sabato 15 giugno 2013

Lesignano, un ennesimo rischio ambientale

Si vogliono bruciare migliaia di tonnellate di letame
E il marino?

L'impianto di cogenerazione da combustione di pollina da 150 Kwe, che si intende impiantare a S. Maria in Piano (Lesignano), prevede di bruciarne e gassificarne circa 400 kg/h, cioè 9,5 tonnellate al giorno, 3.000 tonnellate annue, per produrre 150 Kw/he.
Un rendimento bassissimo, circa del 13%.
E saranno circa 12 mln Nm3 annui i gas emessi, mentra la produzione si attesterà sui 1.200 Mwe, accedendo a circa 330.000 euro di incentivi pubblici.
Ma 10mila tacchini producono “solo” 400 tonnellate annue di pollina.
Da dove arriverà il resto?



La pollina è un ottimo concime naturale, ma uno degli effetti collaterali della pur sacrosanta "direttiva nitrati", cioè della necessità di dimuinire la quantità di azoto per ettaro, è che si sta
favorendo la sua termogassificazione per produrre energia elettrica, anche se con un rendimento ridicolo (13%) e con emissioni nocive per l'ambiente non indifferenti.
In gran parte, la concimazione dei terreni è ormai fatta con fertilizzanti chimici, sovraccarichi di azoto e privi di sostanza organica.
I fertilizzanti agricoli sono ormai un optional: vicino ad allevamenti industriali sono sparsi in eccesso, da altre parti in misura anche nulla.
Fare a meno o diminuire la concimazione chimica vuol dire mettere un freno alla lisciviazione dell'azoto di sintesi o minerale, il primo a finire nella falda acquifera, inquinandola, rispetto all'azoto organico.
Se si riduce ulteriormente la concimazione da reflui animali e l'azoto di origine organica i terreni diventano infertili, polverosi, perchè privi di struttura humica.
Il carico di azoto degli avicoli è inferiore a quello degli altri animali da allevamento.
Perchè, allora, bruciare pollina ed avere emissioni nocive e ceneri dell'ordine del 7% del combusto, come nell' impianto di cogenerazione da combustione di pollina da 150 Kwe, che vogliono impiantare a S. Maria in Piano?
Semplice.
Perchè è la soluzione più semplice, anche se la più impattante sull'ambiente, per accedere agli incentivi.
La digestione anaerobica della pollina è di particolare importanza dato l'elevato potenziale energetico della matrice.
Problematica, però, per la biodigestione è l'elevato contenuto di azoto minerale (acido urico) che in quelle proporzioni inibirebbe lo sviluppo batterico da cui prende avvio il processo.
Tale contenuto di azoto deve essere ridotto attraverso un pretrattamento volto alla formazione di un sale, il solfato d'ammonio, recuperabile come concime al posto di quelli sintetici, come si diceva
più sopra.
Il pretrattamento della pollina consiste nello strippaggio dell'ammoniaca con acido solforico e con recupero del solfato d'ammonio con uno scrubber.
In tal modo può essere digestata anche pollina fino al 100%.
Con gli insilati la resa di metano è di 100 m3/t, con le deiezioni animali è il doppio.
La tecnica dello strippaggio con aria a pressione prevede il passaggio dell’ammoniaca, presente nel liquame in soluzione acquosa, in forma gassosa nell'aria. Il flusso gassoso così prodotto viene intercettato da uno scrubber (torre di lavaggio) che cattura l’ammoniaca presente, per contatto con una soluzione acida, in modo da produrre un sale di ammonio stabile.
Si tratta di un processo che necessita di quantità notevoli di energia termica; la sua applicazione, quindi, non può fare a meno della disponibilità di una fonte energetica a basso costo, come quella
che potrebbe essere fornita da un impianto di digestione anaerobica, il cui biogas venga utilizzato per produrre anche energia termica necessaria allo strippaggio.
Dove finisce l'ammoniaca strippata?
Nella maggior parte dei casi l'ammoniaca che viene prodotta dall'impianto di strippaggio viene assorbita tramite un processo che utilizza come liquido di lavaggio una soluzione di acido solforico: per ogni kg di ammoniaca occorrono 3 kg di acido solforico.
In questo modo si ottiene un sale, il solfato d'ammonio, che può essere gestito come un inerte.
Il solfato di ammonio è un ottimo fertilizzante.

Giuliano Serioli

Rete Ambiente Parma
15 giugno 2013

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