mercoledì 19 gennaio 2011

Il territorio è tutto

Il territorio è un Tutto, plurale ma intero, come un’orchestra che ha il suo respiro e dipana le sue note nel tempo presente.
Il territorio contiene, nascoste, tutte le funzioni che lo rendono interconnesso, complesso, completo, e unico.
L'uomo, un giovane per la storia evolutiva del pianeta, non ha ancora realizzato l'importanza del territorio in cui abita, vive, lavora.
Soggetti come sempre al contingente, sempre in uno stato di emergenza, forse oggi potremmo tentare di fare qualche passo avanti nella consapevolezza.



Quali le priorità, con quali strumenti, ma soprattutto con quale “senso”, far tornare al centro la natura come essa è, intrinsecamente, per dare spazio al territorio con “sincerità”, visto che esso è matrice della vita e della storia.
E difficile pensare che in società complesse come le nostre, impegnate intensamente per affrancarsi dalle leggi di natura, si riesca a fare il percorso inverso per tornare a dire che il valore del territorio è centrale e viene prima ad esempio del prodotto, suo frutto e figlio, non più in alto, come ora, nella graduatoria dell'importanza.
Noi siamo nel territorio, abbiamo reciproche relazioni, ci ritroviamo spesso in icone come musica e cibo, identità riconosciute anche altrove, che codificano la nostra terra, rendendola unica e distinguibile.
Nel 1991 veniva presentata una proposta di sistema territoriale integrato denominato Dac (Denominazione Ambiente Controllato), che si sarebbe potuta applicare a tutti i sistemi e piani provinciali, a cominciare da quello dei rifiuti, per arrivare poi al coinvolgimento di tutte le categorie produttive ed istituzionali verso una unica certificazione territoriale provinciale, che fosse a garanzia di tutti i prodotti e i servizi, avente nel metodo partecipativo l'azionariato diffuso, sia nella multiservice, sia in una banca del territorio di credito cooperativo.
Era una proposta avanzata e anticipatoria che è stata ridotta alla Dop e Igp.
Si è preferito trasferire in Comunità Europea questi temi e dirottare la certificazione sui prodotti tipici, che altro non sono che che pura immagine.
Del territorio infatti rimane solo un atteggiamento difensivo per non lasciarsi sfuggire i vantaggi di essere riconosciuti diversi dagli altri. Ma poco efficace, visti i fatti avvenuti sulle frodi internazionali a causa delle limitazioni di prodotto, e aperto alle interpretazioni, che consentono ad esempio l'utilizzo di materie prime provenienti anche dall'estero.
Occorre riprendere le fila, focalizzarsi sugli interessi di una intera collettività e non solo di alcuni componenti.
Cos'è infatti oggi la scelta di un inceneritore, prossimale ad uno dei simboli storici di qualità industriale alimentare quale Barilla, se non la testimonianza di una sconfitta, di un divario tra prodotto e territorio, di una scelta di guadagno per pochi a discapito della maggioranza.
O l’immagine o la sostanza.
La storia dei rifiuti arriva da molto lontano. I primi comitati di opposizione sono della alla fine degli anni ’80, quando si prevedevano le discariche 2B (rifiuti Speciali & Tossici-Nocivi ex legge n°915) in pieno agroalimentare parmense, con la società di allora, la Nitir.
La proposta Dac fu la risposta, dopo la protesta.
Oggi si nega ancora l'evidente vantaggio collettivo delle raccolte differenziate spinte, riproponendo in mentite spoglie gli inceneritori, cambiando il nome in termovalorizzatori, ma rimanendo un tema vecchio, ormai fuori dal tempo.
E dalla storia.
Vedremo le conseguenze, ne raccoglieremo i frutti.
E il plurale non è un caso, questa dimensione ci tocca tutti, come la responsabilità di queste scelte.

Lino Barbieri

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 19 gennaio 2011
-473 giorni all'avvio dell'inceneritore di Parma, ORA lo possiamo fermare.
+233 giorni dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario del Pai, forse perché l'inceneritore costa 315 milioni di euro?

Nessun commento:

Posta un commento