Federico
Valerio, ogni 10 microgrammi di PM10, 22% di rischio in più
Gli
attuali limiti di legge non sono sufficienti a tutelare la salute dei
cittadini
Ogni
scelta che aumenta le polveri sottili va vietate
A qualcuno
vengono in mente le centrali a biomassa?
Un grande studio, che ha
coinvolto trecentomila abitanti di nove paesi europei, tra cui
l'Italia, ha dimostrato che respirare polveri fini (PM10) e ultrafini
(PM2,5), aumenta il rischio di cancro polmonare.
L'articolo pubblicato in
questi giorni su Lancet Oncology ha definitivamente confermato, oltre
ogni ragionevole dubbio, che le polveri che si sviluppano a seguito
di combustioni, caratterizzate da dimensioni molto piccole (diametro
inferiori a 10 e 2,5 millesimi di millimetro), possono provocare il
cancro al polmone, anche in chi non ha mai fumato sigarette.
Lo studio ha dimostrato che
il numero di tumori polmonari che si registrano in una determinata
popolazione, aumenta in proporzione alla concentrazione di polveri
sottili che quella popolazione ha mediamente respirato.
Ogni 10 microgrammi
(milionesimo di grammo) in più, di polveri sottili presenti in un
metro cubo d'aria inalato, il rischio di cancro polmonare aumenta del
22%.
Ad esempio, questo significa
che, se in una determinata popolazione di non fumatori, esposti a 10
microgrammi di polveri sottili (PM10) per metro cubo d'aria , si
registrano 100 casi di tumori polmonari all'anno, nello stesso numero
di persone, esposte a 20 microgrammi di polveri per metro cubo, i
casi di tumore polmonare sono 122.
I casi di tumore salgono a
144, con un'esposizione media a 30 microgrammi per metro cubo, a 166,
se l'esposizione arriva a 40 microgrammi per metro cubo.
E se la concentrazione di
polveri è di 50 microgrammi per metro cubo, i tumori polmonari
attesi saranno 189.
Le concentrazioni di polveri
sottili riportate in questo esempio (da 10 a 50 microgrammi per metro
cubo) non sono casuali.
La popolazione norvegese che
ha partecipato allo studio era esposta a 13 microgrammi per metro
cubo, quella olandese a 25 microgrammi, mentre quella romana faceva
registrare una esposizione a 36 microgrammi per metro cubo e quella
torinese risultava la più esposta in assoluto: 48 microgrammi per
metro cubo.
Tutto questo significa che
nelle popolazioni italiane (56 milioni di persone), a causa
dell'elevato inquinamento dell'aria ignorato o colpevolmente
tollerato, si registrano molti tumori polmonari che potrebbero essere
evitati se adeguate scelte politiche riducessero l' elevato
inquinamento atmosferico da polveri sottili del nostro Paese, ai
livelli considerati normali nei paesi del nord Europa.
E poiché le PM10 si
producono, inevitabilmente, ogni volta che si brucia qualche cosa,
queste politiche, finalizzate alla prevenzione primaria dei tumori
polmonari, riguardano tutte le combustioni evitabili o riducibili.
A cominciare, ovviamente,
dal fumo di sigaretta, ma anche quelle della mobilità urbana
(privilegiare il trasporto collettivo su mezzi a trazione elettrica),
del trattamento dei rifiuti (riciclo e compostaggio, al posto
dell'incenerimento), del condizionamento degli edifici (più
isolamento termico e meno combustibili per il loro condizionamento),
della produzione di elettricità (più solare eolico, idroelettrico,
meno carbone), dell'uso energetico delle biomasse (abolire gli
incentivi alla combustione e alla gassificazione di biomasse).
Infine, lo studio pubblicato
su Lancet ha confermato che gli attuali limiti di legge per le PM10
(40 microgrammi per metro cubo) non sono sufficienti a tutelare la
salute dei cittadini.
Un significativo aumento dei
tumori polmonari si sono registrati anche con esposizioni a polveri
sottili inferiori a 40 microgrammi per metro cubo.
Pertanto, ogni scelta che
comporta un aumento evitabile delle emissioni di polveri sottili deve
essere vietata.
Rientra in questi divieti
la sostituzione d'impianti a metano (a bassa emissione di polveri
sottili) con impianti alimentati con rifiuti, cippato di legno e oli
vegetali (ad alta emissione di polveri sottili): una scelta che si
sta diffondendo nel nostro paese, a causa della "droga" dei
certificati verdi regalati a chi produce elettricità bruciando
biomasse.
Associazione
Gestione
Corretta
Rifiuti
e
Risorse
di
Parma
-
GCR
Parma,
14 luglio 2013
L'inceneritore
di
Parma
avrebbe
dovuto
accendersi
434
giorni
fa
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