venerdì 13 settembre 2013

C'era una volta la food valley

Oggi la fama ce la stiamo fumando a Ugozzolo
Coscia per coscia, punta per punta, fusillo per fusillo

Anno Domini 2013, pianura padana, tra le province di Piacenza e Reggio, al centro della terra del cibo.
Parma conosciuta per i suoi prodotti più che come città padana.
Parma come parmigiano reggiano.
Parma come prosciutto di parma.
Parma come parmalat.
Parma come barilla.


Loghi simbolo che rimandano ad uno degli ingredienti indispensabili al successo commerciale e identitario di un prodotto: la qualità intrinseca di ciò che viene proposto, commercializzato, sostenuto.
Una qualità vera, costruita di generazione in generazione da menti raffinate, schiene dritte e muscoli, aiutati da un microclima tutto particolare.
Le nebbie grasse della pianura, che nei rigidi inverni massaggiano i culatelli sulle rive del Po, in quel di Zibello.
Il vento fino che scende nelle valli di Langhirano dall'alto dell'Appennino, direttamente scambiato col clima del mar Ligure, che filtra nei prosciuttifici e raffina la loro maturazione.
Il fieno rigoglioso dei nostri campi di montagna che alimenta le mucche del parmigiano reggiano, che regala il formaggio migliore del mondo e insieme quello più sano e ancora prodotto con la sapienza di un tempo.
La sapienza dei nostri vecchi si è trasformata in quella filiera industriale di eccellenza che ha baciato la terra di Parma regalandole uno scrigno di prelibati prodotti unici al mondo.
Al punto da farla diventare la “food valley”, dove la gaiezza degli abitanti si sposa con la schiuma del lambrusco e gli aromi della malvasia, con quella fierezza e saper vivere che spesso ci ha portato sulle copertine patinate del mondo, un modo di vivere da imitare.

Poi si è fatto finta che il territorio non avesse un ruolo e che i prodotti, ormai sulla rampa di lancio, non avessero più bisogno di cura ed attenzioni, che il profitto a breve termine fosse più appetitoso della storia dietro e davanti a noi, quasi come se il film si potesse ripetere all'infinito, anche con deteriorate e piene di buchi.
Così l'industria del cibo ha preso il sopravvento.
Industria nel senso deteriore, dove la produzione è solo un tassello di un marchingegno fatto di marketing, apparenza, pubblicità.
Ma ovviamente non solo questo.
Il territorio non era più il “luogo eccellente”, culla preziosa da accarezzare, ma occasione di profitto, di sfruttamento, palestra di sperimentazione.
E' in questa ottica offuscata che è si voluto cambiare il volto della food valley.
Terra di grandi infrastrutture viarie e ferroviarie, di industrie “pesanti”, di impianti industriali inquinanti oltre misura, senza coscienza della necessaria fondamentale attenzione verso l'ambiente circostante.
Così sono nati i camini fumiganti.
Così sono sbocciate le centrali a biomassa, i biogas per il profitto di pochi e gli impatti per tutti, l'indifferenza delle autorità, delle amministrazioni locali, degli stessi consorzi di tutela, accecati dai bilanci più che rosei, quindi più intenti ai brindisi e poco attenti a cosa capitava intorno.
Così è nato il depredamento del territorio, il suo consumo forsennato e senza motivo se non il profitto, con ampliamenti assurdi come a Parma con lo Spip, capannoni inutili e urbanizzazioni nel deserto.
Siamo oggi una terra martoriata, al punto da non poterlo nemmeno dire, senza rischiare querele.
Una terra di inceneritori, di co-inceneritori, di enormi discariche, di centrali a biomassa che bruciano la nostra anima più preziosa, di cave ofiolitiche che avvelenano il respiro, di grandi frane frutto di abbandono e disboscamento selvaggio.
Una terra di autostrade, tangenziali, fondovalli, alte velocità, scarse lungimiranze.
Siamo marci al punto da sentirci obbligati a fingere ciò che più non siamo.
Incapaci di spalancare gli occhi sulla verità, terrorizzati dal dover cambiare, riparare, ricostruire, bonificare.
La sola speranza che ci rimane è quella di un risveglio delle coscienze, che ci permetta di spogliarci di maschere e costumi fuori tempo, e che nudi di fronte al reale ci sia concessa una seconda possibilità, per interrompere la corsa sul viale del tramonto.
La terra di Parma aspetta che l'uomo si ravveda.
E la sua pazienza è praticamente finita

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 13 settembre 2013

L'inceneritore di Parma è stato acceso
16

giorni fa

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