inquinamento e gli effetti sulla salute, ma in fase “ante-operam”, escludendo quindi, perché non praticabili o perché non vantaggiose, soluzioni alternative all’incenerimento. Ad esempio il danno alla salute da “fumo passivo” si è deciso di rifiutarlo in toto estendendo opportunamente il divieto di fumo in tutti i luoghi pubblici, a fronte di benefici di altra natura non in grado di equiparare i piatti della bilancia costi-benefici. Questo è il percorso “neutrale”, indipendentemente dalla soluzione che alla fine si sceglierà di adottare”.
La verità avanza inesorabile. Anche nella comunità scientifica si fa sempre più fatica a fingere di essere rassicurati dalle nuove tecnologie, che nulla possono contro questi forti emettitori di inquinamento ambientale.
Gli inceneritori di nuova generazione, con le loro alte temperature di esercizio, i loro enormi volumi di rifiuto bruciato, le loro centinaia di migliaia di metri cubi di fumi emessi, costituiscono punti di emissione importanti di sostanze tossiche a cancerogene in ambiente.
Dati di fatto che dovrebbero suscitare un moto di ribellione nei decisori politici locali, che di fronte a queste constatazioni dovrebbero finalmente scegliere il principio di precauzione, mettendo la parola fine a questi progetti.
Anche a Parma.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 30 ottobre 2011

-38 giorni alla sentenza nel merito del Tar di Parma sul cantiere dell'inceneritore
+517 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?

Mancherebbero 189 giorni all'accensione del forno. Se ancora lo si farà.

Da giugno 2011 anche a Parma il tetrapak (cartoni del latte, dei succhi di frutta...) può essere riciclato, mettendolo nel bidone giallo per la raccolta di vetro, plastica e barattolame.

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