Legge
Rifiuti Zero, la via maestra
Un'analisi
puntuale, anche delle critiche ingiuste
di Massimo Piras
La proposta di Legge Rifiuti
Zero è dal 27 marzo 2013 una realtà concreta ed uno strumento
decisivo per costruire una fase di lotta anche in Parlamento e
soprattutto nei territori dopo un iter che è partito a giugno del
2012 da una proposta pubblica all'assemblea alla Sapienza a Roma che
è stata poi pienamente accolta dall’intera Rete nazionale rifiuti
zero e dagli alleati movimenti per i Beni Comuni che hanno dato il
loro sostegno, come il Forum Italiano Acqua Pubblica ed i
Coordinamenti sull’Energia Sostenibile e sulla Mobilità
Sostenibile.
Dopo decenni di vertenze
locali contro discariche ed inceneritori, vertenze in cui i comitati
e le associazioni si sono dovuti spesso appellare a ricorsi al TAR
contro l’applicazione di leggi che consentono tuttora di continuare
a distruggere ambiente e salute con questi impianti tossici, questo
passaggio avviene a seguito del nuovo atteggiamento del Parlamento
Europeo del 2012 con la risoluzione “per una Europa efficiente
verso il recupero di materia”.
A fronte di un lavoro di ben
otto mesi di elaborazione, con due assemblee nazionali a Roma, e con
la partecipazione iniziale di ben 150 Comitati ed associazioni
specifiche sia locali che nazionali abbiamo visto crescere
costantemente la partecipazione e le proposte di integrazione e
modifica ad una bozza che ha visto almeno una decina di versioni via
via aggiornate con un confronto avvenuto sia su piattaforma condivisa
googlegroups che con le due assemblee partecipate.
A questo confronto sin
dall’inizio si sono sottratti una decina tra comitati laziali e
campani che avevano tentato, con l’assemblea alla Sapienza di
giugno a Roma, di lanciare un “movimento nazionale” che ben
presto è naufragato per mancanza di partecipazione ulteriore ed ha
tentato una ulteriore acrobazia nel lanciare un “Coordinamento
nazionale rifiuti ed energia” avendo già compreso che la battaglia
già avviata contro le Centrali a biomassa “agricole” prometteva
meglio di quella sui rifiuti. Tra questi spiccava sin dall’inizio
quello NoInc di Albano, da sempre contrario a qualsiasi “proposta
di legge o referendum”, e che quindi non si vede per quale motivo
oggi invece si dovrebbe preoccupare di avversare una proposta di
legge veramente popolare, ma che forse gli ha sottratto la visibilità
e soprattutto la credibilità dovuta al fatto che le barricate non
bastano da sole a contrastare la lobby inceneritorista ma occorre
anche una concreta “proposta alternativa”.
Ovviamente del tutto
legittimamente ma anche astutamente hanno ritenuto di fare una vera e
propria operazione di “sommatoria” tra la vertenza preesistente
già da tempo nel Centro e Nord Italia contro le Centrali a biomassa
“agricole”, battaglia che ha una sua piena e concreta validità
per contrastare l’abbandono dell’agricoltura tradizionale per
coltivare mais per fare biogas, con vertenze locali contro impianti
di digestione anaerobica per rifiuti partendo dalla base che il
processo tecnico di base è lo stesso sebbene sia evidente a chiunque
conosca il problema che hanno norme di legge, procedure tecniche e
problemi del tutto diversi.
Ma tant’è ecco il “No
Biogas”, slogan facile facile che non necessita di spremersi troppo
le meningi sul fatto che se da una parte difendiamo il territorio
agricolo dall’altra continueremmo a mandare il rifiuto organico che
non riusciamo a “compostare” in discarica per l’80% dei casi,
producendo lo stesso biogas ma libero in atmosfera ed il percolato
nelle falde idriche.
Un dettaglio per loro di
poco conto, evidentemente, se non ci si pone neppure il problema di
provare a capire che la digestione anaerobica esiste in Italia da
decenni e non è neppure lontanamente assimilabile all’incenerimento,
come pure hanno provato a sostenere questi “professionisti della
barricata”.
Ovviamente nella stesura
della Legge Rifiuti Zero non potevamo certo ignorare i dei sistemi di
trattamento “naturali” della frazione organica, in quanto
entrambe sono reazioni prodotte da batteri che esistono da prima
della razza umana, sia quella Aerobica già noto nel Lazio che quella
Anaerobica già nota nel Nord ma di recente avvio anche nel Lazio.
Sul primo sappiamo molto
bene che ha dei grossi limiti di applicazione, infatti oggi si tratta
appena il 20% della frazione organica, in quanto richiede di
miscelare all’organico sino al 40% di frazione “verde o
strutturante”(potature, cippato ligneo) che nelle grandi città non
è disponibile ed in quanto questi impianti hanno in genere grossi
problemi di cattivi odori dati dallo sviluppo di gas nella
fermentazione che anche i biofiltri spesso non riescono a trattenere
con il risultato che molti residenti ne chiedono poi la chiusura
anche se sono posti in aree agricole. Hanno infatti necessità di
grandi aree di trattamento, circa due metri quadrati a tonnellata
trattata cioè 6 ettari per 30mila tonnellate, e consumano una
quantità enorme di energia, circa 70 Kwh per tonnellata trattata
quindi circa 2 MegaWh per 30mila tonnellate, che da qualche parte
dovrà essere prodotta bruciando magari altro carbone.
