Di Maria Ferdinanda Piva
A parte l’olezzo connesso
all’incessante arrivo degli autocarri carichi di immondizia,
l’anticamera dell’inferno – ovvero il cortile dell’inceneritore
di Acerra – è probabilmente il posto più pulito della piana di
Napoli. Durante la sosta dello Spazzatour presso l’impianto, molti
attivisti del M5S calzano sul volto una mascherina protettiva. Magari
coreografico ma perfettamente inutile. I fumi che escono dalle
ciminiere dell’inceneritore non ricadono nelle immediate vicinanze
ma “ad ombrello”, con un raggio di qualche decina di chilometri
che andrebbe calcolato tenendo conto dei venti e delle
caratteristiche del materiale.
L’inceneritore è gestito
dalla bresciana A2A. Il responsabile, un ingegnere biondo rossiccio
dall’accento veneto, è un perfetto padrone di casa. Gentile,
disponibile, inappuntabile, per nulla polemico di fronte a centinaia
di parlamentari e di attivisti del M5S che apprezzano il suo lavoro
esattamente quanto il fumo negli occhi.
L’ingegnere accetta senza
fare una piega che l’impianto venga chiamato da tutti
“inceneritore” anche se egli sottolinea che si tratta di un
“termovalorizzatore” perchè bruciando rifiuti viene generata
energia elettrica: “In un anno 550 milioni di kilowatt ora, che
equivalgono al fabbisogno di 200.000 famiglie”. Un attivista fa
notare che, riciclando i rifiuti anziché bruciandoli, verrebbe
risparmiata una quantità di energia elettrica pari a tre volte
tanto. L’ingegnere incassa senza replicare.
Per capire cosa finisce
nell’inceneritore è necessario un cenno al contorto ciclo dei
rifiuti in Campania. La raccolta differenziata raggiunge il 50%. In
questo 50% è anche compresa la frazione organica (detta anche
“umido” o “scarti di cucina”) che viene avviata al
trattamento fuori dalla regione: in Campania non esistono impianti di
compostaggio che pure sono i meno costosi e costituiscono il grado
zero del riciclaggio.
La città di Napoli manda in
Olanda via nave la sua immondizia indifferenziata. Il resto della
Campania manda invece la sua immondizia indifferenziata negli Stir
(stabilimenti di tritovagliatura ed imballaggio dei rifiuti) che
separano la frazione umida sfuggita alla raccolta differenziata e la
avviano alle discariche. La frazione secca – 600.000 tonnellate
all’anno – va invece all’inceneritore di Acerra.
L’ingegnere della A2A
spiega che gli autocarri in arrivo vengono pesati per determinare la
quantità del carico. Gli attivisti insistono per sapere se viene
controllata anche la qualità del contenuto: “Abbiamo il sospetto
che qui vengano bruciati anche rifiuti industriali”. L’ingegnere
allarga le braccia: “Noi guardiamo i documenti e facciamo dei
controlli a campione”.
Bruciando i rifiuti,
prosegue il responsabile dell’impianto, si producono fumi e ceneri.
Le ceneri di combustione costituiscono circa il 20% del peso iniziale
dei rifiuti trattati dall’inceneritore. Esse comprendono anche
metalli (un peso pari al 5% dei rifiuti che entrano
nell’inceneritore) che vengono recuperati e riutilizzati. Il resto
delle ceneri di combustione (dunque il 15% del peso iniziale dei
rifiuti) viene avviato al riuso nei cementifici.
I filtri attraverso cui
passano i fumi prima di uscire dalle ciminiere trattengono una
quantità di polveri pari ad un altro 5% del peso iniziale dei
rifiuti e vengono sepolti in una miniera tedesca di salgemma.
Poi l’ingegnere conduce il
drappello verso l’inferno. Verso il cuore dell’impianto. La
fornace vera e propria non si vede se non sui monitor di controllo
che la riprendono costantemente; si vede però un’enorme fossa
colma di rifiuti che davvero sembra una bolgia dantesca.
Un braccio meccanico
comandato a distanza – una sorta di mega tenaglia – pesca
ininterrottamente dalla fossa per alimentare la fornace. Ogni volta
che la tenaglia tira su la roba, si vedono penzolare verso il basso
brandelli di abiti e di plastica. Nella fossa spiccano bottiglie di
plastica e lattine in quantità. Ad occhio, una buona metà di quel
che viene bruciato potrebbe essere tranquillamente avviato al
riciclaggio attraverso la raccolta differenziata.
Un attivista lo fa notare
all’ingegnere. Lui allarga le braccia di nuovo: “Questo non è un
problema mio.
Associazione
Gestione
Corretta
Rifiuti
e
Risorse
di
Parma
-
GCR
Parma,
15 luglio 2013
L'inceneritore
di
Parma
avrebbe
dovuto
accendersi
435
giorni
fa
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