Si è concluso a Parma da qualche giorno il convegno mondiale del latte Summilk, centrato sulla sicurezza alimentare sostenibile.
Innumerevoli incontri per focalizzare l'attenzione sulla produzione lattiero casearie, per farla diventare ambientalmente sostenibile e socialmente responsabile.
Giocoforza che l'attenzione si sia concentrata in particolare sulla qualità del latte in sé, qualità dalla quale deriva a cascata tutto il resto.
Qualità che significa produrre un latte sano, buono, che faccia bene alla salute.
Una qualità quindi da controllare ma anche da difendere a tutti i costi, da ogni rischio, di qualunque genere sia e da ovunque arrivi.
Così l'industria casearia ha espresso a Parma tutte le esperienza all'avanguardia su questi temi.
Non poteva che essere Granarolo, emblema del made in Italy, a esporre due importanti progetti che vanno in questa direzione.
Il primo prende in considerazione il ciclo di vita di 7 prodotti, mettendo a punto il loro Lca, cioè l'impatto che questi prodotti hanno sull'ambiente dalla loro produzione al loro consumo ed infine ai prodotti eventuali di rifiuto e il loro trattamento per gestire il packaging relativo.
Una valutazione complessiva che tocca i trasporti, i consumi energetici, l'utilizzo di materie prime, le fasi della distribuzione.
Il secondo progetto, che ci ha molto colpito, è stato realizzato con la collaborazione dell'Università di Bologna con lo scopo di porre sotto la lente di ingrandimento la qualità del latte nella sua fase produttiva.
Sono state mappate tutte le stalle che conferiscono il latte alla Granarolo, con un sistema di georeferenziazione, in modo da rendere facile identificare le ipotetiche fonti di inquinamento che possono mettere a rischio la qualità del latte.
Quali sono le fonti inquinanti?
Inceneritori, centrali termoelettriche, autostrade, impianti industriali.
Insomma il clou delle attività che hanno nella combustione di “qualcosa” il fulcro della loro attività.
Queste fonti, secondo Granarolo, “possono influire in modo determinante sulla qualità del latte”.
Con tanti saluti alle ricorrenti rassicurazioni sull'impatto zero degli inceneritori nel comparto agricolo.
Gli inceneritori, industrie insalubri di classe prima, sono considerati da Granarolo un rischio da tenere sotto osservazione, da tenere a debita distanza delle stalle di produzione del latte, perchè potrebbe incidere in modo determinante sulla qualità dello stesso.
Il territorio di Parma è legato a doppio filo con le produzioni lattiero casearie.
Basti pensare che in Provincia abbiamo 163 caseifici che producono Parmigiano-Reggiano, di cui ben 21 nel comune di Parma, un comparto fondamentale per la nostra economia.
Il mondo sta andando insomma in una certa direzione e sta cominciando a fare chiarezza tra che cosa faccia bene e che cosa faccia male.
Gli inceneritori, come quello in costruzione a Parma, appartiene alla seconda categoria.
Un messaggio messo in evidenza anche dal Corriere della Sera.
http://www.corriere.it/ambiente/11_ottobre_28/latte-ambiente-campanelli_189f11d4-0142-11e1-994a-3eab7f8785af.shtml
L'articolo di Manuela Campanelli titola “Anche il latte deve divenire sostenibile”.
Cosa c'entri in tutto questo un inceneritore di rifiuti a poche centinaia di metri da complessi industriali di prima grandezza, da centri commerciali dove passano ogni anno quasi due milioni di persone, da centri di ricerca di valore mondiale sulle malattie respiratorie, proprio non riusciamo a spiegarcelo.
Qualcuno lo sa?
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 2 novembre 2011
-45 giorni alla sentenza nel merito del Tar di Parma sul cantiere dell'inceneritore
+520 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?
Mancherebbero 186 giorni all'accensione del forno. Se ancora lo si farà.
Da giugno 2011 anche a Parma il tetrapak (cartoni del latte, dei succhi di frutta...) può essere riciclato, mettendolo nel bidone giallo per la raccolta di vetro, plastica e barattolame.
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