martedì 29 novembre 2011

I tanti piccoli inceneritori della nostra montagna

abbattere, abbattere, abbattere

Dalla stampa abbiamo appreso che la Regione ha stanziato 1.250.000 euro per cofinanziare l'installazione di altre centrali termiche a biomassa nella nostra provincia: a Berceto, Calestano, Neviano, Sala Baganza e alla Fattoria di Vigheffio.
Una centrale alimentata a cippato, che produce elettricità, è considerata un pessimo impianto, perché è inquinante, di basso rendimento (circa il 15-18%) e quindi antieconomica: per produrre la stessa elettricità il rapporto è di 5 a 1 in favore del metano.



Ma è inquinante anche una centrale termica. La combustione del legno, oltre ad emettere monossido di carbonio, ossidi di azoto e ossidi di metalli pesanti, con cellulosa e lignina con cloro volatile viene emessa anche diossina.
Tante centrali termiche sotto il megawatt, costruite per riscaldare fabbricati pubblici, stanno diventando tanti piccoli inceneritori sparsi nei nostri comuni montani.
Quelle finora esistenti nella nostra provincia sono 4: quella di Monchio da 928 Kw, quella dell'ospedale di Borgotaro da 700 Kw, quella della fattoria sperimentale Stuard da 100 Kw e le due centrali di Palanzano da 350 Kw che hanno smesso di bruciare cippato per la cattiva combustione e il problema delle ceneri e sono ora alimentate a pellet
Il legno contiene acqua. Quest'acqua deve essere fatta evaporare, sennò il legno non brucia.
Questo processo di essiccazione richiede energia termica. Maggiore è il contenuto idrico del legno, maggiore l'umidità della massa di cippato, maggiore l'energia assorbita per essiccarlo e meno energia alla fine si produce.