Sul secondo sappiamo
altrettanto bene che oggi operano con modalità inaccettabili, in
quanto il biogas prodotto (metano al 60% ed anidride carbonica al 39%
e poco altro) viene bruciato in loco con emissioni in atmosfera per
produrre energia elettrica che viene pagata tre volte dal GSE come
fosse da fotovoltaico e che il restante residuo “digestato” non
ha ancora un obbligo di essere trattato successivamente in aerobiosi
per il suo recupero come compost in agricoltura.
Quindi avendo ben chiaro che
le Centrali a Biomassa “agricole” sono autorizzate con il D. Lgs.
28/2011 sulla produzione di Energia da fonti rinnovabili ma non
attengono alla normativa sui rifiuti, al fine di evitare di mandare
in discarica i rifiuti organici ”differenziati” laddove fosse
impossibile il compostaggio aerobico, abbiamo inteso affrontare la
modifica radicale del processo di digestione anaerobica per renderlo
compatibile con il principio del Recupero totale di Materia e
proponendolo:
1) Azzerando totalmente la
combustione e le incentivazioni oggi già previste e normate con
Decreto per la produzione di elettricità, che oltretutto recupera
solo un terzo del contenuto energetico del biogas e spreca gran parte
del calore prodotto non essendoci una utilizzazione concreta
nell’impianto se non per una parte minoritaria, mantenendo solo una
teorica e già prevista incentivazione alla pura “produzione” di
biometano da rifiuti organici differenziati come materia ma che oggi
non ha ancora il necessario Decreto ministeriale attuativo,
2) Prevedendo la totale
purificazione del biogas a biometano, con processi che consentono di
arrivare sino al 97% di metano puro, con vari sistemi ad esempio con
il lavaggio ad acqua che è un processo semplice e non inquinante, da
immettere nella Rete pubblica del gas naturale o per venderlo in
distributori per uso autotrazione come già avviene in almeno cinque
nazioni europee da dieci anni. Si prevede solo che una quota di
biometano possa essere utilizzata in combustione per produrre il
calore e l’elettricità per l’impianto stesso.
3) Prevedendo piccoli
impianti per bacini di 150-200mila abitanti, evitando i grandi
complessi industriali, al fine di favorire la “filiera corta di
gestione” di rifiuti provenienti dalla Raccolta porta a porta, che
possano trattare solo la forsu – Frazione Organica Rifiuti Solidi
Urbani differenziata , che è quella che con l’avvio “per legge”
o nei fatti della Raccolta porta a porta dovremo comunque trattare,
4) Con modalità
“accelerata” che preveda il rilascio della autorizzazione entro e
non oltre un anno compresa la V.I.A., dal momento che questi impianti
sia Aerobici che Anaerobici se operano entro le 36mila
tonnellate/anno oggi sono già autorizzati con la procedura
“semplificata”dalla attuale Legge 152/2006.
Ora a fronte di questa serie
di ragionamenti ci si aspetta anche una eventuale critica ma con le
dovute argomentazioni a supporto, non certamente una serie di
dichiarazioni false, infondate e che mescolano insieme alle
problematiche oggi già esistenti le stesse proposte alternative
contenute nella Legge Rifiuti Zero, di cui spesso i suoi detrattori
confessano candidamente di non aver neppure letto il testo ma magari
solo il “famoso articolo 14”, lettura che se scollegata dalla
conoscenza degli articoli 4, 5, 10, 11, 17, 18 non solo non si
inquadra ma si dicono solenni falsità.
Rigettiamo al mittente
quindi qualsiasi accusa di gestione non trasparente della proposta di
legge, qualsiasi tentativo di delegittimare scelte tecnologiche che
non siano corredate dagli opportuni studi scientifici visto che
abbiamo illustrato e sono scaricabili dal sito le nostre
argomentazioni illustrate anche al Convegno nazionale a Roma sabato 1
giugno e qualsiasi provocazione fatta da sedicenti ecologisti ”da
tavolino” che sinora hanno prodotto l’ottimo risultato della
realtà attuale non avendo mai prodotto un modello concreto ed
attuabile di trasformazione civile ed industriale.
Comunichiamo che l’aver
raggiunto e superato l’obiettivo delle 50 mila firme richieste per
il deposito in soli due mesi, avendo altri tre mesi a disposizione
per triplicare il risultato, evidentemente ha spaventato chi pensava
che non si sarebbero mai raggiunte le firme necessarie per portare
anche in Parlamento una battaglia di civiltà che non accetta più né
posizioni dogmatiche né tantomeno posizioni lobbystiche di chi vuole
mantenere di fatto lo status quo.
Massimo Piras
Segreteria nazionale
operativa
www.leggerifiutizero.it
Associazione
Gestione
Corretta
Rifiuti
e
Risorse
di
Parma
-
GCR
Nessun commento:
Posta un commento