lunedì 15 luglio 2013

Inceneritore di Acerra, la bocca dell'inferno

Di Maria Ferdinanda Piva




A parte l’olezzo connesso all’incessante arrivo degli autocarri carichi di immondizia, l’anticamera dell’inferno – ovvero il cortile dell’inceneritore di Acerra – è probabilmente il posto più pulito della piana di Napoli. Durante la sosta dello Spazzatour presso l’impianto, molti attivisti del M5S calzano sul volto una mascherina protettiva. Magari coreografico ma perfettamente inutile. I fumi che escono dalle ciminiere dell’inceneritore non ricadono nelle immediate vicinanze ma “ad ombrello”, con un raggio di qualche decina di chilometri che andrebbe calcolato tenendo conto dei venti e delle caratteristiche del materiale.
L’inceneritore è gestito dalla bresciana A2A. Il responsabile, un ingegnere biondo rossiccio dall’accento veneto, è un perfetto padrone di casa. Gentile, disponibile, inappuntabile, per nulla polemico di fronte a centinaia di parlamentari e di attivisti del M5S che apprezzano il suo lavoro esattamente quanto il fumo negli occhi.
L’ingegnere accetta senza fare una piega che l’impianto venga chiamato da tutti “inceneritore” anche se egli sottolinea che si tratta di un “termovalorizzatore” perchè bruciando rifiuti viene generata energia elettrica: “In un anno 550 milioni di kilowatt ora, che equivalgono al fabbisogno di 200.000 famiglie”. Un attivista fa notare che, riciclando i rifiuti anziché bruciandoli, verrebbe risparmiata una quantità di energia elettrica pari a tre volte tanto. L’ingegnere incassa senza replicare.
Per capire cosa finisce nell’inceneritore è necessario un cenno al contorto ciclo dei rifiuti in Campania. La raccolta differenziata raggiunge il 50%. In questo 50% è anche compresa la frazione organica (detta anche “umido” o “scarti di cucina”) che viene avviata al trattamento fuori dalla regione: in Campania non esistono impianti di compostaggio che pure sono i meno costosi e costituiscono il grado zero del riciclaggio.
La città di Napoli manda in Olanda via nave la sua immondizia indifferenziata. Il resto della Campania manda invece la sua immondizia indifferenziata negli Stir (stabilimenti di tritovagliatura ed imballaggio dei rifiuti) che separano la frazione umida sfuggita alla raccolta differenziata e la avviano alle discariche. La frazione secca – 600.000 tonnellate all’anno – va invece all’inceneritore di Acerra.
L’ingegnere della A2A spiega che gli autocarri in arrivo vengono pesati per determinare la quantità del carico. Gli attivisti insistono per sapere se viene controllata anche la qualità del contenuto: “Abbiamo il sospetto che qui vengano bruciati anche rifiuti industriali”. L’ingegnere allarga le braccia: “Noi guardiamo i documenti e facciamo dei controlli a campione”.
Bruciando i rifiuti, prosegue il responsabile dell’impianto, si producono fumi e ceneri. Le ceneri di combustione costituiscono circa il 20% del peso iniziale dei rifiuti trattati dall’inceneritore. Esse comprendono anche metalli (un peso pari al 5% dei rifiuti che entrano nell’inceneritore) che vengono recuperati e riutilizzati. Il resto delle ceneri di combustione (dunque il 15% del peso iniziale dei rifiuti) viene avviato al riuso nei cementifici.
I filtri attraverso cui passano i fumi prima di uscire dalle ciminiere trattengono una quantità di polveri pari ad un altro 5% del peso iniziale dei rifiuti e vengono sepolti in una miniera tedesca di salgemma.
Poi l’ingegnere conduce il drappello verso l’inferno. Verso il cuore dell’impianto. La fornace vera e propria non si vede se non sui monitor di controllo che la riprendono costantemente; si vede però un’enorme fossa colma di rifiuti che davvero sembra una bolgia dantesca.
Un braccio meccanico comandato a distanza – una sorta di mega tenaglia – pesca ininterrottamente dalla fossa per alimentare la fornace. Ogni volta che la tenaglia tira su la roba, si vedono penzolare verso il basso brandelli di abiti e di plastica. Nella fossa spiccano bottiglie di plastica e lattine in quantità. Ad occhio, una buona metà di quel che viene bruciato potrebbe essere tranquillamente avviato al riciclaggio attraverso la raccolta differenziata.
Un attivista lo fa notare all’ingegnere. Lui allarga le braccia di nuovo: “Questo non è un problema mio.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR
Parma, 15 luglio 2013

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