Bruciando cippato umido, la temperatura di combustione e l'efficienza si abbassano e la combustione è incompleta, facendo crescere le emissioni nocive.
Il contenuto di umidità di un combustibile ha un considerevole effetto sul suo potere calorifico: quanto più è alto il contenuto idrico, tanta più energia viene consumata per far evaporare l’acqua durante la combustione.
Questo fatto influenza anche la capacità della caldaia di raggiungere il pieno carico, toccando sia l’efficienza della combustione che le emissioni gassose. Ogni contratto di fornitura del combustibile dovrebbe specificare il contenuto di umidità del materiale consegnato. Diverse caldaie hanno limiti diversi nell’umidità massima tollerabile nel combustibile, che dipende principalmente dal tipo di griglia utilizzata. Le caldaie più grandi, con griglia mobile, possono accettare combustibile umido, spesso con un contenuto idrico fino al 60- 65%. All’opposto, le caldaie al di sotto dei 100 kW, dotate di griglia fissa, lavorano meglio con combustibile molto asciutto, con tenore idrico compreso tra il 20 e il 30%.
Il legname appena abbattuto ha un contenuto di umidità che varia tra il 40 e il 60%, e può essere bruciato soltanto con griglie mobili.
Da un grafico di uno studio della regione Piemonte si evince che bruciando cippato con contenuto idrico del 25% il suo potere calorifico è di 3000 Kcal/Kg, mentre bruciando cippato con umidità al 50% il suo contenuto in calore diminuisce a 2000 Kcal/Kg.
Quindi raddoppiando il tenore di umidità del cippato cresce del 50% il consumo dello stesso per produrre la stessa quantità di calore. Una caldaia da 500Kw di potenza, a griglia fissa, deve bruciare solo cippato con umidità sotto il 25% e consuma mediamente 3000 q. annui.
Una caldaia da 1 Mw a griglia mobile, come quella di Monchio, consuma 3000 q. lavorando al 30% della potenza, cioè consuma due volte tanto rispetto a quella da 500 Kw.
Dallo stesso studio si ricava che, posto 5 mg/m3 il valore di polveri emesse da una centrale a gpl, l'emissione di polveri di una centrale termica a cippato con umidità del 50% è di 60 mg/m3.
Ma la normativa italiana prevede un limite massimo di emissione di polveri di 30mg/m3!
Qui siamo addirittura al doppio. Il monossido da 50 mg/m3 di emissione col gpl sale a 500 mg/m3 per la centrale a cippato, ben dieci volte tanto.
Le centrale termica di Monchio ha 928 Kw di potenza, ma viene utilizzata al minimo, il 30%, perché deve scaldare poche utenze. E' una centrale a griglia mobile e può bruciare cippato fresco, fino al 60% di umidità da cippatura di rami, cimali e foglie, caratteristica del taglio meccanizzato a pianta intera.
In tal modo però il suo rendimento si abbassa ed occorre più materiale per produrre lo stesso calore. Inoltre, oltre ai sopraddetti elevati valori di emissioni nocive, la produzione di ceneri diventa molto alta: circa il 7/8%, con notevoli problemi di smaltimento. (il 7% di 3000 q. di cippato bruciato sono 200 q. di ceneri annue).
Il rendimento dichiarato è dell'85%, quello effettivo in tali condizioni è del 60%.
Facile anche che si producano scorie di fusione ed una elevata presenza di ceneri volatili.
I piccoli borghi di alta montagna sono semiabbandonati, soprattutto d'inverno. Non a caso si sta già progettando di creare delle Unioni di comuni per risparmiare unificando i servizi di amministrazione, di anagrafe, contabilità.
Perché allora spendere cifre dell'ordine del milione di euro per centrali e strutture di teleriscaldamento cui fatalmente si allacceranno in pochissimi, visto che la maggioranza delle case sono vuote per gran parte dell'anno?
Molto meglio che tutti i finanziamenti e gli incentivi derivabili dai parchi fotovoltaici ed altro siano spesi per la ristrutturazione dei paesi al fine del risparmio energetico e della ricezione agroturistica. In tal modo si può creare da subito lavoro nell'edilizia e in seguito nel turismo.
Ma c'è un però.
C'è un dubbio che viene alla mente quando si sente proporre da alcuni amministratori comunali di fare anche un po' di cogenerazione con la centrale. Poca roba, dicono, per non lasciarla inutilizzata. Che quello che era stato buttato fuori dalla porta a Palanzano e Corniglio dai movimenti di protesta della gente, produrre elettricità bruciando legna, ritorni dentro dalla finestra.
Che il progetto di Regione e Provincia sia quello di far passare centrali termiche per poi, a cose fatte, fare anche cogenerazione.
Produrre, cioè, energia elettrica e bruciare molta più legna, diradando boschi interi.
E' la stessa cosa che si era riproposta la Regione Piemonte con l'amministrazione Bresso nel 2008, che dichiarava di voler ricavare il 10% dell'elettricità necessaria dalle biomasse, diradando i boschi col taglio industriale.
Osteggiata a gran voce dal WWF, in Piemonte.
La nostra amministrazione provinciale la scorsa primavera aveva sfornato un documento in cui dichiarava che c'era legna a volontà e che si potevano impiantare decine di centrali termiche nei borghi montani.
Detto fatto. Prima la Regione ha finanziato il progetto di filiera 10 e di filiera 41 per dotare il territorio di strumenti per il taglio industriale dei boschi, ora cofinanzia nuove centrali termiche.
Tutto questo, si badi bene, in presenza di una speculazione sulla legna da ardere nel nostro Appennino che sta sforando ampiamente la sostenibilità e minacciando la rinnovabilità dei boschi.
Gli ettari richiesti al taglio nel 2009 erano stati 1930. Nel 2010 molti amministratori e sindaci parlano di un raddoppio delle richieste e dei tagli stessi, con grave sforamento della sostenibilità e danno per le strade.
Ma a distanza di un anno le amministrazioni non danno alcuna informazione sui dati.
Silenzio assoluto, alla faccia dell'informazione e della trasparenza.
“Ogni burocrazia si adopera per rafforzare la superiorità della sua posizione mantenendo segrete le sue informazioni e le sue intenzioni, cerca di sottrarsi alla visibilità del pubblico, perché questo è
il modo migliore per difendersi dallo scrutinio critico”. (Max Weber)
L'attualità di tale rilievo riferito ai nostri amministratori è palese.

Giuliano Serioli

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