Un
rapporto choc pubblicato da Nature
Marco Di Gregorio
"Questa è una notizia
che non fa piacere scrivere e credo neanche leggere. Però è solo
facendo entrambe le cose e facendole fare a quelli che conosciamo che
abbiamo qualche speranza di attenuarne le conseguenze. Nature, la più
autorevole rivista scientifica al mondo, ospita l'intervento di un
gruppo di ricercatori delle università di Rotterdam e Cambridge,
coordinati dalla professoressa Gail Whiteman. Il rapporto prende in
considerazione lo scioglimento dei ghiacci nella Siberia artica
Orientale.
Gli studiosi hanno calcolato
che lo scioglimento dei ghiacci in atto potrebbe dar luogo al
rilascio nell'atmosfera di 50 gigatonnellate (tonnellate con 9 zeri)
di metano. Concretamente questo significa che il temuto riscaldamento
globale di 2 gradi (il famoso punto di non ritorno) potrebbe arrivare
dai 15 ai 35 anni prima del previsto. Eh si, lo sappiamo, qualcuno ci
ride su pensando di poter fare il vino anche in Scozia o di dover
alzare l'aria condizionata. Peccato che non sia una questione di
qualche uragano in più o qualche specie in meno.
I professori fanno i calcoli
di quanto costerebbe al pianeta e presentano un conto pari a 60
trilioni di dollari (un trilione = mille miliardi) poco meno del Pil
globale del pianeta che è di 70. Contemporaneamente c'è chi vede
nel fenomeno un'opportunità di business derivato dal fatto di poter
navigare dove prima c'erano i ghiacci nonché dalle estrazioni
petrolifere che si potrebbero compiere e che potrebbero render
qualche centinaio di miliardi di dollari.
Dobbiamo ringraziare
Whiteman per aver fatto questo calcolo perché, al di là come si
diceva delle battute, fa toccare con mano (al portafogli) il costo
che pagheremo per il disastro che stiamo combinando. Purtroppo, la
crisi globale sta spingendo molti paesi a fermare le politiche
antiriscaldamento, con la scusa che è un lusso che in questo momento
non ci possiamo permettere. La ricerca dimostra esattamente il
contrario e cioè che non possiamo permetterci di non affrontare il
problema.
Si chiamano all'azione il
FMI (Fondo Monetario Internazionale) e il WEF (World Economic Forum)
ma una situazione del genere non si risolve se prima o poi non si
considera l'ambiente un valore. E se non si attuano politiche come
quelle descritte 15 anni fa da Roodman nel suo "La ricchezza
naturale delle nazioni".
E cioè rendere fortemente
antieconomiche tutte le produzioni inquinanti.
Questa sarebbe la molla di
quella grande innovazione di cui abbiamo bisogno per far ripartire le
nostre economie.
Gli stati invece trattano
l'ambiente come trattano l'economia, pompando in un caso denaro e
nell'altro CO2. Creando debiti ai nostri figli da un lato e
riscaldamento nell'altro. Solo che se il pianeta va in default
cambiare valuta non basta." Marco Di Gregorio
Associazione
Gestione
Corretta
Rifiuti
e
Risorse
di
Parma
-
GCR
Parma,
28 luglio 2013
L'inceneritore
di
Parma
avrebbe
dovuto
accendersi
448
giorni
fa
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