Una sfida anche nostra.
L'appello giunge dalla verde Umbria, regione che nelle intenzioni degli amministratori locali dovrebbe trasformarsi in una grande e capiente fornace, dove bruciare rifiuti e sfornare euro.
Ma i comitati locali non ci stanno ed hanno cominciato l'ennesima battaglia dei cittadini, che per difendere il diritto alla salute, devono rimboccarsi le maniche e scendere in campo in prima persona.
Metterci la faccia per difendere quel lembo di terra che costituirà l'eredità lasciata a figli e nipoti, un luogo che sta sempre di più assomigliando ad una landa desolata e invivibile.
Così non sono serviti i referendum dello scorso anno, quando a giugno i cittadini espressero una chiara indicazione alle istituzioni, quella cioè di riprendere in mano la gestione dei settori che si legano al benessere e alla ricchezza dei territori, al tema dei diritti e dei doveri: riaffermare il valore universale e non monetizzabile di risorse come acqua, energia, gestione dei rifiuti.
Ma ancora sordo è il mondo politico alla forte richieste di rimettere in mano pubblica questi servizi basilari e direttamente connessi con il benessere delle popolazioni.
Così anche in Umbria, e in questo momento nella provincia di Terni, il cammino assomiglia a quello del gambero e si torna a parlare di incenerire e incrementare il volume delle discariche, invece che di applicare pedissequamente le direttive europee, che esplicitamente indicano la strada della riduzione, del recupero, del riciclo come uniche alternative al disastro ambientale.
Sembra incredibile che a pochi anni dallo scandalo dell'inceneritore di Terni si riparli di questo antiquato sistema con tanta noncuranza.
Nell'ipotesi forse di una generale amnesia.
Eppure eravamo proprio in gennaio, 4 anni fa, e la notizia fece il giro d'Italia. A Terni l'inceneritore dei veleni emetteva diossina e veleni killer, inquinando il fiume Nera, tanto da portare la procura al sequestro dell'impianto ed a mettere anche il sindaco sotto inchiesta. E a portare al rinvio a giudizio di 20 persone nel luglio 2011.
E 32 operai a visite di controllo per uno screening approfondito della loro salute, dovendo purtroppo registrare anche 2 morti tra di loro, Giorgio Moretti e Ivano Bordacchini.
Perché questo impianto, almeno dal 2003, e quindi per almeno 8 anni consecutivi, è andato avanti ad inquinare l'ambiente senza alcun freno. Mercurio, metalli pesanti come selenio, cadmio, nichel, piombo, manganese, una intera tavola periodica scaricata con i liquami nel torrente.
E in aria acido cloridrico e diossina.
E materiali sanitari risultati poi radioattivi
Una follia che oggi viene riproposta nel nuovo piano di gestione dell'Ati 4 di Terni.
Che oggi i cittadini accorti intendono contestare e far cambiare, anche mettendoci la firma.
La petizione tam tam è partita dall'Umbria ma intende contagiare tutto il Paese.
Il messaggio è per tutti i cittadini che non intendono bruciarsi il futuro, ed anche Parma è con Terni e l'Umbria, fianco a fianco in questa lotta estenuante ma fiera.
Una firma per il futuro di tutti, perché l'aria che respiriamo non ha barriere.
http://www.firmiamo.it/non-bruciateci-il-futuro--no-alll-inceneritore-a-terni
Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 11 gennaio 2012
Sono passati
590 giorni
dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma
Mancherebbero
116 giorni
all'accensione del forno, se ancora lo si farà
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